martedì 31 marzo 2015

E adesso cosa leggo? #4

Finito un libro nasce subito la voglia di iniziarne un'altro.
Immergersi in una nuova storia che ci trascini e ci emozioni.
Fortunatamente quest'anno, almeno fin ora, ho scelto quasi sempre delle letture che mi hanno soddisfatto e vorrei continuare su questa strada.
Ho terminato da poco "Miss Charity" di Marie-Aude Murail, e mi ha lasciato davvero entusiasta e commossa T_T
Ora sono indecisa su cosa leggere... indecisa se cambiare totalmente genere o restare su quella che può essere definita "narrativa per ragazzi".

Al momento sono indecisa tra:

"Maze Runner. Il labirinto" di James Dashner
E' il primo capitolo di una saga composta da tre capitoli più un prequel. 
Ho visto il film che è stato tratto dal primo capitolo e mi è piaciuto così tanto che ho voluto leggerne i libri.
Anche perché non posso assolutamente aspettare il secondo film per conoscere il seguito della storia >.<
Mi spaventa solo il fatto di iniziare una saga...
A proposito di questo, mi sarebbe piaciuto anche leggere la trilogia di "Divergent" di Veronica Roth, ma do la precedenza a "Maze Runner" di cui, come ho detto, voglio conoscere il seguito.

"Papà Gambalunga" di Jean Webster.
Ricordo davvero poco del cartone animato, per questo vorrei leggerlo.
Inoltre le storie raccontate dalle voci dei bambini sono da sempre quelle che preferisco.

 "Il piccolo lord Fauntleroy" di Frances Hodgson Burnett 
Stesso discorso di sopra. Non so se conosco la storia, ma se anche fosse non ricordo nulla.
Ho letto l'estratto gratuito tempo fa, quando non avevo ancora il libro, e ricordo che avevo tanta voglia di proseguirlo.

Quindi cosa scegliere?
Avete consigli?


mercoledì 25 marzo 2015

Recensione: "L'amore bugiardo" di Gillian Flynn

Titolo: L'amore bugiardo
Titolo originale: Gone Girl
Autore:  Gillian Flynn
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 23 gennaio 2013
Pagine: 464
Prezzo: 18,00 €

Trama:
Amy e Nick si incontrano a una festa in una gelida sera di gennaio. Uno scambio di sguardi ed è subito amore. Lui la conquista con il sorriso sornione, l’accento ondulato del Missouri, il fisico statuario. Lei è la ragazza perfetta, bella, spigliata, battuta pronta, il tipo che non si preoccupa se bevi una birra di troppo con gli amici. Sono felici, innamorati, pieni di aspettative.
Qualche anno dopo però tutto è cambiato.
Da giovani professionisti in carriera a coppia alla deriva. 
Amy e Nick hanno perso il lavoro e sono stati costretti a reinventarsi: lui proprietario del bar di quartiere accanto alla sorella Margo, lei casalinga in una città di provincia anonima e sperduta. Fino a che, la mattina del loro quinto anniversario, Amy scompare. 
Che fine ha fatto Amy? 
Chi è davvero Nick Dunne? Un marito devoto schiacciato dall'angoscia, o un cinico mentitore e violento, forse addirittura un assassino? 

Recensione:
Gillian Flynn cattura il lettore e lo tiene incollato alle pagine con il suo thriller in cui in realtà il mistero è, fondamentalmente, un pretesto per compiere un'attenta analisi su quelle che sono le dinamiche di un rapporto di coppia.
Il racconto è narrato dalle voci alternate di Nick ed Amy che si raccontano al lettore utilizzando due mezzi diversi.
Nick parla come se stesse raccontando la storia a qualcuno, forse a se stesso, o come se stesse scrivendo un libro.
Amy, invece, la conosciamo attraverso la lettura di alcune pagine del suo diario, dove piano piano si racconta.
Entrambi descrivono se stessi, i propri pensieri rispetto al proprio comportamento e a quello del coniuge, e narrano alcuni episodi salienti della loro vita di coppia.
Interessante è, in questo caso, vedere come un medesimo evento sia stato percepito e vissuto in maniera diversa dall'uno e dall'altro.
È Nick il primo a parlarci, e dalle sue parole percepiamo subito che con sua moglie le cose non vanno benissimo, il rapporto sembra essersi raffreddato, a detta sua, per le troppe pretese di Amy, per la quale tutto non sembra essere mai abbastanza.
Dal diario di lei, però, leggiamo di una Amy ben diversa. 
Divertente, brillante, dolce e pazzamente innamorata. Anche troppo.
Lei ci racconta del primo incontro con Nick, dei successivi appuntamenti, e lo fa sempre in maniera entusiasta e felice.
Una donna che arriva ad annullare se stessa per accontentare in tutto il suo viziato maritino.
Una moglie che lascia il suo compagno libero di divertirsi con gli amici e che non gli rinfaccia mai le promesse infrante, gli appuntamenti annullati, le perpetue mancanze.
La classica zerbina, insomma! Sempre pronta a scusarsi anche quando non ha nessuna colpa.
Andando avanti con le pagine abbiamo sempre più informazioni dall'una e dall'altra voce, sempre più tasselli che contribuiscono a comporre l'immagine della coppia.
È il giorno del quinto anniversario di matrimonio, quando Amy scompare misteriosamente.
I segni della colluttazione in casa fanno subito pensare ad un rapimento e l'atteggiamento non troppo preoccupato di Nick spinge via, via la polizia a sospettare di lui.
Da qui abbiamo modo di conoscere, giudicare e analizzare i vari comportamenti, sia della coppia, che del singolo. 
Farci un idea di loro, ed essere pronti a cambiarla o rivalutarla alla pagina successiva.
La domanda attorno alla quale gira la storia è: possiamo davvero dirci sicuri di conoscere chi è al nostro fianco? 
Mentre le domande che tormenteranno il lettore per tutta la lettura sono: di chi fidarmi? A chi credere? Da quale parte stare?
Il libro risulta davvero molto coinvolgente e avvincente.
Gillian Flynn riesce, attraverso una storia contorta, studiata nei minimi i particolari, e tramite la profonda caratterizzazione psicologica dei suoi protagonisti, a tenere il lettore fino alla fine col fiato sospeso.
Gioca con noi, ci trae in inganno, costruisce castelli di teorie e supposizioni che smonta con abilità alla pagina successiva. 
Illude, delude, spiazza e conquista.

Considerazioni:
Se non hai letto il libro e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Non posso scrivere delle considerazioni su questo libro senza anticipare qualcosa che chi non ha letto il libro non dovrebbe sapere.
Quindi vi avverto di non andare oltre, così potrò finalmente dare sfogo a tutti i pensieri che mi hanno attraversato la mente durante la lettura.
Gillian Flynn in questo libro sembra giocare con il lettore, almeno questa è l'impressione che ho avuto io.
Mi è parso di essere continuamente tratta in inganno, e ammetto che è stato anche questo il bello di questa lettura.
"L'amore bugiardo" è suddiviso in tre parti, e in ognuna di queste i personaggi di Amy e Nick rivelano una sfaccettatura diversa delle loro personalità.
Così facendo il lettore è sempre spiazzato, e si vede di conseguenza costretto a modificare l'opinione che sino a prima si era fatto dei protagonisti.
Pertanto mi risulta più facile dividere le mie considerazioni proprio in base alle tre parti in cui il racconto è suddiviso.

- Prima parte. Dove il ragazzo perde la ragazza.
Questa è la parte più consistente del libro, ed è quella in cui (oltre a venire a conoscenza del mistero attorno al quale girerà il racconto, ovvero la scomparsa di Amy), conosciamo Amy Elliott e Nick Dunne e ci facciamo un'idea di loro e della loro storia.
Come ogni storia che si rispetti, anche la loro ha due versioni.
Dalle parole di Nick, quello che si percepisce immediatamente è che non ama più sua moglie, e lui ne attribuisce la causa a lei che, a detta sua, è diventata fredda e distante.
Amy, invece, dalle pagine del diario in cui si racconta, parla di Nick in maniera entusiasta. 
Si dice innamorata, felice e appagata e in modo tale si comporta.
La lettura passa quindi dalle pagine di Nick in cui non fa che lamentarsi di sua moglie e di tutto, e che non sembra mostrare la minima preoccupazione per la sua scomparsa, a quelle di Amy in cui si legge di una donna innamorata e anche abbastanza sottomessa.
Nick, dai suoi atteggiamenti, appare viziato, detestabile, freddo e insensibile.
Ho dedicato lui i peggiori insulti, decretandolo uno dei personaggi più odiosi di sempre.
Amy è dolce, romantica e, diciamolo, una perfetta zerbina!
Non solo ha un comportamento impeccabile, ma idolatra e venera il suo uomo esaltandolo anche per le cose più stupide.
Inutile dire che ho odiato lui e mi sono schierata totalmente dalla parte di lei, anche se il suo sottomettersi a lui, come una pezza da piedi, mi faceva davvero infuriare.
Andando avanti con la lettura però, le cose cambiano e scopriamo che, anche dalle parole di Amy, salta fuori un'immagine di Nick non troppo lusinghiera.
Lui diventa egoista, la trascura, le manca di rispetto, prende da solo decisioni che andrebbero prese in coppia.
La costringe (perché non gli chiede nemmeno un'opinione a riguardo) a trasferirsi, usa i soldi di lei per comprare un bar con sua sorella e parcheggia lei a casa, a fare da infermiera ai suoi genitori.
A questo punto del racconto il Nick del presente e quello del diario sono coerenti, non c'è troppa discordanza tra quello che ci viene raccontato di lui e il modo in cui agisce.
Lo vediamo non piangere una lacrima, non preoccuparsi o scomporsi, fingere apprensione davanti alle telecamere, preoccuparsi solo della sua immagine, infastidirsi per le attenzioni che lei gli manifesta con le annuali cacce al tesoro e, dulcis in fundo, tradirla con una ventenne, addirittura innamorarsene e covare il desiderio di lasciare sua moglie per lei.
Dal diario di Amy leggiamo ancora il suo spavento per i comportamenti sempre più aggressivi di lui, lei arriva a temerlo e a volersi procurare una pistola perché... non si sa mai.
Ho terminato questa prima parte del libro detestando lui oltre ogni dire e sperando con tutto il cuore che lei avesse architettato ogni cosa a dovere per incastrarlo.
Volevo vedere Nick dietro le sbarre, anche se sospettavo della sua innocenza (altrimenti sarebbe stato tutto troppo prevedibile), perché un uomo così orrendo meritava, a parer mio, di essere punito.

- Seconda parte. Dove il ragazzo incontra la ragazza.
Qui con mia somma gioia scopriamo che Amy è una genia! Ha davvero architettato tutto e io l'ho adorata più che mai!
Ha studiato ogni minimo particolare per mesi e con meticolosità, diario compreso!
E a questo punto due cose crescevano in me: la stima profonda nei suoi confronti e la paura di conoscere, in questa fase della storia, una Amy troppo diversa da quella del diario che avevo adorato, che mi aveva fatto ridere, che mi aveva fatto tanta tenerezza e che, in certi momenti, avrei preso a schiaffi dicendole "svegliati e mandalo a quel paese!!!".
Amy sta fuggendo e ci racconta la sua vera storia. 
Ci preannuncia di essere diversa dalla Amy del diario, ma questo a dir la verità non è del tutto vero.
Ci racconta la storia della sua infanzia, l'essere convissuta sentendo il peso della competizione con le sette Hope (le sorelline morte prima della sua nascita), perché delle bambine mai vissute non hanno, ovviamente, mai fallito e saranno sempre ricordate come esseri perfetti e puri.

“Sono sempre stata meglio delle Hope, io sono quella che ce l’ha fatta. Ma ne sono anche sempre stata gelosa: le sette defunte principesse danzanti. Che raggiungono la perfezione senza nemmeno provarci, senza dover affrontare un attimo di vita, mentre io sono qui sulla terra, e devo provarci ogni giorno, e ogni giorno è una possibilità d’imperfezione. 
Vivere così è faticoso, e io ho vissuto così per trentun anni.”

E poi arriva Nick, e lei lo ama davvero, ne è realmente travolta e per questo fa quello che fanno tutti all'inizio di un rapporto, ovvero si finge un po' diversa da quello che è.
Si costringe a ridere alle sue battute, anche se non sono poi così divertenti, afferma di amare un dato sport o un genere musicale e così via...

Attenzione!
Perché questa è la cosa che Nick gli recriminerà per sempre.
Lui giustifica i suoi molteplici sbagli, il fatto di non averci provato abbastanza, di averla trascurata e tradita, con la scusa "lei è cambiata".
Come se non fosse normale mostrare sempre il meglio di sé all'inizio di una relazione e poi sentirsi piano piano più liberi di sbagliare ed essere vulnerabili e umani.
Lui stesso lo fa!
All'inizio del rapporto è totalmente un'altra persona, divertente, curioso, brillante, per poi diventare cosa?
Solo un fedifrago, egoista e manipolatore.

Così Amy indossa la maschera della Strafica e lo conquista.
Tuttavia si innamora davvero di Nick e per lui, per un po' di anni, diventa davvero la moglie perfetta descritta nel diario, ricevendo in cambio comunque poca considerazione.
Lei si sforza, fa quello che può, ma è l'unica a lottare per questo matrimonio, infatti Nick anziché fare qualsiasi cosa per far sentire Amy considerata in una città che non conosce, l'abbandona completamente a se stessa.
È solo quando Amy scopre il tradimento che mette a punto la sua vendetta. 
Finalmente capisce che non ha più senso annullarsi per un "uomo" del genere.
Un uomo che continua a chiederle un figlio pur non amandola più.

“La sera della festa a Brooklyn impersonavo la tipa al passo coi tempi, l’ideale per uno come Nick: facevo la Strafica. Che per gli uomini è il massimo del complimento, no? È una strafica. 
Strafica vuol dire che sei gnocca, vivace, divertente; una che adora il football, il poker, le barzellette sporche e i rutti, gioca ai videogiochi, beve birra da due soldi, non disdegna orge e sesso anale, anzi, e trangugia hamburger e hot dog neanche fosse la madrina della più affollata gang bang gastronomica del mondo… riuscendo comunque a rimanere una taglia 38, perché le Strafiche sono soprattutto gnocche. Gnocche e comprensive. 
Le Strafiche non si arrabbiano mai; si limitano a sorridere, rammaricate e amorevoli, e lasciano fare al loro uomo quello che vuole. Vai, cagami pure in testa, nessun problema, sono una Strafica.”

“Ho aspettato con pazienza – per anni – che le lancette imboccassero l’altra direzione: che gli uomini cominciassero a leggere Jane Austen, a lavorare a maglia e a fingere di adorare il Cosmopolitan, che organizzassero feste consacrate ai collage di vecchie foto e si mettessero a pomiciare tra loro mentre noi sbirciavamo eccitate. A quel punto avremmo detto: Sì, vai, quello è uno Strafico. 
Ma non è successo: anzi, le donne sono diventate complici del loro stesso degrado! La Strafica è diventata la norma. Gli uomini ci credevano: non si trattava di un sogno, di una su un milione. Tutte dovevamo essere così, e se per caso eravamo diverse, allora c’era qualcosa che non andava in noi.”

Ho adorato questa parte perché innanzitutto questa Amy mi piaceva molto di più, con più carattere e meno zerbina, e poi mi è parso che tutto il suo discorso avesse una morale. 
E quindi ho compreso che, forse, lo scopo del libro fosse proprio quello di dare una lezione a tutti quegli uomini che trattano le donne come trofei e le gettano al momento in cui sono attirati da un trofeo più bello e più nuovo.
Come di fatto ha fatto Nick preferendo a sua moglie Andie, una stupida sciacquetta da quattro soldi. 
Amy vuole fare giustizia. Vendicare tutte le donne usate e gettate dagli uomini nei secoli dei secoli. 
Una storia uguale e contraria a quella narrata nel racconto di fantascienza "The Stepford wives" di Ira Levin, e confesso che, messa così, mi piaceva davvero tantissimo.

In questa parte però conosciamo anche qualche aspetto inquietante del carattere di Amy, e vediamo di contro Nick che si auto dipinge come la vittima della situazione.
Non so se la scrittrice abbia scritto questa parte con l'intento di ribaltare le nostre simpatie e farci quindi rivalutare Nick, se l'intento era quello, sappi Gillian che non ci sei riuscita U_U
Il mio odio nei confronti di quell'essere orrendo resta immutato.
Però ho iniziato a temere di dover anche riconsiderare la mia predilezione verso Amy, ho iniziato a capire che, forse, la ragazza era un po' più psicopatica del necessario XD

-Terza parte. Dove il ragazzo ritrova la ragazza (o viceversa).
Amy purtroppo si lascia riconquistare dalle false moine che Nick le lancia tramite TV.
Così torna a trasformarsi nella vecchia zerbina che conoscevamo T_T
Ama così tanto Nick, e desidera così tanto essere ricambiata, che si costringe a credere alle sue parole mandando all'aria il suo piano, accuratamente studiato, per tornare da lui.
Compie un gesto sconsiderato, il più grave tra tutti quelli che ha compito in passato, uccide Desi, e quindi diventa un'assassina. 
Un'azione senza ritorno e che non si può giustificare.
Perché è vero, Desi la teneva in trappola, è vero era in una situazione senza via d'uscita, ma se la vendetta nei confronti di Nick la desideravo, quella nei confronti di Desi, che non le ha fatto effettivamente nulla di male, se non impedirle di tornare da quel mostro del marito, non ha giustificazioni.
Tuttavia la mitica Amy la fa franca. 
Ancora una volta la sua mente tesse una storia convincente, capace di convincere la polizia e commuovere la massa.
Nick si ritrova incastrato in un matrimonio che non vuole e questa é la prigione che si é meritato.
D'altra parte Amy è un'assassina quindi un finale che avrebbe visto punita anche lei sarebbe stato più giusto.
Tuttavia nella battaglia Nick-Amy non ho mai cambiato schieramento. Ho sempre tifato per lei, perché (sebbene entrambi i personaggi fossero fortemente disturbati), lei in un modo o nell'altro lo ha amato, lui l'ha solo usata e distrutta.

“Proprio come Nick, che ha respinto e distrutto la vera me un pezzo alla volta: Sei troppo seria, Amy, sei troppo rigida, Amy, tu pensi troppo, rifletti troppo, con te non mi diverto più, mi fai sentire inutile, Amy, mi fai rimanere male, Amy. 
Mi ha fatta a pezzi a forza di critiche buttate lì a caso: l’indipendenza, l’orgoglio, l’autostima. Lui prendeva soltanto, mentre io non facevo che dare finché sono sparita. 
Quella puttana. Aveva me e ha scelto la puttanella. Ha ucciso la mia anima, e dovrebbe essere reato. Anzi, lo è, almeno per quanto mi riguarda.”

Ora, nonostante il libro e il modo in cui è narrato mi siano piaciuti moltissimo, ammetto che avrei preferito un finale diverso.
Per me la storia sarebbe stata perfetta se fosse finita con la seconda parte, ovvero quando scopriamo che Amy è viva e vegeta e che ha escogitato il suo piano perfetto per punire quel mentecatto del marito.
Avrei voluto che fosse finito così, e vedere quindi lui andare in prigione e lei godersi felice e contenta la sua vendetta.
Tutta la parte successiva mi è parsa un po' superflua, un modo per allungare un brodo che era già perfettamente riuscito.

il mio voto per questo libro

martedì 17 marzo 2015

Chi ben comincia... #21

Poche e semplici le regole:
♥ Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
♥ Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
♥ Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
♥ Aspettate i commenti

"Miss Charity" di Marie-Aude Murail

Salve avventori!
Rieccoci con un nuovo appuntamento della rubrica "Chi ben comincia", e quello che vi propongo oggi è l'incipit di un libro che avrei voluto leggere da molto tempo, ovvero "Miss Charity" di Marie-Aude Murail.
Non ho ancora nessuna idea di ciò che mi riserverà questa lettura, so soltanto che l'inizio promette davvero bene.
La protagonista, la piccola Charity, sembra essere un tipino molto acuto e curioso. Credo (e spero) che mi riserverà delle belle sorprese.

“Tutte le domeniche della mia infanzia si assomigliavano. 
Ecco perché questa, dell’inverno 1875, me la ricordo benissimo. Avrei presto compiuto cinque anni. Mamma iniziò il mattino con un interrogatorio. 

MAMMA, leggendo 
Qual è lo scopo principale della vita umana? 

IO, recitando 
Conoscere Dio. 

MAMMA, leggendo 
Perché dite questo? 

IO, recitando 
Perché ci ha messi al mondo per essere glorificato in noi. 

Non riuscendo a cogliermi in fallo, mamma chiuse con un gesto secco La Guida spirituale del bambino. Si girò verso un giornale aperto sopra una poltrona. 

MAMMA 
Verrete in chiesa? 

PAPÀ 
Non credo. 

Avrei voluto che mamma lo chiedesse anche a me. 
Il Reverendo Donovan quel giorno fece il sermone sulla frase del profeta Ezechiele: “Quando il peccatore si distoglie dal peccato per praticare la giustizia, merita di vivere”. 
Il Reverendo Donovan, che aveva la cattiva abitudine di porsi le domande ad alta voce, si chiese all'improvviso: 
«Perché Dio permette al peccatore di vivere, se non lo merita?». 
Mi sembrò che mi guardasse e io aprii la bocca, cercando disperatamente di immaginare cosa potesse dire in proposito La Guida spirituale del bambino. Il Reverendo Donovan rispose immediatamente: «Il peccatore vive, perché la bontà di Dio è infinita». 
Uff. 

REVERENDO DONOVAN 
Perché dico che la bontà di Dio è infinita? 

La curiosità di quell'uomo era insaziabile. 
Poco a poco, sentii gli occhi bruciare e li chiusi. Fu quindi quel giorno che caddi dalla sedia come un sasso. Sulla via del ritorno, mamma si chiese a voce alta se, dopo una simile vergogna, potesse ancora andare in chiesa con me. Potei finalmente rispondere come papà. 

IO 
Non credo.”

giovedì 5 marzo 2015

Recensione: "Io sono febbraio" di Shane Jones

Titolo: Io sono febbraio. Storia dell'inverno che non voleva finire mai
Titolo originale: Light Boxes, a fantasia about a war waged by a group of balloonists against the seemingly endless month of February
Autore:  Shane Jones
Editore: Isbn Edizioni
Data di pubblicazione: 7 giugno 2012
Pagine: 176
Prezzo: 7,99 € (ebook)

Trama:
In un luogo e in un tempo imprecisato, una piccola cittadina vive un incubo infinito: da mesi gli abitanti sono immersi in un inverno che sembra non voler finire mai, la luce del sole è un lontano ricordo, ovunque solo freddo e neve. Mentre gli adulti cadono in una profonda depressione, uno spirito misterioso di nome Febbraio si accanisce contro la popolazione, vietando il volo degli aquiloni e delle mongolfiere. Ed è quando i bambini della città iniziano a scomparire che Thaddeus Lowe decide di ribellarsi, dichiarando guerra a Febbraio.

Recensione:
Quello che Shane Jones costruisce in queste pagine è un lavoro insolito.
"Originale" forse è il termine che lo descrive meglio, poiché atipici sono sia la storia che ci viene narrata, che il modo in cui essa ci viene presentata.
Un racconto allegorico in cui Febbraio rappresenta l'inverno e tutti i disagi che esso comporta.
Ma Febbraio non è solo una stagione, è una vera e propria presenza in carne ed ossa, che sceglie e agisce volontariamente.
Come una persona normale ha sentimenti e le sue decisioni sono influenzate dallo stato d'animo del momento.
A differenza di un qualsiasi essere umano, però, ogni sua azione influenza il destino degli uomini che sono, di fatto, in mano a quella che è la sua volontà.
Febbraio è quindi una sorta di Creatore che, in base ai suoi umori, gioca con le vite degli altri.
Li tormenta, toglie loro la gioia, rapisce i loro figli e, di tanto in tanto, si pente delle sue azioni.
Non c'è dubbio che Shane Jones abbia dato vita ad un'ambientazione molto suggestiva.
Egli riesce, con le sue parole, a far percepire al lettore un forte senso di angoscia e tristezza.
Ci fa avvertire il freddo, la paura, gli odori di menta, di miele e di fumo.
Riesce a far sentire l'impotenza dell'uomo di fronte ad un destino, che pare incaponirsi con forza contro di lui.
Ci mostra la sofferenza che si prova di fronte alla perdita di tutto ciò che si ama, ma la forza che spinge l'essere umano, sempre e nonostante tutto, a lottare per il raggiungimento della felicità.
Molte cose positive dunque, ciò che stranisce, però, è la maniera contorta con cui lo scrittore trasmette questi messaggi.
Come se tutto il libro fosse un rebus da decifrare.
Sin dalle prime righe si fa fatica a capire il senso del tutto.
E più si va avanti con la lettura, più la situazione si complica.  Tutto diventa una rete di doppi sensi da tradurre, interpretare e comprendere.
Anche il modo in cui il testo è scritto non aiuta.
L'autore compie una scelta stilistica (probabilmente in nome dell'originalità) che non fa che creare ancor più un senso di confusione.
Sceglie di non mettere i virgolettati ai dialoghi e i punti interrogativi alle domande.
Ma qual è il senso di questa scelta? Non saprei proprio dirlo.
Interessante è invece il modo in cui l'autore gioca con le parole, sottolineandone l'importanza variando la misura del font.
Nel complesso si tratta di un libro originale che, forse, avrebbe emozionato e coinvolto di più se l'autore avesse messo da parte un po' d'estro in favore del contenuto.

Considerazioni:
Sicuramente questo non è un libro per tutti.
Credo che in molti lo abbandonerebbero dopo aver cercato, invano, di decifrarne la prima pagina.
Ciò che è certo è che è un libro molto evocativo.
Le parole sono il mezzo attraverso il quale, Shane Jones, ci mostra uno scenario lugubre e affascinante, facendolo percepire in modo vivido e quasi reale.
Ci trascina in questa cittadina imprigionata in un inverno senza fine e, piano piano, in maniera molto contorta, ci fa capire qualcosa delle persone che la abitano.
Thaddeus Lowe, visto da tutti come l'eroe che guiderà la battaglia e sconfiggerà Febbraio.
Bianca, sua figlia, che viene rapita da Febbraio nel bel mezzo della notte.
I preti, gli unici alleati di Febbraio in città, e così via...

Febbraio è un uomo triste e solo. Ama la sua ragazza che sa di miele e di fumo, ma forse è consapevole di non essere più corrisposto.
È annoiato ed infelice e sfoga le sue frustrazioni distruggendo la vita degli altri.

“Volevo scriverti una storia sulla magia. Volevo conigli che spuntassero dai cappelli. Volevo palloni che ti sollevassero fino al cielo. Ma è diventato tutto nient’altro che tristezza, guerra, afflizione. Non l’hai mai visto, ma dentro di me c’è un giardino.”

Da come ci vengono descritti, i due sembrano vivere in un universo parallelo a quello degli uomini, due mondi che non si incontrano, ma che possono essere influenzati l'uno dall'altro.
Febbraio ha un lavoro, degli amici, una ragazza, dei genitori.
Vive da loro, nel loro seminterrato.
Va in bici e quando è a casa scrive le sue storie, scrive il destino di Thaddeus Lowe e dei suoi concittadini.

Ho trovato divertenti alcuni piani attraverso i quali i cittadini cercano di sconfiggere Febbraio, come il vestirsi con abiti leggeri e far finta di essere in primavera XD
Inoltre, ho trovato molto significativa la parte finale in cui Febbraio e la ragazza che sa di miele e di fumo lottano, a colpi di pergamena, per cambiare il destino degli uomini.
Il tutto mi ha fatto pensare al giochino "Pocket God" in cui si deve impersonare, per l'appunto, un Dio che con un dito può distruggere chiunque e qualsiasi cosa. Per un capriccio disgregare intere civiltà.
Tuttavia c'è qualcosa che non riesco a mandar giù.
Se da un lato ci ho visto poesia e originalità, dall'altro, però, mi è parso un libro scritto appositamente in maniera insensata e stravagante, per far apparire "artistico" un lavoro e una storia che in realtà ha ben poco senso.
Un racconto che, se raccontato in maniera ordinaria, non avrebbe stupito nessuno e probabilmente non avrebbe ottenuto il medesimo successo.


il mio voto per questo libro


lunedì 2 marzo 2015

I love this cover #6

Salve avventori!
Eccoci di nuovo con la rubrica "I love this cover", che ha come protagoniste, ovviamente, le copertine che ci hanno particolarmente colpito.
Quella di cui mi occupo oggi è la cover del bestseller di Jessie Burton, "Il miniaturista".
Il romanzo d'esordio della Burton, dopo aver scalato le classifiche di vendita inglesi, è adesso una delle nuove uscite della casa editrice Bompiani.






In un giorno d’autunno del 1686, la diciottenne Petronella Oortman − "Nella fra le-nuvole" è il soprannome datole da sua mamma – bussa alla porta di una casa nel quartiere più benestante di Amsterdam. È arrivata dalla campagna con il suo pappagallo Peebo, per iniziare una nuova vita come moglie dell’illustre mercante Johannes Brandt. Ma l’accoglienza non è proprio quella che Nella si aspettava: invece del consorte trova la sua indisponente sorella, Marin Brandt. Nella camera di Marin, Nella scopre appassionati messaggi nascosti tra le pagine di libri esotici; e anche quando Johannes torna da uno dei suoi viaggi, evita accuratamente di dormire con Nella, e anche solo di sfiorarla. Anzi, quando Nella gli si avvicina, seduttiva, memore dell’insegnamento della mamma (“Il tuo corpo è la chiave, tesoro mio”), lui la respinge. L’unica attenzione che Johannes riserva a Nella è uno strano dono, la miniatura della loro casa e l’invito ad arredarla. Sembra una beffa. Eppure Nella, che si sente ospite in casa propria, non si perde d’animo e si rivolge all’unico miniaturista che trova ad Amsterdam. Nella rimane subito affascinata da questa enigmatica figura: tra loro si verrà a creare un dialogo sempre più fitto, senza parole, fatto solo da piccoli, straordinari manufatti che raccontano i misteri di casa Brandt.


Che dire, trovo questa copertina stupenda!
Dalla protagonista, raffigurata in veste d'epoca e accompagnata dal suo fedele pappagallo, all'ambientazione che trova spazio nella voluminosa gonna di Nella, questa illustrazione, curata nei minimi dettagli, non può che lasciare estasiati.
Ed è proprio la rappresentazione notturna di Amsterdam la cosa che mi ha colpito di più: l'atmosfera magica, la neve che cade a piccoli fiocchi, le pieghe che, confondendosi con il cielo, paiono quasi dei lievi fasci di luce.
Anche la scelta dei colori e l'idea del titolo posizionato sul rotolo nelle mani di Nella hanno trovato la mia approvazione.
La cover è frutto dell'ingegno dell'artista Catrin Welz-Stein, che ha realizzato quest'immagine per la pubblicazione americana (per la Harper Collins), poi ripresa pari pari dalla nostra Bompiani (per fortuna direi!).
Dando invece uno sguardo alle altre copertine posso dire che anche quella inglese, utilizzata dalla casa editrice Picador, mi piace molto. 
Anzi, per quanto quella americana sia più affascinante, trovo che quest'ultima sia tuttavia più inerente alla storia del libro che, forse non tutti sanno, narra la vicenda, naturalmente romanzata, della figura storica di Petronella Oortman, che commissionò la casa delle bambole oggi esposta al Rijksmuseum di Amsterdam.
Inoltre anche questa seconda opzione denota una grande attenzione rivolta ai particolari e al messaggio da trasmettere al lettore.
E voi, quale preferite?