domenica 29 dicembre 2019

Recensione: "L'ultimo regalo di Babbo Natale" di Marie-Aude e Elvire Murail

Titolo: L'ultimo regalo di Babbo Natale
Autori: Marie-Aude e Elvire Murail
Illustrazioni: Quentin Blake
Editore: Camelozampa
Data di pubblicazione: 17 ottobre 2019 
Pagine: 32
Prezzo: 14,00 € 

Trama:
Julien è troppo grande per credere ancora a Babbo Natale. Quest'anno, ha deciso, gli scriverà, ma sarà l'ultima volta.
La mattina di Natale, però, sotto l'albero c'è una sorpresa...

Recensione:
Le sorelle Marie-Aude e Elvire Murail hanno scritto a quattro mani un tenero racconto incentrato sul potere che ha il Natale di farci tornare un po' tutti bambini.
La vicenda ha per protagonista Julien, un ragazzino che si sente un po' troppo cresciutello per credere ancora a Babbo Natale. Eppure sarà proprio una sorpresa inaspettata a cambiare il suo modo di vedere la realtà.
Certo, il nostro protagonista riceve ciò che aveva richiesto - una console super tecnologica e super costosa - ma anche qualcosa di più, un comune trenino di legno, destinato a chissà chi.
Il giocattolo, forse proprio perché inatteso, diventerà per Julien un fedele compagno di avventure, al punto da meritarsi un nome tutto suo: Juliette.
Ma Babbo Natale ha davvero dimenticato lì il regalo riservato a qualcun altro? E soprattutto tornerà a riprenderselo?
Da queste premesse prende avvio una storia che, in poche pagine e con estrema semplicità, ci fa capire come basti così poco per essere felici. Una buona dose di fantasia ed immaginazione ci può portare in mondi sconfinati, e non serve poi molto per divertirsi, niente di così complicato, ingegnoso o dispendioso, come ai giorni d'oggi siamo abituati a pensare. Basta saper dare un valore alle cose, piccole o grandi che siano, e non perdere mai la capacità di stupirsi di ciò che accade giorno dopo giorno.
Un libro piccolo ma dal forte valore simbolico, che per di più può vantare la collaborazione dell'acclamato artista britannico Quentin Blake, famoso per aver illustrato, tra le altre cose, gran parte delle opere di Roald Dahl.
Un connubio di immagini e parole che ci invita a conservare l'ingenuità dei più piccoli e ad accogliere con gioia il potere balsamico delle feste. 

Ringrazio la casa editrice Camelozampa per avermi omaggiato con una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

lunedì 16 dicembre 2019

Recensione: "I segreti del regno di Babbo Natale" di Autori Vari

Titolo: I segreti del regno di Babbo Natale
Autore: Autori Vari
Illustrazioni: Autori Vari
Editore: Uno Editori
Data di pubblicazione: 12 ottobre 2018 
Pagine: 110
Prezzo: 9,90 € 

Trama:
Babbo Natale ha finalmente deciso di svelare alcuni dei segreti più profondi del suo Regno. Questo mattacchione ha voluto farlo attraverso un percorso di racconti che accompagneranno, per mano e per cuore, lettori di tutte le età.
Magia, gratitudine, perdono, entusiasmo, tradizione, gli ingredienti che scandiranno ogni passo di questo meraviglioso cammino orientato verso la purezza. Per non parlare del momento in cui scoprirete che il Regno di Babbo Natale esiste davvero. Un luogo magico che si trova a Vetralla, non lontano da Roma. Il grande amore per il Natale, della famiglia Aquilani, fa sognare ogni anno bambini da 0 a 1000 anni che viaggiano da tutta Europa per visitare questo magico negozio.

La raccolta comprende i seguenti titoli:

"Le 5 monete d'oro" di Valerio Scanu
"Un Natale indimenticabile (il viaggio di Matilde e Camilla)" di Ivan Nossa
"La prima letterina di Babbo Natale" di Giorgio Onorato Aquilani
"Sottaceti... per Babbo Natale" di Marina Iuele
"Il seme di un albero" di Sandrino Aquilani
"Una canzone per Babbo Natale" di Francesca Binfarè
"I petali di Suor Gertrude" di Ivan Nossa
"Il potere e la magia di Babbo Natale" di Daniele Andrea Pulciani e Fabio Polsinelli
"Un piccolo segreto su Babbo Natale" di Ginevra Pressenda
"Chi sogna, vola" di Rossana Consoli
"Il regno di Babbo Natale" di Sandrino Aquilani

Recensione:
Una raccolta pregna di spirito natalizio e di magica atmosfera, perfetta per accompagnarci nell'atteso countdown sino a Natale. Undici racconti, diversi per stile, ambientazione e tematica, ma uniti da quella comunanza di valori e sentimenti, tipici di questo particolare periodo dell'anno.  
Perdono, generosità, solidarietà, comprensione e gioia, sono questi gli ingredienti principali delle storie racchiuse nel piccolo libro, edito da Uno Editori.
E se più di una ha come scenario proprio Babbo Natale ed il suo regno, altre si distinguono per la loro cornice non proprio invernale, come nel caso di "Il seme di un albero", "I petali di Suor Gertrude" e, inaspettatamente, anche "Sottaceti... per Babbo Natale", quest'ultimo collocato temporalmente in una ventosa giornata primaverile. 
Proprio la vicenda frutto della penna di Marina Iuele, è a mio parere una delle più riuscite, in quanto riesce a coniugare l'innocenza e la fantasia dei bambini, la generosità e la simpatia dell'omone di rosso vestito, e l'importanza della condivisione e della magnanimità.
Anche "Una canzone per Babbo Natale", "Un piccolo segreto su Babbo Natale" e "Chi sogna, vola" si fanno notare, ma stavolta per il clima festoso e le descrizioni ricche di particolari e di magia. Le prime due poi ci mostrano alcuni aspetti inediti di Santa Claus, regalandoci un personaggio più umano: moderno e avvezzo ai social nel primo caso; e malinconico, deluso e ferito, nel secondo. 
Tornando invece a "Chi sogna, vola" anche questa è una delle mie preferite: ha per protagonista un giovane alce che desidera tanto guidare la slitta volante per la consegna dei regali di Natale. Ci riuscirà? Beh, vi tocca leggerlo per scoprirlo, ma vi basti sapere che, se uno vuole qualcosa con tutte le sue forze, alla fine trova bene o male il modo per ottenerlo. 
Ovviamente essendo una raccolta variegata, che ha visto la partecipazione di diversi autori, non tutti risultano convincenti, o almeno non del tutto.
Prendo ad esempio "Il potere e la magia di Babbo Natale" che, nonostante il titolo, sembra quasi un racconto di fantascienza, rimodellato per essere incluso in questa pubblicazione. Si parla della madre terra, Gaia, e del legame tra esseri viventi, e la narrazione è così trascendentale che la presenza di Babbo Natale nelle righe finali sembra una nota stonata ed una scelta forzata.
A parte questa, non ce n'è nessuna che mi abbia deluso o che, almeno in parte, non abbia apprezzato.
Nel complesso il libro è davvero carino, una lettura scorrevole, utile per entrare nel mood delle feste. 
Il testo è inoltre correlato da alcune tenere illustrazioni (anche queste portano firme diverse), e contiene, nel prologo, pochi semplici accenni sulla storia del Regno di Babbo Natale di Vetralla. 
Nella parte finale poi, vi è una sezione lasciata appositamente libera, per stimolare la partecipazione attiva. I lettori, adulti e più piccini, potranno così inventare la propria storia, e scrivere la letterina da inviare a quel buon uomo dalla barba lunga, che è solito recapitarci regali.
Una bella idea, che i bambini non potranno che adorare... non credete?

Ringrazio la casa editrice Uno Editori per avermi fornito una copia cartacea di questa raccolta

il mio voto per questo libro

lunedì 9 dicembre 2019

Recensione: "L'amico immaginario" di Stephen Chbosky

Titolo: L'amico immaginario
Autore: Stephen Chbosky
Editore: Sperling & Kupfer
Data di pubblicazione: 1 ottobre 2019 
Pagine: 640
Prezzo: 19,90 € 

Trama:
Mill Grove è una tranquilla e isolata cittadina della Pennsylvania: solo una strada per arrivare, solo una per andarsene. A Kate Reese sembra il luogo ideale per ricominciare una nuova vita. Lo deve al suo bambino, Christopher, che ha solo sette anni ma sa già quanto il mondo dei grandi possa far male. 
In quella nuova casa, tutto sembra andare a meraviglia, ma poi, all’improvviso, Christopher scompare. Per sei lunghissimi giorni, nessuna traccia di lui. 
Finché, una notte, il bambino riemerge dal bosco di Mission Street, al limitare della piccola città. È illeso, ma profondamente cambiato. Nessuno sembra accorgersene, eccetto sua madre. Ma nemmeno lei può immaginare tutta la verità. 
Christopher ora sente una voce nella testa, e vede cose che per gli altri sono impercettibili. Conosce i segreti del passato, inghiottiti dal bosco; quelli del presente, celati dietro le facciate rispettabili della città. Conosce il futuro tragico che sta per abbattersi su tutti loro. Non può parlarne a nessuno, ma può e deve compiere la missione che quella voce amica gli detta, prima che arrivi Natale. Altrimenti, per sua madre, i suoi amici e l’intera città, sarà la fine.

Recensione:
Stephen Chbosky ha creato per noi una lettura da brivido, degna dei grandi maestri del genere horror. Il suo libro, grazie ad un'atmosfera inquietante, dei nemici terrificanti, un intreccio in continua evoluzione ed una tensione crescente, è uno di quelli che tiene il lettore perennemente incollato alle pagine, col fiato sospeso, in attesa dell'ennesimo colpo di scena.
E di svolte sorprendenti "L'amico immaginario" ne contiene parecchie, sin dalle prime pagine. Se infatti inizialmente ci viene narrata per sommi capi una delle notti più spaventose vissute dal coraggioso David Olson, alla fine del prologo, ci troviamo a fare un balzo di quasi sessant'anni per arrivare alle vicende, più o meno similari, del nostro effettivo protagonista: Christopher.
Il piccolo ometto, dopo aver perso il papà in modo molto drammatico, desidera un'unica cosa: rendere la mamma orgogliosa di lui. Tenterà in ogni modo di farlo, scontrandosi con la dislessia che, purtroppo non gli permetterà di eccellere come vorrebbe. 
Un giorno però, all'uscita da scuola, il tenero bimbo di sette anni viene misteriosamente attirato nel bosco adiacente, da cui non riesce a venir fuori se non sei giorni dopo.
Il primo incontro con gli alberi nodosi di Mission Street sarà per lui così traumatico che, una volta in salvo, non sarà in grado di ricordare nulla di cosa sia successo là dentro.
Naturale, direte voi, cosa ci può essere di più spaventoso e sconvolgente per un bimbo che ritrovarsi solo, di notte, in mezzo al nulla?
Beh, tutto quello che il povero Christopher porterà con sé una volta tornato a casa.
Sì perché da quel momento la vita in casa Reese cambierà radicalmente, e non sempre in modo positivo. È vero, grazie alle straordinarie ed inspiegabili capacità affinate nel bosco, l'amorevole ragazzino collezionerà ottimi voti e aiuterà la mamma a far fronte alle spese, ma ciò non toglie che lui porterà anche un fardello non indifferente sulle spalle.

Lei rimase seduta a lungo ad osservarlo dormire. Le tornò in mente quando avevano guardato Dracula e lui aveva finto di non avere paura, anche se poi aveva indossato maglioni a collo alto per un mese. 
C'è un momento in cui l'infanzia finisce, pensò. E lei voleva che per lui arrivasse molto, molto più avanti. Voleva che fosse abbastanza sveglio da uscire da quell'incubo, ma non così tanto da rendersi conto di viverne uno. 
Lo prese in braccio e lo adagiò nel suo sacco a pelo. Gli diede un bacio sulla fronte, e d'istinto controllò che non avesse la febbre. Poi, quando ebbe finito la sua birra on the rocks, se ne preparò un'altra uguale. 
Perché comprese che quella era una serata che non avrebbe dimenticato.

Non voglio dirvi molto, proprio perché il romanzo è un continuo susseguirsi di colpi di scena e cambi di scenari, che è bene gustarsi volta per volta.
Voglio però spiegarvi come "L'amico immaginario" sia un romanzo così originale che pare impossibile incasellarlo solo nel genere horror. La storia di Chbosky è molto di più, grazie alla sua capacità di unire il vero terrore al puro sentimento.
I motori dell'azione sono essenzialmente le emozioni ed i diversi stati d'animo, ed in particolare due di questi: la paura e l'amore.
I vari personaggi - perché se il punto di vista principale rimane quello di Christopher, molti altri si uniranno a lui - nel corso della storia si mostrano animati dal desiderio di rendere felici le persone amate, o di ricevere dagli stessi le dovute attenzioni, e per farlo finiscono per imbattersi nell'insicurezza, che li spinge a credere di non essere all'altezza delle aspettative.
Questo conflitto interiore condurrà i diretti interessati verso strade sbagliate e perniciose, con inevitabili conseguenze per se stessi e per gli altri.
La perenne sensazione di pericolo è poi la forza trainante della storia. Leggendola si ha sempre la percezione che qualcosa di terribile stia per accadere. Sia al piccolo protagonista che vivrà nel corso della pagina una vera e propria agonia, a livello fisico e mentale, che a tutti gli abitanti di Mill Grove.
Proprio per questo la lettura prende molto dal punto di vista emotivo, risultando particolarmente angosciante. Non è difficile calarsi nei panni degli attori in scena, non è difficile immedesimarsi nel povero Christopher costretto a subire torture inenarrabili pur di proteggere la mamma e i suoi amici.
Inoltre l'autore è stato bravo nel mescolare introspezione psicologica e dimensione onirica, facendo leva sulle fragilità di ognuno di noi. 
In questo libro infatti si ritrae la paura, nelle sue forme più disparate, e più veritiere. Quella degli incubi che avevamo da bambini e che ci impedivano di dormire sereni, e quella ben peggiore che attanaglia gli adulti, facendoli sentire sempre inadeguati, incapaci o del tutto fuori posto.
Chbosky dipinge l'umanità così com'è, con i suoi errori, le sue colpe ma anche con i pregi che rendono uomini e donne così speciali. E lo fa con un racconto corale che ci permette di identificarci nelle piccole tragedie del vicino della porta accanto.
Che sia la giovane ed inesperta Mary Katherine, divisa tra la fede in Dio, il rispetto per i genitori ed il bisogno di scoprire se stessa; oppure l'anziano Ambrose Olsen incapace di perdonare gli errori commessi in passato; o ancora i piccoli Brady Collins e Jenny Hertzog, feriti, abusati ed ingiustamente puniti, proprio da chi avrebbe dovuto difenderli. Indipendentemente dall'età, ognuna delle voci narranti si fa portavoce di un dolore che, se non opportunamente elaborato, può trovare sfogo solo in autocommiserazione o in altra violenza.
Per di più, cosa da non sottovalutare, è proprio la pluralità di punti di vista a permettere allo scrittore di affrontare tematiche molto importanti che, raramente, troverebbero spazio in libri di questo genere, come la violenza domestica e sessuale, il bullismo, i disturbi dell'apprendimento e quelli psichiatrici, sino ad arrivare persino all'estremismo religioso. Ognuno di questi viene esposto con estrema delicatezza e rispetto, senza cadere in banali luoghi comuni e patetismi.
Parlando invece della scrittura, essa si presenta semplice ma efficace, non esageratamente carica di descrizioni, ma densa di pathos e attese funzionali. Ed è grazie a queste che il romanzo, pur essendo formato da più di seicento pagine, fila liscio come l'olio. Almeno fino ad un certo punto perché, ahimè, le fasi finali del libro paiono essere poco convincenti, e alcune interpretazioni conclusive alquanto superflue.
Senza scendere nei dettagli, vi basti sapere che verso gli ultimi capitoli sembra di essere giunti alla quadra del cerchio, eppure il caro Stephen cambia di nuovo le carte in tavola, allungando inutilmente ciò che era a tutti gli effetti concluso.
Si apre quindi una battaglia infinita, eccessivamente torbida, macabra e violenta, ed anche eccessivamente lunga!
Ed è vero, ciò rende possibile all'autore conferire alla narrazione un'ottica nuova, originale e difficilmente ipotizzabile, apprezzabile dal punto di vista letterario, ma anche decisamente fuorviante. Per dirla in altri termini, una trovata geniale che ha però il deficit di allontanare il lettore dal mood principale, dall'atmosfera orrifica e tenebrosa, per trasportarlo in una dimensione ancora più trascendentale ed ultraterrena. Interessante certo, ma meno affascinante dello scenario precedente.

Infilò le mani congelate nelle tasche, mentre attraversava il bosco. 
Il freddo gli mordeva le orecchie. Si insinuava nel suo cervello. Se il vicino avesse sentito l'odore che proveniva dall'appartamento un giorno prima, forse ce l'avrebbe fatta. Perché Dio non gliel'aveva fatto sapere un giorno prima? Gli venivano in mente almeno un centinaio di persone che avrebbero meritato di morire più della bambina. Un migliaio. Un milione. Sette miliardi. Perché Dio aveva ammazzato lei, anziché qualcun altro? 
E poi la risposta arrivò. Fredda e silenziosa. Dio non aveva ucciso lei al posto di altre persone. Alla fine, uccide tutti. 
Perché Dio è un assassino, papà.

In conclusione, "L'amico immaginario" scombina tutti gli standard comuni, per fornirci una storia straordinaria che coniuga le forti emozioni dell'horror con l'incertezza del mystery e dei thriller, non tralasciando l'introspezione psicologica e l'importanza dei sentimenti e dell'amore, tra madre e figli, tra fratelli, tra veri amici, e tra essere umani.

Considerazioni:
Dicono che la prima pagina di un libro sia come l'inizio di una storia d'amore, e io condivido pienamente questo pensiero. Credo sia necessario per un autore creare sin dalle prime pagine una stretta connessione con i lettori, la cosiddetta sintonia, facendo attenzione a non mollare mai la presa e a tenerli sempre interessati a ciò che sta avvenendo, o che avverrà di lì a breve.
In questo caso, a mio parere, Chbosky ha centrato in pieno l'obiettivo, costruendo immediatamente un mistero da dipanare e soprattutto regalandoci uno dei personaggi più teneri della letteratura: il piccolo Christopher.
Impossibile non essere toccati dalla tragedia di quel bimbo coraggioso e ostinato, che sopporta l'indicibile, solo per proteggere la sua mamma.

«Che cosa succede, amore?» gli chiese. «Perdi sangue dal naso?» 
«Starò bene, mamma. Guarda.» 
D'istinto, lei sollevò una mano e gli pulì il viso. Lui la prese nella sua e sorrise. Il suo calore si diffuse alla pelle di lei, e Kate vide la sua vita passarle davanti agli occhi. Vide tutte le volte che aveva nascosto le lacrime perché non voleva insegnare a suo figlio ad avere paura. Tutte le volte che aveva sorriso per farlo sentire al sicuro, e poi era andata nell'altra stanza e aveva contato i dollari che erano rimasti loro. Tutte le botte che si era presa per lui. Tutte le cose a cui aveva rinunciato per lui. Tutte le volte che gli aveva rimboccato le coperte, la sera. Tutte le volte che si era trascinata giù dal letto perché non avrebbe mai rinunciato a lui, come tutte le persone della sua vita avevano fatto con lei. Rivide ogni momento che aveva trascorso con il suo bambino. 
Ma non come l'aveva vissuto lei. 
Bensì come l'aveva vissuto lui. 
All'inizio non capì, ma, quando comprese che cosa fosse quella sensazione, le lacrime cominciarono a rigarle il viso.

Ho amato questo libro per più di un motivo - il clima concitato, la verità man mano sempre più lontana, i personaggi controversi - ma soprattutto per il suo protagonista tutto da amare.
Ammetto che questo aspetto è stato un'arma a doppio taglio perché, è bene dirlo, la lettura è disseminata di particolari crudeli, macabri e raccapriccianti che hanno, ahimè, al centro di tutto proprio il figlio di Kate Reese.
Ho mal sopportato l'eccessiva violenza ed il continuo infierire proprio sulla sanità fisica e mentale del piccoletto, ad un certo punto l'assistere al suo progressivo deperimento è diventato, per me, insopportabile.
Di contro ho adorato il forte rapporto madre e figlio, il loro modo di tutelarsi reciprocamente, sperando di non far notare all'altro i propri sacrifici. Un legame d'amore inscindibile che fa riflettere, commuovere e tribolare, dalla prima all'ultima pagina.
A ciò poi si sommano le diverse tematiche forti accennate da me prima, di cui, in alcuni casi si parla apertamente, e a cui, in altrettante occasioni, forse le più delicate, si allude in maniera velata.
Per fare un esempio, la situazione della povera Jenny, costretta a subire in silenzio le attenzioni perverse del fratellastro Scott. Non si dice mai esplicitamente cosa avveniva in quella camera da letto, ma non credo servano parole per descrivere lo squallore di chi abusa della fiducia, e della ovvia posizione di inferiorità, dei minori.
Insomma, una lettura non per cuori deboli!
Un'altra cosa che mi ha colpito, oltre alla fantasia dell'autore nel costruire un puzzle con ogni pezzo al posto giusto, è stata proprio la capacità di Chbosky di attingere all'immaginario comune, sia per ciò che riguarda gli incubi notturni che la paura in generale. In più di un'occasione ho riconosciuto alcuni particolari dei miei terrori infantili ("signora che sibila" compresa), come anche alcune sfumature delle mie angosce da adulta.
Purtroppo verso le battute finali, come vi dicevo, quella connessione viene progressivamente a mancare, proprio perché negli ultimi capitoli sembra perdere importanza l'umanità ed il reale, per puntare invece su un messaggio più universale e trascendentale.
Se prima venivano raccontati gli errori degli uomini, poi la storia diviene una nuova ed originale interpretazione della religione e della divinità. Una storia sempre di rancori, colpe, vendette e sentimenti feriti, ma che non vede più noi come protagonisti, ma solo come umili spettatori.

Ringrazio la casa editrice Sperling & Kupfer per avermi fornito una copia cartacea di questo romanzo

il mio voto per questo libro

giovedì 28 novembre 2019

Recensione: "Wildwitch 4. Il risveglio di Bravita" di Lene Kaaberbøl

Titolo: Wildwitch 4. Il risveglio di Bravita
Autore: Lene Kaaberbøl
Editore: Gallucci Editore
Data di pubblicazione: 7 marzo 2019 
Pagine: 184
Prezzo: 13,90 € (cartaceo) 6,99 € (ebook)

Trama:
Se fosse dipeso da sua madre, Clara non sarebbe mai diventata una Wildwitch. Il mondo selvatico è un posto pericoloso, soprattutto ora che Bravita Sanguinella sta per evadere dalla prigione in cui è stata rinchiusa per quattrocento anni…
Il risveglio di Bravita è il quarto volume della serie “Wildwitch”, con protagonista Clara, il suo amore per gli animali, e il magico mondo delle streghe selvatiche.

Recensione:
Rieccoci in compagnia di Clara, la nostra piccola strega selvatica che sta imparando piano, piano a prendere confidenza con i suoi poteri, sebbene questa crescita non sia avvenuta nella maniera più piacevole per lei. Ha scoperto di essere una strega da pochissimo tempo e già ha dovuto vedersela con situazioni molto pericolose.
L’avevamo lasciata in “La vendetta di Kimera” (terzo capitolo della saga scritta dalla Kaaberbøl), dove ha dovuto vedersela nuovamente con la terribile strega, e sbarazzarsi dell’affamato, una terribile creatura che ha tentato di prendere possesso di lei.
Ora Clara deve affrontare la notte dei tredici anni, la notte più importante per una strega selvatica, la notte in cui dovrà prestare aiuto alla richiesta di un animale selvatico in cerca di soccorso.
Ma non sempre questa ricorrenza passa senza lasciare cicatrici, lo sa bene Mila, la mamma di Clara. Come ogni strega anche lei ha dovuto affrontarla per il suo tredicesimo compleanno, ma quella volta le cose non andarono come previsto, infatti fu proprio quella famosa notte che avvenne per lei qualcosa di tanto terribile da spingerla a mettere fine alla sua vita da giovane strega.
Ora che tocca a Clara, Mila è impietrita al solo pensiero, è proprio per questo, per i ricordi che quella notte le ha costretto a portarsi per sempre dentro, che Mila è stata sempre contrariata al fatto che Clara divenisse una Wildwitch.
Ma il destino... o chi per esso, muove i fili in maniera sapiente, e Clara si vedrà nuovamente costretta a vedersela con qualcosa di più grande di lei. Bravita desidera svegliarsi dal suo sonno secolare e presto potrà avere finalmente la sua occasione per vendicarsi dell’erede della sua acerrima nemica.
Un quarto libro che nuovamente ci trasporta in mille avventure e che ci fa conoscere meglio il passato dei nostri protagonisti, aprendo finestre sui dolorosi ricordi della signora Ask, verso un passato che non può essere dimenticato.
E Clara, la nostra sfortunata protagonista, si ritroverà ad essere attaccata su più fronti, lottare con nemici assetati di potere, ed essere il bersaglio di bieche e sconsiderate vendette.
Un capitolo ricco di colpi di scena, personaggi nuovi che si intrecciano e arricchiscono le trame dei nostri protagonisti, personaggi già noti di cui conosciamo qualcosa in più e, ovviamente, la piccola Nientediniente, che qui (nonostante appaia sempre troppo poco per i miei gusti) ricopre il posto della vera eroina della storia.
Una storia che non si conclude con un lieto fine, anzi non si conclude affatto, tutto è in sospeso in attesa del capitolo successivo (che fortunatamente sta per arrivare).
Non voglio aggiungere altro, se non invitarvi a leggere questa saga che saprà stupirvi, commuovervi e regalarvi più di un'emozione.

Considerazioni:
Avevamo lasciato Clara dopo l’ultima pericolosa avventura solo qualche mese fa e rieccola ad affrontare un altro pericolo.
O meglio, di norma la notte dei tredici anni dovrebbe essere un momento meraviglioso per una giovane strega (certo la signora Ask non sarebbe affatto d’accordo con questa mia affermazione), ma per “Clara topolino”, lo sappiamo bene, nulla va mai come dovrebbe andare, già dai tempi del suo tumultuoso apprendistato.
E qui, in questo quarto capitolo della saga, i guai sembrano proprio non mancare.
La saga con il procedere dei libri diventa sempre più cruenta e i nemici più crudeli, e in questo capitolo il finale lascia davvero con un senso di incertezza e inquietudine.
Cosa ne sarà di zia Isa, della signora Pommerans, del signor Malkin, di Shanaia e di Maestro Millaconda?
Clara è lasciata sola a se stessa, anche se, se c’è una costante in questa saga, è proprio il fatto che la ragazzina sin dal principio (quando era una strega assolutamente inesperta) è stata sempre lasciata sola a combattere nemici spietati e potenti, senza che nessuno tra i maghi e le streghe esperte (compresa sua zia Isa, che in teoria avrebbe dovuto proteggerla), si sia mai occupato di tenerla al sicuro, o almeno aiutarla.
Se c’è una vera eroina in questo capitolo della storia, una creaturina che veramente giunge in soccorso di Clara, e che più di una volta la toglie dagli impicci, è la piccola chimera fallata Nientediniente (nonché il mio personaggio preferito in assoluto).
Penso che questo quarto capitolo possa essere definito un ponte tra ciò che è stato e ciò che sarà, difatti non ci dà risposte, ma solo tantissime domande.
La notte dei tredici anni che, in teoria, avrebbe dovuto essere la protagonista del libro, non si è conclusa, lo scontro con Bravita ha lasciato conseguenze inspiegabili che non sappiamo se e come troveranno soluzione, e Gatto... be’ non so come definire ciò che gli è accaduto (non sono sicura di averlo compreso, a dire la verità).
Ecco se “La vendetta di Kimera” mi aveva commossa e toccata con la storia della piccole Kimmie e Maira, questo capitolo mi ha lasciata con una grande sete di risposte, e una forte curiosità.
Certo, anche qui non mancano scene e racconti strazianti, come ad esempio quello della signora Ask che con grande turbamento ci racconta la perdita della sua cara amica Lia, ma l’autrice non indugia troppo su questa storia, che invece avrebbe potuto approfondire e rendere ancora più straziante.
Come straziante è stato il dolore della signora Ilja che l’ha evidentemente portata a perdere la ragione e a desiderare una vendetta indirizzata verso il nemico sbagliato, vendetta che non le avrebbe comunque mai restituito ciò che le è stato portato via.
Insomma una trama fitta di intrighi, e situazioni rimaste in sospeso per anni che aspettano la loro degna conclusione.
Non vedo l’ora di leggere il capitolo successivo per scoprire come evolveranno le vicende, e in quali altre terribili situazioni tornerà a trovarsi Clara... ah ovviamente non vedo l’ora di poter rileggere anche delle mia preferita, Nientediniente a cui spero, prima o poi, qualcuno si ricordi di dare un vero nome, perché per me lei è Tuttoditutto ❤️

Recensione capitoli precedenti:
♥ "Wildwitch. Il risveglio di Bravita" n°4

Ringrazio Gallucci per avermi mandato una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

mercoledì 27 novembre 2019

Recensione: “Le grandi storie Horror. Nel castello di Dracula” di N.M. Zimmermann

Titolo: Le grandi storie Horror. Nel castello di Dracula
Autore: N.M. Zimmermann
Illustrazioni: Caroline Hüe
Editore: Gallucci Editore
Data di pubblicazione: 21 novembre 2019 
Pagine: 136
Prezzo: 7,90 € (cartaceo) 3,99 € (ebook)


Trama:
Adam ha una grande passione per le letture da brivido. Sulla bancarella di una vecchia signora con i capelli rosso fuoco trova un libro misterioso intitolato "Le grandi storie horror". Appena comincerà a sfogliarne le pagine, sarà catapultato nel castello del più celebre dei vampiri: il conte Dracula!

Recensione:
Adam è un ragazzino appassionato di libri e storie dell’orrore. La sua passione si vede a prima vista, il suo look non mente: magliette con stampate frasi tipo “Zombie più bello del mondo”, scarpe a forma di pipistrello, zaino da vampiro... non passa certo inosservato.
E questo suo essere particolare non lo ha aiutato a farsi degli amici, né a scuola né ai numerosi corsi a cui i genitori l’hanno iscritto, nella vana speranza di vederlo socializzare e legare con qualcuno.
Per tutti Adam è il ragazzino strambo da deridere e tenere alla larga e, anche alla lezione di piscina (l’ultimo degli svariati corsi scelti dai suoi genitori), non si risparmiano nel farlo sentire fuori luogo e inadatto, un pesce fuor d’acqua... in tutti i sensi.
Infatti, dopo aver subito gli ultimi schiamazzi alle sue spalle, Adam decide di abbandonare di nascosto la lezione e tornarsene a casa.
Ed è proprio sulla strada di casa che il ragazzo farà l’incontro che gli cambierà la vita.
In un mercatino delle pulci viene colpito da una bancarella di libri gestita da una buffa e anziana signora dai capelli rossi e un enorme cappello di paglia, che per soli due euro e qualche cianfrusaglia, gli vende un’edizione pregiata di un raro e antico libro, intitolato “Le grandi storie horror”.
Per Adam, appassionato di libri dell'orrore, questo è un vero e proprio colpo di fortuna in una giornata no, anche se, a dirla proprio tutta, quella strana signora sembrava quasi non veder l'ora di sbarazzarsi del vecchio volume...
Tornato a casa, Adam, con il suo coniglio Oscar, si piazza davanti al libro e inizia a sfogliarlo, ma si rende conto ben presto che quello non è un libro come quelli a cui è solitamente abilitato.
Ad un tratto tutto si fa buio, avvolto in una nuvola di denso fumo nero, che una volta dissoltasi, rivela una realtà ben diversa da quella in cui Adam e Oscar hanno sempre vissuto.
Il ragazzino ci metterà un po’ a capire che si ritrova catapultato nel più famoso romanzo di vampiri che la storia conosce, ovvero “Dracula” di Bram Stoker. E il suo obbiettivo sarà, ovviamente, sfuggire alla mire del temibile vampiro e, in qualche modo, fare ritorno a casa.
Ad aiutarlo Oscar, il suo coniglietto sì, che in questa nuova realtà è in grado di parlare!
Ma la storia che si presenta davanti agli occhi dei nostri due sfortunati avventurieri non è proprio identica all'originale, c’è qualcosa che non quadra... qualcuno sta intervenendo per cambiare la storia! Cosa succederà se Jonathan Harker (l’eroe del romanzo di Stoker) non riuscirà a fuggire dal castello del Conte? Cosa accadrà alla storia se il suo svolgimento dovesse mutare?
Il compito di Adam è proprio far sì che tutto resti com'è, perché le storie che conosciamo non sono importanti solo per lui, ma per il nostro intero patrimonio culturale.
Il Dracula di Stoker è diventato un cult e, come tutti i cult, ha dato vita ad una vasta gamma di fenomeni che ruotano attorno alla sua figura e che, nel corso degli anni, si sono ispirati ad essa: film, serie tv, giochi a tema, costumi, maschere ecc. È diventato parte del nostro immaginario collettivo e se, come accade nel racconto della Zimmermann, la storia dovesse essere messa in pericolo, dovesse cambiare o addirittura essere cancellata, con essa sparirebbe anche una parte fondamentale di ciò che conosciamo.
È da tali premesse che la Zimmermann crea queste storie originali con protagonista un ragazzino che, appassionato di storie dell’orrore, riceve dai Maestri dei libri il potere di viaggiare attraverso dei portali e proteggere le storie dai sabotaggi del Malautore.
Una storia davvero carina (anzi una serie di storie, perché questo è il primo volume di una serie), che oltre a trasportare i giovani lettori in avventure divertenti, li porterà anche a voler conoscere i classici della narrativa horror, incuriosirli e creare in loro il desiderio di conoscere quelle storie accennate qui.
Io ad esempio non ho ancora letto Dracula, e anche se ho sempre desiderato farlo, il mio desiderio dopo aver letto questa lettura, è aumentato.
Inoltre l’autorice, grazie alle conoscenze del suo protagonista, mette in evidenza le differenze tra la versione originale (quella scritta dalla penna di Stoker nel suo romanzo), e i vari rifacimenti che la storia ha subito nelle sue diverse trasposizioni.
Insomma un modo davvero curioso per permettere ai giovani di interfacciarsi con i classici che ameranno da adulti.
Il volume è illustrato dalle tavole dell’illustratrice Caroline Hue e presenta i caratteri ad alta leggibilità Easyreading, partecipando al progetto dyslexia friendly, per la lettura facilitata per tutti.

Ringrazio Gallucci per avermi omaggiato di una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

lunedì 18 novembre 2019

Recensione: "Mia cugina Rachele" di Daphne Du Maurier

Titolo: Mia cugina Rachele
Autore: Daphne Du Maurier 
Editore: Neri Pozza
Data di pubblicazione: 21 settembre 2017
Pagine: 383
Prezzo: 17,00 € 

Trama:
Philip Ashley è convinto di avere molti validi motivi per odiare Rachele, vedova dell’amato cugino Ambrose, venuto a mancare in circostanze poco chiare, nella lontana Firenze. Quando la bellissima e misteriosa Rachele lo raggiunge in Cornovaglia, tuttavia, Philip si scopre incapace di resistere al suo fascino. 
Ma chi è davvero Rachele? Una donna innamorata e sofferente o un’arrampicatrice sociale che cerca soltanto di impadronirsi della sua ricchezza, come ha già fatto con il defunto marito?

Recensione:
Nelle campagne inglesi della metà dell'Ottocento si snoda una storia di intrighi, seduzione, sospetti e segreti, che vede al centro di tutto la presenza della conturbante e ambigua Rachele, trentacinquenne originaria di Firenze.
Lì la nostra donna del mistero ha conosciuto e sposato Ambrose, suo lontano parente, grande proprietario terriero e discendente della ricca casata degli Ashley.
E, se tra i due, inizialmente, pare essere scoppiato un amore maturo fatto di passeggiate all'aria aperta, gite campestri, cene rustiche e semplici momenti di vita quotidiana, con il passare del tempo, il loro rapporto sembra cambiare.
Rachele non è più la mogliettina premurosa di un tempo: sperpera denaro, vede altri amanti, è fredda e distaccata, trama nell'ombra. Questo è, perlomeno, il ritratto che viene fuori dalle ultime lettere che l'uomo spedisce in Cornovaglia, indirizzandole a Philip, cugino di vent'anni più giovane, nonché erede di tutta la fortuna di Ambrose.
Il ragazzo infatti, se dapprima riceveva dall'Italia lettere pregne di felicità e speranza per il futuro, a distanza di mesi trova nella cesta della posta solo poche inquietanti frasi, concluse da un disperato grido d'aiuto: "Rachele, il mio tormento, mi sta distruggendo"
Ambrose, ad una decina di giorni di distanza da quell'accorato appello, muore, ufficialmente per una malattia al cervello che, negli ultimi tempi, gli impediva di pensare lucidamente.
Ma sarà andata davvero così? O dietro la dipartita dell'amato signor Ashley si cela un piano diabolico e pericoloso?
Da queste premesse prende avvio la storia di Daphne du Maurier che, con estrema maestria dipinge i suoi personaggi, caratterizzandoli poco a poco, e conferendo ad ognuno di essi sempre nuove inquietanti sfumature. Sono loro, del resto, a fare da motore all'azione: il rancore, il dolore e la diffidenza di Philip che man mano si va trasformando in qualcosa di diverso, ed il comportamento materno e confidenziale della vedova che, nel mentre, sembra sciogliere il cuore di ghiaccio del nuovo padrone di casa.
Ed è proprio lui a raccontarci come l'arrivo di Rachele in terra inglese abbia cambiato per sempre le sorti di tutti, ed in particolare le sue.

La sentii salire le scale. 
Mi sedetti a guardare il fuoco. Mi sembrava che, semmai in casa fosse rimasto un sentimento ostile, questo non venisse né da lei né da Ambrose: era un seme piantato nel profondo del mio cuore, mai gliene avrei parlato e non c'era bisogno che lo venisse a sapere. 
Ancora una volta commettevo il vecchio peccato della gelosia, che credevo morto e sepolto. Ma questa volta non ero geloso di Rachele, bensì di Ambrose, l'uomo che fino a quel momento avevo amato sopra ogni altra cosa al mondo.

Pagina dopo pagina il lettore viene trascinato in una spirale di tensione ed inquietudine, alla ricerca della verità, o di ciò che più si avvicina ad essa.
La lettura, soprattutto nella prima parte, è molto coinvolgente. Più si va avanti, più viene voglia di scavare a fondo nell'animo della misteriosa Rachel, e nel passato suo e di Ambrose. Tuttavia, se l'avvio pareva più che promettente, da un certo punto in poi, la narrazione diventa abbastanza prevedibile: non c'è stupore nell'assistere all'evolversi del rapporto tra lei e Philip, ed i colpi di scena sono centellinati e non così incisivi come ci si sarebbe aspettati.
Diciamo che questo è il vero difetto del libro, non essere riusciti, forse persino intenzionalmente, a portare avanti con fermezza l'intrigo iniziale. Nel corso delle pagine saltano fuori sporadici inconfutabili indizi che, invece di essere approfonditi per dare luogo a nuovi sconvolgenti scenari, vengono subito accantonati a favore di un accorato viaggio nei sentimenti che, al contrario, viene sciorinato in ogni sua sfaccettatura. 
Personalmente avrei preferito più pathos, più indagini, più tinte noir e meno romance. L'ambiguità che, in prima battuta, dava l'impressione di essere il fulcro di tutto il libro, alla fin fine rimane solo uno specchietto per le allodole, in quanto ogni sviluppo si rivela facilmente ipotizzabile, già dopo i primi capitoli.
Un vero peccato perché, per me, questa trama aveva tutte le premesse per fare di "Mia cugina Rachele" uno di quei romanzi che ti tiene incollato alle pagine, impegnato a vagliare mille ipotesi per poi venire nuovamente sorpreso.
E non fraintendetemi, il libro, nonostante le lacune, è davvero bello. In primo luogo per la penna della scrittrice, che è indubbiamente una fuoriclasse, una di quelle capaci di descrivere così bene ciò che accade, da farti sentire pienamente parte degli eventi e farti immaginare anche il più piccolo particolare.

Il vento del giorno prima si era spostato all'interno e aveva portato via con sé la pioggia; a mezzogiorno il sole aveva fatto capolino, il cielo si era fatto terso. 
L'aria era luminosa e frizzante di sale e questo conferiva alla passeggiata un gusto particolare; si riusciva a sentire il rumore del mare che si frangeva sugli scogli davanti alla baia. 
Capitava spesso, in autunno di avere giornate così, che non appartenevano ad una stagione precisa e avevano una freschezza tutta loro: nell'aria c'era già il brivido delle ore d'inverno, ma il profumo era ancora quello dell'estate.

Poi le ambientazioni, la brulla campagna inglese, così splendida e selvaggia, incantevole sia nel rigogliosa e brillante primavera, sia nel lento sfiorire dell'autunno.
Già solo per gli scenari indimenticabili, il romanzo meriterebbe di essere letto.
E non dimentichiamo tutti quei deliziosi rituali del passato - i ricevimenti, le visite di cortesia, i giri in calesse, i pomeriggi sonnacchiosi da trascorrere in biblioteca, o le serate passate nel boudoir, tra conversazioni leziose, tisane alle erbe e ricami - che permettono a noi lettori di assaporare i fasti e le consuetudini della mondanità di un tempo. 
Inoltre, come accennavo prima, la carta vincente di questo romanzo sta proprio nell'analisi psicologica dei personaggi, nelle loro luci e nelle ombre, nel loro saper plasmare a proprio piacimento l'interlocutore (nel caso di Rachele) o corrompere se stessi pur di ottenere ciò che si desidera (come accade a Philip). Tra i due protagonisti la chimica iniziale tende con il passare dei mesi a trasformarsi in un duello in cui, si sa, solo uno ne uscirà vittorioso, il tutto sta nello scoprire chi alla fine avrà la meglio.
Un libro che, proprio per questo, prende molto a livello emotivo, e ti spinge a sospirare, sperare e agognare fino all'ultima pagina.

Considerazioni:
Se non hai letto il libro, e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Quando ho iniziato questo libro non sapevo assolutamente nulla della trama e forse questo è stato un bene, perché mi ha permesso di godermi appieno ciò che veniva raccontato.
Già dalle prime pagine mi sono sentita coinvolta, dal turbamento emotivo di Philip, dal suo senso di colpa, dal suo sofferente viaggio nei ricordi.
Ho amato sin da subito il ritratto del rapporto "padre-figlio" tra Ambrose e Philip, la loro vita all'insegna della libertà e dell'affetto, l'incredibile sintonia e il senso di protezione reciproco. Rare volte mi sono imbattuta in un unione maschile così piacevole da leggere (l'ultima, credo, con Jay Gatsby e Nick Carraway di Francis Scott Fitzgerald), il che mi ha stupita positivamente.
Proprio per questo, nel momento in cui il povero Ambrose viene a mancare, da solo in terra straniera, circondato da persone di cui non si fida, e chiedendo aiuto all'unica persona che avrebbe potuto e voluto salvarlo, io ero certa e desiderosa di assistere alla vendetta di Philip.
Immaginate quindi la mia delusione quando, con l'arrivo di Rachele in Cornovaglia, ho visto l'agguerrito ventenne sciogliersi come neve al sole.

Non so di cosa fossero fatti i suoi vestiti, forse di seta rigida, o di broccato, o di satin, ma sembrava che sfiorassero il pavimento, poi si sollevassero, poi ricadessero ancora; forse era la levità del vestito, forse era la grazia del suo incedere ma, quando lei entrava, la stanza, che prima era scura e austera, all'improvviso prendeva vita. 
Alla luce delle candele sembrava più dolce. Era come se il chiarore del mattino e le ombre più cupe del pomeriggio fossero dedicate al lavoro, alla praticità; lei si muoveva rapida, sicura e brillante. Ma a sera, con le imposte serrate, il maltempo chiuso fuori e la casa ridiventata un luogo intimo, lei risplendeva di un'aura che di giorno era rimasta nascosta. Le sue gote erano più colorite, i capelli lucevano, gli occhi parevano più profondi e qualunque movimento facesse, che andasse allo scaffale a prendere un libro, o si chinasse ad accarezzare Don accovacciato dinanzi al camino, in lei c'era una grazia naturale, piena di fascino.

E va bene, in un primo momento ci può anche stare. Anche perché la bella fiorentina si dimostra perfettamente capace di studiare anche la più minima mossa, pur di raggiungere i risultati sperati. Riveste alternativamente i panni della vedova sofferente, della compagna di giochi, della confidente fidata e persino della figura materna assente, pur di far breccia nel cuore martoriato del fragile ragazzo.
Ma a tutto c'è un limite! Quando alle orecchie di Philip iniziano ad arrivare voci non proprio lusinghiere sul passato della cugina, quando lui stesso viene a sapere dei conti in rosso e di come lei continui a sperperare denaro, e peggio ancora, quando trova altre lettere dal passato firmate dall'amato cugino, il nostro protagonista mette la testa sotto la sabbia proprio come uno struzzo.
Non vuole sentire, non vuole sapere e, soprattutto, non vuole credere, persino se è lo stesso Ambrose a descrivere la misteriosa Rachele come una manipolatrice subdola, una donna veniale e spietata.
Strappa quei pezzi di carta - gli stessi che solo pochi mesi prima lo avrebbero annientato - come se fossero privi di alcun valore, per poi continuare imperterrito e tranquillo la vita condivisa con la moglie del cugino.
Ma io dico, come può essere possibile? Per quanto uno possa essere annebbiato dal sentimento, non è credibile che non sorga neanche un piccolo dubbio, a maggior ragione se si sta parlando della probabile assassina della persona che si ha amato di più al mondo.
Più Philip andava avanti con il suo atteggiamento ottuso e volutamente cieco, più veniva a cadere l'immagine di quel rapporto speciale tra i due signori Ashley, che avevo tanto amato. Più Philip seguitava nella suo sogno ad occhi aperti, più avrei voluto scuoterlo per obbligarlo a vedere la realtà.
Ogni volta un nuovo indizio mi faceva ben sperare, con il risultato di venire nuovamente delusa.
Inutile dire come da un certo punto in poi la lettura sia diventata, oltre che poco credibile, estremamente irritante.
Ora, mi si potrebbe dire che il ragazzo era orfano, inesperto con le donne, e privo di qualsiasi amore materno, per cui una preda facile, ma vederlo elemosinare carezze fino all'ultimo secondo è stato, per me, estenuante.

Penso di aver capito in quell'istante quel che anche Ambrose aveva capito. Capii che cosa aveva visto in lei, che cosa aveva desiderato senza mai ottenerlo. capii il tormento, il dolore, l'abisso che si apriva tra loro. 
Gli occhi di Rachele, così scuri, così diversi dai nostri, ci fissavano senza comprenderci. Ambrose era lì nell'ombra accanto a me, sotto la luce tremula delle candele. Noi la guardavamo straziati, senza speranza, e lei ci guardava con fare accusatorio. 
Nella penombra anche il suo viso era straniero. Un viso sottile, un profilo su una moneta. La mano che stringevo non era più calda. Fredde e ossute, le dita lottavano per liberarsi, gli anelli mi graffiavano il palmo. Le lasciai andare e subito avrei voluto non averlo fatto.

Poi c'è tutta la questione dell'amore malato che si trasforma in ossessione pura.
Infatti, pur nel caso in cui la donna fosse stata realmente una mantide religiosa (come in effetti credo), e pur avendo lei sicuramente giocato con i sentimenti dei suoi amanti, ciò non giustifica le reazioni spropositate, persino violente, di lui. Tutte finalizzate poi non a vendicare la morte di Ambrose, come sarebbe presumibile e quantomeno giustificabile, ma a trattenere con sé, e con ogni mezzo possibile, l'amata. Cose dell'altro mondo!
Per quanto riguarda Rachele invece, non ho mai nutrito nessun reale dubbio su di lei.
Mi è sempre parso di assistere ad una recita, fatta di moine e frasi ad effetto, di tenerezza, lusinghe, ritrarsi improvvisi, e prevedibili ritorni. Le tipiche strategie femminili per abbindolare un uomo.
Credo sia ciò che non va nella lettura. Il personaggio della donna non è mai messo realmente in discussione. Non c'è stupore quando la dolcezza si trasforma in freddo cinismo, non c'è un colpo di scena di fronte alla rivelazione finale.
Forse proprio per questo motivo, alla fin fine, per quanto lei sia scaltra e smaliziata, non si riesce neanche a condannarla del tutto. In una considerazione generale della storia, la sua pantomima era così palese agli occhi di tutti, che solo uno stolto avrebbe potuto non capire ciò che stava succedendo. Della serie "chi è causa del suo mal, pianga se stesso".
Infatti, se devo dire il vero, se inizialmente bramavo per veder Rachele ripagata con la sua stessa moneta, negli ultimi capitoli il mio malanimo era principalmente rivolto al giovane Ashley, così incurante delle sorti del cugino Ambrose, completamente assorbito dal suo desiderio di conquista e divorato dalla gelosia.
Parlando del finale invece, devo dire che, pur non potendosi considerare sconvolgente come un fulmine a ciel sereno, mi ha soddisfatto, perché non prevede vincitori, ma solo persone condannate a fare i conti con la propria coscienza e le proprie azioni.
E che dire poi della scrittura dell'autrice inglese? Quella sì che mi ha convinto in pieno, con il suo stile elegante e raffinato, a mio avviso, molto vicino a quello de "L'americano" di Henry James.
Leggere della Cornovaglia, così affascinante e piena di incanti, con le scogliere a picco sul mare, la brughiera selvaggia e le praterie sconfinate, è stato per me un vero toccasana.
Non posso dire lo stesso, ahimè, per le scene ambientate a Firenze, dipinta come una terra sciagurata. Ora, io non so come apparisse la città toscana nella metà del Ottocento, ma stento a credere che fosse un pot-pourri di povertà, afa, inedia e putridume.
L'Arno torbido ed invaso da immondizia di ogni sorta - carcasse di animali comprese - paese e circondario colpito dal caldo asfissiante, dalla fame e dalla sete, mendicanti in ogni dove, e polvere in ogni anfratto. Un edificante quadretto del nostro Bel Paese, non pensate? Proprio poco di parte la cara Daphne! Nella sua Cornovaglia il paradiso terrestre, e nella nostra Italia l'inferno ribollente  ╯°□°)╯︵ ┻━┻
Tralasciando questo piccolo particolare, che ammetto mi ha fatto storcere il naso un bel po', consiglio vivamente questo libro che, seppur con qualche carenza, mi ha trascinato in una storia appassionante, lontana nel tempo e nello spazio, ma vicina alla complessità del cuore umano, di ieri, di oggi e di sempre.

Curiosità:
Dal romanzo è stato tratto nel 1952 un film omonimo, diretto da Henry Koster, con protagonista un giovane Richard Burton (il quale ottenne una candidatura al premio Oscar, come miglior attore non protagonista).
Nel 2017 ne è stata realizzata una seconda trasposizione cinematografica, per la regia di Roger Michell, dal titolo "Rachel", ed interpretata da Sam Claflin nel ruolo di Philip, e da Rachel Weisz in quello della protagonista.
Avendo visto solo quest'ultimo, posso dire che, pur con qualche leggera variante, tra cui il finale, il film si dimostra abbastanza fedele al romanzo.

Ringrazio la casa editrice Neri Pozza per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

venerdì 15 novembre 2019

Recensione: “Wonder” di R.J. Palacio

Titolo: Wonder
Autore: R.J. Palacio
Editore: Giunti
Data di pubblicazione: 8 maggio 2013
Pagine: 288
Prezzo: 14,00 € 

Trama:
Auggie, nato con una tremenda deformazione facciale (la sindrome di Treacher-Collins), dopo anni trascorsi a studiare a casa, protetto dalla sua famiglia, si trova ad affrontare con coraggio il mondo della scuola.
Sarà accettato dai compagni? Dagli insegnanti? Chi si siederà di fianco a lui nella mensa? Chi sarà suo amico?
Un protagonista sfortunato ma tenace, una famiglia meravigliosa, degli amici veri che aiuteranno Augustus durante l’intero anno scolastico.

Recensione:
Auggie ha dieci anni ed è un ragazzino perfettamente normale, ama mangiare il gelato, andare in bici, giocare a palla o con la Xbox, fare, insomma, tutte le cose che fanno i ragazzini della sua età.
E si sentirebbe assolutamente come loro se lo specchio non gli restituisse un'immagine diversa da quella che invece vede nei visi che lo circondano.
Auggie, infatti, è affetto da una combinazione di sindromi rare che hanno reso il suo volto deforme sin dalla nascita.
Un volto che genera stupore, e in moti casi anche spavento, in chi lo osserva per la prima volta. Come può, dunque, un bambino sentirsi come gli altri se non può uscire senza attirare gli sguardi su di sé, se non manca volta in cui non scorga sguardi curiosi, espressioni perplesse, e bisbigli alle sue spalle?
Auggie è abituato a tutto questo, sopporta gli atteggiamenti della gente sin da quando era ancora più piccino, ci convive, e li ha accettati, ma questo non significa che abbia smesso di soffrirci o che l'idea di essere circondato dalla gente non lo faccia sentire a disagio.

Io mi sento normale. Voglio dire dentro. 
Ma so anche che i ragazzini normali non fanno scappare via gli altri ragazzini normali fra urla e strepiti ai giardini. E so che la gente non li fissa a bocca aperta ovunque vadano. 
Se trovassi una lampada magica e potessi esprimere un desiderio, vorrei avere una faccia così normale da passare inosservato. Vorrei camminare per strada senza che la gente, subito dopo avermi visto, si volti dall'altra parte. E sono arrivato a questa conclusione: l’unica ragione per cui non sono normale è perché nessuno mi considera normale.

Così quando mamma Isabel e papà Nate, gli comunicano che sarebbe il caso che, per il primo anno di prima media, frequentasse la scuola, per lui è un piccolo trauma.
August non è pronto, ricorda come i bambini hanno sempre reagito vedendolo per la prima volta, ma sa che le loro erano solo reazioni umane, non c'era cattiveria nelle loro intenzioni, ma è anche consapevole di quanto invece possano essere cattivi, volontariamente crudeli, i ragazzini della sua età.
August non ha mai avuto molti amici, e i pochi che ha sono cresciuti assieme a lui, ma come sarà provare a legare con qualcuno che lo vede per la prima volta?
Nonostante i timori, Auggie affronta la sua paura e decide di recarsi all'appuntamento che il preside, il signor Kiap ha organizzato per lui, una piccola visita di orientamento dove potrà fare la conoscenza di tre dei suoi futuri compagni.
È in occasione di questa visita che incontra Julian, Charlotte, Jack Will.
Inizia così il primo anno scolastico di August, un anno fatto di momenti difficili, alcuni anche terribili, ma anche di altri inaspettatamente felici e memorabili.
Entrambe le condizioni sono provocate da come i ragazzi si rapportano a lui. Saranno loro, con i loro atteggiamenti, i responsabili sia delle lacrime che dei sorrisi del nostro tenace protagonista.
E i primi mesi saranno davvero difficili. August incontra nel suo cammino ragazzini idioti capeggiati dal terribile Julian. Questi si comportano in modo davvero sciocco, mettendo in atto stupidi giochi che consistono nell'ignorare o nel non toccare il nuovo arrivato.
Ma, per fortuna, incontrerà anche chi saprà andare oltre i timori e alle apparenze, perché, non neghiamolo, tutti restiamo straniti davanti a ciò che reputiamo diverso e di fronte a ciò che non conosciamo, ma è il modo in cui scegliamo di comportarci che ci qualifica per ciò che siamo.
E qui una menzione d'onore va a Summer, la simpatica ragazzina che, senza che gli venisse suggerito da nessuno, sceglie di sua volontà di agire nel modo più giusto e più gentile.
Vede un bambino strano e solo, si accorge che tutti lo osservano e lo evitano, si mette nei suoi panni e decide di pranzare assieme a lui, e di essergli amica.
La gentilezza è un argomento importante in queste pagine (dovrebbe in realtà esserlo nella vita di tutti i giorni), e viene sottolineato il suo grande valore anche nel discorso di fine anno del signor Kiap:

«Non dovremmo forse inventare una nuova regola di vita… cioè cercare di essere sempre un po’ più gentili del necessario?» 
A questo punto il signor Kiap ha alzato gli occhi sul pubblico. 
«Più gentili del necessario» ha ripetuto. «Che frase meravigliosa, non è così? Più gentili del necessario. Perché non è sufficiente essere gentili. Bisogna essere più gentili di quanto ci viene richiesto. Il motivo per cui amo questa frase, questo concetto, è perché mi rammenta che portiamo con noi, in quanto esseri umani, non solo la capacità di essere gentili, ma prima di tutto la gentilezza come vera scelta di vita».

Pensateci, quanto sarebbe più facile la vita di tutti noi, in special modo la vita di chi ha delle particolarità che lo rendono "diverso" se tutti fossimo più gentili? Se non dovessimo avere il terrore di doverci rapportare o dover affrontare il giudizio di persone come Julian, o ancor peggio dei suoi genitori.
Come sarebbe più dolce e gentile la vita se nel mondo incontrassimo solo persone come Summer?

Ma oltre al bullismo e alla gentilezza, che si contrappongono fortemente nel racconto, in una lotta che alla fine, fortunatamente, vede vittorioso il bene, in queste pagine ci sono tante altre situazioni, tanti altri personaggi che meritano una menzione.

La famiglia di August in primis.
L'affiatamento che li lega è evidente a chiunque entri nel loro nucleo familiare, a chiunque si rapporti a loro. Sono uniti, si vogliono bene, si preoccupano costantemente dei sentimenti degli altri.
In particolare lo fa Olivia, per tutti Via, la sorella maggiore di Auggie, abituata da sempre a non dare problemi, a mettersi da parte, ma non perché glielo chieda qualcuno, ma perché da sola, e sin da bambina, aveva capito che era Auggie quello da proteggere, e sarebbe stato lui il sole attorno al quale le esigenze della famiglia avrebbero ruotato.
Ma anche Olivia mostra il suo lato umano, anche lei comprensibilmente mostra di avere debolezze, e le sue considerazioni, i suoi sentimenti, i pensieri sfuggevoli che le passano per la mente alcune volte, facendola sentire terribilmente in colpa subito dopo, mettono in evidenza il suo essere, semplicemente umana.
Anche per lei quello è un anno difficile, ha iniziato le superiori, le amiche di sempre l'hanno abbandonata e quando le cose iniziano a migliorare, comincia finalmente a godersi quella nuova opportunità, quel nuovo inizio, il fatto di essere per tutti semplicemente Olivia, e non la sorella di un ragazzino deforme.
Nessun commento bisbigliato alle spalle, nessuna occhiata strana... ma solo una persona come tante.
Non le si può biasimare il desiderio di normalità.
Non le si possono contestare alcune sue considerazioni, anche se, lo confesso, in un primo momento mi hanno lasciata stranita e amareggiata.
Come nel caso che riporto qui sotto, quando Olivia ci confessa un pensiero che improvvisamente l’ha colta un giorno, quando, dopo settimane di lontananza (August era in ospedale per riprendersi da un brutto intervento), si rincontra con lui e, per un brevissimo istante, in un modo che ha lasciato lei stessa sconvolta, i suoi occhi lo vedono per la prima volta come lo vedono tutti gli altri.

Tornare a casa dopo quattro settimane mi è sembrato molto strano, all'inizio. Mi ricordo con nitidezza di aver varcato la soglia e di aver visto August corrermi incontro per salutarmi e, per quella minuscola frazione di secondo, l’ho visto non come l’avevo sempre visto, ma come lo vedevano gli altri. 
È stato solo un flash, un istante, mentre lui mi abbracciava, così felice che io fossi di nuovo a casa, ma mi ha sorpresa perché non l’avevo mai visto in quel modo, prima di allora. E non avevo mai nemmeno provato prima quello provavo in quel momento: qualcosa che ho odiato già mentre succedeva. Ma mentre lui mi baciava con tutto quel trasporto, l’unica cosa che vedevo era la saliva che gli colava giù dal mento. E tutt’a un tratto eccomi lì anch'io, che lo fissavo e distoglievo gli occhi da lui, come un’estranea. 
Inorridita. Disgustata. Spaventata. 
Grazie al cielo, è durato solo un secondo: nell'istante stesso in cui ho sentito August fare quella sua risata rauca, era già passato. Tutto è tornato com'era prima. Ma mi aveva aperto una porta. Anzi, un buco della serratura. E dall'altra parte c’erano due August: quello che vedevo senza vederlo e quello che vedevano tutti gli altri.

Questa presa di coscienza da parte di Olivia, la sorella che ha sempre difeso il suo fratellino dagli sguardi estranei, non può lasciare indifferenti.
È un duro colpo, un pugno nello stomaco, una confessione forte ma vera, che ci fa capire come la vita della famiglia Pullman e dei suoi componenti sia complicata, come i sentimenti siano complessi, nonostante l’affetto che li lega tutti.

Un altro personaggio che non posso non menzionare è Jack Will.
È probabilmente quello che ha lo sviluppo più bello e profondo.
Un ragazzino inizialmente scettico nei confronti del nuovo compagno di scuola, che vive un po’ con disagio il ruolo che il signor Kiap gli ha affidato.
Essere amico di August.
Un invito mosso con gentilezza, al quale però si sente come obbligato.
Eppure August non è così male.
In lui, giorno dopo giorno, troverà una compagnia sempre più piacevole e divertente. Una presenza quasi indispensabile per la sua vita scolastica.
Non ometto che ci sarà ben più di un incidente in questo percorso: qualche passo falso da parte di Jack Will prima, l’isolamento subito per la scelta di schierarsi dalla parte di August poi... insomma ci saranno circostanze che non renderanno la vita semplice a questa coppia di amici.
August ci è abituato, la sua è da sempre stata una vita in salita, ma per Jack Will, tutto è nuovo e diverso.
Si scontra con la stupidità, la cattiveria e le ingiustizie, forse per la prima volta ma, da vero eroe, persevera, resta dalla parte del bene e vince.

La cosa triste è che di scelte si deve parlare. Stare da una parte piuttosto che dall’altra.
Perché?
Perché purtroppo esistono ragazzini prepotenti, e stupidi come Julian, figli di persone ancora più stupide e prepotenti.
Il tipico caso della mela che non cade lontano dall'albero.
Se fa rabbia leggere di un ragazzino che si diverte a isolarne un altro (una discriminazione basata sull'aspetto causato da una malattia! Il che fa ancora più schifo), fa ancora più rabbia leggere i suoi genitori fare lo stesso, se non peggio.
I genitori di Julian non solo giustificano il suo comportamento, ma lo seguono essi stessi. Sua madre arriva a modificare la foto di classe cancellando il volto di August, perché, a suo dire la rovinerebbe, fino a promuoverne l’allontanamento dalla scuola, perché la sua presenza causerebbe stress a tutti gli altri ragazzini (sani).
Ecco, capite l’assurdità.
Capite la rabbia che ho provato leggendo certe cose.
Viene da pensare che certe persone potrebbero (forse) arrivare a mettersi nei panni degli altri solo se certe cose capitassero a loro.
Solo in quel caso, (ripeto, forse), potrebbero acquistare un po’ di umanità.

Penso che la forza di questo romanzo sia proprio questa. Ti aiuta a metterti nei panni degli altri. Ti invita a provare empatia per ciascuna voce narrante (il libro è diviso in otto parti, ognuna raccontata da un personaggio diverso), a entrare nei loro pensieri, vedere la situazione dal loro punto di vista.

A questo libro principale, l’autrice ha aggiunto altri tre libri più piccoli che contengono le “versioni” di altre tre voci narranti. La storia vista da punti di vista che qui non erano stati considerati, e uno di questi è proprio quello di Julian.
Vi dirò, sono proprio curiosa di entrare nella testa del bullo, di capire che visione di essa intende darci l’autrice, se alla fine lo giustificherà in qualche modo vendendoci la storia (a cui non credo minimamente) per cui il bullo è il più debole, e via dicendo...
Vi farò sapere...
Intanto invito voi, i vostri figli, gli amici dei vostri figli, i vostri nipoti ecc. a leggere questo libro, a regalarlo, a diffonderne il messaggio e a scegliere sempre e in ogni contesto la gentilezza.

Curiosità:
Dal romanzo, nel 2017, è stato tratto un adattamento cinematografico (dal titolo omonimo), diretto da Stephen Chbosky, con protagonisti Jacob Tremblay, Julia Roberts e Owen Wilson.


il mio voto per questo libro