lunedì 26 novembre 2018

Recensione: "L'albero delle ossa" di Kim Ventrella

Titolo: L'albero delle ossa
Titolo originale: Skeleton Tree
Autore: Kim Ventrella
Editore: Il Castoro
Data di pubblicazione: marzo 2018
Pagine: 256
Prezzo: 13,50 € 

Trama:
Quando Stanly trova un osso in giardino, non potrebbe essere più felice. È una scoperta sensazionale, che gli farà vincere di sicuro un importante concorso fotografico per giovani archeologi. 
Certo, trovare un osso in giardino è piuttosto strano. Ancora più strano è il fatto che l'osso cresca e in pochi giorni diventi uno scheletro intero, capace di saltare fuori dal terreno, ballare e fare numeri buffi.
Mentre Stanly è dubbioso, la sua sorellina, Miren, è contentissima di avere uno scheletro per amico, e i due diventano presto inseparabili. Soprattutto quando la salute di Miren comincia a peggiorare, e il suo amico speciale è l'unico che riesca a farla stare meglio. 
Stanly ha paura, e farebbe qualsiasi cosa per allontanarlo dalla sorella, ma lo scheletro è lì per un motivo, e forse è arrivato il momento di comprendere quale. 

Recensione:
Kim Ventrella, con questo libro, ci racconta una storia alquanto bizzarra che ha per protagonista un giovane appassionato di videogiochi, Stanly, la sua vivace sorellina, Miren, ed uno scheletro che cresce in giardino, quasi fosse un albero.
Ovviamente Stanly in un primo momento non sa come reagire di fronte a questo evento straordinario, poi venuto a conoscenza di un concorso fotografico per archeologi in erba, capisce che quella strana cosa che cresce dinnanzi casa rappresenta in realtà la sua grande occasione!
Fotograferà lo scheletro, diverrà famoso, convincerà suo padre a partire con lui per il viaggio premio e, successivamente, a fare ritorno a casa. Riavrà così la sua famiglia unita, proprio come prima.
Tuttavia le cose non vanno come lui aveva sperato: in primo luogo perché lo scheletro non ama essere immortalato, ma anche perché ha un comportamento non ben decifrabile. 
Ebbene sì perché la singolare creatura, oltre a crescere giorno per giorno e diventare sempre più forte e libera di muoversi, pare aver instaurato un curioso rapporto d'amicizia con Miren, la piccola di casa.
E se la cosa è strana di per sé, lo diventa ancora di più quando la bambina, già di salute cagionevole, si ammala gravemente.
Lo scheletro, che Miren ha soprannominato Princy, gioca con lei, le parla, la consola, la distrae quando sta troppo male, eppure è proprio dal suo arrivo che la situazione è peggiorata.
Chi è quindi Princy? Un buon amico o un nemico sotto mentite spoglie?
Per buona parte del libro noi lettori non riusciamo a comprenderlo: se da una parte alcuni indizi ci portano a credere che la presenza di quell'essere non sia propriamente amichevole, il suo aspetto così bonario e giocoso, e soprattutto l'imperturbabilità della Tata Francine di fronte a lui, ci spingono a pensare che non possa essere così cattivo.
Vediamo Stanly, assieme al suo fidato amico Jaxon, cercare di venire a capo della faccenda, e noi stessi tentiamo di capire se il dramma di Miren è legato o meno alla presenza di quella enigmatica entità.
Ma, accanto a questa questione spinosa, se ne intrecciano tante altre: la partecipazione al concorso, l'assenza del papà dei ragazzi, la situazione lavorativa della mamma.
E se devo dire la verità, è stata proprio questa commistione di fattori a non convincermi del tutto.
Mi spiego meglio. 
Inizialmente il quadro familiare descritto sembra molto tranquillo. È vero, Miren pare già avere qualche difficoltà respiratoria, ma nulla di preoccupante. 
In un primo momento quindi il grande interesse di Stanly per il concorso è più che giustificabile. Ma quando si va avanti con la storia, e la sorellina viene ricoverata più e più volte in ospedale, il suo continuo pensare alla possibile vittoria, al viaggio, o al ritorno del padre non ha più senso. Di fronte alla malattia di una persona cara, tutti gli altri fattori dovrebbero passare in secondo piano, eppure così non avviene in questo libro.
Capisco tuttavia che, trattandosi di un romanzo per ragazzi, l'autrice possa essersi sentita in dovere di fare questa scelta, perché catalizzare l'attenzione su un tema così forte in maniera costante, sarebbe potuto risultare un po' troppo deprimente.
Parlando in linea generale, posso dunque dirvi che la storia è molto scorrevole, si viene subito catturati dal mistero dello scheletro e si ha sempre più voglia di conoscere la verità su di lui e, soprattutto sulle sorti della povera Miren. Inoltre tutti i personaggi sono ben caratterizzati, con i loro pregi e difetti. Alcuni si lasciano andare a sfoghi eccessivi ma giustificabili (come accade nella realtà del resto), altri riportano la calma con saggi consigli (ad esempio la dolcissima Francine).
Una cosa davvero apprezzabilissima, ci terrei a sottolinearlo, è la grande attenzione prestata all'analisi dei diversi stati d'animo, dei vari personaggi, ma soprattutto del protagonista.

Dopo un po’, i singhiozzi si trasformarono in conati di vomito e lei smise di tremare. Stanly pensò che si sentisse meglio, visto che non piangeva più, ma proprio in quel momento le uscì dai polmoni un respiro crepitante. Sbiancò in volto e cominciò ad annaspare in cerca di aria. Con un gesto fulmineo, tata Francine rimise i tubicini al loro posto. 
Il respiro crepitante si placò. Stanly strofinò le spalle di sua sorella e desiderò che tutto tornasse come quando era piccola e i suoi grandi problemi erano i pannolini sporchi e le ginocchia sbucciate. Si sedettero tutti e tre sul pavimento della cucina e rimasero lì per un po’, finché Miren non riprese colore e il suo respiro non si normalizzò. Stanly giocherellò con un pezzo di resina che si stava sollevando da una piastrella. Ricordava ancora il giorno in cui Miren era inciampata proprio lì e, cadendo, si era rotta il mignolo. 
Stanly aveva pensato che non le sarebbe più capitata una cosa tanto orribile, ma adesso… adesso non sapeva più cosa pensare.

Se nei primi capitoli Stanly ci descrive il peso dell'essere un fratello maggiore, responsabile tra l'altro dello stato di salute della piccola di casa, più si va avanti, più viene fuori il suo senso di protezione, l'amore e l'affetto profondo, la paura di fronte agli eventi incontrollabili.
Da un certo punto in poi, come avrete intuito, la vicenda assume toni drammatici, tristi e commoventi. Credo sia questo il punto di forza del libro, il riuscire a coinvolgere il lettore e farlo sentire parte integrante del quadretto familiare, il fargli sentire sulla sua pelle il destino di Miren, il destino di tutti quanti.

Considerazioni:
Se non hai letto il libro, e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Quando ho iniziato il libro, ero convinta di leggere una storia carina e misteriosa, in stile Halloween. Non immaginavo minimamente di ritrovarmi ad affrontare tematiche importanti come la malattia, la morte, il divorzio o i disturbi ossessivo-compulsivi, questi ultimi incarnati dalla figura dell'amico Jaxon. 
Credevo che la storia narrata fosse più leggera e meno tragica. Come avrete già capito dalla recensione, ho apprezzato molto questa scelta di sfruttare l'escamotage dello scheletro per dare un messaggio costruttivo ai più giovani, in questo caso il tema della perdita, tuttavia avrei preferito che, una volta intrapreso questo arduo cammino, si fosse portato avanti fino in fondo e senza distrazioni.
Anche perché, devo ammetterlo, per me è stato davvero frustrante leggere, quasi fino alla fine, sempre del concorso e dei risvolti positivi che la vittoria avrebbe comportato.
Mi chiedevo: come è possibile che, con la sorella in gravi condizioni, lui riesca a pensare a come sarebbe bello andare in vacanza con il suo papà. Come fa a non rendersi conto di cosa sta accadendo?
Capisco che il viaggio in realtà non era altro che un'esca per spingere il padre a riabbracciare la sua famiglia (e riavere così la felicità perduta), ma in ogni caso chi sprecherebbe tempo con qualcuno volutamente assente, quando c'è chi ami che scivola sempre più in basso ogni instante che passa? 
Un'altra cosa che mi ha lasciato allibita è il comportamento di Tata Francine.
Partendo dal presupposto che ho adorato il suo personaggio, i suoi ricordi della vita in Kirghizistan, i dolci e le capre (a proposito vorrei un romanzo tutto incentrato sulla sua infanzia XD), non ho però capito la sua leggerezza di fronte all'apparizione dello scheletro in giardino.
Per esperienza sa già che essi sono presagi di morte, per cui dovrebbe aver capito istantaneamente che alla piccola Miren, già malata, rimaneva poco tempo da vivere.
Eppure non si scompone, anzi appare tutta entusiasta di questa grande scoperta, quando qualsiasi persona con un po' di sale in zucca, sarebbe scoppiata in lacrime già alla prima vista delle ossa nella terra.

«Fate i bravi, caprette mie.» Tata Francine schioccò la lingua. «Perché siete arrabbiati? C’è il sole, una brezza fresca… e…» Si premette un dito sulla tempia. «Se non sbaglio, il vostro segreto è cresciuto ancora.»

Anche perché, diciamoci la verità, la figura dello scheletro come tristo mietitore non è poi così originale (come anche la rappresentazione di esso con mantello e falce che viene qui ripresa dalla Ventrella). Ed è stato proprio il perenne atteggiamento tranquillo di Francine a spingermi a credere che Princy nascondesse in realtà una diversa identità rispetto a quella facilmente prevedibile.
Se proprio lo volete sapere - e se non lo volete sapere, ve lo dico lo stesso - le mie ipotesi erano essenzialmente due
1) Princy è in realtà il padre dei ragazzi, assente da tempo da casa e morto misteriosamente 
Motivazioni:
Non li vede da più di un anno e non comunica con loro neppure per telefono. La madre non passa più le sue chiamate ai figli, neppure quando afferma di essere impegnata in una conversazione con lui. 
Cosa ben più importante, non torna a casa neppure quando le condizioni di salute di Miren diventano gravi, cosa impensabile per un genitore.
Per di più Princy è estremamente affettuoso con Miren, riesce a farla ridere anche quando sta male; si emoziona quando vede Stanly; consola la madre mentre dorme, anche se lei non può vederlo. 
2) Princy è davvero il tristo mietitore, ma è lì non per Miren, come sembrerebbe, ma per Francine
Motivazioni: 
Lo scheletro in certi frangenti appare con il tipico abbigliamento dell'angelo della morte. Tata Francine appare sempre tranquilla, come una che ha accettato il suo destino con serenità. In effetti non ci sarebbe nulla di strano se una donna anziana non avesse timore della morte, ma se la cosa riguarda una bambina, è ben più difficile non scomporsi!
Immaginate la mia reazione quando ho scoperto non solo di aver fatto un buco nell'acqua, ma che la spiegazione più banale (ovvero lo scheletro porta morte, e a morire è proprio il personaggio già malato in partenza) si è rivelata essere in effetti quella giusta!
Inutile dire che avrei preferito le mie due opzioni, la prima perché avrebbe svelato un inedito risvolto affettuoso (il padre che non vuole abbandonare la sua famiglia *-*) e la seconda perché, a mio avviso, sarebbe stata più originale e meno tragica (con tutto il rispetto per la simpaticissima tata).
Per tutta la lettura infatti, da una parte ho temuto per Miren, dopo essermi affezionata a lei, ma dall'altra ero certa della sua guarigione. Quando ho letto del funerale sono rimasta senza parole!
Le ultime pagine le ho trovate molto commoventi nella loro semplicità: il dolore di una madre, il senso di vuoto di un fratello, l'accettazione dell'inevitabile. 
Una chiusa di poche parole perché il dolore non conosce spiegazioni, e non si può descrivere ciò che non si vorrebbe mai provare.

Ringrazio la casa editrice Il Castoro per avermi fornito una copia cartacea di questo romanzo

il mio voto per questo libro

martedì 13 novembre 2018

Recensione: "Sal" di Mick Kitson

Titolo: Sal
Autore: Mick Kitson
Editore: Einaudi
Data di pubblicazione: 25 settembre 2018
Pagine: 240
Prezzo: 18,50 € (cartaceo)

Trama:
Nell'ultimo anno, Sal ha imparato molte cose. Sa come accendere un fuoco, scuoiare un coniglio, costruire un arco. Sa come proteggere la sorellina Pepa da quello che il mondo ha fatto a lei.
Sal ha pensato a tutto. Il coltello da caccia e gli scarponcini li ha comprati su Amazon con le carte di credito rubate. Ha preparato il kit del pronto soccorso, studiato le mappe delle foreste scozzesi e passato ore a guardare corsi di sopravvivenza su YouTube. Adesso è pronta.
Sal ha tredici anni, sua sorella Pepa solo dieci: due bambine che del mondo sanno già troppo. La mattina in cui scappano di casa si lasciano alle spalle una madre alcolizzata, un patrigno violento e un omicidio. Fuggono dalla brutalità quotidiana per trovare quiete e rifugio nei boschi, dove vivono in una capanna e si nutrono di tutto quello che riescono a cacciare. Perché Sal è in grado di sopravvivere in condizioni estreme, ma non ha idea di come vivere una vita normale.

Recensione:
Due sorelle costrette a crescere troppo in fretta e ad affrontare ciò che non si dovrebbe mai provare sulla propria pelle. Una ragazzina che non trova altra soluzione al suo dramma che fuggire via, lontano, dove nessuno la possa rintracciare.
Una storia intensa, cruda, che non lesina particolari agghiaccianti e che proprio per questo colpisce nel profondo. Un racconto vero, che parla dei dolori delle persone comuni di cui si legge talvolta sui giornali ma a cui non si presta mai molta attenzione. Perché Sal è una ragazzina persa, ma soprattutto una vittima silenziosa come tante che, dopo un'interminabile sofferenza, decide di tramutare la vergogna in forza, la rassegnazione in istinto di conservazione.
Sal sceglie di vivere, di ricominciare da zero, di salvare la sorellina dal suo stesso atroce destino. Pianifica tutto, la fuga e la sopravvivenza nel bosco. Lì si prende cura della piccola Pepa: le dà da mangiare, le insegna a pescare, la copre bene quando scende l'umidità ed il freddo, la protegge da chiunque le possa fare del male. D'altro canto, anche la bimba tutta chiacchiere ed entusiasmo, non fa che spegnere la malinconia e la continua apprensione della maggiore, con la sua spensieratezza e l'indistruttibile allegria.
Pepa e Sal sono molto diverse, due poli opposti oserei dire, eppure nessuna delle due potrebbe sopravvivere senza l'altra. In ogni pagina, indipendentemente dagli eventi descritti, si respira un intenso sentimento d'affetto, un legame indissolubile che non può essere spezzato.
Come avrete intuito, quella dipinta dall'autore è una storia straziante, che tocca argomenti importanti come la violenza sessuale, l'alcolismo o la delinquenza minorile, in modo diretto, senza filtri, senza attenuanti. Ma è soprattutto un inno alla vita, la celebrazione dell'amore tra sorelle ma anche di quello tra uomo e natura.
Scritto con un linguaggio semplice ma mai banale, il libro, anche grazie alla prosa super dettagliata, coinvolge dalla prima all'ultima pagina, rendendo partecipe il lettore e facendolo sentire parte attiva negli eventi.
Tutta la permanenza nei boschi è un tripudio di emozioni, un ripercorrere di piccoli ma significativi momenti come può essere una serata davanti al fuoco, un tramonto sulla montagna, il silenzio della neve, una corsa nel bosco, un incontro inatteso.

Adesso il sole era alto e splendeva attraverso gli alberi e il vapore si sollevava dalla legna in piccole volute bianche. C'era uno scintillio di brina sul bordo di foglie e rametti e il vento era calato e così il fumo saliva dritto fra gli alberi. C'era silenzio, solo il fuoco faceva shhh. Poi ho sentito gli uccelli e il gracchiare delle cornacchie. Nient'altro. 
Niente frastuono dalla strada o traffico o ruote. Niente tonfi o squilli. Niente tv. Nessuno che gridava.

Sal ci descrive per filo e per segno le sue giornate, le tecniche apprese ed il modo in cui le mette in pratica sul posto: la sveglia all'alba, la ricerca spasmodica del cibo, la costruzione della capanna e del caldo focolare e altro ancora. Ci fa fare un corso intensivo di sopravvivenza, e ci teletrasporta accanto a lei, sulla Magna Bra, in uno degli angoli più remoti e selvaggi della Scozia.
Ma non solo. La ragazzina ci guida nel suo cuore, rivelandoci le emozioni più profonde, la sofferenza del passato, la paura che qualcuno ponga fine al nuovo presente, la speranza di un futuro finalmente felice.
Leggere questo libro è come fare un viaggio dentro e fuori di noi, un ritorno alle origini, alle cose semplici e vere, all'importanza di scegliere il proprio destino, e di trovare la forza di cambiarlo.

Considerazioni:
"Sal" è un libro che parla di dolore ma soprattutto di rinascita, del potere che ha la natura di concedere una seconda possibilità alle sue creature sofferenti, di risanare le ferite aperte, di offrire il perdono ai cuori martoriati. 
Mick Kitson ha costruito una storia toccante e commovente, con delle protagoniste ben caratterizzate, piene di vita e di sfumature, a cui non ci si può non affezionare. 
Ho amato ogni singola pagina di questo libro. Più scorrevano le giornate nel bosco, più cresceva in me la voglia di fare i bagagli e catapultarmi in qualche metà sperduta.
Beh, non temete, l'idea di dover cacciare per sopravvivere, mi ha spinto a desistere!
Fatto sta che ho centellinato i capitoli proprio per prolungare la lettura il più a lungo possibile e non essere costretta a dire addio a questa affascinante ambientazione e ai suoi eccezionali personaggi.
E parlando proprio dei protagonisti, non posso che dirvi che ho adorato la forza di Sal, il suo essere pronta ad ogni evenienza, la capacità di non temporeggiare mai, nemmeno di fronte alla più grande delle sfide. Ho simpatizzato tutto il tempo per lei, la coraggiosa ragazzina che, nonostante la scorza dura, non fa che prodigarsi per la sorellina, la sua unica ragione di vita.
L'amore tra le due sorelle mi ha scosso: la loro voglia di stare insieme, nonostante le avversità, ma anche la paura di essere un giorno costrette ad affrontare il mondo da sole, sono il filo conduttore della grande fuga e dell'intero romanzo.
Naturalmente anche la piccola Pepa mi ha conquistato. Anzi, a dir la verità, se ho rivisto molto di me nello spirito di protezione di Sal, mi sono anche riconosciuta parecchio nella capacità di sdrammatizzare e nell'imperturbabile allegria della minore.
E che dire poi di Ingrid, la vicina di capanna delle due scappate di casa?
Una donna forgiata dalle avversità, con un passato di dolore ed una grande determinazione.
Lei sarà per le nostre amate protagoniste la madre che non hanno mai avuto, l'affetto sincero che hanno sempre desiderato.

Senza neanche accorgermene ho cominciato a piangere. Mi è venuto così all'improvviso ed era la prima volta che frignavo da quando avevo otto anni. Non so perché mi ero messa a piangere, e Pepa ha detto: - Sal... - 
Non singhiozzavo e non tremavo e non facevo nessun suono, mi scendevano solo le lacrime e sentivo nel petto un groppo enorme. Ingrid mi ha passato un braccio attorno alle spalle e Pepa mi ha preso la mano. 
Forse piangevo perché avevo ricevuto un regalo. Non ricordavo l'ultima volta che ne avevo ricevuto uno. Ed era un regalo così meraviglioso, non cioccolato o profumo o trucchi o un'altra cosa stupida. Era un cannocchiale, che è una delle cose migliori che puoi avere se sei una come me.

Le scene di vita quotidiana che vedono al centro le tre figure femminili hanno rappresentato per me il punto più alto del libro, il lieto fine che ci saremmo meritate.
Purtroppo il libro però, puntando sempre su ciò che può essere effettivamente credibile e più o meno veritiero, ci rifila un finale ben più amaro, forse fin troppo.
Tralasciando questo piccolo particolare che mi ha un po' contrariato, e qualche piccola mancanza per ciò che concerne la punteggiatura, non saprei trovare difetti a questo libro.
Forse qualcuno potrebbe trovarlo un po' troppo descrittivo e dettagliato - so che molti non amano le scene estremamente particolareggiate - eppure io ritengo che proprio l'analisi puntuale della vita nei boschi abbia dato un taglio più verosimile a tutta la vicenda e abbia permesso a me, per esempio, di immaginare chiaramente tutto ciò che veniva raccontato e di sentirmi pienamente coinvolta.
Non saprei cos'altro aggiungere se non che una storia come quella di Sal meritava di essere scritta e che merita assolutamente di essere letta.

Ringrazio la casa editrice Einaudi per avermi fornito una copia cartacea di questo romanzo

il mio voto per questo libro

lunedì 5 novembre 2018

Recensione: "Il cimitero senza lapidi e altre storie nere" di Neil Gaiman

Titolo: Il cimitero senza lapidi e altre storie nere
Titolo originale: M is for Magic
Autore: Neil Gaiman
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: febbraio 2009
Pagine: 224
Prezzo: 10,50 € (cartaceo)

Trama:
Nobody Owens cade dal melo ai confini del cimitero, e si imbatte in una misteriosa strega che lo soccorre. Jack incontra un troll sotto il ponte della ferrovia e da quel momento la sua vita sarà legata a un terribile patto di morte.
Un nobile cavaliere trova il Santo Graal nel salotto di una vecchina che non ha alcuna intenzione di spostarlo dal suo grazioso caminetto.
Tra l'horror, il fantasy e il giallo hard boiled, undici perle inedite per rabbrividire e sorridere.

Recensione:
Quale miglior modo di vivere l'atmosfera di Halloween, se non con una bella raccolta di storie nere?
Cosa c'è di meglio che starsene rintanati sotto le coperte, con la tempesta che infuria alla finestra, ed immergersi in tanti piccoli racconti del terrore?
Beh, niente direi. Peccato solo che il libro in questione sia più che altro una miscellanea che varia dal fantasy alla fantascienza, al giallo fino ad arrivare anche all'horror, sebbene in misurate dosi.
Prima di entrare nel vivo, vediamo da quali titoli è composta la raccolta:

♥ Il cimitero senza lapidi
 Il ponte del troll
 Non chiedetelo a Jack
 Come vendere il Ponte di Ponti
 Ottobre sulla sedia
 Cavalleria
 Il prezzo
 Come parlare con le ragazze alle feste
 Avis Soleus
 Il caso dei ventiquattro merli
 Istruzioni

Si tratta di dieci racconti e una poesia, tutte dal ritmo vario e dall'argomento ancora più diversificato. Il comune denominatore sono senza dubbio la fantasia e l'originalità, oltre alla capacità di far vivere al lettore delle piccole avventure, senza bisogno di grandi spostamenti.
Dall'incontro misterioso con un'affascinante strega fino a quello ben più pericoloso con un inquietante troll, dalla visita al Club dei Furfanti più esclusivo dei Sette Mondi fino al magico mondo dei cavalieri in cerca del Sacro Graal, in questo libro c'è un po' di tutto, o meglio, ce n'è per tutti i gusti!
Come lo stesso Gaiman dice nella prefazione, tra l'altro una delle più interessanti di sempre, il bello di questo genere di libri è che, se non ti piace un racconto, sicuramente ne troverai uno che fa al caso tuo.
E in effetti essendo la raccolta molto ricca di sfumature, è davvero difficile che non riesca ad incontrare il favore dei lettori.
Personalmente ho apprezzato quasi tutte le storie, ovviamente in modo diverso. Di alcune se ne può ammirare la morale, come nel caso de "Il ponte del troll", "Come vendere il ponte di Ponti", o "Avis Soleus", di altre l'atmosfera, come in "Il Cimitero senza lapidi" o "Non chiedetelo a Jack", in altre ancora i personaggi, e ne sono esempio "Ottobre sulla sedia" e "Cavalleria".
Altra cosa positiva è senza dubbio la concisione della narrazione: nel giro di poche pagine la trama giunge alla conclusione, ragion per cui non c'è bisogno di molto tempo per portare a termine la lettura. Anzi, questi raccontini sono perfetti per quando si ha pochi minuti a disposizione, ma non si vuole rinunciare al proprio passatempo preferito.

I racconti brevi sono minuscole finestre che si affacciano su altri mondi, su altre intelligenze e su altri sogni. Sono viaggi fino all'estremo opposto dell'universo che puoi fare con la certezza di essere di ritorno per l'ora di cena.

In generale l'impianto del libro non è niente male: è ben scritto, ed in linea di massima abbastanza appassionante (soprattutto la prima parte a dir la verità). Tuttavia presenta un difetto, come accennavo poc'anzi: di racconti propriamente neri non ce ne sono, solo vaghi accenni.
"Il cimitero senza lapidi" ad esempio, che fa da apripista, ed è in effetti una delle storie più belle, si avvicina al genere soprattutto per lo scenario descritto e per i personaggi, ma non si percepisce un senso di paura, più che altro di malinconia. Lo stesso vale per le disavventure di Donald (detto Torsolo), il protagonista di "Ottobre sulla sedia", in cui la pena e la solitudine solo verso il finale si trasformano in apprensione e timore.

Torsolo era un ragazzino di dieci anni, esile, con il naso che colava e un'espressione assente. Se aveste tentato di individuarlo in mezzo a un gruppo di ragazzi, avreste finito per sbagliarvi. Non era quello, era l'altro. Lì di fianco. Quello che era sfuggito al vostro sguardo.

Inoltre proprio la storia del bistrattato ragazzino (che prende avvio nel corso di un'adunata di tutti i mesi, da qui il titolo) si chiude sul più bello, senza una vera conclusione.
La medesima cosa accade con "Non chiedetelo a Jack", l'altra storia che, insieme a "Il prezzo" - racconto che ricorda vagamente "Il gatto nero" di Edgar Allan Poe - può essere inclusa, seppur vagamente, nella categoria "racconti del terrore".
Per il resto si parla di aneddoti sicuramente stravaganti, ma lontani dall'effetto che dovrebbe suscitare una raccolta così intitolata (non a caso in originale il nome è "M is for Magic", di certo meno fuorviante di quello italiano).
Quindi non leggetela ad Halloween, anche perché è già passato e dovreste aspettare un intero anno, ma leggetela quando vi va perché, per viaggiare con la fantasia, ogni momento è quello giusto.

Considerazioni:
Lo scorso anno, più o meno in questo periodo, iniziai "Il cimitero senza lapidi e altre storie nere" per entrare pienamente nel mood Halloween. Non avevo molto tempo da dedicare alla lettura, come ogni universitario in prossimità della sessione invernale, per cui scelsi di cominciare una raccolta piuttosto che un normalissimo romanzo. In realtà proprio la possibilità di interrompere il libro in qualsiasi momento, uno dei vantaggi delle storie brevi, mi spinse a procrastinare più e più volte e a perdere così il cosiddetto trait d'union, l'anello di congiunzione tra i diversi racconti.
Questo preambolo solo per dirvi che pochi giorni fa ho ricominciato dal principio l'opera di Gaiman con la ferma intenzione di recuperare le sensazioni che avevo lasciato a metà la volta precedente, e soprattutto di terminare la lettura una volta per tutte.
Come vi dicevo, sono rimasta piacevolmente stupita dal modo di scrivere dell'autore, capace di intagliare in modo dettagliato ambientazioni, percezioni, stati d'animo personaggi e gestualità.
Ovviamente non tutti i racconti hanno incontrato il mio gusto ma, devo ammettere, che nessuno di essi può, a mio giudizio, essere definito mal riuscito.
Non vi parlerò di ognuno, non preoccupatevi. Ci tengo però a dire due parole su quelli che più mi hanno appassionato.
Tra questi sicuramente "Il cimitero senza lapidi" che, giustamente, ricopre nell'edizione italiana un ruolo d'onore.
Per quanto lo scenario prescelto sia sicuramente inquietante, la storia al contrario ha il sapore di una favola gotica di Tim Burton, con una strega meno cattiva di quanto ci si aspetterebbe, e un ragazzino che ha fatto del soprannaturale la sua normalità.
Ho adorato la curiosità di Bod, il protagonista, e anche la sua strampalata e fantasmagorica famiglia. Ma soprattutto ho provato tanta compassione per la strega Liza ed il suo amaro destino.
Pur essendo, in linea di massima, solo un estratto del più lungo "Il figlio del cimitero", il racconto riesce nella duplice impresa di risultare autoconclusivo ed incuriosire al punto da sperare in un prosieguo.
Altra punta di diamante è senza dubbio "Non chiedetelo a Jack", una delle storie più accattivanti tra quelle incluse nella miscellanea. Sin dalle prime righe si percepisce un alone di mistero e pericolo, scaturito dall'allarmante presenza in soffitta del pupazzo in scatola Jack. Il presentimento, dapprima flebile, si accresce pagina dopo pagina. C'è da dire però che, nonostante la forte sensazione di qualcosa di malvagio in agguato, di concreto non accade nulla, o almeno esplicitamente non ci viene detto. Ammetto tuttavia che anche così, il racconto riesce nel suo intento di ammaliare e turbare. Quindi promosso.
L'ultimo di cui voglio parlarvi è "Ottobre sulla sedia" che narra grossomodo dei dodici mesi che, a scadenza regolare, si riuniscono per raccontarsi storie accanto al fuoco.
Da qui parte l'aneddoto di Ottobre che ha per protagonista il povero e incompreso Donald ed il suo commovente incontro con il fantasma Carissimo.
Mi sono affezionata in poco tempo ai due personaggi principali e ho sentito sulla mia pelle la sofferenza del ragazzino nel sentirsi sempre fuori posto nel mondo.
Anche la poesia posta a fine libro, la quale fornisce dei consigli di comportamento nel caso in cui ci si imbatta nel mondo delle fiabe - cosa che può sempre capitare - è davvero graziosa e con una bella morale.
In conclusione, nonostante io sia partita con alcune aspettative e queste siano state ahimè disattese, sono contenta di aver intrapreso questo viaggio perché, come dice lo stesso Gaiman in "Istruzioni":
  
Quando raggiungerai la casetta, 
il luogo da cui era cominciato il tuo viaggio, 
la riconoscerai, anche se ti parrà molto più piccola di come la ricordavi. 
Percorri il sentiero, e attraversa il portone del giardino che non avevi mai visto, se non una volta. 
E poi va' a casa. O costruiscitene una. Oppure riposa.

il mio voto per questo libro

sabato 3 novembre 2018

Monthly Recap... Ottobre 2018!



Salve avventori!
Un altro mese è finito, e con l'inizio di novembre iniziamo già a percepire l'aria di Natale e, a malincuore, anche il freddo intenso!
Ma prima di andare avanti e pensare alle prossime letture, mi sembra il caso di dare uno sguardo, tramite il Monthly Recap, a quello che è successo in questo mese e quindi anche alle nostre letture.
Cominciamo dalle recensioni, che potete ritrovare facilmente qui sotto, nel caso ve ne foste persa qualcuna. Basterà cliccare sulla copertina del libro per essere indirizzati alla relativa review.
In generale sono tutti romanzi che abbiamo apprezzato, anche se da alcuni titoli ci aspettavamo qualcosa in più, una narrazione più emozionante o più ricca di colpi di scena.


Le recensioni di ottobre





Passiamo ora alle letture a cui ci siamo dedicate negli ultimi trenta giorni.
Siamo liete di aver ritrovato il nostro ritmo abituale, dopo il consueto rallentamento estivo. Personalmente non ho divorato un libro dopo l'altro, ma li ho gustati a poco a poco, come a me piace fare. Anche perché, soprattutto quando i romanzi superano le aspettative, si ha poca voglia di chiuderli definitivamente. Meglio sorseggiarli lentamente, non credete?

Le letture di ottobre

"Giselle" di Charlotte Gastaut
"Sal" di Mick Kitson
"Dieci piccoli indiani" di Agatha Christie
"Il cimitero senza lapidi e altre storie nere" di Neil Gaiman
 "Il mistero della casa del tempo" di John Bellairs
 "Il tuo castello tra le nuvole" di Barbara Sophia Tammers
 "Le maschere di Pocacosa" di Claudio Morandini
 "Laurie" di Stephen King
 "Ecco il lupo" di Alexandre Rampazo
 "Madelief. I grandi, buoni giusto per farci il minestrone" di Guus Kuijer
 "L'orso" di Claire Cameron

Il bilancio è senza dubbio più che positivo. E' vero, alcuni libri hanno in parte deluso le aspettative, o perlomeno le hanno ridimensionate, ma altri romanzi invece, inaspettatamente, ci sono entrati nel cuore.
Tra tutti il titolo che vi segnalo come consiglio del mese: una storia intensa ed emozionante che ti cattura dalla prima all'ultima pagina. Un libro che non avrei mai voluto terminare.

Il consiglio del mese è...


"Sal" di Mick Kitson

Un libro commovente che parla di amore tra sorelle e della forza di andare avanti, sempre insieme, nonostante i dolori della vita.
Una storia che parla di seconde possibilità e rinascita, ma soprattutto della natura primitiva e incontaminata che, come una vera madre, offre le braccia alle sue creature ferite, bisognose di perdono, speranza, ma soprattutto amore. 



E per il momento è tutto!
Com'è invece il bilancio del vostro mese?
Quali libri vi hanno piacevolmente stupito e quali invece vi hanno deluso?