martedì 30 giugno 2020

Recensione: “Non chiamarmi strega” di Sabina Colloredo

Titolo:  Non chiamarmi strega
Autore: Sabina Colloredo
Illustrazioni: Fabio Visintin
Editore:  Gallucci
Data di pubblicazione: 13 febbraio 2020
Pagine: 160
Prezzo: 11,70 € (cartaceo) 5,99 € (ebook)

Trama:
Lucetta vive all'ombra della madre, una donna bella, libera e coraggiosa, che cura con le erbe e con la magia. La segue nelle sue fughe dagli Inquisitori, nelle scure foreste e sulle montagne, tra l’Italia e la Germania del Cinquecento, fino a Triora, il rifugio delle streghe. Ma Lucetta, come ogni figlia, cerca la propria strada, il proprio modo di vivere, di amare. Il suo percorso è un distacco, un’avventura unica e senza tempo. L’avventura di crescere.

Recensione:
Il 15 maggio del 1505, in una casetta sulle rive del mare, in un piccolo paesino della Liguria, nasce una bimba il cui destino in parte è già stato scritto. Sua madre Melusina è una guaritrice. Sente la terra, conosce le erbe, le piante, i fiori, le loro proprietà benefiche e non. Sa che la pianta giusta può guarire, quella sbagliata può uccidere.
Quando viene al mondo Lucetta, la sua bambina, Melusina inizia subito, sin dai suoi primi giorni di vita, a trasmetterle tutto il suo sapere, le conoscenze accumulate in tanti anni, in tante vite.
Lucetta trascorre i suoi primi anni in serenità, tra le mura di quella casa che costituisce il suo nido, il suo rifugio sicuro, dove niente potrà nuocerle e farle del male.
La bimba cresce con amore, in un mondo ovattato, tra i profumi delle erbe, degli stufati sempre sul fuoco, degli intrugli prodigiosi, e i suoni rilassanti della natura, il meraviglioso sciabordio del mare, accompagnato dalle costanti litanie cantate a bassa voce, per scacciare gli spiriti maligni.
Lucetta ammira sua madre, la vede bella, allegra, vivace, così diversa dalle altre donne che conosce, sempre così felice di fare del bene e soccorrere chi le chiede aiuto.
Ma un infelice giorno, l'inquisizione, con a capo il monsignore Manenti giunge al villaggio in cerca di una fantomatica strega di cui avrebbe ricevuto voce.
Da qui inizia la fuga di Melusina e Lucetta verso un nuovo luogo dove sentirsi al sicuro, e da qui Lucetta inizia a vedere sua madre, e ciò che fa, in modo completamente diverso.
Gli abitanti del villaggio, che tanto hanno aiutato e a cui hanno prestato soccorso negli anni, ora danno loro la caccia, le chiamano streghe, le vogliono catturare e consegnare alla giustizia.
Perché tanto odio? Perché sono costrette a scappare? E perché sua madre non può essere una mamma normale?
Ed è cosi che la piccola Lucetta a soli cinque anni, spaventata ed intimorita, si troverà a ripudiare tutti gli insegnamenti e le credenze con cui è cresciuta e a prendere una decisione dentro di sé: lei non sarà mai una strega!
Il viaggio che mamma e figlia intraprendono le porterà a Triora, un piccolo villaggio sui monti dove troveranno ad attenderle una vivace comunità di guaritrici che, come loro, vi hanno trovato rifugio.
Qui passeranno gli anni più belli e spensierati della loro vita, in una comune dove non si sentiranno mai delle reiette escluse, ma parte integrante di qualcosa di unico e straordinario.
Qui nasce Erika, secondogenita di Melusina, una bimba dai poteri straordinari e dal grande destino scritto nelle stelle. Lucetta, proverà sin da subito un affetto straordinario e primordiale per la sua sorellina, un sentimento che le aprirà nuovamente il cuore a quella parte selvatica e sensibile che tanto aveva cercato di seppellire.
E, senza volerlo, Lucetta aprirà il cuore anche all'amore...
Ma le cose belle non durano per sempre, e anche Triora non sarà più un luogo sicuro, così le tre saranno nuovamente in cammino, prima verso Roma e poi ancora in Germania.
Un continuo viaggio per sfuggire alle fiamme, una continua fuga per essere libere di essere come la natura le ha create. Donne forti, potenti che cercano il loro posto nel mondo.
Una storia suggestiva e affascinante, che ha il suo fascino nel fumo denso degli infusi, delle pozioni, negli odori delle erbe, nel potere e nella forza della natura, nella luce del fuoco dei sabba, così magici e festosi e allo stesso tempo così inquietanti, ma ha la sua forza nelle sue protagoniste, donne che contano solo su se stesse, donne che non si piegano e che non hanno bisogno di nulla al di fuori di loro stesse.
Un libro che non mi sarei mai stancata di leggere e che mi è spiaciuto chiudere così presto. Avrei voluto conoscere di più della vita delle tre sorelle... mi chiedo: come sono trascorsi quegli anni non raccontati? Cosa è successo nelle loro vite prima di trovarcele, di colpo, ognuna al proprio destino?
Purtroppo con i libri che ti piacciono è sempre così, vorresti non finissero mai.

Considerazioni:
Libri, pozioni, rimedi, medicamenti, infusi, erbe, fiori e pietre.
Le streghe, le guaritrici, le curatrici, in realtà erano, per la maggior parte, donne sapienti, profonde conoscitrici della natura, del corpo umano, e dei movimenti della terra e del cosmo.
Donne dotate di una particolare sensibilità, e che tramite essa entravano in simbiosi con la natura e con tutto ciò che le circondava.
La magia, in fondo, non è tutta intorno a noi?
Basta guardare al di là del proprio naso, concentrarsi su ciò che sta fuori, anziché volgere l’attenzione perennemente su se stessi, per accorgersi che ne siamo circondati, che magari quella che definiamo natura, il normale susseguirsi delle cose, potrebbe benissimo definirsi incanto, o sortilegio.
Se avete letto “Il giardino segreto”, saprete che il piccolo Colin, voleva studiare l’argomento e scrivere un trattato a riguardo.
Per lui un bocciolo che spunta dalla terra, dopo un giorno di temporale e pioggia, è vera e propria magia. E come dargli torto?
Per quanto mi riguarda sono sempre stata affascinata dal tema, e da queste figure femminili che, nella storia, hanno padroneggiato le arti, e sono state regine del mondo selvatico.
Un sapere tramandato di generazione in generazione, di bocca in bocca, di madre in figlia: gesti, formule e grandi piccoli segreti.
“Non chiamarmi strega” di Sabina Colloredo, è un romanzo in cui protagoniste sono quelle che un tempo venivano, in modo denigratorio, definite streghe, ma erano principalmente donne che avevano un forte legame con la terra.
Come è ovvio in questi casi, il libro affronta anche il tema del pregiudizio, della paura che lambisce chi ignora e che porta quindi a perseguitare il diverso.
Anche la paura è in effetti un potente incantesimo. Non permette di ragionare con lucidità, è guidata dall'ignoranza e porta, come diretta conseguenza, alla cattiveria.
Una sorte che ha costretto, nei secoli, le guaritrici a nascondersi e alla fuga, proprio come Melusina e le sue figlie hanno dovuto fare, ma una sorte a cui tutt'oggi va incontro chiunque non rientri perfettamente nei canoni che impone la nostra società.
Due sono i modi in cui reagire a tutto questo: nascondersi per timore o mostrarsi al mondo con orgoglio.

Melusina è una donna forte, sfrontata, fiera di sé e delle proprie doti, la si ama e la si odia, a seconda dei momenti.
Il legame più prezioso che sente è quello con la natura ed il cosmo, esso precede anche quello che la lega alle sue stesse figlie, il che è strano da leggere, spesso appare insensibile, aspra, persino cattiva.
Le sue convinzioni sono radicate e radicali, non necessariamente vere in modo universale, ma basate sul suo vissuto.
Non stima gli uomini, non dà loro importanza, quasi pare detestarli e sicuramente non desidera averne uno al suo fianco.
Le sue scelte sono figlie di un passato che non ci viene mai raccontato, e tramanda anche queste alle sue figlie, insegna loro i suoi pregiudizi, alla stregua del metodo giusto per curare una congiuntivite o un dolore di stomaco.
Ma non sono solo i suoi sentimenti verso gli uomini ad essere così duri e inflessibili.
Melusina pare essere sempre lievemente anaffettiva, sembra apprezzare le sue figlie in proporzione al potere che esse hanno ereditato. 
È fiera di Erika perché diventerà una grande Dama, un faro di luce per  le donne come loro. Con Lucetta mostra una speranza, e per un po' di anni spera di modellarla, come argilla nelle sue mani, a sua immagine e somiglianza. Per Serafina, la figlia minore, mostra una decisa noncuranza. Sa che non ha ereditato alcun potere e per questo non le presterà mai grande attenzione.
È stato un po' triste e deludente scoprire la sua vera natura.
Melusina non è cattiva, ma non è neanche sensibile come ci si aspetterebbe da qualcuno che vota la sua esistenza a fare del bene al prossimo.
In effetti, non cura le persone perché sente forte il desiderio di guarirle e farle stare bene, lo fa soprattutto per mettere in mostra le sue doti, per far vedere a tutti quanto è capace, quanto è brava e preziosa.
Si mette volutamente in mostra e facendolo mette più volte a rischio la sua vita e quella delle sue figlie.
È stato desolante anche vedere come cambia negli anni il suo rapporto con Lucetta.
Nei primi capitoli è molto carino vederle insieme, leggere di loro e della loro vita così peculiare, in perfetta simbiosi con la natura.
È bello e gratificante leggere di una donna forte che sa crescere una figlia nell'indipendenza, ma sempre con affetto, amore e tenerezza.
Le cose, però, cambiano drasticamente quando le due sono costrette alla prima delle loro numerose fughe, e quindi a lasciare la confortevole casetta sulla spiaggia per dirigersi verso Triora.
Con quella prima fuga madre e figlia si lasciano il futuro sereno e placido alle spalle, e Melusina sembra abbandonare in quella casina anche tutta la tenerezza e l'affetto materno che aveva reso così dolci e speciali i momenti in cui si leggeva del rapporto madre/figlia.
Successivamente a questo, di quel rapporto non resteranno che alcuni scampoli rubati alla notte. 
Alla luce del giorno le due sembreranno sempre due gatte in eterna lotta, un'eterna sfida per primeggiare sull'altra, per imporre la propria visione della vita.
Questa è stata l'unica cosa che mi piacerebbe aver potuto cambiare della storia.
Avrei voluto che il loro rapporto fosse rimasto conflittuale sì, ma dolce come lo era in principio.
Anche Lucetta tuttavia non è da meno, mostra da subito, sin da piccola, un'ostinazione pari a quella di sua madre.
Scoprire che la loro vita le metterà sempre in pericolo e che saranno sempre costrette a nascondersi e alla fuga, la spaventa così tanto che decide di ripudiare la sua stessa natura.
Lei non vuole diventare una strega, e per un po' di anni, se ne convince così tanto da crederci davvero.
Abbandona la strada tracciata da sua madre, e con gli anni è sempre più evidente quanto lo faccia più per sfida e per dispetto che perché realmente convinta di quella decisione.
Tuttavia, evadere dalla propria natura risulta la fuga più difficile, più che scampare alle fiamme dei roghi.
Lucetta trova la sua strada, percorre i suoi passi, raggiunge le sue conquiste, lasciando per la strada qualche rimpianto. E come chiunque ha ancora qualche sogno, qualche desiderio da esaudire che sussurra alle stelle e regala al vento.
Come fa lei a fine libro, quando tira le somme della sua esistenza, anch'io, prima di chiuderlo, ho ripercorso nei ricordi le emozioni che il romanzo mi ha regalato. Ho ripensato alla strada percorsa, ai luoghi visitati e abbandonati, ai personaggi a cui mi sono affezionata, a quelli che ci hanno abbandonato troppo presto, e ai perché e per come che non hanno trovato risposta.
Vite intere, vite affascinanti, rinchiuse in un libro, forse troppo breve.

Ringrazio Gallucci Editore per avermi omaggiato di una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

venerdì 26 giugno 2020

Estratto: "Oceano mare" di Alessandro Baricco

Salve avventori!
Oggi vi propongo un passo del libro "Oceano mare" di Alessandro Baricco, uno dei tanti romanzi che mi ha fatto compagnia durante la scorsa estate. Se c'è una cosa che mi è mancata durante il lockdown, si tratta senza dubbio della possibilità di passeggiare tranquillamente in riva al mare. Quindi, se come me, ne avete sentito la mancanza, questo romanzo è ciò che fa per voi. Il mare ne è il grande protagonista, oltre che la perfetta cornice, e qui è descritto in tutte le sue forme, e ad ogni ora del giorno e della notte.
Devo dire che per quanto riguarda l'estratto di questo libro, avevo l'imbarazzo della scelta: ho sottolineato (doverosamente in formato ebook) così tante frasi, che sceglierne solo una, non è stato semplice.
Alla fine ho optato per questa delicata lettera d'amore di Ann Deverià, indirizzata al suo amato André.
In questa scena la donna descrive l'effetto benefico che la locanda Almayer sta avendo su di lei, cancellando qualsiasi aspettativa sul futuro e permettendole di godersi il presente senza rimpianti o sensi di colpa.
Buona lettura!

«Ho ricevuto le tue lettere, e non è stato facile leggerle. Si riaprono con dolore le ferite del ricordo. Se io avessi continuato, qui, a desiderarti e ad aspettarti, quelle lettere sarebbero state abbagliante felicità. Ma questo è un posto strano. La realtà sfuma e tutto diventa memoria. Perfino tu, a poco a poco, hai cessato di essere un desiderio e sei diventato un ricordo. Mi sono arrivate le tue lettere come messaggi sopravvissuti a un mondo che non esiste più. 
Io ti ho amato, André, e non saprei immaginare come si possa amare di più. Avevo una vita, che mi rendeva felice, e ho lasciato che andasse in pezzi pur di stare con te. Non ti ho amato per noia, o per solitudine, o per capriccio. Ti ho amato perché il desiderio di te era più forte di qualsiasi felicità. E lo sapevo che poi la vita non è abbastanza grande per tenere insieme tutto quello che riesce a immaginarsi il desiderio. Ma non ho cercato di fermarmi, né di fermarti. Sapevo che lo avrebbe fatto lei. E lo ha fatto. É scoppiata tutto d’un colpo. C’erano cocci ovunque, e tagliavano come lame. 
É un modo di perdere tutto, per tutto trovare. 
Se riesci a capire tutto questo, mi crederai quando ti dico che mi è impossibile pensare al futuro. Il futuro è un’idea che si è staccata da me. Non è importante. Non significa più nulla. Non ho più occhi per vederlo. Ne parli così spesso, nelle tue lettere. Io faccio fatica a ricordarmi cosa vuol dire. Futuro. Il mio, è già tutto qui, e adesso. Il mio sarà la quiete di un tempo immobile, che collezionerà istanti da posare uno sull’altro, come se fossero uno solo. Da qui alla mia morte, ci sarà quell’istante, e basta. 
Io non ti seguirò, André. Non mi ricostruirò nessuna vita, perché ho appena imparato ad esser la dimora di quella che è stata la mia. E mi piace. Non voglio altro. Le capisco, le tue isole lontane, e capisco i tuoi sogni, i tuoi progetti. Ma non esiste più una strada che mi potrebbe portare laggiù. E non potrai inventarla tu, per me, su una terra che non c’è. 
Perdonami, mio amato amore, ma non sarà mio, il tuo futuro. 
C’è un uomo, in questa locanda, che ha un buffo nome e studia dove finisce il mare. In questi giorni, mentre ti aspettavo, gli ho raccontato di noi e di come avessi. paura del tuo arrivo e insieme voglia che tu arrivassi. É un uomo buono e paziente. Mi stava ad ascoltare. E un giorno mi ha detto: “Scrivetegli”. 
Lui dice che scrivere a qualcuno è l’unico modo di aspettarlo senza farsi del male. E io ti ho scritto. Tutto quello che ho dentro di me l’ho messo in questa lettera. 
Lui dice, l’uomo col nome buffo, che tu capirai. Dice che la leggerai, poi uscirai sulla spiaggia e camminando sulla riva del mare ripenserai a tutto, e capirai. Durerà un’ora o un giorno, non importa. Ma alla fine tornerai alla locanda. Lui dice che salirai le scale, aprirai la mia porta e senza dirmi nulla mi prenderai fra le braccia e mi bacerai. 
Lo so che sembra sciocco. Ma mi piacerebbe succedesse davvero. È un bel modo di perdersi, perdersi uno nelle braccia dell’altra. 
Niente potrà rubarmi il ricordo di quando, con tutta me stessa, ero la tua Ann»

mercoledì 17 giugno 2020

Recensione: "La casa delle voci” di Donato Carrisi

Titolo:  La casa delle voci
Autore: Donato Carrisi
Editore:  Longanesi
Data di pubblicazione: 2 dicembre 2019
Pagine: 400
Prezzo: 20,90 € (cartaceo) 12,99 € (ebook)

Trama:
Gli estranei sono il pericolo. Fidati soltanto di mamma e papà.
Pietro Gerber non è uno psicologo come gli altri. La sua specializzazione è l’ipnosi e i suoi pazienti hanno una cosa in comune: sono bambini. Spesso traumatizzati, segnati da eventi drammatici o in possesso di informazioni importanti sepolte nella loro fragile memoria, di cui polizia e magistrati si servono per le indagini.
Pietro è il migliore di tutta Firenze, dove è conosciuto come l’addormentatore di bambini. Ma quando riceve una telefonata dall'altro capo del mondo da parte di una collega australiana che gli raccomanda una paziente, Pietro reagisce con perplessità e diffidenza. Perché Hanna Hall è un'adulta. Hanna è tormentata da un ricordo vivido, ma che potrebbe non essere reale: un omicidio.
E per capire se quel frammento di memoria corrisponde alla verità o è un’illusione, ha disperato bisogno di Pietro Gerber. 
Hanna è un’adulta oggi, ma quel ricordo risale alla sua infanzia. E Pietro dovrà aiutarla a far riemergere la bambina che è ancora dentro di lei. Una bambina dai molti nomi, tenuta sempre lontana dagli estranei e che, con la sua famiglia, viveva felice in un luogo incantato: la «casa delle voci». Quella bambina, a dieci anni, ha assistito a un omicidio. O forse non lo ha semplicemente visto. Forse l’assassina è proprio lei.

Recensione:
Quanto è difficile recensire un libro come questo!
Non si sa mai da dove cominciare, cosa dire o non dire, perché anche quando si crede di dire poco, si è già detto troppo.
Prima di iniziare a scrivere questa recensione, ho riletto la trama che viene affiancata al libro, lo avevo già fatto qualche mese prima di iniziare a leggerlo, e fortunatamente l’avevo anche rimossa.
Come sono fuorvianti certe volte!
Di solito evito di leggerle prima di iniziare la lettura, spesso sono piene zeppe di spoiler!
Questa volta no, non è così, ma ammetto che fa sembrare il libro molto meno allettante di quanto non lo sia in realtà.
“La casa delle voci” non è solo un thriller, ed è questo che lo rende così appassionante e originale. Comprende in sé diversi generi, thriller, mistery e paranormale e fino alla fine non si ha idea verso quale delle strade verterà la rivelazione finale.
Protagonista del romanzo è lo psicologo infantile e ipnotista “addormentatore di bambini” Pietro Gerber, ma non è con lui che inizia il romanzo.
E’ la notte del 23 febbraio e siamo con la piccola Hanna Hall, nella “Casa delle voci”, quando, nel bel mezzo della notte, la bimba sente bisbigliare il suo nome.
Un nome che sceglie e cambia ogni volta che, con la mamma e il papà, è costretta a scappare, ad andare via, e cercare un’altra casa delle voci, un nuovo rifugio, che li terrà lontani e nascosti da quegli “estranei” che, da che ne ha memoria, danno loro la caccia.
Appena la piccola, dieci anni compiuti solo la sera prima, sente pronunciare il suo nome, balza in allerta, e il piano per l’evasione scatta immediato.
Avverte la mamma e il papà del pericolo e insieme cercano di sfuggirgli per l’ennesima volta.
Biancaneve, così ha scelto di chiamarsi Hanna questa volta, conosce bene le 5 regole, ed è certa di non averne infranta nessuna. Allora come mai qualcuno sa il suo nome?

Regola numero 5 “se un estraneo ti chiama per nome, scappa”
Regola numero 4 “non avvicinarti mai agli estranei e non lasciarti avvicinare da loro”
Regola numero 3 “non dire mai il tuo nome agli estranei”
Regola numero 2 “gli estranei sono il pericolo”
Regola numero 1 “fidati soltanto di mamma e papà”

In quella notte molte cose andranno perdute, distrutte da un fuoco che spazzerà via ogni cosa. 
Una famiglia, il suo futuro e i misteri che la tenevano in piedi. Un futuro legato a quelle regole che l’hanno salvata o condannata per anni.
Nel capitolo successivo siamo catapultati in un’altra realtà, ambientata diversi anni dopo quella notte.
Ed è qui che facciamo la conoscenza di Pietro Gerber, il famoso psicologo infantile fiorentino che sta lavorando all’ultimo dei suoi casi: Emilian, un bambino di origini bielorusse, recentemente adottato da una famiglia italiana, sta manifestando un sospettoso disagio.
È al termine della sua ultima seduta che Gerber riceverà la telefonata che cambierà tutta la sua esistenza.
Theresa Walker, una collega australiana, lo contatta da Adelaide, per passargli un caso di cui si è occupata solo per poco tempo.
Ed è così che le vite di Pietro Gerber e Hanna Hall vengono ad incontrarsi.
Dottore e paziente e una serie di interrogativi a cui trovare risposta.
Hanna non è una paziente come gli altri per Gerber, e non solo perché ha superato da circa vent'anni l’età con cui lo psicologo è solito confrontarsi.
Hanna Hall ha qualcosa di strano e particolare, qualcosa che la rende diversa da chiunque, qualcosa che lo psicologo non sa spiegare e che lo spaventa.
Hanna parla di spiriti, di voci e presenze che riuscirebbe a percepire e, in effetti, nel corso delle sue sedute, dimostra sempre più spesso di conoscere dettagli, anche sullo stesso Gerber, che nessuno avrebbe potuto rivelarle.
Hanna è davvero speciale come dice di essere?
Ma la donna non è lì per questo, non ha bisogno delle sedute per avere risposte sulle sue fantomatiche doti paranormali, lei vuole risposte sul suo passato. Risposte di cui non ha memoria, che sono svanite in lei in quella famosa notte dell’incendio.
Hanna, così è scaturito dalla seduta con la Walker, da bambina avrebbe ucciso Ado, il suo fratellino, ma non rammenta come, né il perché.
Le sedute ipnotiche dovranno rispondere a questa e anche ad altre numerose domande, ma con l’andare avanti dei giorni, gli interrogativi di Gerber si sposteranno su ben altri fronti.
La storia che Hanna gli racconta è vera?
Ado è esistito davvero?
La donna lo sta solo manipolando per un qualche gioco perverso?
Il lavoro con lei, inoltre, riporterà a galla anche un segreto del passato dell’uomo, che per anni ha cercato di dimenticare.
Un intreccio di storie e vite che si attorciglierà in maglie sempre più strette con il proseguire delle pagine. Una narrazione avvincente e una protagonista, Hanna Hall, carismatica e coinvolgente che cattura l’attenzione su di sé e sulla sua storia, da cui è davvero difficile staccarsi. Anche a libro chiuso mi sono trovata spesso a fare ipotesi, teorie, a immaginare quale potesse essere la verità che si celava dietro l’enigmatico, misterioso e affascinante passato di Hanna.

E se Carrisi ha studiato l’immagine perfetta della protagonista problematica, ma che pare, a tutti gli effetti genuina e sinceramente convinta di ciò che racconta, non si può dire che la stessa opera gli sia riuscita con il famoso psicologo infantile Pietro Gerber.
L’uomo, che ci viene inizialmente descritto come uno dei più capaci nel suo campo, si rivela invece essere completamente inadeguato nello svolgere il suo mestiere.
Non comprendo come questa cosa possa essere voluta, e perché lo scrittore scelga di presentarci l’immagine di un uomo tanto volubile, suggestionabile e suscettibile.
Gerber, nonostante la competenza e l’esperienza sul campo - ricordiamo che i suoi pazienti sono i bambini, e proprio per questo dovrebbe essere abituato ad ascoltare le peggiori atrocità - si dimostra, invece, decisamente ipersensibile ed emotivo nel confrontarsi con una persona adulta.
Nonostante la debolezza del suo personaggio, che ho trovato a tutti gli effetti poco credibile, il romanzo ha una forza che prescinde da lui, perché la sua forza sta nella storia, in Hanna, nel suo passato - che ci racconta durante le ipnosi - e nel suo presente, di cui ci lascia intuire ben poco.
Un romanzo che mi ha coinvolta e catturata, un intreccio ben costruito tra passato e presente, reale e paranormale, verità e menzogne.
Questo è il primo romanzo di Carrisi che leggo ma, sicuramente, non sarà l’ultimo.

Considerazioni:
Per un bambino la famiglia è il posto più sicuro della terra. Oppure il più pericoloso.
Questo Pietro Gerber lo sa bene, lavora con i bambini da tantissimi anni, come suo padre, il Signor Baloo, prima di lui, e il rischio del mestiere è quello di essere costretto ad ascoltare i traumi dei suoi piccoli pazienti e, ciò che è ancora peggiore, gli eventi spesso terribili, che li hanno causati.
Da un esperto del genere, noto nel suo campo come uno tra i più bravi, ci si aspetterebbe competenza, razionalità, sensibilità ma controllo delle proprie emozioni.
Invece a Pietro Gerber basta poco, uno sguardo ambiguo, un suono indistinto, una parola strana, un ricordo inspiegabile, per cadere vittima delle emozioni.
Già da quando riceve la telefonata della collega australiana, Theresa Walker, che inaspettatamente gli passa un suo caso, lui va in crisi.
Una paziente adulta, un evento a cui non era psicologicamente preparato.
Quando poi la incontra, le cose vanno anche peggio.
Ogni frase della donna lo spinge a porsi interrogativi, mettersi in dubbio, e gli basta una semplice domanda per fargli perdere qualsiasi razionalità.
Hanna, durante una seduta, chiede allo psicologo se anche lui da bambino, prima di andare a dormire, chiedesse ai genitori di guardare sotto al letto per rassicurarlo dell’assenza di mostri che avrebbero potuto fargli del male.
Be’ non ci crederete ma basta questo per spingere Gerber, una volta tornato a casa, a guardare con vera apprensione sotto al letto del suo bambino.
Questo, signori miei, è uno psicologo infantile di fama mondiale!
Ma non è solo questo. Dal punto di vista professionale la figura di Pietro è traballante su molteplici aspetti.
Sono spesso gli altri, la moglie, la collega Theresa Walker, la stessa Hanna, ad indirizzarlo sul da farsi, a indicargli la strada, a suggerirgli le mosse del suo lavoro, in cui lui pare sempre procedere a tentoni.
Molto credibile invece è Hanna. Per quanto la sua figura possa essere misteriosa e nebbiosa, per quanto ciò che ci racconta possa essere considerato strano, folle o insensato, lei resta una voce assolutamente credibile, ipnotica e affascinante.
Il suo passato, la sua storia, l’infanzia, ormai perduta, trascorsa nelle innumerevoli case delle voci, e le altrettanto innumerevoli identità che ha dovuto cambiare, sono l’anima di questo romanzo.
Una storia indimenticabile la sua, una famiglia a cui mi sono subito affezionata, con tutti i suoi misteri: gli estranei, la vedova viola, la bambina con il vestito con le api, Ado, Azzurro, i Tetti Rossi, i viaggi e i trasferimenti con la piccola cassa di legno costantemente al seguito, e quelle cinque regole da rispettare sempre.
Hanna racconta un mondo che, quasi fino alla fine, non capiamo se essere reale o solo il frutto che la sua immaginazione ha partorito, la forma bizzarra che ha dato ai suoi ricordi per superare un trauma difficile da comprendere per una bambina.
E poi la rivelazione finale... spesso anche nei thriller più belli e avvincenti, quando arriva il momento delle spiegazioni, c’è quasi sempre qualcosa che non va, che non convince, i chiarimenti sembrano forzati, alcuni passaggi strani e incomprensibili, qui invece no.
La cosa che ho apprezzato, infatti, è che un po’ di pagine prima della conclusione sono, per sommi capi, riuscita a venire a capo del mistero, e le spiegazioni finali mi hanno pienamente soddisfatta.
Certo, a Pietro Gerber non affiderei neanche mezzo caso, ma gli altri libri di Carrisi, quelli li leggerò più che volentieri.

il mio voto per questo libro

martedì 9 giugno 2020

Recensione: "L’orso Paddington" di Michael Bond

Titolo: L’orso Paddington
Autore: Michael Bond
Illustratore: Peggy Fortnum
Editore:  Mondadori
Data di pubblicazione: 25 luglio 2019
Pagine: 144
Prezzo: 9,00 € (cartaceo) 4,99 € (ebook)

Trama:
Panini con marmellata d'arance e cioccolato. Questo piace all'orso di pezza che i signori Brown hanno incontrato alla stazione londinese di Paddington. Lo hanno trovato seduto vicino a una vecchia valigia di cuoio con un cappellaccio in testa e un cartello al collo con la scritta: «Per piacere, abbiate cura di quest'orso. Grazie.»
Da allora la vita della famiglia Brown non è più la stessa. Infatti, per quanto "ben educato", Paddington è quel tipo d'orso che ha la spiccata capacità di combinare pasticci e ficcarsi sempre nei guai!

Recensione:
Le avventure dell’orso Paddington non sono nate come un libro, Michael Bond, un mattino, per passare il tempo, iniziò a battere a macchina un paragrafo di una storia con protagonista un orsetto, traendo ispirazione da un peluche di stoffa che aveva sulla mensola del camino.
Un paragrafo tirava l’altro e così a fine giornata si rese conto di aver un vero e proprio libro fra le mani.
E non c’è da stupirsi che da allora la storia di questo orsetto di pezza, sbarcato come clandestino a Londra, dopo aver compiuto un lunghissimo viaggio in mare dal Misterioso Perù, abbia conquistato i lettori di tutto il modo, grandi e piccini.
Paddington con i suoi numerosissimi pregi e i piccoli, ingombranti difetti, è irresistibile.
L’orsetto si trova alla stazione di Londra tutto solo e desolato, probabilmente pensando alla zia Lucy con la quale è cresciuto e che ha dovuto lasciare, quando i signori Brown, Henry e Mary lo trovano e decidono di prenderlo con sé.
Sono loro a dargli il nome “Paddington” prendendo spunto dalla stazione in cui l’hanno trovato.
Per la famiglia Brown, Paddington diverrà presto una presenza indispensabile, i ragazzi Jonathan e Judy, e persino la governante, la petulante ma bonaria signora Bird, arriveranno a chiedersi come fosse la loro vita prima che l’orsetto entrasse a farvi parte.
Proprio così, perché tra un pasticcio e l’altro, il simpatico ed educato orsetto, che non riesce a stare un minuto senza imbrattarsi dalla testa ai piedi di marmellata d’arance, o combinare qualche pastrocchio, diventerà, a tutti gli effetti, un membro della famiglia.
In questo primo libro, dove ha inizio la sua storia, assistiamo alla prima serie di avventure, disavventure e disastri, che lo vedranno coinvolto.
Lo accompagniamo a fare compere al centro commerciale, dove acquisterà il suo iconico montgomery blu; a teatro dove si improvviserà suggeritore di battute; al mare alle prese con una gara di castelli di sabbia... e così via.
Ma con la sua simpatia, il suo animo buono, e la sua ingenuità, l’orsetto riuscirà sempre a cadere in piedi, fatta eccezione per qualche effettivo capitombolo... in senso letterale XD
Le avventure di Paddington sono divertenti e godibili a tutte le età, finirete questo primo libro volendone leggerne ancora e probabilmente desiderando, come ho fatto io, di scattarvi una foto con la sua statua a grandezza naturale posizionata, in suo onore, nella stazione omonima, e volendo acquistare la sua tenerissima riproduzione in orsetto di peluche *-*

il mio voto per questo libro

domenica 7 giugno 2020

Recensione: "La baia" di Kate Rhodes

Titolo: La baia
Titolo originale: Hell Bay
Autore: Kate Rhodes
Editore:  La Corte Editore
Data di pubblicazione: 25 luglio 2019
Pagine: 335
Prezzo: 18,90 €


Trama:
Dopo dieci anni trascorsi a Londra nella squadra omicidi, il detective Ben Kitto decide di dare le proprie dimissioni: la sua partner, Clare, è morta e lui non riesce a darsi pace per non essere riuscito a salvarla. 
Sceglie così di rifugiarsi sull’isola di Bryher, dove è nato e cresciuto. Si tratta della più piccola isola abitata dell’arcipelago delle Scilly, a largo della Cornovaglia. Ha appena novantotto abitanti, che per la maggior parte si mantengono con la pesca, la costruzione di barche o il turismo estivo lavorando al pub o nell’unico hotel. 
Anche Ben vorrebbe dedicarsi, insieme allo zio Ray, al lavoro nel cantiere navale, per dimenticarsi in fretta del suo passato. Quello che non sa è che i suoi piani verranno totalmente stravolti quando il corpo della sedicenne Laura Trescothick viene trovato sulla spiaggia di Hell Bay. 
Il suo aggressore si trova sicuramente ancora sull'isola dato che nessun traghetto ha potuto navigare a causa di una tempesta che dura da giorni. Tutti sull'isola sono sospettati. Segreti oscuri stanno per riaffiorare. E l'assassino potrebbe colpire di nuovo, in qualsiasi momento.

Recensione:
Una piccola isola al largo della Cornovaglia fa da teatro ad un avvincente thriller che vede come protagonisti un agente della polizia in crisi; una vivace ragazza, uccisa proprio mentre era sul punto di spiccare il volo; e uno scaltro assassino che si aggira indisturbato, mescolandosi al resto degli abitanti.
Tutto ha inizio una mattina presto. Il detective Ben Kitto è da poco tornato nella sua terra natale per superare un lutto improvviso, ma soprattutto per capire se sia il caso di mettere fine una volta per tutte alla carriera nella polizia, quando giunge a lui la notizia della scomparsa della giovane e affascinante Laura Trescothick, figlia di due popolari ex compagni del liceo. La sedicenne, che sognava di abbandonare la piccola Bryher alla fine dell'estate, viene ritrovata esanime sulla spiaggia di Hell Bay, con evidenti lesioni riconducibili ad una pugnalata.
Ma chi poteva voler tanto male a quella ragazza al punto da ucciderla così brutalmente? Chi desiderava porre fine alle sue speranze, ai sogni di gloria, alla spensieratezza dei suoi giovani anni?
Il nostro protagonista, nonostante i dubbi che aleggiano sul suo futuro, si rende conto dell'importanza di scovare il colpevole il più tempestivamente possibile, ed inizia sin da subito ad interrogare i suoi ritrovati concittadini, per verificare gli alibi ed individuare gli eventuali passi falsi. Da una parte c'è l'amico di infanzia, il professore di un tempo, la confidente fidata, lo zio solitario, l'artista estroso, dall'altra tutti gli ipotetici sospettati di un efferato omicidio, i potenziali mostri travestiti da agnelli.
Ben Kitto quindi riveste un duplice ruolo in questo romanzo in quanto è sia il soggetto incaricato delle operazioni, colui che deve risolvere il mistero, ma è anche il figliol prodigo tornato all'ovile, quello che conosce da sempre gli isolani e che fatica ad immaginarli come dei sanguinari aguzzini.
Il contrasto, come immaginerete, risulta interessante proprio perché permette a noi lettori di calarci ancora di più nei panni dell'investigatore, che mai avrebbe pensato che la sua piccola oasi di pace potesse diventare teatro di tanto orrore.
Per quanto riguarda il ritmo, devo dire che parte un po' lento per diventare progressivamente più serrato, come è ovvio che sia. Infatti, se in principio tutti gli attori in scena sono additati come possibili/probabili colpevoli, senza distinzioni, con il prosieguo delle indagini si assiste ad una scrematura, sebbene parziale. Chi legge, fino alla fine, non ha mai la certezza su chi sia davvero l'assassino, tuttavia da un certo punto in poi i sospetti cominciano a circolare attorno a pochi sospettati, quelli con un determinato movente (tra cui l'effettivo responsabile).
Man mano che si va avanti si scoprono nuovi dettagli sui vari personaggi, e dietro la facciata perfetta, iniziano a venir fuori le debolezze, le crepe, gli errori commessi e nascostamente sepolti. 
La ridente cittadina è meno amichevole di quanto si pensi. Oltre ai negozietti caratteristici, le barche da pesca, i sentieri campestri, le gite al mare e le passeggiate sulla spiaggia, c'è molto altro: storie di violenza domestica, traffici di droga, truffe e ricatti. Tutti hanno dei segreti inconfessabili che rischiano di essere portati a galla, tutti hanno qualcosa da nascondere o da proteggere, o perlomeno qualcosa da perdere. L'indagine, indipendentemente dall'epilogo finale, porterà alla luce la vera anima dell'isola, quella che affiora solo dopo aver raschiato a lungo la patina bianca di perfezione e spensieratezza.
Ovviamente, oltre alla personalità dei vari indagati, l'autrice pone molta attenzione anche alle emozioni del protagonista, sia nell'analisi del suo dramma passato (la morte dell'adorata collega ed il conseguente senso di colpa), sia nelle nuove questioni di cuore che lo terranno impegnato a Bryher. 
Ebbene sì, in questo libro c'è anche spazio per una storia d'amore, o per dirla meglio, per l'inizio di una relazione. Personalmente la scelta di contaminare con il romance, anche se solo in minima parte, non mi ha convinta del tutto, tuttavia immagino che tanti altri, al contrario mio, potranno apprezzare questo punto di vista più sentimentale e meno asettico.
Per il resto, come dicevo, la trama è ben congegnata, non rivela troppo e troppo presto, ma accompagna gradualmente il lettore verso la verità. Per alcuni particolari ricorda vagamente "La verità sul caso Harry Quebert" (l'età e la personalità della vittima, l'amicizia di questa con un'artista e il suo ruolo di musa ispiratrice, il rapporto conflittuale con i genitori, la piccola cittadina ricca di segreti), tuttavia, al contrario dell'opera di Joël Dicker, qui non si parte da un principale indiziato, ed il punto di vista prescelto è quello classico, quello che vede la scena con gli occhi di chi cura le indagini.
Ciò che invece contraddistingue "La baia" da molti altri libri del genere, ciò che rende quindi questa lettura speciale e particolarmente intensa e coinvolgente, è invece l'ambientazione. L'isola offre un'atmosfera da sogno che, al calare delle tenebre, si tramuta in un incubo ad occhi aperti. Onde che si infrangono sulle scogliere acuminate, marea che si alza e si abbassa di ora in ora, venti impetuosi, e sentieri ricchi di rovi, ma anche albe splendenti, tramonti rifulgenti e distese di sabbia immacolata. Un misto di calma apparente ma anche di tempesta in agguato, un turbinio di emozioni che rispecchiano in tutto e per tutto sia la realtà sfaccettata e misteriosa che è Bryher, sia la trama delittuosa e violenta che si snoda nelle pagine.

Ringrazio La Corte Editore per avermi fornito una copia cartacea di questo romanzo

il mio voto per questo libro