lunedì 30 settembre 2013

Recensione: "La meccanica del cuore" di Mathias Malzieu

Titolo: La meccanica del cuore
Autore: Mathias Malzieu
Copertina: Benjamin Lacombe
Editore: Feltrinelli
Data di Pubblicazione: 2012
Pagine: 160
Prezzo: 14,50 €

Trama:
Edimburgo 1874 - Nella notte più fredda del mondo, in una casina di legno in cima alla collina, la levatrice Madeleine sta aiutando una giovane ragazza a mettere alla luce il suo bambino. 
Il piccolino nasce, ma il suo cuore è ghiacciato.
Madeleine per farlo sopravvivere ne collega il cuore ad un piccolo e vecchio cucù di legno, che ha bisogno di essere ricaricato ogni giorno.
La protesi, per quanto ingegnosa è troppo fragile per consentire al piccolo Jack una vita simile a quella di tutti gli altri bambini, i sentimenti estremi come l'odio o l'amore potrebbero risultare fatali per il suo cuoricino di legno.
Ma il giorno del suo decimo compleanno, in occasione del suo primo giro in città, la voce di una piccola ragazzina intenta a cantare, farà girare i meccanismi di quel suo cuore bislacco in modo sino ad allora sconosciuto...

Recensione: 
La meccanica del cuore è una fiaba pensata per un pubblico giovane/adulto e come quasi tutte le fiabe rappresenta una metafora.
Il cuore di legno che obbliga il piccolo Jack a mille precauzioni non è più fragile di un cuore di carne, e le sofferenze a cui è soggetto sono uguali per tutti: un turbinio di emozioni all'inizio, messo poi in dubbio dai primi eccessi di gelosia e sfiducia, fino a che tutto non finisce rivoltandocisi contro.
Jack è più volte messo in guardia dall'amore, il suo piccolo cuore di legno potrebbe non sopportare l'intensità di certe emozioni, l'amore lo farà soffrire, finanche morire.
Questo è quello che per anni gli viene raccontato e questo è il timore che egli vive sin da fanciullo, prigioniero dei limiti del suo cuore.
Jack come un moderno Pinocchio che di legno ha solo il cuore, ma che come lui cova il desiderio di essere come tutti gli altri bambini e Madeleine una Geppetto al femminile che farebbe di tutto per tenere il suo bambino lontano dai pericoli e dai dolori.
Una bellissima copertina, un'illustrazione dell'artista Benjamin Lacombe ci aiuta ancor prima di iniziare la lettura a immaginare l'aspetto dei protagonisti e l'atmosfera in cui sono immersi. 
Il protagonista viaggia e con lui ci spostiamo da una fredda Edimburgo, passando per varie città della Francia fino ad arrivare in Spagna, dove siamo immersi in un clima quasi circense.
Durante il viaggio non manca di incontrare figure assai note, come quella dell'assassino seriale Jack lo squartatore e quella di maggior rilievo in questa storia, dell'illusionista Georges Méliès, definito come il secondo padre del cinema.
Malzieu, in questo racconto, descrive in toni delicati e poetici sogni, paure, e passioni.
I suoi personaggi sono adolescenti che si lasciano andare ai primi giochi amorosi, che lo scrittore racconta sempre con eleganza.
La descrizione dell'atmosfera, delle città e dei paesaggi è ridotta all'essenziale, l'attenzione è più concentrata all'analisi dei sentimenti del protagonista.
Ed è in questa mancanza che sta il punto debole di questo racconto, che avrebbe dovuto fare delle ambientazioni uno dei suoi punti di forza.
Una storia che sicuramente raggiunge il suo scopo, con un finale non scontato, una favola che si apprezza, ma alla quale manca quel qualcosa in più per conquistare definitivamente.
Piace, ma non fa innamorare, non riesce a far ticchettare più rapidamente il cuore tanto da sentirne il suono squillante del nostro cucù.

Considerazioni: 
Se non hai letto questo libro e hai intenzione di farlo fermati qui!
Ammetto di essere stata spinta ad acquistare questo libro dalla stupenda copertina. Ne ho subito riconosciuto la mano dell'autore, ovvero Benjamin Lacombe, un'artista che ammiro moltissimo.
Ne ho letto la breve trama sul retro e anche quella mi ha incuriosito, così l'ho preso.
Come accade spesso quando qualcosa si carica di grosse aspettative è più alta la probabilità di venire delusi, e la colpa non è mai della cosa in sé, ma è nostra.
In questo caso se sono rimasta un po' delusa la colpa è solo mia!
Mi aspettavo qualcosa di diverso, immaginavo una storia di affetto tra due bambini, una storia innocente e romantica e non il racconto di un amore passionale come quello che ho letto (e in questo sono forse stata influenzata più dal trailer del film tratto da questo libro, che dal libro in sé).
Come ho detto nella recensione, in alcuni momenti mi ha ricordato la fiaba di Pinocchio, questo sia per alcune somiglianze tra i personaggi Jack/Pinocchio, Geppetto/Madeleine, che per alcuni risvolti macabri della storia.
Interessante la presenza nel racconto del regista, illusionista e attore francese Georges Méliès (non so voi, ma io ho capito sin da subito che si trattasse di lui), figura che ho conosciuto meglio grazie al film Hugo Cabret.
E anche con questo film ho trovato delle somiglianze, non so se le storie siano davvero un po' collegate, ma anche in quel film Méliès incontra un bambino che ha a che fare con gli orologi, e sempre questo bambino possiede un automa di proprietà dello stesso Méliès che può essere azionato solo tramite l'inserimento di una chiave all'altezza del cuore.
Coincidenze? Non so...
Tornando al libro, mi è piaciuto il modo in cui Malzieu ha saputo narrare di momenti anche intimi senza mai essere volgare, quindi senza rompere più di tanto il linguaggio tipico delle favole.
Allo stesso tempo però ho trovato alcune cose, alcuni termini e alcuni particolari, a mio parere, fuori luogo.
Il romanzo è ambientato a fine 800 e dubito che all'epoca si facesse uso del termine "figo" o che le prostitute (si, in questa fiaba ci sono anche quelle) di allora vestissero leopardato.
Leggendo di Jack poi, mi è capitato spesso di pensare che pensasse a cose a cui usualmente i bambini di dieci anni ancora non pensano, e un bambino di dieci anni, il cui pensiero fisso è l'amore, e che s'innamora perdutamente al primo sguardo lo avevo letto solo nelle vecchie favole, ma anche questa è una favola, e alle favole queste cose si possono concedere.
Cosa non mi è piaciuto in particolare di questo libro?
Avrei voluto leggere descrizioni più dettagliate dei luoghi, leggere e riuscire a percepire la differenza tra la fredda Edimburgo e i colori della Spagna.
Avrei voluto leggere una reazione più sentita da parte di Jack alla scoperta che la sua Madeleine non c'era più...
E a dirla tutta mi sarei aspettata che morisse di dolore, che dopo aver temuto tanto di soffrire per amore di Miss Acacia, lo stroncasse invece un dolore altrettanto profondo, se non superiore, quello della perdita di una madre, perché alla fine Madeleine era questo per lui (si insomma, mi ero fatta il mio finale immaginario XD).
Avrei voluto una reazione più sofferta anche alla scoperta che Méliès non era più al suo capezzale, e ovviamente alla scoperta di essere stato tre anni in coma.
Per non parlare di quando gli viene rivelato che tutta la faccenda del cuore era una menzogna, un piano ordito da Madeleine per tenere Jack sempre con sé.  
Mi ha stupito non leggere di una reazione furibonda (ero arrabbiata persino io!)
Scoprire che l'orologio che l'ha fatto sentire per anni insicuro, che è stato per lui causa vergogna oltre che di numerose vessazioni, che l'ha privato di tante cose, persino del suo grande amore, non era altro che una bugia, e che nessuno gli ha mai detto niente! E lui? Nemmeno ci pensa, nemmeno se ne dispiace.
Miss Acacia non mi ha affatto conquistata, una vanitosetta non capace di dar sicurezze e amore, al suo compagno, che ha evidentemente estremo bisogno di entrambe le cose. 
Non gli crede e lo abbandona mezzo moribondo e alla fine lo rinnega senza aspettare o chiedere spiegazioni. 
Non mi è piaciuta.
Il finale se pur originale, mette un po' sottosopra l'idea di favola che il libro aveva dato.
Ci dicono che un orologio non può tenere in vita un ragazzo, che non serve, e che tutti, tranne il piccolo Jack (e noi a quanto pare), lo ritenevano una cosa ridicola.
Allora in cosa consiste la favola?
Qualunque bambino venga cresciuto con l'idea che qualcosa gli è indispensabile alla vita ci crederebbe... quindi Jack era speciale solo per se stesso e per noi, mentre agli occhi di tutti gli altri era o uno stupido, o uno a cui piaceva scherzare o, come la stessa Acacia pensava, un imbroglione.
Mi è spiaciuto per Jack e per il male che inconsapevolmente gli ha inflitto proprio chi l'avrebbe dovuto proteggere.
Una storia che non mi è dispiaciuta, fa pensare, sa stupire ma che date le buone premesse avrebbe potuto far davvero innamorare, ma purtroppo non ci riesce.


Il mio voto per questo libro

giovedì 26 settembre 2013

Estratto: "Lettera a un bambino mai nato" di Oriana Fallaci

Ciao a tutti voi che passate di qui!
Dopo aver letto "Lettera a un bambino mai nato" di Oriana Fallaci (trovate qui la recensione) voglio proporvi un breve estratto che è solo uno dei tanti passi significativi di quest'opera. 
Una delle tante riflessioni che la mamma rivolge al suo futuro bambino parlandogli delle ingiustizie che nella vita lo attenderanno.
Sarà costretto a sottostare ai voleri di altri, non sarà mai libero.
Sarà schiavo anche lui una volta venuto al mondo, di un sistema che ci manovra come burattini, che ci vuole ubbidienti soldatini silenziosi. 
Lavorare, perché non si vive senza quei fogli di carta a cui l'uomo ha dato così tanto valore...
E ora vi lascio al passo, buona lettura!

...Insieme a quelle schiavitù, conoscerai quelle imposte dagli altri e cioè dai mille e mille abitanti del formicaio. Le loro abitudini, le loro leggi. Non immagini quanto siano soffocanti le loro abitudini da imitare, le loro leggi da rispettare. 
Non fare questo, non fare quello, fai questo e fai quello... 
E se ciò è tollerabile quando vivi tra brava gente che ha un'idea della libertà, diventa infernale quando vivi tra prepotenti che ti negano perfino il lusso di sognarla, realizzarla nella tua fantasia. 
Le leggi dei prepotenti offrono solo un vantaggio: ad esse puoi reagire lottando, morendo. 
Le leggi della brava gente, invece, non t'offrono scampo perché ti si convince che è nobile accettarle. In qualsiasi sistema tu viva, non puoi ribellarti alla legge che a vincere è sempre il più forte, il più prepotente, il meno generoso. Tanto meno puoi ribellarti alla legge che per mangiare ci vuole il denaro, per dormire ci vuole il denaro, per camminare dentro un paio di scarpe ci vuole il denaro, per riscaldarsi d'inverno ci vuole il denaro, che per avere il denaro bisogna lavorare. 
Ti racconteranno un mucchio di storie sulla necessità del lavoro, la gioia del lavoro, la dignità del lavoro. 
Non ci credere, mai. Si tratta di un'altra menzogna inventata per la convenienza di chi organizzò questo mondo. 
Il lavoro è un ricatto che rimane tale anche quando ti piace. 
Lavori sempre per qualcuno, mai per te stesso. Lavori sempre con fatica, mai con gioia. E mai nel momento in cui ne avresti voglia. 
Anche se non dipendi da nessuno e coltivi il tuo pezzo di terra, devi zappare quando vogliono il sole e la pioggia e le stagioni. 
 Anche se non ubbidisci a nessuno e il tuo lavoro è arte cioè liberazione, devi piegarti alle altrui esigenze o soprusi. Forse in un passato molto lontano, tanto lontano che se ne è smarrito il ricordo, non era così. E lavorare era una festa, un'allegria. Ma esistevano poche persone a quel tempo, e potevano starsene sole. 
Tu vieni al mondo dopo millenovecentosettantacinque anni la nascita di un uomo che chiamano Cristo il quale venne al mondo centinaia di migliaia di anni dopo un altro uomo di cui si ignora il nome, e di questi tempi le cose vanno come t'ho detto. 
Una recente statistica afferma che siamo già quattro miliardi. In quel mucchio entrerai. E quanto rimpiangerai il tuo sguazzare solitario nell'acqua, bambino!


martedì 24 settembre 2013

Recensione: "Cime tempestose" di Emily Brontë


Titolo: Cime tempestose
Titolo originale: Wuthering Heights
Autore: Emily Brontë
Editore: Mondadori
Data di Pubblicazione: Ottobre 2010
Pagine: 400
Prezzo: 9,50 €


Trama: 
Mr. Lockwood si è appena trasferito a Thrushcross Grange, una bella e isolata dimora di proprietà del signor Heathcliff, costui vive a Wuthering Heights, una proprietà a circa quattro miglia di distanza da quella da lui presa in fitto.
Ammalatosi durante la permanenza Lockwood è costretto a letto, a fargli compagnia durante la convalescenza, Ellen Dean, la governante di Thrushcross Grange, che lo intratterrà con la storia della famiglia Earnshaw.
Inizierà così un racconto a ritroso, narrando di come il vecchio padrone, molti anni prima, aveva trovato un bambino abbandonato e lo aveva accolto in famiglia, chiamandolo Heathcliff e facendo di lui il suo figlio prediletto.
Narrerà anche l'origine dell'affetto e successivamente dell'amore tra Heathcliff e Catherine e di come proprio questo amore folle e ossessivo li abbia pian piano distrutti entrambi.


Recensione:
Un libro che sin dalle prime pagine sa essere avvincente, destare curiosità e dubbio nel lettore.
Un libro di quelli che vengono letti tutto d'un fiato, impossibile da tener troppo a lungo sul comodino, come impossibile sarà non provare dei sentimenti forti per i personaggi narrati.
Mai ho letto di protagonisti così cattivi, crudeli, egoisti, e meschini.
Spesso quando in una storia non ci riconosciamo nel protagonista, o come in questo caso lo detestiamo, il tutto si ripercuote anche nel giudizio che diamo al libro.
La bravura di Emily Brontë sta proprio in questo, ha scritto un romanzo crudo e senza fronzoli, ha parlato di personaggi cinici e spregevoli e nonostante tutto ha scritto un capolavoro capace di coinvolgere e appassionare.
Il racconto è cruento, ma tale caratteristica è espressa solo tramite l'abile uso delle parole e la schietta descrizione dei sentimenti dei protagonisti.
Emily Brontë infatti non eccede mai con le parole, quando ad esempio deve raccontare di qualcosa di particolarmente forte che è stato detto o fatto usa omettere con frasi tipo: "ma non voglio ripetere il suo linguaggio e nemmeno descrivere la sua condotta abituale" o "dandomi un appellativo elegante che non voglio ripetere." e così via.
Altra cosa evidente è l'evitare di raccontare e descrivere la morte, di cui si parla solo quando questa è già avvenuta.
Emily Brontë non racconta una storia d'amore, quella che compie è più un'analisi caratteriale, un esame di come uno spirito invidioso, rancoroso e vendicativo sia capace di distruggere tutto ciò che di buono gli sta attorno, e di come a sua volta un carattere egoista, viziato e permaloso possa tramutare, un ragazzo deluso e involgarito dall'ignoranza, in un uomo malvagio e senza scrupoli.
Un amore malato, se di amore si può parlare, che come fuoco, brucia tutto ciò che circonda.


Considerazioni:
Se non hai letto il libro e hai intenzione di farlo fermati qui!
Mi sono avvicinata a questo libro per curiosità, conoscendone solo il titolo.
Ebbene si, non sapevo nulla della trama, nemmeno i nomi dei protagonisti, però il titolo "Cime Tempestose" da sempre mi ha affascinato, e sapendo che prima o poi l'avrei letto, non ho mai voluto saperne di più. 
Non mi piace conoscere le trame dei libri che ho intenzione di leggere, ritengo sia più bello scoprire tutto man mano, pagina per pagina.
Prima d'iniziarlo ero un po' scettica, temevo di trovarmi a leggere un romanzo simile a quelli di J. Austen che, per quanto io li abbia più o meno apprezzati, sono scritti in modo tale da non "prendere" immediatamente il lettore, e invece io, in quel momento, avevo voglia di leggere qualcosa di più avvincente. E così è stato.
Pensate un po' che dopo un paio di capitoli avevo anche avuto il sentore che si trattasse di una storia dai risvolti mistici e un po' horror (non del tutto sbagliato poi, ma certo non ai livelli che mi ero prefigurata io XD).
Così quando ho letto per la prima volta il nome di Heathcliff, per me era del tutto nuovo, e su quest'uomo arcigno e solitario, mi ero (come penso sia normale) fatta i miei bei film, immaginando che in realtà sotto quel guscio duro si nascondesse un cuore tenero... nulla di più sbagliato! 
Come ho detto precedentemente nella recensione, non ho mai letto di personaggi così crudeli, egoisti e meschini.
Una Catherine permalosa, viziata ed egoista disposta ad archiviare un amore sentito, perché l'oggetto di tale amore non risulta all'altezza alle sue aspettative, in favore di un amore di comodo capace di darle una diversa dignità e una vita da "signora". 
Non so ancora dire se lei amasse davvero Heathcliff o se il suo non fosse altro che il semplice capriccio di essere ben voluta da tutti e il desiderio di monopolizzare su di sé le attenzioni.
Un Heathcliff che se da principio è da compatire come un bambino maltrattato e avvilito dai pregiudizi, successivamente non si può non detestare.
La sua cattiveria supera di gran lunga ogni ingiustizia subita, e raggiunge uno dei massimi picchi quando si serve perfino del figlio morente per i suoi vili scopi, non provando pena per lui nemmeno quando questi è ormai sul punto di morte.
L'amore per Catherine è l'unico che conosce, ma è un amore malato, pazzo, un'insana ossessione.
Non lo migliora, anzi lo imbruttisce spingendolo alle peggiori azioni, tutto in onore di un'assurda vendetta.
Non c'è traccia di romanticismo, ogni frase, anche la più spassionatamente sentimentale, è rovinata da minacce di vendetta, maledizioni e crisi isteriche.
Edgar Linton, è l'unico personaggio che ho davvero apprezzato, per il quale ho provato vera compassione e nelle quali azioni ho letto l'amore più vero, più dolce, più incondizionato e più stolto.
Un uomo che sopporta anche umiliazioni gravissime da parte della sua donna e nonostante tutto la perdona, le è vicino e la ama. 
E la ama dolcemente, senza recriminazioni fino alla fine dei suoi giorni. Lui si, mi ha commosso.
La giovane Cathy è una ragazza generosa, testarda e intraprendente si affeziona sin da subito al cugino, Linton Heathcliff, un ragazzino debole sia di salute che di carattere.
Il loro rapporto inizialmente mi ha ricordato quello tra Mary Lennox e Colin Craven de "Il giardino segreto", con lei vitale e propositiva, lui malaticcio, viziato e apatico.
Diversamente dal Colin sopracitato, che con il tempo, le cure e l'affetto di Mary migliora, il giovane Linton rivela un carattere sempre peggiore.
Vigliacco, codardo, crudele, viziato, capriccioso come un bambino (nonostante i suoi diciassette anni), e cosa ancora peggiore, sleale!
Tradisce sua cugina Cathy e lo fa senza rimorsi. Tutto pur di salvaguardare se stesso.
La scena in cui è seduto a succhiare un bastoncino di zucchero candito, sotto agli occhi esterrefatti della governate Nelly Dean, rappresenta a mio parere il punto di massima cattiveria di questo personaggio.
Nelly Dean, una donna che sebbene non si possa disprezzare è comunque da ritenere, anche se involontariamente, responsabile di un gran numero delle disgrazie narrate.
Quasi sempre senza volerlo e senza l'intento di causare guai ci mette il suo zampino...
Partendo da principio:
- È lei che incoraggia un giovane Heathcliff a "mettersi a nuovo" per il pranzo di Natale. Ed è proprio da quel giorno che, dopo un litigio, nasce la rivalità e l'odio di Heathcliff nei confronti di Edgar Linton.
- Sa che mentre Catherine le fa una confidenza personale, riguardo al suo dubbio: se accettare o meno la proposta di matrimonio di Edgar, Heathcliff è lì, nell'ombra in ascolto, e nonostante tutto tace... da qui, come sappiamo, Heathcliff partirà per tre anni e tornerà irrimediabilmente incattivito.
- È a causa del suo intervento che avrà luogo il confronto/lite tra Heathcliff-Edgar-Catherine, che porterà quest'ultima alla malattia e in seguito alla morte.
- È mentre la piccola Cathy è sotto la sua custodia che avviene il primo incontro con gli abitanti di Wuthering Heights, dal quale poi conseguirà il trasferimento di Linton alle Heights.
- E a distanza di molti anni, sempre mentre una giovane Cathy è affidata alla sua custodia, avviene il secondo incontro con il cugino, a cui seguiranno la corrispondenza segreta, gli incontri clandestini serali, la prigionia e il matrimonio forzato.
Insomma pur senza volerlo, Nelly combina un guaio dopo l'altro, e forse anche per questa sua caratteristica (un po' sfigata) ha suscitato in me un misto di simpatia e insofferenza.
Hareton è l'unica vera vittima, senza alcuna colpa, di tutto il romanzo.
Subisce senza lamentarsi, ama ed è grato al suo persecutore. 
Gli è stato sottratto tutto, dall'affetto, al rispetto, dall'educazione agli averi, ma resta fedele al suo padrone, come farebbe un buon vecchio cane.
Credo che la storia d'amore tra lui e Cathy sia un po' la rivincita di quella che sarebbe stata la storia d'amore tra Heathcliff e Catherine se questi fossero stati tanto degni da viverla.
Una seconda chance data alle loro versioni migliori: una Cathy/Catherine generosa anziché egoista e un Hareton/Heathcliff che conosce la gratitudine e non la vendetta.
Nonostante il libro racconti di personaggi con cui mai si vorrebbe avere a che fare, e nonostante sia un racconto di sventure, e di bieche vendette, posso affermare che mi ha stupito, appassionato e convinto come pochi libri hanno fatto ultimamente.
Uno di quei libri che tra qualche anno avrò probabilmente voglia di rileggere, perché ho amato le sue cime tempestose e mi piacerebbe tanto farvi ritorno.

Il mio voto per questo libro

venerdì 20 settembre 2013

Intervista a Emanuela Valentini autrice de "La bambina senza cuore"

Cari lettori, sono felice di annunciarvi che il Café Littéraire ha avuto il piacere di intervistare Emanuela Valentini, l'autrice de "La bambina senza cuore", una bellissima fiaba gotica, ricca di mistero e fascino (potete trovare qui la mia recensione).
Il suo racconto mi è piaciuto così tanto, e ha suscitato in me una tale curiosità che ho deciso di contattarla proponendole l'intervista.
Lei è stata disponibilissima e colgo l'occasione per ringraziarla nuovamente. 
E ora bando alle ciance, vi lascio all'intervista. 
Buona lettura! 


♥ Ciao Emanuela ti ringrazio per avermi concesso questa intervista!
Sono davvero contenta di poterti conoscere un po' meglio e di poterti fare anche quelle domande che avrei voluto porti mentre leggevo il tuo racconto "La bambina senza cuore".
E partiamo proprio da questo tuo lavoro, una favola gotica, ricca di mistero e magia...
Come è nata questa storia? Come la tua penna ha partorito la piccola Lola e l'universo attorno a lei?


Ciao cara, grazie a te per l’opportunità che mi concedi di parlare ancora un pochino di questo romanzo. 
La storia di Lola nasce dal mio desiderio di creare una fiaba per adulti che contenesse al suo interno chiavi di lettura metaforiche e messaggi sul superamento dei blocchi emotivi legati alle ferite del passato. 
Tutto questo ha preso forma lentamente nel tempo, dalle mie letture e dall'interesse per la psico genealogia e tutto il mondo che ruota attorno al fenomeno delle maledizioni familiari. 
Da lunghe riflessioni è nata nella mia mente l’idea di scriverci su una fiaba: di raccontare cioè, in una forma narrativa vicina all'inconscio, una storia di maledizioni capace di parlare direttamente alla parte più intima di noi, e l’ho scritta per me, in verità. Per farmi un regalo e affrancarmi dalla mia personale maledizione. 
La scrittura è stata, per me, la cura. 
Il risultato pazzesco che poi la storia ha avuto in rete, è per me la conferma che moltissime creature hanno l’anima impigliata nella rete del passato, a comportamenti o problematiche irrisolte di genitori, o nonni, o avi più generici. 
Sono problemi legati molto spesso all'emotività, difficili da comprendere, capire da cosa e da dove derivino; malesseri inspiegabili in vite all'apparenza perfette. 
Questa è l’eredità “brutta” che molti di noi hanno vinto nascendo in determinati clan e di cui non sono a conoscenza. Questi blocchi frenano la realizzazione di quella che Coelho chiama la Leggenda Personale, disturbano l’energia, limitano la gioia.
E non è giusto.
Tutte le persone che hanno scaricato e letto la storia di Lola, quindi, presumo vi abbiano trovato qualcosa di utile. O anche soltanto si sono sentite meno sole. Il messaggio è arrivato, ne sono certa. Solo così mi spiego le innumerevoli manifestazioni d’affetto che giungono ogni giorno sotto forma di recensioni, email etc… quindi sono molto, molto felice. 
L’intento era questo. Per questo l’ho regalata al mondo.


♥ La dedica iniziale del libro recita così: "A tutte le vittime delle maledizioni familiari invisibile origine di fobie e malanni - nei casi più gravi - e in tutti gli altri casi di infelicità", sono state queste poche righe a destare la mia curiosità per poi scoprire solo in un secondo momento che il tema delle maledizioni sarebbe stato il punto focale della storia. Com'è nato il tuo interesse a riguardo? Credi davvero in determinate influenze esterne?


Come spiegavo sommariamente nella domanda precedente, le maledizioni familiari sono il tema portante del romanzo. Le influenze di cui si parla, però, non sono esterne, come leggo nella domanda, bensì interne e proprie di ogni clan familiare. Si tratta di problemi legati alla psiche di nostri avi (nonni, bisnonni, genitori soprattutto) che, irrisolti da coloro che li hanno in qualche modo generati, hanno camminato per generazioni fino a incarnarsi in noi, come macabre eredità. Quasi fosse un fatto genetico. 

La psico genealogia presenta casi che danno da pensare. 
Gente che muore nello stesso modo in cui morì un bisnonno, o nello stesso giorno, alla stessa ora.
Destini tragici che si ripetono come copie stampate. Malesseri psichici, attacchi d’ansia apparentemente immotivati, paure. 
Ecco, non è una vera e propria scienza, ma tutto porta a supporre che la maggior parte degli squilibri di cui soffriamo provengano dal nostro passato. 
E’ nostro compito lavorarci e superarli per bloccare la maledizione. Ma soprattutto per recuperare il normale corso della nostra vita senza le influenze degli avi. A chi avesse voglia di approfondire il discorso consiglio "La Danza della Realtà" di Alejandro Jodorowsky e "Il Potere delle Radici" di Anastasia Miszczyszyn.

♥ A quale dei personaggi narrati ne "La bambina senza cuore" ti senti più legata? Ce n'è uno che ti rappresenta più degli altri?



Il mio alter ego all'interno della storia è Rosie Maud. Anche io come lei sono stata privata dell’affetto di cui avevo bisogno. Anche io come lei ho soppresso a lungo la mia vera essenza fin quasi a esplodere. Anche io, come lei, ho covato tanta rabbia. Ma ora è tutto passato.


♥ Mentre leggevo la tua storia non nego che avrei voluto saperne di più sul trio familiare composto dalla piccola Rosie Maud, da sua madre Emily e dal suo papà Lester, metà uomo e metà spirito del bosco, ma anche di Fioranna e di tutta la gente che abitava quel passato bigotto e superstizioso. È possibile sperare in un prequel della storia?


Se me lo chiedono lo farò volentieri. Il passato è stato sviluppato in maniera tale da dare al lettore info base, ma senza entrare nel vivo, perché altrimenti sarebbe diventato un tomo immenso. E non ti nego che mi sarebbe tanto piaciuto dirvi tutto!


♥ Parlando di inizi, come è iniziata in te la passione per la scrittura? Quando hai capito che sarebbe stata questa la tua strada?


Da bimba lo sapevo con certezza. Poi, sai, ci si perde. Bisogna studiare, trovare un lavoro, sistemarsi nelle cellette di questa società a porte stagne e la scrittura è sempre rimasta in un angolo del mio cuore come rifugio, come sfogo personale. Sono solo pochi anni che mi sono messa seriamente in gioco. Ma perché la scrittura era diventata il mondo parallelo dove fuggire a rintanarmi dall'abbrutimento della vita esterna, non pensavo più a lei come attività. Fortuna che ho aperto gli occhi. 


♥ Quali sono stati, (se ce ne sono stati) gli autori e/o i libri che hanno influenzato la tua scrittura o addirittura la tua vita?


Io leggo e ho sempre letto di tutto. Certamente i classici inglesi e francesi (Dickens e Hugo su tutti) hanno avuto un peso nella mia testolina di adolescente, e così i grandi romanzieri italiani del novecento. Tutti loro hanno influenzato il mio approccio alla scrittura. Se parliamo di vita devo citare altri magnifici autori che sono Ende, Mary Shelley, Poe. Più tardi Lovecraft. Murakami. I giganti della beat generation. Più tardi ancora Pullman. Gaiman. Wow! E’ una cosa in divenire.


♥ Ognuno di noi ha un bagaglio culturale che ci aiuta in qualche caso ad esprimere quello che siamo.

C'è una personalità artistica, che sia uno scrittore, un pittore, un musicista o un regista che ammiri in modo particolare e al quale, anche inconsciamente, attingi per evocare le atmosfere dei tuoi racconti?

Nessuno in particolare, pur apprezzando da matti, cinematograficamente, i lavori di Guillermo del Toro, dei fratelli Cohen e ovviamente Tim Burton. Nella musica i miei idoli (sempre parlando di personalità artistiche eccellenti) sono Battiato e Ennio Morricone. Diciamo che io sono una specie di spugna. Dalle cose che amo attingo inconsciamente e rimescolo rimescolo rimescolo… fino a fare mie le sfumature che maggiormente mi hanno colpita. Degli autori che stimo ho già parlato prima, ma ve ne sarebbero molti altri.


♥ "La bambina senza cuore" è un fiaba gotica, un po' macabra e allo stesso tempo romantica, come solo le vecchie fiabe sanno essere, pensi che questo racconto definisca il tuo stile o è solo una delle tante sfaccettature della tua penna?


Fino a poco tempo fa ero convinta che Lola definisse il mio stile. Poi ho scritto tutt’altro (Ophelia appunto) e mi sono resa conto che la sfumatura decadente romantica è solo una delle tante sfaccettature della mia penna, che, però, resta ricercata e legata a schemi molto classici. Un po’ questa cosa mi scoccia. Un giorno non lontano tenterò l’approccio a una narrativa diretta, sintetica, cruda. Mi voglio mettere in gioco. Chissà che schifezza uscirà fuori.


♥ Ophelia e le Officine del Tempo è un altro tuo lavoro, scritto per la partecipazione ad un concorso. Cosa puoi dirci a riguardo?



IoScrittore 2012. Le Officine del Tempo arriva in finale su 1200 partecipanti e viene pubblicato in digitale da GeMS a Marzo 2013. Romanzo fantastorico con derive steampunk nelle atmosfere.
Una storia avventurosa, molto diversa dai toni aulici di Lola eppure lontana dallo Sci-fi tradizionale.
E’ la storia di Ophelia e del suo sogno di diventare aviatrice.
Sullo sfondo una grande scoperta scientifica legata alla compravendita di tempo.
Leggendo si scoprirà che le attività illecite dello scienziato Eleazar Borislav Budimir sono strettamente legate al passato di Ophelia che, dopo una rocambolesca indagine verrà a capo di segreti politici, etici e filosofici straordinari, oltre a fare luce su un periodo molto buio della sua infanzia.


♥ A chi, come te, sogna di far vedere la luce ad un proprio lavoro, che consiglio daresti?

Mi piacerebbe conoscere la ricetta. Non è così. Anche perché la mia strada si è aperta giorno per giorno e in maniere del tutto inattese, dopo errori, persone sbagliate, esperienze più dannose che utili, e poi ancora concorsi, amicizie positive e interessanti (vedi Alessandra Zengo) che mi hanno aperto mondi sino a quel momento chiusi a sei giri di chiave.

Io sono partita da zero e di una cosa sono certa: bisogna crederci. Essere disposti a investire su se stessi, farsi leggere, non tenere le cose nel cassetto o non mostrarle per paura o qualche strana forma di gelosia. Negativo. Farsi leggere ci aiuta a capire se siamo capaci, se arriviamo al lettore e apre strade davvero sorprendenti da percorrere con coraggio e fiducia. E’ faticoso. Sono più le batoste che le soddisfazioni. Tutto comunque fa brodo, nella vita come nel percorso di autore. Io sono qui, adesso. Ci credo, e solo questo conta.


♥ In ultimo, quali sono i tuoi prossimi progetti? Ci sono, immagino, storie e mondi che fremi dalla voglia di poterci raccontare... cosa ci dobbiamo aspettare dai tuoi lavori futuri?

Ho quattro trame pronte da elaborare e trasformare in romanzi. Quella alla quale sto attualmente lavorando è top secret ancora per circa un mese. Da me avrete sempre storie originali. Storie dove cercherò di creare all'infinito la magia della lettura, quell'incantesimo che genera meraviglia in chi legge. Questa è una promessa. Le trame non ve le posso raccontare. 


♥ Ti ringrazio per il tempo che hai dedicato a me, al mio blog e a tutti i lettori del Café Littéraire!
Un grosso in bocca al lupo per la tua carriera!

Evviva il Lupo, animale in estinzione e quindi da proteggere. Tra le sue fauci io scriverò storie. Grazie a te per l’accoglienza e un abbraccio a tutti i lettori!


Un saluto ad Emanuela e se voi non vi siete ancora immersi nel mondo de "La bambina senza cuore" vi invito a visitare il sito a lei dedicato ^__^/

giovedì 19 settembre 2013

Recensione: "Lettera a un bambino mai nato" di Oriana Fallaci

Titolo: Lettera a un bambino mai nato
Autore: Oriana Fallaci
Editore: BUR Biblioteca Universale Rizzoli
Data di pubblicazione: 1 gennaio 1997
Pagine: 104
Prezzo: 6,00 €

Trama: 
Il libro racconta, tramite un lungo monologo, quello che è il travaglio di una donna di fronte ad una gravidanza inaspettata.
Il racconto si snoda attraverso il dialogo della donna con il bimbo che porta in grembo, al quale confida paure, dubbi, timori, speranze e gioie. 
Lei chiede al bambino, e quindi a se stessa "Ha senso metterti al mondo, obbligandoti così a vivere una vita in cui esiste la violenza, l'umiliazione e non esiste la libertà?"
Decide che si, è giusto, perché vivere è pur sempre esistere, ed esistere anche se soffrendo è comunque preferibile al nulla.
Quindi, la scelta di portare avanti la gravidanza, di cui se pur con paura ne segue con affetto le fasi. 
Una dolce complicità si instaura tra madre e figlio, riguardi affettuosi ai quali però si alternano momenti d'insofferenza verso quell'essere che la sta privando della sua stessa vita. 
Ed sarà proprio l'egoismo, il desiderio di non sacrificare la propria libertà d'individuo esistente in favore di uno ancora non esistente, che la porterà a quello che è l'epilogo del libro già anticipato dal titolo.

Recensione:
Un libro in cui già dal titolo è anticipato l'epilogo, questo perché lo scopo non è quello di scoprire se la protagonista deciderà di portare o meno a termine la gravidanza, bensì scoprire "il perché" il bambino non verrà mai al mondo.
La protagonista non ha una precisa identità, di lei non conosciamo né il nome né le fattezze fisiche, non ha un volto, qualsiasi donna può riconoscersi in lei, nelle paure, nei dubbi e nelle gioie di un momento così particolare della vita.
Il libro è scritto nel 1975, un periodo in cui la donna non è ancora davvero indipendente.
Se non sposata e in dolce attesa (come in questo caso) è malvista, e in questo libro il disagio è davvero ben descritto, il dottore e l'infermiera ad esempio cambiano subito atteggiamento con la paziente quando scoprono che non è sposata. La guardano con scherno, giudicandola e disprezzandola.
L'interruzione della gravidanza, vista inizialmente come un'opzione, è ancora illegale, (i dottori non la praticano e per questo spesso le donne usavano procurarsela da sole), ma il tema del libro non è l'aborto, come si può forse erroneamente dedurre dal titolo, questo viene trattato si, ma solo marginalmente.
La protagonista decide subito di tenere il bambino, non indugia a riguardo. 
Il vero tema del libro è il significato dell'esistenza, ha davvero senso nascere? 
Ha davvero senso mettere al mondo un figlio se l'unico fine della vita è quello di finire? Dal nulla tornare al nulla, e nel mentre soffrire, lottare subire.
Nella parte conclusiva del libro, la protagonista, dopo aver perso il bambino, vive un sogno febbrile in cui lei è imputata in un processo. 
La scrittrice si serve di questa circostanza per metterci di fronte a diversi punti di vista sulla storia, il medico previdente che l'accusa, la dottoressa new age che l'assolve, il padre del bambino, vigliacco, che discolpa se stesso, l'amica che ne difende i diritti, il datore di lavoro che se ne infischia della tragedia e ne è altresì sollevato, e i genitori che si astengono dal giudicare.
Diverse voci, diverse coscienze che rappresentano in realtà le diverse coscienze della protagonista.
Mi sento di giudicare questo libro, più che per la sua storia e per le scelte che fa la protagonista, per l'analisi dei dubbi e delle paure dell'animo umano, il bisogno costante che ognuno di noi ha di chiedere e ricercare il senso della vita.

Considerazioni:
Se non hai letto il libro e hai intenzione di farlo fermati qui!
Come ho detto a conclusione della recensione, preferisco giudicare questo libro per i suoi dilemmi esistenziali che per la storia in sé.
Giudicando la protagonista invece, devo dire che inizialmente le sue paure erano ammissibili e le comprendevo, mi sono affezionata e intenerita nel leggere i dialoghi tra lei e il bambino, il suo essere premurosa nei suoi riguardi. 
Successivamente quindi, non ho compreso e ne ho detestato l'assoluto egoismo.
I discorsi insensati, dare la precedenza ai suoi piaceri (bere e fumare), nonostante le fosse stato raccomandato di non farlo, e infine abbandonare l'ospedale, oltretutto dopo aver sentito il bambino scalciare, e sapendo che sarebbe equivalso ad una condanna a morte per il feto.
Tutto questo è stato inammissibile per me.
La parte del processo poi, (che non dimentichiamocelo) era un suo sogno! Dove lei dà voce al bambino e attraverso il suo discorso (immaginario) si scagiona, facendogli addirittura confessare un assurdo suicidio.
Eh no cara! 
Quello non è stato un suicidio, la tua sporca coscienza te lo vuol far passare come tale, ma non lo è stato!
Non un rimpianto da parte sua, non un senso di colpa, solo un "doveva andare così".
E invece no, è andata così perché tu volevi inconsciamente che andasse così, ed hai fatto di tutto per assicurarti questo epilogo.
Il mio responso, senza ripensamenti è... Colpevole vostro onore!


il mio voto per questo libro

lunedì 16 settembre 2013

Estratto: "Olivia: Ovvero la lista dei sogni possibili" di Paola Calvetti

Ben tornati al Café Littéraire!
Oggi voglio proporvi un brevissimo estratto tratto dal libro "Olivia: Ovvero la lista dei sogni possibili" di Paola Calvetti, libro che ho già avuto modo di recensire (lo trovate qui).
Nel passaggio che vi propongo Olivia, trentatré anni, amante delle parole, in preda ad una crisi esistenziale post licenziamento, si rinchiude in un bar a bere cioccolata e a consolare se stessa ripercorrendo a mente i ricordi e le tappe più o meno importanti della propria vita.
Ad un certo punto il tavolo accanto viene occupato da un nonno e dal suo nipotino.
Olivia qui, per rompere il ghiaccio e smorzare l'imbarazzo interagisce con il bambino, chiedendogli il nome del suo giochino.
Un dialogo che mi ha fatto pensare, a come tutto sia cambiato nel giro di pochi anni, a come l'infanzia per un bambino d'oggi sia diversa da quella che abbiamo vissuto noi non troppi anni fa.
A come i bambini del domani ignoreranno cose che hanno invece segnato parte delle nostre esistenze.
Parole, oggetti che resteranno solo memorie per molti e stramberie obsolete per altri...

..."Carino il tuo alieno, come si chiama?" 
"Gomit, gomit..." 
"Come hai detto?...Gomit?" 
"Gomit..." 
"Non sono pratica di mostri di nuova generazione, scusa.
" Io avevo i Puffi, Candy Candy, i Ghostbusters, i Mini Pony, Mila e Shiro, cartoni animati con i bambini più sfigati del mondo, quasi tutti orfani, adottati, maltrattati, sfruttati. Tu hai i Pokémon e tra poco userai il Bluetooth. Tu dirai "cappotto". Nonna diceva "allacciati il paltò", e anche "prendimi gli occhiali sulla credenza" oppure "vieni, facciamo uno spuntino", "stai attenta a non prenderti un malanno" e "diamocela a gambe". 
Tu diventerai uomo senza aver mia visto un mangiadischi, un fax, una cabina telefonica, il rullino di una macchina fotografica, una cartina stradale e un cartone animato in vhs. Non riceverai mai una cartolina illustrata con il francobollo, non vedrai le tende a strisce di plastica nei negozi di alimentari. Come vedi, caro bambino, ti aspetta una vita di privazioni.


mercoledì 11 settembre 2013

Recensione: "Olivia: Ovvero la lista dei sogni possibili" di Paola Calvetti

Titolo: Olivia: Ovvero la lista dei sogni possibili
Autore: Paola Calvetti
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 15 Maggio 2012
Pagine: 181
Prezzo: 17,00 €

Trama:
Due bambini in un momento in cui il loro mondo sta cambiando, si scambiano uno sguardo d'intesa che legherà i loro destini per sempre...
È una fredda giornata di dicembre, un martedì come tutti gli altri, quando Olivia, trentatré anni, undici mesi e dodici giorni, viene licenziata.
Triste, amareggiata e sconsolata si rinchiude in un bar-tabacchi, qui, un curriculum tra le mani e un fiume di pensieri e ricordi, cerca di rimettere ordine nella sua vita.
In un delizioso bar nelle vicinanze, Diego aspetta il suo amico Enrico. Il suono di una campanella della scuola lo riporta indietro con i ricordi.
Due destini paralleli, intrecciati e spesso sfioratisi inconsapevolmente.

Recensione: 
Serendipità è la parola chiave di questo romanzo, ed è stato per un caso di serendipità che mi sono ritrovata a leggerlo. L'ho scovato mentre cercavo qualcos'altro.
Sono rimasta colpita, come spesso accade, dalla copertina, ne ho letto la breve trama e mi ha conquistata.
Leggendolo, una serie di sincronicità mi ha fatto pensare d'aver trovato "Il libro del destino".
È facile riconoscersi in Olivia, una giovane disoccupata in preda ad una crisi esistenziale, pronta a ripassare e mettere in discussione le varie tappe della sua vita.
L'autrice tocca, sicuramente di proposito, un tema attuale in cui è consapevole, molti si potranno riconoscere.
Olivia è anche una donna romantica, eternamente bambina, spensierata e fiduciosa (almeno fino al momento del licenziamento), ama la neve, le parole, gli attimi, gli istanti, la sua polaroid con la quale immortala i volti delle persone o delle cose che lasciano un segno nel suo cammino.
E in questo il suo personaggio mi ha ricordato un po' quello di Amélie de "Il favoloso mondo di Amélie", a cui credo la Calvetti si sia ispirata.
Tanto coinvolgente e interessante in alcuni frangenti, quanto prolisso e distaccato in altri.
Si passa da emozionanti ricordi a infinite liste di cose da fare o da smettere di fare (e se leggere le liste piacesse davvero a qualcuno, credo che ognuno preferirebbe leggersi le proprie).
Di contro disseminati tra queste pagine si trovano moltissime citazioni a scrittori, cantanti, frasi di poesie o canzoni, frammenti di storie e tantissimi aneddoti interessanti, questi rendono la lettura in qualche modo costruttiva ed istruttiva.
Poter conoscere cose nuove, o l'origine di determinate scoperte, è sicuramente un punto in più a favore di questo libro.
Un po' ripetitivo, in alcuni punti, il coinvolgimento nel racconto è smorzato (spesso sul più bello) dal ripresentarsi delle famose liste, che dato il titolo del racconto, probabilmente secondo l'autrice dovevano esserne il punto forte, ma a parer mio sono il vero (e forse unico) punto debole di questo lavoro. 
La scrittrice si inoltra in troppi argomenti con il risultato di far perdere il filo della storia, rendendo il libro un tantino dispersivo.
Tuttavia è un libro che mi sento di consigliare a chi crede nel destino.
Forse non lo consiglierei a chi è un po' "depresso", perché probabilmente vi farà deprimere ancora di più XD (parlo per esperienza personale >.<)

Considerazioni:
In questo libro ho amato varie cose, oltre a quelle già dette nella recensione.
Personalmente sono stata intenerita dal rapporto esistente tra Olivia e sua nonna, mi ha fatto pensare al rapporto che io, purtroppo, non ho mai avuto con le mie nonne e che tanto avrei voluto avere. 
I libri in cui si parla di "rapporto nipote/nonna" mi hanno sempre fatto questo effetto, sin da quando da piccola lessi "La nonna sul melo" del battello a vapore, ovvero un misto di tenerezza e rimpianto.
Ho trovato invece la storia di Diego straziante, mi ha fatto intristire moltissimo. 
Mentre leggevo di lui e della sua famiglia, distrutta da un gesto inconsulto, pensavo che era troppo, troppo per un libro dal quale mi aspettavo di uscirne con un animo sereno e rasserenato.
In realtà questo libro vi farà pensare, pensare al futuro, a quello che avete perso, alle occasioni lasciate andare e a quello che troverete per la strada e al futuro. 
Vi farà tornare bambini, vi farà diventare pensierosi, cupi e tristi e non vi rasserenerà se non alla fine...
Un libro che non cerca di ingentilire la realtà, ma si propone solo di raccontarla con quel pizzico di "romanticismo" in più. 

il mio voto per questo libro

lunedì 9 settembre 2013

In my Mailbox #1

Anche al Café Littéraire arrivano le rubriche, ovvero degli appuntamenti "tematici" attraverso le quali tratterò un determinato argomento.
Inauguro questa iniziativa partecipando ad una delle rubriche più diffuse nel mondo dei blog letterari ovvero "In my Mailbox".



Questo appuntamento consiste nel mostrare quelli che sono gli ultimi acquisti letterari e/o quelle che saranno le prossime letture alle quali ci dedicheremo.
Io ho un bel po' di libri, sia acquistati tempo fa, che recentemente, e man mano sto organizzandomi mentalmente, (ora invece lo farò qui, tramite questa rubrica) l'ordine di lettura.
Andiamo con ordine:

♥ "Olivia ovvero la lista dei sogni possibili" di Paola Calvetti
E' uno dei miei acquisti più recenti, mi è piaciuta la copertina e la trama mi ha dato delle sensazioni molto positive.
L'ho letto subito, appena preso e tra qualche giorno pubblicherò la recensione e  un breve estratto.

♥ "Lettera a un bambino mai nato" di Oriana Fallaci
L'avevo da tempo, ma non l'avevo ancora letto, l'ho fatto ora, una lettura veloce prima di passare ad una più corposa.
♥ "Cime tempestose" di Emily Brontë
E' il prossimo libro al quale ho intenzione di dedicarmi.

♥ "La meccanica del cuore" di Mathias Malzieu
L'ho preso qualche settimana fa, sono rimasta attirata dalla bellissima copertina (un'illustrazione di Benjamin Lacombe) ho letto la trama e anche quella mi ha soddisfatto... e allora preso!

♥ "Emma" di Jane Austen
Avevo deciso di leggere i libri di Jane Austen tutti di seguito, ma non l'ho più fatto, ho preferito lasciarmi trasportare da quello che mi diceva il cuore... ma sarà credo il caso di riprendere.
♥ "Hunger Games" di Suzanne Collins
Ho visto il primo film, e contrariamente da quanto mi aspettavo è piaciuto molto, così ho preso i libri perché voglio leggerli prima di vedere gli altri film...



E per ora è tutto! Direi che per un po' sono impegnata XD

sabato 7 settembre 2013

Recensione: "Harry Potter - The Prequel" di J.K. Rowling

Titolo: Harry Potter - The Prequel
Autore: J.K. Rowling
Data di pubblicazione: 11 giugno 2008
Pagine: 4

Trama:
Sirius Black e James Potter sfrecciano su una motocicletta per sfuggire alla volante della polizia che gli sta alle calcagna... Almeno così sembra, ma in realtà non è da loro che stanno fuggendo.

Recensione:
Se questo fosse l'inizio di un vero e proprio libro, potrei dire che riesce nell'intento di creare suspense e interessare il lettore.
Sono rimasta con la curiosità: da chi, i giovani James e Sirius, stanno scappando?
La cosa peggiore è che non lo sapremo mai.
Mi sarei aspettata, non dico un libro intero, ma almeno qualche pagina in più...
Non voglio aggiungere altro, altrimenti la recensione diventerebbe più lunga del testo letto :D

Considerazioni:
Cara Rowling se mi stai leggendo termina questo libro XD 


il mio voto per questo libro

giovedì 5 settembre 2013

Recensione: "Il Giardino segreto" di F.H Burnett

Titolo: Il Giardino segreto
Titolo originale: The secret garden
Autore: Frances Hodgson Burnett 
Editore: Edizioni scolastiche Bruno Mondadori
Data di pubblicazione: 1990
Pagine: 368
Prezzo: 10,90 € 

Trama:
Mary Lennox è una ragazzina di nove anni, vive in India in una grande casa di proprietà dei suoi genitori, sempre troppo impegnati per occuparsi di lei, e a dirla tutta nemmeno tanto interessati a farlo.
Mary viene quindi affidata alle cure della servitù che, pur di non sentirne i capricci, l'accontenta in tutto.
Cresce così viziata, arrogante, prepotente, costantemente immusonita e senza aver idea di cosa significhi ricevere e dare affetto. 
In seguito ad un'epidemia di colera Mary perde i genitori e viene affidata al suo tutore, lo zio Archibald Craven che vive a Misselthwaite Manor, un'imponente abitazione nello Yorkshire.
Qui la ragazzina, non più servita e riverita, smussa pian piano il suo carattere bisbetico.
La scoperta dell'esistenza di un giardino chiuso da dieci anni, di una chiave sepolta per sempre, susciteranno in lei un interasse fino ad ora mai provato per nessun'altra cosa, interesse che la porterà ad andare in fondo a quel mistero...

Recensione:
Il giardino segreto è essenzialmente un libro educativo.
Scritto a inizio 900 e diretto in primo luogo ad un pubblico giovane, ha come intento primario quello di promuovere un esempio positivo.
I temi trattati, se pur con la delicatezza propria di un libro per ragazzi, sono quelli dell'amicizia, della fiducia e della comprensione del prossimo.
La vita all'aria aperta è vista come un vero e proprio toccasana per il corpo e l'animo della protagonista, la spinge e in qualche modo la costringe ad auto-migliorarsi.
È appassionante leggere di questo cambiamento nell'animo di Mary, che va di pari passo con quello della natura che si trasforma durante la primavera.
La scrittrice è davvero abile a descriverne, i profumi, i colori, i mutamenti. 
Non è possibile leggere questo libro senza essere colti dalla voglia di correre per la brughiera, di sentirne i suoni e gli odori.
Come è impossibile non aver voglia di divorare un tazzone di buon porridge, o ingurgitare una bella patata arrostita fumante.
Anche in Mary vi è la primavera, e ne leggiamo il tiepido mutare, di giorno in giorno, pagina dopo pagina.
L'abilità della scrittrice sta nel renderci partecipi e complici di quei mutamenti, e dei segreti custoditi all'interno del giardino, nel trasportarci nel clima della campagna Yorkese tanto da non voler più desiderare di chiudere il libro.

Considerazioni:
Amo questo libro lo ammetto, l'ho letto per la prima volta quando ero una ragazzina e da allora è entrato a far parte di me. Ammetto di essere forse un po' parziale nel giudicarlo, e sebbene leggendolo ora che sono (purtroppo) adulta vi ho trovato alcune forzature, non posso far altro che amarlo.
Amarlo perché in realtà leggerlo non mi è mai bastato, io avrei voluto viverlo!
Ebbene si, è l'avventura che ho sempre sognato sin da quando ero bambina e, siccome credo di non essere poi mai cresciuta, la sogno ancora.
Ma ora veniamo alle critiche e qui cercherò di essere il più possibile imparziale.
Fin quando nel racconto non spunta quell'insopportabile piantagrane di Colin, per me è perfetto.
La questione però sta proprio nel fatto che da quel momento in poi, nel libro, c'è come un passaggio del testimone, e da Mary il protagonista diventa Colin, e della ragazzina non sentiremo più parlare, se non come un personaggio secondario, se non addirittura terziario.
Se nella prima parte seguiamo il mutamento di Mary, sia fisico che caratteriale, ugualmente, nella seconda seguiamo quello di Colin.
La differenza per me è che, mentre Mary, anche da antipatica e prepotente, suscita egualmente una certa simpatia, (viene sempre descritta come un personaggio forte che non vuole farsi commiserare), Colin invece, con i suoi piagnistei e il suo continuo autocommiserarsi, suscita solo una terribile voglia di prenderlo a male parole XD
Nonostante questo, io continuo a sognare il mio giardino, e credo non saprei immaginarmelo molto diverso da questo, Colin escluso ovviamente XD


Il mio voto per questo libro