domenica 27 gennaio 2019

Recensione: "Il bambino con il pigiama a righe" di John Boyne e Oliver Jeffers

Titolo: Il bambino con il pigiama a righe
Autore: John Boyne
Illustrazioni: Oliver Jeffers
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 30 novembre 2017
Pagine: 338
Prezzo: 22,00 €

Trama:
Berlino, 1942. Il piccolo Bruno, di ritorno da scuola, trova un giorno ad accoglierlo un'inaspettata notizia: il papà ha ricevuto una promozione, e presto lui e il resto della famiglia dovranno trasferirsi molto, molto lontano.
La nuova casa si rivela un luogo desolato, dove non c'è niente da fare, e nessuno con cui giocare. Solo un'alta recinzione, lunga fin dove lo sguardo si spinge, a separare Bruno dalle strane persone che lui intravede in lontananza. Ma è proprio esplorando questo confine che Bruno incontra Shmuel, un ragazzino più o meno della sua età, la cui vita è però molto diversa dalla sua...
Il romanzo di John Boyne torna in una nuova, struggente edizione, grazie alle illustrazioni di Oliver Jeffers.

Recensione:
Molti sono i libri sulla Shoah che, giustamente, hanno il compito di ricordare l'orrore perpetrato ai danni degli ebrei, nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Pochi però, a mio avviso, riescono a dipingere l'assurdità delle teorie e, soprattutto delle pratiche, naziste, come "Il bambino con il pigiama a righe".
Il libro di Boyne, infatti, ha tra i suoi maggiori pregi quello di descrivere, attraverso gli occhi dei bambini, l'orrore dei campi di sterminio.
Da una parte abbiamo Bruno, il figlio del Comandante dell'esercito tedesco, dall'altra Shmuel, uno dei tanti piccoli innocenti privati della loro libertà e dignità.
In mezzo a loro una rete, a dividere due mondi diversi, due vite opposte. Quella fatta di privazioni, punizioni e duro lavoro dell'ebreo, e quella più spensierata e sprovveduta dell'altro.
I loro percorsi, così dissimili, finiscono per incontrarsi un giorno qualunque, mettendo così in luce, non solo le inevitabili differenze, ma anche le inequivocabili somiglianze.
Bruno, costretto a stravolgere la sua vita di punto in bianco, a lasciare Berlino, la sua quotidianità, e gli amici di sempre, troverà in Shmuel un compagno di sventure, qualcuno con cui condividere il tempo, la solitudine, i ricordi. Mentre quest'ultimo che ha conosciuto così presto la malvagità degli uomini, rivede nel compagno la gentilezza e l'ingenuità dei puri di cuore.
Entrambi si fanno forza, giorno dopo giorno, sperando che un giorno la divisione tra i loro mondi scompaia, che si possa giocare tutti insieme, come un unico popolo, come esseri umani.

Non erano abituati a stare dalla stessa parte della rete. 
Bruno sentì l'impulso di abbracciare Shmuel, così, per fargli sapere quanto gli voleva bene e come gli era piaciuto parlare con lui per tutti quei mesi. 
Anche Shmuel sentì l'impulso di abbracciare Bruno, così, per ringraziarlo della gentilezza, del cibo che gli aveva portato e perché lo avrebbe aiutato a ritrovare il suo papà. 
Nessuno dei due però abbracciò l'altro, cominciarono invece ad allontanarsi dalla rete camminando verso il campo, un tragitto che Shmuel aveva percorso quasi ogni giorno, nell'ultimo anno. Dal giorno in cui era riuscito a sfuggire alla sorveglianza dei soldati e a raggiungere quell'angolo di Auscit che nessuno sembrava controllare. 
Un angolo in cui era stato tanto fortunato da incontrare un amico come Bruno.

Il libro, come immaginerete, riporta degli scenari strazianti, descritti però in modo non troppo cruento, proprio in rispetto del punto di vista prescelto, ovvero quello del piccolo tedesco. Il protagonista infatti, pur imbattendosi in molte cose inspiegabili e assistendo talvolta ad episodi crudeli, rimane sostanzialmente all'oscuro della realtà dei fatti. La sua ingenuità lo porta a non accettare, non sappiamo se coscientemente o meno, che il padre possa essere responsabile di tanta ingiustizia, e a credere che la vita al di là del reticolato non sia poi così male come racconta Shmuel.
Il lettore però, sapendo cosa sta accadendo davvero nel campo, riesce a leggere nelle parole, nei silenzi, nei pensieri e nelle immagini formulate da Bruno, tutta la tragedia che si cela nel non detto.
Vediamo ad esempio nel corpicino martoriato e denutrito del ragazzino ebreo le torture dei nazisti e non la stanchezza per i troppi giochi, nelle sue lacrime il dolore per ciò che ha perso, nei lividi non le cadute in bicicletta ma i calci dei soldati.
Shmuel, pur apparendo in scena solo nella seconda parte del romanzo, riesce a catalizzare su di sé tutta l'attenzione e le premure di chi legge. Non si può che tenere a lui, e sperare in una sua salvezza, per quanto improbabile.

«E ieri mi ha detto che suo nonno non si vede da giorni e nessuno sa dove sia. E ogni volta che chiede a suo padre e a sua madre, loro cominciano a piangere e lo abbracciano così stretto che ha paura di venire stritolato.» 
Bruno si rese conto di aver abbassato il tono di voce. 
Queste erano cose che gli aveva detto Shmuel, ma per qualche ragione allora non aveva compreso fino in fondo la tristezza dell'amico. Se ne accorgeva solo adesso, udendolo con la propria voce, e si pentì di non aver detto niente per consolarlo, e di aver cominciato a raccontargli delle sciocchezze sulle sue esplorazioni. Dovrò chiedergli scusa per questo, domani, si disse.

"Il bambino con il pigiama a righe" è in definitiva un romanzo forte e commovente, che racconta di un'amicizia impensabile, pura e priva di qualsiasi colpevolezza, che nasce, come un fiore in un deserto, in un contesto che vede solo vittime e carnefici.
Pur essendo abbastanza moderno, è uno di quei libri che, in poco tempo, ha raggiunto quasi la fama di un classico, e a ragione direi.
L'opera di Boyne merita di essere letta almeno una volta nella vita, proprio perché capace, nella sua semplicità, di coinvolgere pienamente e far immedesimare nella lettura.
Inoltre, nella nuova edizione targata Rizzoli, e illustrata dall'artista Oliver Jeffers, la narrazione è arricchita da disegni che, senza snaturare la storia, ne danno un valore aggiunto, grazie alla loro essenzialità.
Jeffers difatti ha scelto, e non a torto, di raccontare dal suo punto di vista gli eventi con pochi e semplici tratti, rinunciando ai dettagli più macabri ed impressionanti, sostituendoli con pennellate di rosso ed espressioni del viso più esplicite di qualsiasi sparo o tortura.
Pochi schizzi delicati e pungenti per un racconto che non ha bisogno di parole, che dice molto anche con i suoi silenzi.

Considerazioni:
Conoscevo grossomodo la storia grazie alla famosa trasposizione cinematografica che, per quanto ben fatta, non credo renda giustizia al romanzo.
La bellezza della penna di John Boyne, come dicevo prima, non sta tanto nella scrittura in sé, ma nel candore e nell'eccessiva fiducia che trasmette mediante il personaggio di Bruno che va, puntualmente a scontrarsi con la barbarie dell'effettiva realtà. Non si può non voler bene a quell'ingenuo bambino che non riesce davvero a comprendere il perché di un reticolato che divide i bambini e non permette loro di giocare assieme.
Tuttavia, nonostante mi sia affezionata molto a Bruno, devo ammettere che il suo modo di fare, in particolare con Shmuel, mi ha lasciato spesso perplessa e, talvolta, addirittura infastidita.
Più di una volta il tedesco nota l'eccessiva magrezza dell'amico, che per di più gli confessa di morire di fame, eppure non solo non colpevolizza mai il padre per lo stato impietoso in cui versa il piccolo ebreo, ma anzi, spesso e volentieri finisce per mangiarsi per strada lo spuntino a lui destinato.
Lo vede piangere, osserva inequivocabili segni viola sul suo viso, ma finge che lui stia bene e trascorra il tempo a giocare con gli altri e fare picnic all'aperto. Arriva addirittura ad invidiarlo!

«Quando il treno finalmente si è fermato» continuò Shmuel «eravamo tutti in un posto freddo e abbiamo dovuto camminare fino a qui.» 
«Noi siamo venuti in macchina» disse Bruno, a voce alta, questa volta. 
«E la mamma è stata portata via e ci hanno sistemato nelle baracche, laggiù, ed è lì che viviamo da allora.» 
Shmuel sembrava molto triste mentre raccontava questa storia, e Bruno non ne capiva la ragione; non gli sembrava una così terribile, e dopotutto quasi lo stesso era capitato a lui. 
«Ci sono molti altri bambini lì?» domandò Bruno. 
«Centinaia» disse Shmuel. Bruno sgranò gli occhi.
«Centinaia?» disse stupito. 
«Non è giusto. Non c'è nessuno con cui giocare da questa parte della rete. Proprio nessuno.» «Noi non giochiamo» disse Shmuel. 
«Non giocate? E perché?»

Capisco all'inizio, ma come è possibile che in un anno di continui incontri e conversazioni, lui ancora non riesca ancora a percepire il dolore di Shmuel?
Come fa a considerare se stesso una vittima del destino avverso (per via dell'abbandono della casa di Berlino) e contestualmente a prendere così alla leggera la prigionia del polacco e tutti i suoi angoscianti aneddoti della vita nel ghetto o nel campo?
Mah. Francamente ho trovato un po' fuori luogo questo atteggiamento, soprattutto in considerazione del fatto che persiste fino al triste epilogo finale.
Ed anche allora, per quanto sia percepibile l'affetto sincero nei confronti del coetaneo, Bruno manca di sensibilità, in quanto sperimentando concretamente l'orrore del campo di sterminio, pensa solo ad un modo per tornarsene a casa il prima possibile, ignorando bellamente il tragico destino dell'amico, che sarebbe rimasto lì a patire.
Shmuel, al contrario, è il personaggio positivo del libro. Sopporta l'insopportabile con coraggio e dignità, non si lamenta mai, non parla più del dovuto, non piange, se non in rare occasioni. Vuole bene a Bruno e, proprio per questo motivo, evita di ferirlo, e gli perdona l'imperdonabile.
Non sprecherò parole per il tenente Kotler o per il Comandante, perché i colpevoli di un gioco al massacro non meritano neanche questo, ma vorrei dire due cose sulla nonna di Bruno, una delle figure migliori di questo libro, che avrebbe meritato più spazio.
La donna, quando viene a sapere della promozione del figlio, del suo nuovo ruolo di Comandante, e dei criminosi progetti di Hitler, si vergogna di lui. Lei, con coraggio, sceglie di opporsi a quel regime di discriminazione e morte, rinunciando ai lussi e agli onori di una posizione privilegiata.
La mamma e la sorella di Bruno, Gretel, hanno invece un comportamento non del tutto decifrabile. Sembrano riluttanti di fronte a ciò che sta accadendo, eppure non si capisce fino in fondo quanto il loro dissenso sia imputabile alla sacrificante condizione di vita cui sono costrette loro, o all'orrore che vedono dinnanzi agli occhi quotidianamente e che non riescono più a sopportare. In sostanza paiono non condividere pienamente le direttive del Fuhrer, ma ciononostante non considerano minimamente l'idea di fare a meno del loro status o di mettere in difficoltà, o meglio in serio pericolo, il Comandante.

Alla fine Bruno e Gretel videro centinaia di persone laggiù, ma le baracche erano così tante e il campo così sterminato che i due fratelli conclusero che le persone, là fuori, dovessero essere migliaia. 
«E vivono tutte vicino a noi» disse Gretel, disgustata. 
«A Berlino c'erano soltanto sei case nella nostra bella via, così tranquilla. E adesso guarda quante baracche. Perché papà ha accettato un nuovo lavoro in un posto così brutto? E con tutti questi vicini. Non riesco proprio a capire.» 
«Guarda lì» disse Bruno, e Gretel, seguendo il dito del fratello, vide in lontananza un gruppo di bambini di tutte le età uscire da una baracca. Dovevano avere dai tre ai quattordici anni e stavano tutti rannicchiati uno contro l'altro mentre un manipolo di soldati urlava contro di loro. E più i soldati urlavano, più i bambini si rannicchiavano impauriti, finché un soldato si scagliò contro di loro, separandoli. E finalmente sembrò che facessero come desiderava il soldato: si disposero diritti in un'unica fila. E allora tutti gli altri soldati cominciarono a ridere e ad applaudire. 
«Staranno provando qualcosa» suggerì Gretel, fingendo di notare che alcuni bambini, anche tra i più grandi, quelli della sua età, avevano l'aria di piangere.

Il finale del libro, che molti di voi conosceranno di certo, sarebbe potuto essere più drammatico, sicuramente (è meno esplicito rispetto al film), eppure l'autore sceglie volutamente di non descrivere la morte dei due bambini, e credo sia giusto così.
Focalizza l'attenzione sulla loro unione, sul gesto di tenersi per mano nel momento di paura, sul loro affetto, piuttosto che su ciò che sta per avvenire.
Una piccola azione, seppur significativa, che sta ad indicare come due nemici (sulla carta) siano stati capaci di andare oltre le differenze, di costruire un ponte dove i grandi avevano costruito barriere. Di morire assieme pur di non essere divisi.

Ringrazio la casa editrice Rizzoli per averci fornito una copia cartacea di questo romanzo 

il mio voto per questo libro

giovedì 24 gennaio 2019

Recensione: "Mr. Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina" di Fannie Flagg

Titolo: Mr. Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina
Autore: Fannie Flagg
Titolo originale: A Redbird Christmas
Editore: BUR Rizzoli
Data di pubblicazione: 21 gennaio 2009
Pagine: 235
Prezzo: 10,00 €

Trama:
L’inverno è alle porte e a Lost River, un piccolo paese nel profondo sud dell’Alabama, arriva l’anziano Mr. Campbell (orfano dalla nascita, trovato in una culla accanto a una lattina della famosa zuppa) per fuggire dal freddo di Chicago. Subito lo attende una brutta sorpresa: l’albergo dove deve alloggiare è bruciato. Al suo posto però c’è la casa di una gentile signora, pronta ad accoglierlo come ospite, e le premurose attenzioni degli abitanti di Lost River che, per la prima volta, fanno sentire l'abbattuto Oswald parte di una vera comunità.
Mr. Campbell sembra aver intrapreso una seconda vita, tutta improntata sulla tranquillità ma, quando conosce Patsy, una bambina timida con una gamba malata, tutto cambia. Subito l'uomo viene conquistato dalla dolcezza della piccolina, di cui nessuno si era mai occupato fino ad allora, e sente che deve fare qualcosa per aiutarla.

Recensione:
I romanzi della Flagg hanno la capacità di trasportarti in piccoli paesini sperduti, ricchi di abitanti amorevoli e di buon cuore. Nessuno, come quest'autrice, è in grado di far sentire il lettore a casa, qualunque sia la storia narrata o la cittadina prescelta.
La vicenda di Oswald Campbell non fa di certo eccezione, anzi, forse più di tutte ne è l'esempio lampante. Abbandonata di corsa la gelida Chicago, e temendo di non avere più molto tempo da vivere, l'anziano signore si rifugia in un isolato villaggio nel sud dell'Alabama affacciato su un placido fiume.
Non ha molte pretese né aspettative, se non migliorare la sua salute e procrastinare il più possibile il fatale giorno, eppure gli abitanti di Lost River, senza pensarci due volte, corrono subito dal nuovo concittadino per aiutarlo ad integrarsi al meglio.
Seppur inizialmente smarrito, e intenzionato ad "andar via" senza troppo clamore, il nostro Oswald non può che affezionarsi a quella gente calorosa e gentile.
Strano ma vero, dopo tanto patire, pensa di aver finalmente trovato il suo posto nel mondo. Quasi alla fine della vita raggiunge ciò che ha sempre desiderato: una routine tranquilla e serena, fatta di piacevoli conversazioni, passeggiate al tramonto, giri in barca, pomeriggi trascorsi a dipingere, cene romantiche a sorpresa e tanto ancora.
Non voglio scendere nei dettagli, anche perché mi spiacerebbe rovinarvi la lettura, ma ci tengo a sottolineare come questo romanzo riesca in poche pagine a coinvolgere pienamente chi legge, a farlo affezionare ai vari protagonisti, a fargli sognare di poter visitare un giorno un posto come quello. Ebbene sì, perché Lost River sembra proprio il luogo ideale in cui vivere, con vicini impiccioni ma non troppo, carinissime tradizioni da tramandare e ambientazioni da sogno.

Oswald restava lì a guardare la sera cambiar colore e le correnti disegnare lenti cerchi sull'acqua, finché alle sue spalle sorgeva la luna. 
Quando il sole finiva di spegnersi, si vedeva il riflesso delle luci verdi sui pontili dall’altra parte del fiume, e le stelle scintillavano nell'acqua come minuscoli diamanti. 
Che spettacolo! Era meglio di qualunque film, e diverso ogni sera. Certe volte era così fantastico che Oswald avrebbe voluto fare qualcosa come fermare il tempo, o farlo durare di più, ma non era possibile. Il tempo non si ferma. Anche il suo andava esaurendosi giorno dopo giorno, inesorabilmente. Se fosse dipeso da lui, lo avrebbe fermato in quell'attimo stesso lì sul fiume, finché stava ancora abbastanza bene per goderselo.

Nel corso della narrazione si assiste a qualche piccolo dramma, ad un paio di contese di vecchia data, eppure in linea generale l'armonia regna sovrana. Ciononostante, a mio avviso, la storia non cade mai nella noia, anzi, come vi avevo già scritto a proposito de "Il Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey", la forte unione tra i cittadini, la vitalità di tutti e l'atmosfera di serenità imperante rendono inevitabilmente tristi coloro che si apprestano al finale.
In definitiva, proprio grazie ai suoi punti di forza, il libro risulta davvero piacevole, perfetto per chi cerca una coccola serale in una serata d'inverno (consiglierei infatti di leggerlo verso Natale). Certo, ha anche qualche piccola mancanza, ad esempio l'assenza di un personaggio strampalato e bizzarro che catalizzi l'attenzione (come era il caso di Idgie di "Pomodori verdi fritti" o Hazel di "Miss Alabama e la casa dei sogni").
Qui ci sono tante belle personalità ma nessuna predominante. Anche il finale mi è parso un po' affrettato, mentre avrei preferito più dettagli sul prosieguo degli eventi.
Ultima cosa di cui voglio parlarvi è il titolo scelto per l'edizione italiana. Ho sempre elogiato sia le deliziose copertine vintage che i carinissimi titoli, eppure questo lascia  parecchio a desiderare.
Prima di tutto perché nessuno chiama mai il protagonista Zuppa ma, cosa ben più importante, nella storia non è presente nessun pettirosso, bensì un uccellino cardinale!
Potrà sembrare una cosa di poco conto ma non capisco il senso di mettere in copertina un personaggio inesistente, considerando che poi nella traduzione del testo, le vere sembianze di Jack sono state rispettate (difatti è descritto come un esserino dal piumaggio rosso e la mascherina nera).
Quindi o cambiate specie sia nel testo che in copertina o li lasciate invariati in entrambi i casi, non credete?
Diciamo che questa è stata l'unica cosa che mi ha fatto storcere il naso, il solo dettaglio che annoterei tra i difetti, perché per il resto il romanzo della Flagg mi ha dato tutto quello che cercavo: una storia tenera e toccante, un'atmosfera calorosa, una vera e propria favola di Natale che scalda il cuore, grazie ai suoi personaggi amabili e tutti da scoprire.

Considerazioni:
Ho cominciato questo libro a dicembre, pochi giorni prima di dare il via al gruppo di lettura natalizio che ha avuto per protagonista, come purtroppo sapete, il libro "12 giorni a Natale", e ho portato avanti le due letture in contemporanea, alternandole.
Il romanzo della Ashley, non c'è bisogno di ripetersi, si è dimostrato una completa delusione, tant'è che ho fatto davvero fatica a terminarlo. Inutile dirvi che mentre ero intenta (leggete "quasi costretta") ad ingurgitare i capitoli ambientati ad Old Place, per rispettare le tappe fissate sul blog più che per reale desiderio, non vedevo l'ora di rituffarmi nelle adorabili viuzze di Lost River, per poter provare quella sensazione di serenità che ho percepito sin dalle prime pagine del libro della Flagg.
Lì ho trovato tutto quello che speravo di leggere a Natale, un senso di famiglia e unione, tanta generosità, un clima gioioso e festoso ma anche qualche piccola vicenda lacrimosa.
Mi sono affezionata a tutti i personaggi, in particolare all'affabile Roy e al suo energico amico Jack.
Inoltre il libro, pur essendo ambientato in buona parte in inverno, regala un lato inedito di questa stagione, fatto di sole, caldo, giornate all'aria aperta e natura incontaminata in piena fioritura.

Fuori la temperatura era la stessa che dentro casa. Oswald non riusciva ancora a credere che si stesse così bene. Due giorni prima era in cappotto sotto una pioggia gelida, e oggi era in maniche corte sotto il sole. Così scese dal portico, prese a sinistra e vide tutto quello che non era riuscito a vedere la sera prima. 
La strada era fiancheggiata su entrambi i lati da alte querce, ciascuna grondante di un impalpabile muschio argenteo. I rami erano così lunghi che s’incontravano sopra la strada, formando una cortina d’ombra che si stendeva a perdita d’occhio in entrambe le direzioni. Le case che superò erano piccole e ben tenute, e in tutti i giardini c’erano cespugli di fiori rossi simili a rose. Mentre camminava verso il negozio, vide correre su e giù per i tronchi gli scoiattoli più grassi che avesse mai visto. Sentiva gli uccelli cinguettare e zampettare nelle siepi, ma il sottobosco di arbusti e palme nane era così fitto che non riuscì a vederli.

Più leggevo, avvolta nella mia pesante coperta e in un morbido maglione, più desideravo prendere un volo di sola andata per l'Alabama per trascorrere lì le feste, in giardino con una limonata dissetante ed una bella cheesecake.
Magari un giorno *-*
In definitiva, se non avete ancora letto questo libro, non lasciatevelo scappare. Non regalerà grandi colpi di scena, drammi a non finire o misteri da svelare, ma vi farà sentire rinati, proprio come il caro vecchio Oswald.

il mio voto per questo libro

venerdì 18 gennaio 2019

Recensione: “Il fantasma dell’abate” di Louisa May Alcott

Titolo: Il fantasma dell’abate
Autore: Louisa May Alcott
Titolo originale: The Abbot's Ghost. A Maurice Treherne's Temptation
Editore: Elliot Edizioni
Data di pubblicazione: 21 novembre 2017
Pagine: 128
Prezzo: 13,50 € 

Trama:
Maurice Treherne è un giovanotto di buona famiglia accusato ingiustamente di buttare soldi nel gioco d’azzardo. Quando salva suo cugino Jasper dall’annegamento, rimane gravemente ferito ma spera di nobilitarsi agli occhi della famiglia e conquistare l’amore di Octavia, sua cugina. Però la madre di Octavia non ha intenzione di caldeggiare questo amore e pone un veto sul loro possibile matrimonio, sperando in un incontro più favorevole per la bella figlia.
Maurice sembra aver perso le speranze, tuttavia le cose volgeranno in modo inaspettato per lui grazie al fantasma di Abbot, il vecchio prete che viveva nella villa di Treherne quando ancora era un’abbazia, e che ha l’abitudine di perseguitare la famiglia e farsi vivo soprattutto durante la notte di Natale.

Recensione:
Louisa May Alcott, in questo suo romanzo breve, riprende i temi della letteratura inglese tipici dell’età vittoriana.
Chi ama quel genere di romanzi sa quanto, a quei tempi, gli inglesi amassero riunirsi tra amici, parenti e conoscenze più o meno altolocate, in casa, davanti al fuoco, e passare le serate di festa ad intrattenersi con giochi o raccontandosi storie di fantasmi.
A quanto pare gli americani non erano da meno, ed è durante le festività natalizie che la Alcott ci invita ad entrare in casa Treherne, dove, come ogni anno, Lady Treherne ha aperto le porte della grande e antica dimora agli amici di famiglia.
Protagonisti della storia sono soprattutto i giovani che tra amori, segreti e gelosie metteranno del pepe ai pomeriggi e alle fredde serate invernali.
Maurice Treherne, giovane affascinante reso sfortunatamente invalido da un incidente, è sicuramente il personaggio che conosciamo meglio e quello attorno al quale girano le vicende narrate.
Il ragazzo è segretamente innamorato di sua cugina Octavia, che da sempre si è presa amorevolmente cura di lui.
Ma i piani di Lady Treherne per sua figlia sono altri, non certo darla in sposa ad un nipote senza titolo e invalido, ed ha già puntato il suo prescelto.
La controparte femminile che, come Maurice, ha il dono di attirare su di sé gli sguardi e i commenti di tutti i presenti è Mrs Snowdon. Bellissima e ammaliante tanto da apparire una presenza scomoda e pericolosa, o almeno lo è per Lady Treherne che desidera solo vederla al più presto lontana da Jasper, suo figlio maggiore.
E se triangoli amorosi, segreti ed omissioni non bastano ad animare il racconto, la Alcott ci infila anche una leggenda legata al fantasma di un abate che si dice infesti, da generazioni, la dimora dei Treherne.
Un romanzo piacevole da leggere in una serata invernale, non troppo pretenzioso, e in cui si nota qualche mancanza sia nell'approfondimento delle vicende che dei personaggi, che restano pressoché abbozzati e poco realistici.
Ma forse è proprio questo il bello di questo romanzo, una bella lettura da prendere così com'è, senza porsi troppe domande e senza pretendere troppe spiegazioni.
Una favola natalizia avvincente e romantica quanto basta, dai risvolti tenebrosi.

Considerazioni:
Una lettura perfetta da leggere in una serata invernale, al calduccio sotto una coperta o accanto al camino, quando fuori il vento ulula o scende la pioggia.
Temete di lasciarvi suggestionare troppo? No, non abbiate paura, non è questo il caso.
Malgrado il titolo, “Il fantasma dell’abate", è una storia romantica, in cui i protagonisti sono gli intrecci amorosi e i segreti messi in atto per impedire alcuni di questi amori.
Come dicevo nella recensione, essendo questo un romanzo breve sembra mancare di approfondimento.
Si ha la sensazione (o almeno io l'ho avuta) che i nodi vengano troppo presto al pettine. I misteri e i segreti ci vengono svelati troppo presto, e viene dunque a mancare qualsiasi pathos o trepidazione.
Una parte molto carina del racconto è quella in cui, nella notte che mette fine al vecchio anno, i giovani si intrattengono raccontando ognuno una storia di fantasmi. Anche in questo caso, però, si tratta di racconti molto brevi che vengono liquidati in pochi paragrafi.
Per il resto, il romanzo ci viene narrato come se stessimo assistendo ad uno spettacolo teatrale, così, mentre su un palco ci viene svelato un mistero, contemporaneamente su un altro palco (e quindi, nella lettura, immediatamente dopo) ce ne viene svelato un altro.
Mi sarebbe piaciuto - l'avrei trovato più avvincente - vedere Mrs Snowdon mettere un po' di zizzania prima della sua - improvvisa e sbalorditiva - conversione.
Lo stesso vale per Lady Treherne che si mostra subito molto conciliante.
Probabilmente ciò di cui di sente la mancanza in questa storia è la presenza di un vero cattivo, qualcuno che metta seriamente i bastoni fra le ruote.
Eppure, ogni tanto, fa bene leggere una storia semplice e non troppo intricata, godersi semplicemente il piacere di un bel libro.

Curiosità:
Il romanzo fu scritto e pubblicato con lo pseudonimo di A.M. Barnard.

Ringrazio la casa editrice Elliot per avermi omaggiato di una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

mercoledì 16 gennaio 2019

Recensione: "Il Grande Albero" di Susanna Tamaro

Titolo: Il Grande Albero
Autore: Susanna Tamaro
Illustrazioni: Adriano Gon
Editore: Giunti
Data di pubblicazione: maggio 2017
Pagine: 140
Prezzo: 7,90 € 

Trama:
La storia di un abete e della sua lunga vita, dei suoi incontri con personaggi illustri come l'imperatore d'Austria e la principessa Sissi, dei suoi viaggi, quando, tagliato, dovrà lasciare la radura in cui è nato per diventare l' albero di Natale di piazza San Pietro a Roma. Infine della sua amicizia con lo scoiattolo Crik che lo aiuterà a tornare a casa. Una fiaba moderna, una storia di coraggio, di amore e amicizia in cui la vita vince su tutto.

Recensione:
Susanna Tamaro scrive una favola in cui il protagonista, nelle primissime pagine, è un piccolo seme sospinto dal vento che, per volontà del destino, si ritrova a piantarsi nel bel mezzo di una isolata radura circondata da un fitto bosco.
Il seme, in bando ai pronostici, mette le sue piccole radici e, primavera dopo primavera, cresce, resistendo ad ogni rigido inverno e rivelandosi, ad ogni disgelo, più grande e forte.
Un piccolo abete, ecco cosa nascondeva quel seme.
L'alberello cresce, e resiste, del tutto ignaro di essere il protagonista dei pettegolezzi e del chiacchiericcio dell'intero bosco.

Le betulle premurose, i larici invidiosi, i faggi inteneriti e gli abeti tutti fieri e ansiosi di attribuirsi la paternità del nuovo venuto.
Il tempo passa e l'abete, nonostante tutte le infauste previsioni, è venuto su sano, bello e forte. Indiscusso e solitario protagonista della radura, baciato dal sole, accarezzato e battuto dalla pioggia e dal vento, è lì, un miracolo che a sua volta si meraviglia di tutto ciò che gli sta attorno.
La natura con il suo spettacolo di colori, suoni e creature lo affascina e gli fa compagnia. Gli uccellini, gli scoiattoli, i ghiri fanno a gara per nidificare fra i suoi maestosi rami. 
I caprioli, i cervi si succedono di generazione in generazione, ma tutti conoscono il grande albero che regna sulla radura.
A sua volta l'abete diventa consapevole di ciò che gli sta attorno, riconosce il vento, tutte le creature che gli si muovono attorno, fa la conoscenza dell'uomo e delle sue strane abitudini, e attraverso lui apprende l'amore, l'odio e un triste giorno persino la guerra.
Ha diversi secoli alle sue spalle quando inizia a chiedersi come sarà la sua fine, perché prima o poi, tutti ne hanno una. Cosa ne sarà di lui? Diventerà legna per tavoli, cassettoni, panche e sedie? 
Spera di non divenire legna da ardere, ma in cuor suo c'è il desiderio di viaggiare e vedere il mondo, diventare l'albero maestro di qualche grande veliero, spostarsi, non sostare più per sempre nello stesso posto.
E poi la paura: sarà cosciente? O la sua vita terminerà non appena la sega reciderà il suo tronco?
Qual è la sorte che spetta al nostro amico abete? Lascio a voi il piacere della scoperta, intanto posso rivelarvi che la storia dell'abete non è che la metafora della vita.
Siamo alberi che vivono cercando la luce, tutti in cerca di uno scopo, sperando ardentemente di trovarne uno, spesso non accontentandoci di ciò che abbiamo e andando alla continua ricerca di ciò che è già in nostro possesso.
Una bella storia, ben scritta, che nonostante una piega eccessivamente buonista sul finale, lascia un bel messaggio sull'importanza di coltivare il proprio essere piuttosto che l'apparire.

Considerazioni:
Ho adorato questo libro dalla prima pagina sin quasi alla fine. 
Attraverso questa storia ho scoperto una Susanna Tamaro inedita (almeno per me), che, con estrema poesia è stata capace di rendere la bellezza della natura, la dolcezza e l'importanza di una vita nata per caso e che, sempre grazie a quel caso, si sviluppa, cresce sana e forte, prendendo pieghe inedite e impensate.
Come dicevo ho adorato questa favola fin quasi alla fine, perché il destino dell'abete, e il conseguente spostarsi del punto di vista dall'albero a quello dello scoiattolino Crick, non è stato di mio gradimento. Non perché odi gli scoiattoli in generale o Crick in particolare, ma perché dal momento dell'abbattimento dell'abete non sono più riuscita ad apprezzare il risvolto della storia. Non come prima almeno.
Il tutto è diventato eccessivamente infantile, ed esagerato. Infatti, se era interessante e romantico vedere le cose dal punto di vista di un albero, leggere dello scoiattolo che si allea con un piccione e vederli cercare insieme la protezione del Papa è stato troppo. Divertente sì, ma meno profondo. 
Comunque una storia carina, con un bel significato e tanti messaggi positivi e importanti da trasmettere ai lettori più o meno giovani.

Ringrazio la Giunti per avermi omaggiato di una copia cartacea di questo libro 

il mio voto per questo libro 

mercoledì 9 gennaio 2019

Un anno di libri #2018


Salve avventori!
Come sta andando il rientro dalle feste? Questo nuovo anno vi ha già portato qualche novità?
Gli inizi, si sa, portano sempre a fare un bilancio di ciò che è stato, e come ormai succede da un po' di anni noi siamo qui, pronte per fare il bilancio del nostro 2018 letterario

Eccovi qui il nostro #UnAnnoDiLibri.


Il 2018 di Muriomu


Primo libro letto nel 2018: 
♥ “Il grande albero” di Susanna Tamaro


Ultimo libro letto nel 2018: 
♥ “12 giorni a Natale” di Trisha Ashley


I libri più belli che ho letto quest'anno: 
Non sono soddisfattissima del mio anno libroso. Non ci sono state letture tremende (eccetto una, di cui vi parlerò nel punto seguente), ma neanche letture indimenticabili.
Tra le più belle però ricordo sicuramente:
♥ La saga di “Wildwitch” di Lene Kaaberbøl.
In occasione dell'uscita del terzo capitolo della saga, ovvero "La vendetta di Kimera" ho riletto con piacere i due capitoli precedenti. È una lettura che non mi stanca mai, e che, con il procedere della serie, diventa sempre più profonda.
♥ “Mary Read. La ragazza pirata” di Alain Surget. Un romanzo affascinante e ricco d'avventura che non mi sarei mai aspettata potesse piacermi così tanto.
♥ "La stagione delle conserve" di Polly Horvath. Si tratta di una rilettura in realtà, un libro che già avevo apprezzato la prima volta, ma che, alla seconda lettura, ho adorato ancora di più.
♥ "Laurie" di Stephen King, un delizioso racconto breve, in cui i protagonisti in poche pagine entrano nel cuore

I libri che ho bocciato: 
Come ho detto prima, non ci sono state letture tremende nel mio anno libroso, fatta eccezione per quella con cui, ahimè, ho concluso l'anno.
♥“12 giorni a Natale” di Trisha Ashley, un libro in cui avrei voluto trovare il calore e la dolcezza dell'atmosfera natalizia, invece vi ho solo trovato una protagonista odiosa, e presuntuosa, una storia banale, povera di sentimenti e condita da tantissimi pregiudizi.
♥ "La radice quadrata di un'estate" di Harriet Reuter Hapgood. Libro che ho fatto davvero fatica a finire, che ho trovato confuso nella scrittura e noioso nella lettura, ma che confrontato con quello della Ashley diventa quasi una lettura a quattro stelle XD
♥ "101 buoni motivi per essere un ragazzo" e "101 motivi per essere una ragazza" di Beatrice Masini. I volumetti presentano una serie di affermazioni secondo le quali, in un volume sarebbe meglio essere maschietto, nell'altro una femminuccia. Due libri che (a seconda di come la si vede), si rafforzano o smentiscono l'uno con l'altro, di cui faccio ancora fatica a capirne il senso o l'utilità.


I libri più belli da ammirare: 
Come forse sapete, io e Little Pigo adoriamo gli albi illustrati, proprio per questo abbiamo inserito questa categoria nel nostro anno dei libri.
Tra i più belli che ho letto e ammirato quest'anno ci sono sicuramente
♥ "Giselle" di Charlotte Gastaut
♥ "Dove il mare incontra il cielo" dei Fratelli Fan
♥ "Il gelataio Tirelli" di Tamar Meir


La storia più originale: 
♥Nonostante non abbia affatto apprezzato il libro e la sua scrittura, come "storia" in sé per sé probabilmente quella della Hapgood con il suo "La radice quadrata di un'estate", si può almeno aggiudicare questo titolo.
Ma originalità non è sempre sinonimo di qualità.
♥ Ho trovato molto originale anche "Le maschere di Pocacosa" di Claudio Morandini


I libri che mi hanno stupito positivamente o che avevo sottovalutato: 
♥ "Laurie" di Stephen King. Da un racconto così breve non mi sarei aspettata tanta dolcezza, come non mi sarei aspettata che sarebbe finito tra i libri più belli letti durante quest'anno.
♥ “Mary Read. La ragazza pirata” di Alain Surget. Non lo avevo sottovalutato, ma di certo non mi aspettavo che una storia di pirati potesse piacermi così tanto.


I libri che mi hanno deluso o dai quali mi aspettavo qualcosa di più: 
♥ Be', ovviamente mi aspettavo qualcosa di più da “12 giorni a Natale” della Ashley, lettura che io e Little Pigo avevamo scelto per tenerci compagnia nel periodo festivo, nella quale desideravo trovare tutta una serie di cose (atmosfere, sentimenti, calore familiare, allegria) che purtroppo sono assenti.
♥ "Piccole grandi bugie" di Liane Moriarty.
Chiariamo: il libro non mi è affatto dispiaciuto, anzi. Conoscevo già la storia, perché avevo precedentemente visto e adorato la serie TV, e probabilmente proprio per questo finisce in questa categoria, perché nel confronto tra libro e serie ho, per alcuni particolari, preferito quest'ultima.
♥ "Mary e il fiore della strega" di Mary Stewart. Una storia carina, che mi sarebbe piaciuto vedere più approfondita.
♥ "Profumo di cioccolato" e "Profumo di zucchero" di Kathryn Littlewood.
Su questa serie avevo letto tante belle cose, recensioni assolutamente positive, ma i primi due volumi non mi hanno entusiasmato. Pensavo di leggere una saga che facesse venire l'acquolina in bocca, invece nulla di più lontano dalla realtà. Spero di rivalutarla con l'ultimo capitolo, ma ho poche speranze a riguardo.


I libri più noiosi o che ho fatto fatica a portare a termine: 
Continuo a ripetermi, ma sicuramente il libro che ho davvero fatto fatica a portare a termine è stato
♥ "La radice quadrata di un'estate".
♥ Anche "12 giorni a Natale" però, merita un posto su questo podio, infatti è stata una lettura talmente ripetitiva che sarebbe potuta durare 1/4 delle sue pagine. Si sarebbe risparmiata tanta carta...


I libri che mi hanno fatto piangere T-T (per l’emozione):
Di solito sono una gran piagnona, ma non ricordo di aver pianto molto con le mie letture, fatta eccezione per alcuni momenti in cui mi sono commossa grazie alle pagine di:
♥ "Wildwitch. Sangue di Viridiana" con la storia della dolcissima chimera fallata Nientediniente e con la drammatica storia di Viridiana.
♥ "Wildwitch. La vendetta di Kimera" con la triste storia delle sorelline Kimmie e Maira.
♥ "Laurie" con il dolcissimo rapporto che si viene, a poco a poco, a creare tra il vedovo Lloyd e la cagnolina Laurie.


La saga più bella e le saghe che ho iniziato: 
♥Sto portando avanti con grande entusiasmo la saga "Wildwitch” della Kaaberbøl. Aspetto con grande attesa i capitoli successivi per proseguire la storia *-*
♥ Ho iniziato "La casa nella prateria" di Laura Ingalls Wilder
♥ E, come scritto nelle risposte precedenti, sto leggendo la saga di Kathryn Littlewood che però non mi sta entusiasmando molto.


I personaggi che più ho detestato:
Lo scorso anno ho presentato questa categoria esordendo così:
"Ogni storia ha i suoi “eroi” e i suoi “cattivi”, ma spesso sono proprio i personaggi più odiosi ad avere il merito di dare vita ai libri che leggiamo"
♥ Non è questo però il caso della presuntuosissima e acidissima Holly Brown, protagonista del libro "12 giorni a Natale".
Il "bello" è che sicuramente la Ashley non aveva alcuna intenzione di rendere il suo personaggio così odioso, anzi, lei ha fatto di tutto per dipingerla come una donna fantastica, bravissima e capace di destreggiarsi in qualsiasi cosa. Invece, e forse proprio per i suoi sforzi, ha dato vita ad una donna antipatica e arrogante, non particolarmente abile in nulla se non nell'arte di lodare se stessa per le cose più stupide.
♥ Julian, il terribile e odioso ragazzino che tormenta il povero Augustus, protagonista di "Wonder" di R.J. Palacio.
♥ Elsbeth, la madre di Cora Bender in “The Sinner. La peccatrice” di Petra Hammesfahr. Una donna che a causa del suo estremismo religioso, riesce a distruggere un'intera famiglia.
♥ Gli abitanti di Pocacosa e la loro orribile tradizione del carnevale che non ha nulla a che fare con l'idea di goliardia e divertimento che la festività dovrebbe avere. Ho detestato la crudeltà delle scene raccontate nel libro di Morandini.


I personaggi che ho più amato: 
♥ Nientediniente, la piccola chimera fallata, uno dei personaggi più buffi, teneri e adorabili che abita la saga della Kaaberbøl. Purtroppo compare troppo poco nel terzo libro, spero che tante altre pagine siano destinate al suo personaggio.
♥ Laurie e Lloyd, rispettivamente cagnolina e padrone, protagonisti di "Laurie"
♥ Le strambe sorelle Menuto. Le anziane e diversissime tra loro Tilly e Penpen, meglio conosciute come "Le signore dei mirtilli" del libro "La stagione delle conserve" di Polly Horvath.


Un personaggio secondario di cui avrei voluto conoscere molto di più: 
Ripeto i nomi che ho scritto nella risposta precedente.
Di tutti loro avrei voluto sapere di più 


Le coppie più belle:
♥ Lloyd e Laurie del libro "Laurie" di King
♥ Le sorelline Kimmie e Maira della saga “Wildwitch” della Kaaberbøl
♥ Le sorelle Tilly e Penpen del libro "La stagione delle conserve" di Polly Horvath.


Concludo con i buoni propositi per questo 2018:
I miei buoni propositi ormai lasciano il tempo che trovano, quindi forse sarebbe meglio non farne affatto XD
Rinnovo quelli dello scorso anno, che non ho mantenuto come avrei voluto:
♥ Leggere tanti libri
♥ Leggere quei libri che mi ripropongo di leggere da tempo (tra cui alcuni classici), ma che continuo a rimandare.
♥ Continuare ad aggiornare regolarmente il blog
♥ Scrivere tutte le recensioni che ho in arretrato XD

Spero di non avervi annoiati.
Lascio la parola a Little Pigo, ma non senza augurarvi un felice 2019!




Il 2018 di Little Pigo

Primo libro letto nel 2018: 
♥ Il primo libro dell'anno appena trascorso è stato "Il meraviglioso incubo di Natale" di Mauro Santomauro, un romanzo che, a differenza di quanto dice il titolo, ha ben poco a che vedere con le festività natalizie. Un libro coraggioso che emana verità, sia per mezzo della storia, che affronta tematiche forti, come ad esempio l'eutanasia, sia grazie ai suoi protagonisti, ritratti senza tabù, con i loro pregi e soprattutto con i loro difetti.
Un racconto che spinge a riflettere, ma che, purtroppo, coinvolge poco a livello emotivo.


Ultimo libro letto nel 2018: 
♥ Non avrò iniziato l'anno in bellezza, ma l'ho di certo concluso. Il titolo che ha avuto l'onore e l'onere di tenermi compagnia negli ultimi giorni di dicembre è stato "Mr Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina" di Fannie Flagg. Un libro perfetto per le feste, che ritrae un quadretto familiare, in cui la generosità e l'unione fanno da padroni.
Una favola di Natale che scalda il cuore, grazie ai suoi personaggi amabili e tutti da scoprire.


I libri più belli che ho letto quest'anno: 
♥ "L'isola dei giocattoli perduti" di Cynthia Voigt
♥ "Il giardino di mezzanotte" di Philippa Pearce
♥ "Capriole sotto il temporale" di Katherine Rundell
♥ "Un pezzo di terra tutta per me" di Lorenza Zambon
♥ "Wildwitch. Sangue di Viridiana" di Lene Kaaberbøl
♥ "Sal" di Mick Kitson
♥ "La voce della pietra" di Silvio Raffo

Quello della Voigt è un libro perfetto per i bambini, perché ricco di teneri personaggi, piccole avventure e buoni sentimenti, e proprio per questo motivo, ovvero la sua semplicità e dolcezza, mi è rimasto nel cuore.
"Il giardino di mezzanotte" e "Capriole sotto il temporale" sono romanzi che mi hanno fatto sognare e tornare bambina. Ciononostante hanno una vena melanconica e nostalgica che non può che conquistare i lettori di tutte le età.
"Sal" e "Un pezzo di terra tutto per me" mi hanno trasportato nella natura spontanea e incontaminata, facendomi conoscere il suo potere curativo, mentre il terzo capitolo di Wildwitch mi ha coinvolto pienamente a livello emotivo, riuscendo addirittura a farmi immedesimare nel cattivo della storia.
De "La voce della pietra" vi parlerò prossimamente sul blog, per ora posso dirvi che è un libro intenso, scritto splendidamente, e con dei personaggi tutti da scoprire. 


I libri che ho bocciato: 
♥ Ne boccerei solo uno, ovvero "12 giorni a Natale" di Trisha Ashley. Mi aspettavo una storia incentrata sugli affetti, lo spirito natalizio e il calore familiare capace di curare, con il tempo, ogni ferita, ed invece ho trovato una storia che non sta in piedi, con una protagonista odiosa e sempre pronta a giudicare il prossimo, una relazione d'amore che sboccia dal nulla di punto in bianco solo per garantire alle lettrici con gli occhi a cuoricino l'immancabile lieto fine, ed una nidiata di personaggi stereotipati ed insulsi.
Potrei dilungarmi oltre, ma ne ho parlato ampiamente nel gruppo di lettura.


I libri più belli da ammirare: 
Sicuramente gli albi illustrati, ed in particolare: 
♥ "Dove il mare incontra il cielo" dei Fratelli Fan 
♥ "Cyrano" della coppia Taï-Marc Le Than - Rébecca Dautremer
♥ "Giselle" di Charlotte Gastaut
♥ "Il libro delle ore felici di Jacominus Gainsborough", sempre della Dautremer, 
quattro capolavori da avere assolutamente in libreria.
♥ A questi poi aggiungerei i libri illustrati di "Alice nel Paese delle Meraviglie", con disegni ad opera di Helen Oxenbury, e il carinissimo romanzo di Cynthia Voigt, "L'isola dei giocattoli perduti".


La storia più originale: 
♥ Senza dubbio "La voce della pietra" di Silvio Raffo, un libro che, pur rifacendosi ai vecchi romanzi gotici, presenta, proprio grazie all'espediente della pietra messaggera, un taglio davvero personale.
♥ Oltre a questo romanzo vorrei citare anche "La ragazza dei lupi" di Katherine Rundell, che ha per protagonista una giovane selvaggia e la sua battaglia per salvare la mamma e i suoi amici lupi.
♥ Inoltre una menzione d'onore va anche a "Jack Bennet e la chiave di tutte le cose" di Fiore Manni, ed al secondo e terzo capitolo della saga di Wildwitch, ovvero "Wildwitch. Sangue di Viridiana" e "Wildwitch. La vendetta di Kimera", tutti libri che, pur non essendo originali a livello di trama, fanno largo uso della fantasia.


I libri che mi hanno stupito positivamente o che avevo sottovalutato: 
♥ "La voce della pietra"
♥ "Alice nel Paese delle Meraviglie"
♥ "The Sinner"
♥ "Wildwitch. Sangue di Viridiana"
♥ "Wildwitch. La vendetta di Kimera"

Come vi ho detto prima, il libro di Silvio Raffo è uno di quelli che mi ha convinto di più e, inizialmente, non avevo queste grandi aspettative.
Anche quello di Lewis Carroll credevo fosse un po' troppo surreale e confusionario, ed invece l'ho trovato bizzarro, ma piacevolmente fantasioso.
La saga di Wildwitch la sto adorando! Avevo già letto il primo volume e mi era piaciuto, ma dal secondo tomo in poi si nota un grande salto di qualità, una storia più intricata ed intensa.
"The Sinner" ha una grande componente psicologica che impedisce al lettore di staccarsi dalle pagine. Se avete visto la serie tv, sappiate che ha ben poco a che vedere con il romanzo, che è invece decisamente più coinvolgente e spiazzante.


I libri che mi hanno deluso o dai quali mi aspettavo qualcosa di più: 
♥ Al primo posto "12 giorni a Natale" di Trisha Ashley: non pensavo fosse un capolavoro della letteratura ma nemmeno un completo disastro.
♥ Mentre mi aspettavo di più anche da "Room" di Emma Donoghue e da "Il meraviglioso incubo di Natale" di Mauro Santamauro, che ho trovato poco coinvolgenti.
♥ Un caso diverso sono "Miss Alabama e la casa dei sogni" di Fannie Flagg e "Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie. Entrambi mi sono piaciuti, ma non quanto sperassi. In particolare ho trovato quello della Flagg un po' troppo nostalgico e deprimente per i miei gusti.


I libri più noiosi o che ho fatto fatica a portare a termine: 
♥ Qui non mi dilungo: "12 giorni a Natale"... sembrava non finire mai!
♥ Mentre "Tu l'hai detto" di Connie Palmer ho dovuto leggerlo poco per volta a causa della tematica molto forte e, fatemelo dire, anche a causa della voce narrante, l'ipotetico Ted Hughes, estremamente arrogante e vanesio, con cui, ahimè, non è facile simpatizzare.


I libri che mi hanno fatto piangere T-T (dall'emozione):
♥ Piangere nessuno, ma mi si è stretto il cuore nel leggere la terribile tragedia delle due piccole protagoniste di "Sal", il passato turbolento della cattiva Kimera in "Wildwitch. La vendetta di Kimera" e della tenera Nientediniente nel capitolo precedente, ovvero "Wildwitch. Sangue di Viridiana".
♥ Anche il finale di "L'albero delle ossa" e quello de "Il giardino di mezzanotte" mi hanno lasciato una certa tristezza addosso.


La saga più bella e le saghe che ho iniziato: 
♥ Non serve dirvi ancora una volta quanto mi sia piaciuta la saga di Wildwitch, però quest'anno ho iniziato un'altra saga che mi sta coinvolgendo tanto, ovvero quella di "The Lock" di Pierdomenico Baccalario. Sono già al terzo libro, e non vedo l'ora di leggere i capitoli successivi.
Avrei voluto terminare anche la trilogia con protagonista Serafina, scritta da Robert Beatty ma, purtroppo, l'ultimo volume non è stato ancora pubblicato in Italia.
Speriamo per il prossimo anno!


I personaggi che ho più amato: 
♥ Nientediniente di "Wildwitch. Sangue di Viridiana"
♥ Sal e Pepa di "Sal"
♥ Wilhelmina di "Capriole sotto il temporale"
♥ Teddy de "L'isola dei giocattoli perduti"
♥ Hazel di "Miss Alabama e la casa dei sogni"
♥ Jean de "La figlia di Lowrie"


I personaggi che ho più detestato:
♥ Holly Brown e tutta la famiglia Martland de "12 giorni a Natale"
♥ Ted Hughes di "Tu l'hai detto"
♥ Dan Lowrie di "La figlia di Lowrie"


Un personaggio secondario di cui avrei voluto conoscere molto di più: 
♥ Nientediniente di "Wildwitch"
♥ Hazel de "Miss Alabama e la casa dei sogni"


Le coppie più belle:
♥ Sal e Pepa di "Sal"
♥ Kimmie e Maira di "Wildwitch. La vendetta di Kimera"
♥ Wilhelmina e William di "Capriole sotto il temporale"
♥ Wilhelmina e Simon di "Capriole sotto il temporale"
♥ Teddy e Umpa di "L'isola dei giocattoli perduti"
♥ Jean Lowrie e Fergus Derrick di "La figlia di Lowrie"

Coppie di sorelle, genitori e figli o di buoni amici, ad eccezione dell'ultima che, in ogni caso, non rappresenta una coppia convenzionale, in quanto immagine di un amore nato nel tempo, grazie alla stima reciproca, e solo in seguito trasformatosi in qualcosa di più.


Concludo con i buoni propositi per questo 2019:
♥ Finire le saghe iniziate negli scorsi anni
♥ Implementare la mia collezione di libri di Fannie Flagg (ebbene sì, un vecchio obiettivo non ancora completato del tutto)
♥ Leggere tutti i libri di Harry Potter (proposito dello scorso anno, non ancora portato a termine... ci riuscirò stavolta?)
♥ Rileggere i libri della saga di Miss Peregrine già letti, per rinfrescarmi la memoria, ed i due capitoli finali, che non ho neppure sfogliato
♥ Aggiornare regolarmente il profilo Goodreads (anche questo è un vecchio proposito, che sono riuscita a rispettare, ahimè, solo per un breve periodo)


E con questo è tutto, buon anno libroso a tutti!

lunedì 7 gennaio 2019

Monthly Recap... Novembre - Dicembre 2018!



Buon 2019 miei cari avventori,
Avete già iniziato la lista dei vostri buoni propositi per questo nuovo anno? Noi abbiamo messo giù una bozza, ma nel frattempo non manchiamo di dare un'occhiata anche ai mesi appena trascorsi.
Infatti, come vi sarete accorti, abbiamo saltato l'appuntamento di novembre del Monthly Recap. Purtroppo l'inverno ci ha portato, oltre al freddo intenso, anche un raffreddore testardo che sembrava non volerci abbandonare. Capirete che, tutto quello che desideravamo fare era restare rannicchiate sotto le coperte, e non di certo accendere il pc per scrivere il post.
Una volta passati i primi giorni di dicembre, ho pensato di recuperare i due appuntamenti insieme, come sto effettivamente per fare.
Tutto questo lungo preambolo solo per dirvi che, con questo post, ricapitoliamo gli ultimi due mesi del 2018!
Quindi, bando alle ciance, ecco qui le recensioni di novembre. Come sempre, vi ricordo che, nel caso ve ne foste persa qualcuna, basterà cliccare sulla copertina del libro per essere indirizzati alla relativa review. Provate per credere XD 


Le recensioni di novembre
 


Passiamo ora ai libri che ci hanno fatto compagnia.
Per la serie "pochi, ma buoni", le letture non sono state molte ma perlomeno sono state quasi tutte soddisfacenti.

Le letture di novembre

"Alice nel Paese delle Meraviglie" di Lewis Carroll e Helen Oxenbury
"Laurie" di Stephen King
 "Profumo di zucchero" di Kathryn Littlewood

In particolare il romanzo di Lewis Carroll, che non avevo ancora letto, mi ha piacevolmente stupito, forse anche grazie ai graziosissimi disegni della Oxenbury.
"Laurie" si è rivelato inaspettatamente tenero, mentre "Profumo di zucchero" una mezza delusione.
Prima si passare a dicembre, concludiamo con...

Il consiglio del mese è...


"Laurie" di Stephen King 

Chi se lo aspettava dal maestro dell'horror un racconto così delicato e commovente, tutto incentrato sul superamento del lutto e sull'amore che solo gli amici animali sanno dare? 
Beh, noi no, ma siamo rimaste piacevolmente stupite. 
Una storia breve con dei protagonisti che non si può non adorare *-*




Ricapitoliamo ora il mese dedicato al Natale!
Come recensione di dicembre troviamo solo "Peter e Petra" di Astrid Lindgren, a causa del gruppo di lettura che ha monopolizzato, per tutto questo mese, la nostra attenzione e i nostri post >_<
E ora passiamo ai libri che abbiamo letto...

Le letture di dicembre


 "Piccole donne, grandi sogni: Rosa Parks" di Lisbeth Kaiser
 "Peter e Petra" di Astrid Lindgren
"Il libro delle ore felici di Jacominus Gainsborough" di Rébecca Dautremer
 "Mr Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina" di Fannie Flagg
 "12 giorni a Natale" di Trisha Ashley
 "Wonder" di R. J. Palacio


Alcuni bei libri illustrati, che non fanno mai male, un paio di letture natalizie per allietarsi durante le feste, una raccolta e un acclamato bestseller. Con le dovute eccezioni, il bilancio è senz'altro positivo.
Partendo dalle storie natalizie, se con "12 giorni a Natale", ahimè, l'esperienza è stata disastrosa (basta dare uno sguardo alle tappe del gruppo di lettura), devo ammettere invece che con il romanzo di Fannie Flagg ho trovato tutto ciò che speravo di leggere in quello di Trisha Ashley: calore familiare, generosità, spirito natalizio e tanti adorabili personaggi.
"Peter e Petra" racchiude dei racconti molto carini e anche "Wonder" si è rivelata una piacevole, seppur non propriamente allegra, lettura.
E per terminare il consiglio di dicembre!

Il consiglio del mese è...


"Mr Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina" di Fannie Flagg

Un libro tenero e dolce, che ha per protagonista un uomo disilluso e amareggiato, che troverà una nuova vita in un posto remoto nel mondo, ma estremamente ospitale, ed un villaggio piccolo ma pieno di amore e generosità, che non potrà non conquistare i lettori di tutte le età. 



E con questo è tutto, miei cari, ma solo per ora!
A breve, troverete sempre su questi schermi, il nostro #UnAnnoDiLibri2018, non mancate!