Titolo: 1984
Autore: George Orwell
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 2002
Pagine: 336
Prezzo: 9,50 €
Trama:
Winston Smith, trentanove anni, vive a Londra, capitale dell'Oceania, uno dei tre continenti in cui è suddiviso il mondo abitato.
Ha sempre vissuto a Londra, da che ne ha memoria.
Lavora al Ministero della Verità, ma non sa più da quanto.
Tutto ciò che ricorda è il Partito che, nella figura del Grande Fratello, da sempre governa tutta l'Oceania.
La sua vita non è stata altro che obbedienza alle regole stabilite.
Fino a quando dentro di lui si insinua un dubbio: il Grande Fratello vuole davvero proteggere tutti dal nemico o l'unico pericolo alberga nel Partito stesso?
Recensione:
In uno scenario post-apocalittico, ambientato nell'anno 1984, tutto ciò che resta della Terra sono tre continenti in perenne guerra tra loro: l'Eurasia, l'Estasia e l'Oceania. In quest'ultima, e in particolare a Londra, vive Winston Smith, trentanove anni, uno dei tanti dipendenti del Ministero della Verità.
Il suo compito è salvaguardare l'immagine del Partito che da troppo tempo governa ogni cosa. Tutto ciò che deve fare è trasformare le continue menzogne del governo in verità da dare in pasto a coloro che sembrano non rendersi conto della realtà.
Tutto ciò che deve fare è continuare a nascondere l'odio che da più di sette anni non fa che insinuarsi in lui, un odio che ha un solo referente: colui che è a capo di tutto, e che deve essere rovesciato, il Grande Fratello.
Così un giorno come un altro il nostro protagonista decide di dare il via alla sua ribellione. In un mondo in cui la libertà non esiste, in cui anche un singolo movimento, un gesto o un'espressione del viso può costituire un reato, anche le cose più semplici sono proibite.
Winston sa bene che scrivere un diario potrebbe causargli la morte, ma il bisogno di lasciare un messaggio al futuro sembra essere più forte.
Egli era un fantasma isolato, che proclamava una verità che nessuno avrebbe mai udito, ma finché avesse continuato a
proclamarla, in un qualche misterioso modo l'umana catena non si sarebbe spezzata. Non era facendosi udire che si
salvaguardava il retaggio degli uomini, ma conservando la propria integrità mentale. Tornò al tavolo, intinse la penna
nell'inchiostro e scrisse:
Al futuro o al passato, a un tempo in cui il pensiero sia libero, gli uomini siano gli uni diversi dagli altri e non vivano
in solitudine... a un tempo in cui la verità esista e non sia possibile disfare ciò che è stato fatto.
Per liberarsi dalle catene della schiavitù è necessario fare qualche sacrificio.
Così, con una penna e un vecchio quaderno rilegato, Winston inizia il suo percorso di liberazione, che potremmo idealmente suddividere in tre fasi: dal pensiero, alla scrittura, fino all'azione.
Se in un primo momento infatti l'uomo si limita ad immaginare un luogo senza obblighi, e soprattutto senza teleschermi pronti a seguire ogni sua mossa, man mano che andremo avanti assisteremo al suo cambiamento: Winston diventa più forte, meno timoroso dei pericoli e più consapevole delle conseguenze delle sue azioni.
Un ruolo importante in tutto questo lo avrà Julia. Solo grazie a lei la ribellione di Winston (e anche la sua) approda alla terza fase.
Il loro rapporto nasce difatti in primo luogo come reazione alle ferree leggi che vietano le relazioni tra i membri del Partito. Ogni loro fugace incontro rappresenta per i due amanti un attacco al Grande Fratello. Solo in un secondo momento alla valenza politica si affiancherà quella sentimentale.
Insieme a Julia, Winston inizierà un vero e proprio viaggio nel passato: dal caffè al cioccolato di un tempo, alle vecchie filastrocche, fino ai ricordi più importanti: la scomparsa improvvisa della mamma e della sorellina.
Ciò che sembrava sepolto di colpo riaffiora, così come il senso di colpa per non aver salvato la sua famiglia.
Il pensiero che ora colpì Winston fu che la morte della madre si era verificata, quasi trent'anni prima, in circostanze
tragiche e dolorose che adesso sarebbero state impossibili. Si rese conto che il tragico apparteneva a un tempo remoto, a
un tempo in cui ancora esistevano la vita privata, l'amore, l'amicizia, a un tempo in cui i membri di una famiglia vivevano
l'uno accanto all'altro senza doversene chiedere il motivo.
Il ricordo di sua madre gli straziava il cuore, perché sapeva
che era morta amandolo, quando lui era troppo piccolo ed egoista per amarla a sua volta, e perché in un certo senso, che
gli sfuggiva, aveva sacrificato se stessa a un ideale di devozione privato e inalterabile.
Oggi cose simili non sarebbero
potute accadere. Oggi la paura, l'odio e il dolore c'erano ancora, ma non esistevano più pene profonde e complesse, né la
dignità data dall'emozione. Tutto ciò gli sembrava di vedere nei grandi occhi della madre e della sorella, che volgevano a
lui lo sguardo da quell'acqua verde, a centinaia di tese nell'abisso, mentre ancora affondavano.
Solo ripensando a loro Winston si rende conto di ciò che ha perso, le emozioni, la capacità di amare qualcuno incondizionatamente.
La frase "noi non siamo umani" dice tutto. Solo i prolet possono ancora salvarsi.
Osservando la donna robusta che allegramente ogni giorno stende il bucato, Winston si rende conto che i sentimenti che i membri del Partito non riescono più a provare appartengono ancora al popolo.
E' loro il futuro, è loro la speranza della rivoluzione. La loro forza e la loro tenacia è l'unica in grado di rovesciare il Grande Fratello.
Questa consapevolezza, che diviene man mano più evidente, rappresenta uno dei punti di svolta dell'intera vicenda, quella che darà idealmente il via alla seconda parte del romanzo (in realtà per l'autore le fasi sarebbero tre), contrassegnata da un ritmo decisamente più veloce. Se infatti per buona parte del libro la narrazione procede lentamente, e consiste praticamente nel seguire passo passo la vita di Winston (a lavoro, a casa, nel nascondiglio con Julia), nei capitoli finali la vicenda prende una piega decisamente diversa, più intensa e talvolta cruenta.
In ogni caso tutto il libro è caratterizzato da descrizioni accurate e dettagliate, e riflessioni estremamente profonde.
Queste ultime, per quanto interessanti, e in molti casi applicabili anche al giorno d'oggi, hanno però il deficit di spostare l'attenzione, eclissando le figure dei personaggi, che in alcuni frangenti paiono essere dei meri espedienti per esprimere delle considerazioni più importanti ed estranee alla storia in sé.
Ciò è evidente nell'intero capitolo dedicato al libro di Goldstein, che non fa altro che confermare i pensieri che Winston aveva già espresso più e più volte (una ridondanza assolutamente inutile).
D'altra parte le scene di vita familiare, i ricordi d'infanzia, l'osservazione del mondo dei prolet, che rappresentano a mio avviso i passi più coinvolgenti, risultano essere fin troppo rari, e lasciano fin troppe questioni in sospeso.
Nonostante queste piccole cose che, devo ammettere, mi hanno lasciato un po' perplessa, consiglio sicuramente questo libro agli amanti del genere distopico. Inoltre "1984" è uno di quei fortunati casi di classici senza tempo, che non perdono valore con l'andare degli anni, e risultano sempre attuali.
Considerazioni:
Se non hai letto il libro e hai intenzione di farlo fermati qui!
Riuscite ad immaginare una realtà in cui un solo partito regna incontrastato?
Un mondo in cui, pena la morte, non si può fare altro che seguire le sue regole?
Immaginate una vita scandita solo dall'orario di sonno e di veglia, in cui tutti non fanno altro che lavorare senza sosta, senza assaporare mai i frutti dei loro sacrifici.
E soprattutto provate a pensare a come vi sentireste sapendo che ogni vostro movimento, ogni parola, sguardo, espressione e perfino un sospiro sono perennemente osservati da un team di esperti che non fa altro che attendere il momento in cui il vostro corpo tradirà le emozioni che da tempo nascondete, rivelando il profondo odio che nutrite per chi sembra controllare tutto.
Bene, se ci siete riusciti allora potete anche intuire l'effetto che fa questo libro.
Se mi chiedessero difatti qual è il maggior pregio che ha l'opera di Orwell risponderei l'impatto psicologico che riesce a creare.
Lo scenario desolante e soprattutto l'assenza di qualsiasi libertà non fanno che rendere la narrazione sempre più angosciante.
Il teleschermo riceveva e trasmetteva contemporaneamente. Se Winston avesse emesso un suono anche appena appena più forte
di un bisbiglio, il teleschermo lo avrebbe captato; inoltre, finché fosse rimasto nel campo visivo controllato dalla placca
metallica, avrebbe potuto essere sia visto che sentito. Naturalmente, non era possibile sapere se e quando si era sotto
osservazione. Con quale frequenza, o con quali sistemi, la Psicopolizia si inserisse sui cavi dei singoli apparecchi era
oggetto di congettura. Si poteva persino presumere che osservasse tutti continuamente. Comunque fosse, si poteva collegare
al vostro apparecchio quando voleva. Dovevate vivere (e di fatto vivevate, in virtù di quell'abitudine che diventa istinto)
presupponendo che qualsiasi rumore da voi prodotto venisse ascoltato e qualsiasi movimento — che non fosse fatto al buio —
attentamente scrutato.
Prese dalla tasca una moneta da venticinque centesimi. Anche qui, in caratteri chiari e netti, erano incisi gli stessi
slogan. Sul rovescio, la testa del Grande Fratello, i cui occhi anche qui parevano seguirvi. E lo stesso valeva per i
francobolli, le copertine dei libri, gli stendardi, i manifesti, i pacchetti di sigarette. Quegli occhi vi seguivano
ovunque e ovunque vi avvolgeva la stessa voce. Nella veglia o nel sonno, al lavoro o a tavola, in casa o fuori, a letto o
in bagno, non c'era scampo. Nulla vi apparteneva, se non quei pochi centimetri cubi che avevate dentro il cranio.
Il seguire giorno per giorno la quotidianità di Winston, vedere come escogita piani anche solo per leggere segretamente un bigliettino, o per sfiorare di sfuggita la mano della sua amata, non possono lasciare indifferente il lettore.
Il confronto poi tra le scene che hanno come sfondo il Ministero o l'alloggio di Winston e gli attimi di libertà con Julia (nel nascondiglio del signor Charrington o nel bosco) non fanno che rendere tutto ancora più evidente.
Solo quando sente di non essere controllato il protagonista è davvero se stesso. Esente dalle regole e dai condizionamenti, capace del controllo delle sue azioni e della sua mente, capace finalmente di pensare e di ricordare.
Ogni minuto lontano dai teleschermi è un'opportunità per recuperare ciò che credeva perduto: non solo gli oggetti ormai introvabili, come stampe o vero caffè, o le vecchie filastrocche, ma anche l'amore e i sacrifici che solo una madre è capace di fare.
Devo ammettere che le seppur rare parti incentrate sull'infanzia dell'uomo sono state quelle che ho preferito, le uniche in cui si intravede un po' di umanità, e che rivelano emozioni sincere. Solo il confronto tra il passato, ossia i tempi antecedenti al Grande Fratello (o anche l'attuale mondo dei prolet) e la situazione presente può farci capire il vero stato delle cose.
Gli attuali abitanti della terra non sanno cosa significa vivere, non sanno più amare.
Il rapporto con Julia ne è la prova: dapprima politico, poi fisico, infine affettivo. Ma mai vero amore.
Ormai le persone come loro hanno dimenticato l'affetto ricevuto e sono incapaci di provarlo a loro volta.
Inoltre lo stesso Orwell risulta abbastanza contraddittorio riguardo la natura del loro rapporto.
In alcuni momenti Winston sembra soffrire l'assenza di Julia, in altri pare dimenticarsi addirittura della sua esistenza.
Solo assai di rado pensava a Julia. Non riusciva a concentrarsi su di lei. L'amava e non l'avrebbe tradita, ma si trattava semplicemente di un fatto nudo e crudo, come le regole dell'aritmetica. Non sentiva affetto per lei: anzi, quasi non si domandava che cosa le stesse accadendo.
Basti pensare all'ultima parte del romanzo, quella della cattura e della tortura. Entrambi non esitano a procurare sofferenze all'altro pur di liberarsi delle loro pene.
Per quanto riguarda proprio gli ultimi capitoli non sono di certo privi di colpi di scena.
Tuttavia una delle cose che mi ha colpito di più di quest'ultima parte è stata la capacità di Orwell di dare un senso logico a tutti i dettagli disseminati nel corso della lettura, dal terrore improvviso alla vista dei topi, ai ricordi legati alla cioccolata, all'abbraccio materno intravisto in una pellicola.
Quello che invece mi ha un po' deluso è stato il fatto di non dare un seguito a questi dettagli. Ad esempio, nell'ultima parte veniamo a conoscenza che ciò che terrorizza di più il protagonista sono i roditori, ma non ci viene detto se questa paura avesse o no un perché.
Allo stesso modo l'autore non esplicita se il gin che viene servito ad ogni ora del giorno abbia o meno l'effetto di alterare lo stato mentale di chi lo assume (a mo' di stupefacente e non di un normale alcolico) come in effetti sembrerebbe.
Non sappiamo inoltre che fine abbiano fatto la madre e la sorellina di Winston. Chi le ha sequestrate (a quei tempi ancora non c'era il Grande Fratello) e per quale motivo? E perché il padre non era con loro?
Queste e altre domande restano purtroppo senza risposta.
Di contro altri concetti vengono ribaditi più e più volte. In alcuni momenti, devo ammetterlo, mi è parso addirittura che Orwell credesse che il suo pubblico fosse talmente stupido da non riuscire ad afferrare le cose se non alla nona o decima volta.
Una delle cose che invece ho apprezzato è l'analisi delle tecniche psicologiche (e delle torture fisiche) utilizzate dal Partito per deviare le menti. E' stato interessante soprattutto vedere come molti di questi meccanismi (per fortuna non tutti) siano ancora oggi utilizzati dalla politica per convincere gli elettori con ideali e false promesse.
In conclusione, nonostante le mancanze che ho delineato, credo che il romanzo di Orwell sia uno di quei libri da leggere, non tanto per la storia in sé, quanto perché nati con lo specifico scopo di far riflettere, sulla società, sul potere e sulla fragilità della mente umana.
il mio voto per questo libro