lunedì 20 maggio 2013

Recensione: "Neve" di Maxence Fermine

Titolo: Neve
Autore: Maxence Fermine
Illustrazioni di: Georges Lemoine
Editore: Bompiani
Data di pubblicazione: 2008
Pagine: 135
Prezzo: 8,93€ (Amazon) 

Trama: 
Yuko, un giovane ragazzo che vive assieme al padre nell'isola di Hokkaido, nel Giappone del nord, ha appena compiuto diciassette anni, ed è venuto per lui, come da consuetudine nella sua famiglia, il momento di scegliersi un mestiere. 
Da molte generazioni i membri della sua famiglia si dividevano tra religione ed esercito, ma Yuko non vuole diventare né monaco né guerriero. 
Il suo amore è la poesia, e nelle sue poesie (haiku) egli non desidera far altro che decantare la bellezza della neve. I suoi versi, però, nonostante la bellezza, mancano di qualcosa, mancano di colore.
Per completare la sua arte, il giovane Yuko, dovrà compiere un viaggio molto importante verso il Giappone del sud, qui incontrerà il maestro Soseki.
Soseki è un anziano pittore rimasto cieco, egli vive nel ricordo di un amore perduto.
Due destini legati da un filo teso tra le cime di due montagne, e uniti dalla "Neve".

Recensione:
Il libro è diviso in due parti, nella prima si racconta di Yuko e del suo amore incondizionato per la neve, che rappresenta per lui tutto quello che ci può essere di più puro, bianco e limpido al mondo. 
La neve è instancabile musa delle sue poesie. 
In questa prima parte si parla soprattutto di questo, l'ho trovata quindi, alla lunga, un po' ripetitiva e a tratti noiosa.
Sebbene il libro parli d'amore, non si parla d'amore in questa prima parte, se non di quello di Yuko per la neve.
La seconda parte del libro ci racconta la storia del maestro Soseki, e del suo perduto amore. 
Questa parte è decisamente più coinvolgente,  più delicata, sia nei toni che nelle immagini descritte.
La storia del maestro, pur essendo toccante, non coinvolge pienamente, questo perché gli amori raccontati in questo libro sono molto simili a quelli narrati delle vecchie favole. 
Basta uno sguardo, anche da lontano, anche se non si è sicuri se quella che si sta guardando sia una donna, un uccello o un fiocco di neve, ma già di amore si parla!
E non avrei nulla in contrario con questo, se fossi certa che l'intento fosse quello di raccontare una favola rivolta a dei bambini, ma il libro non è rivolto a loro, e questo lo confermano alcune immagini descritte a dir poco imbarazzanti, a livello dei peggiori romanzi Harmony!
Inoltre il racconto sembra avere la presunzione di parlare di grandi amori, grandi amori di cui, sinceramente, in questo libro non ho letto.

Considerazioni:
Se non hai letto il libro e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Come ho già detto se pensassi a questo libro come ad una favola per bambini, non avrei molto da ridire, perché la giudicherei come tale. ma come ho già spiegato di una favola non si tratta.
Ora tralasciando l'amore a prima vista (visto però molto da lontano) di Soseki per la funambola misteriosa, l'amore che Yuko prova per una ragazza morta, nuda, sepolta nei ghiacci, come lo spiegate? 
Scene del genere le ho lette solo in Biancaneve e nella Bella Addormentata! Quelle però erano favole!
Davanti ad una scena del genere chiunque avrebbe provato sconcerto, pena, confusione, tanti sentimenti insomma, ma non amore!
Yuko invece, afferma di non potersi più innamorare di nessun altro, perché l'amore della sua vita era lì davanti a lui, in quella ragazza sconosciuta sepolta nei ghiacci.
E anche quando il suo maestro muore accanto alla sua "Neve", lui continua a struggersi, ma non per il maestro, ma per quella ragazza che non aveva mai conosciuto per davvero, che non era mai stata sua e che era morta molti anni prima.
Ma Yuko è un ragazzo dai sentimenti fin troppo facili, lo si capisce sin dal primo incontro con la giovane accompagnatrice del poeta della corte di Meiji, (quella che poi scopriremo essere Fiocco di Primavera, figlia di Soseki e di Neve) quando per una risatina beffarda di lei, lui scopre di provare nei suoi confronti, e cito dal testo "un odio tremendo e un immenso amore"
E successivamente quando era lì, che ancora si struggeva per la decessa Neve, a suo dire suo unico ed eterno amore, viene a sapere dell'identità di Fiocco di Primavera, ecco che, per magia, si scopre innamorato di  lei pazzamente e per sempre.
"e si amarono l'un l'altro sospesi su un filo di neve".


Il voto che do a questo libro è dato da una media  della prima e della seconda parte. 

La prima parte non mi è piaciuta, e non ho nulla di positivo da dire a riguardo.. 
La seconda invece si, racconta quella che può essere una bella favola, ma nulla di più.


Il mio voto per questo libro

venerdì 17 maggio 2013

Recensione: "Ragione e Sentimento" di Jane Austen

Titolo:  Ragione e sentimento
Titolo originale: Sense and Sensibility
Autore: Jane Austen
Editore: Mondadori
Data di Pubblicazione: ottobre 2010
Pagine: 443
Prezzo: 9,50€ (Amazon)

Trama: 
Il romanzo è ambientato nell'Inghilterra dell'800, parla di amore, passione, sentimenti e convenzioni sociali. Incentrato sulle vicende sentimentali delle sorelle Dashwood, quella maggiore Elinor e la minore Marianne, vuole soprattutto mettere in evidenza le differenze caratteriali e comportamentali delle due.
Elinor guidata dalla ragione, attenta alle buone maniere, che costringe spesso i suoi sentimenti e i suoi pensieri perché esternarli potrebbe essere troppo spudorato, azzardato o egoista.
Marianne istintiva, passionale e schietta, nei sentimenti, nelle opinioni e nei giudizi.
Non disposta a scendere a compromessi, non avvezza alle ipocrisie che le buone maniere vorrebbero.
Un confronto quindi tra due mondi comportamentali distanti sebbene assai vicini nelle vicende che le vedranno protagoniste.
In seguito alla morte del padre, le due ragazze, insieme alla madre e alla sorella minore Margaret, sono costrette a lasciare la loro casa e i privilegi di cui avevano goduto fino ad allora per trasferirsi nel Devonshire a Barton Cottage. 
Saranno questi, assieme alle strade e alle case in città di una vecchia Londra, gli scenari in cui avranno luogo le vicende narrate nel romanzo.

Recensione: 
Jane Austen con questo romanzo ci mette di fronte a diversi personaggi, ognuno dei quali caratterizzato da una propria spiccata personalità.
È molto facile per il lettore detestarne alcuni e apprezzarne di contro altri, o immedesimarsi in qualcuno di questi.
Ho trovato il romanzo ben scritto e narrato, ho notato come l'autrice ci fa entrare nelle vite dei personaggi che racconta pacatamente, descrivendone pagina per pagina le giornate, senza che nulla di sconvolgente accada per diversi capitoli.
Questo è esplicativo di un desiderio di raccontare più che di stupire il lettore.
Perfettamente consono al periodo in cui il romanzo è ambientato, sia nel linguaggio che nelle tematiche affrontate.
Differenze sociali, invidie, pettegolezzi, madri che cercano un buon partito per sistemare le proprie figlie, madri che non approvano le scelte sentimentali dei propri figli, balli, ricevimenti.
Il tutto è narrato in modo tranquillo e scorrevole, senza eccessivi colpi di scena.
La lettura appassiona il lettore e non è mai noiosa.
Non ho apprezzato la conclusione, come in un unica pagina tutto si risolva e tutto venga spiegato, anche situazioni che avrebbero a mio parere meritato un approfondimento maggiore.
Ironicamente ho affermato che pare quasi che la Austen, alla fine, si fosse stancata di scrivere e non vedesse l'ora di concludere.

Considerazioni:
Se non hai letto il libro e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Qui posso lasciarmi andare alle mie riflessioni più viscerali.
Finito il libro devo ammettere che ero arrabbiata con la scrittrice!
Non ho apprezzato come la Austen scelga di farci apparire ad un certo punto del racconto, sbagliato il comportamento di Marianne e giusto quello di sua sorella Elinor.
Ecco, avrei preferito lasciasse a noi il compito di giudicare, senza imboccarci opinioni e giudizi non partoriti direttamente dalle nostre menti.
Forse in questo sono un po' di parte perché ho amato il personaggio di Marianne e mi sono immedesimata in lei, sebbene talvolta l'abbia trovata io stessa un po' troppo ferma e severa nelle sue convinzioni.
Mi è sembra ingiusto far apparire il comportamento di Elinor, anche un po' ipocrita se vogliamo, preferibile a quello sincero, se pur egoista della sorella.
Cosa c'è di così sbagliato nel soffrire per amore? Nel non curarsi degli altri? Nel ritenere la propria sofferenza come la cosa più importante in quel momento? Se per di più questa è recente e non sono passati mesi o anni dall'evento che l'ha causata.
Del resto la delusione che ha avuto Marianne da Willoughby è estremamente maggiore, a mio parere, di quella che ha avuto Elinor da Edward, relazione su cui non ci avrei mai scommesso, anzi! 
Ad un certo punto ho veramente creduto che Elinor si fosse fatta illusioni sul nulla e che Edward fosse davvero innamorato di Lucy Steele, tanto non avevo mai visto nulla fra i due.
Secondo me, Marianne, quando dice che la sorella non ha mai sofferto quanto lei, perché non ha amato poi così tanto, non ha poi tutti i torti.
Chi ama con passione soffre con altrettanta passione.
Non ho inoltre apprezzato il modo in cui, dopo la malattia, Marianne sotto un certo punto di vista muoia davvero.
Non è più lei, e la Austen uccide il suo personaggio migliore, quello più autentico, (forse l'unico) del romanzo, per trasformarlo in un'altra, più giovane Elinor.
Ma di Elinor ne avevamo già una! A che serve averne un'altra?
Perché rilegare la giovane e appassionata Marianne in un rapporto in cui tutti la volevano, tranne se stessa?
Perché non farle conoscere un giovane altrettanto appassionato e vero?
Non ho approvato, come avrete capito, il matrimonio e l'affetto improvviso, di cui non abbiamo mai avuto modo di leggere, tra Marianne e il colonnello Brandon, che ho visto sempre più come un buon amico di famiglia, per Marianne e le sue sorelle, che altro.
Una riconoscenza che si trasforma all'improvviso in amore è qualcosa a cui non posso credere, specie se si tratta di una giovane romantica, innamorata dell'amore come Marianne.

Curiosità:
Jane Austen scrive la prima stesura di questo romanzo nel 1974, quando ha circa 19 anni, intitolandola "Elinor and Marianne" (in italiano Elinor e Marianne, poi rinominato Ragione e Sentimento), in forma epistolare, una  raccolta delle lettere intercorse tra le due sorelle.
Successivamente. la forma epistolare verrà sostituita dallo stile in terza persona.


il mio voto per questo libro

mercoledì 8 maggio 2013

Recensione: "La festa di Halloween, Naturalmente Viola" di Claudia Traversa

Titolo:  La festa di Halloween, Naturalmente Viola
Autore: Claudia Traversa
Editore: L'isola dei Ragazzi
Data di Pubblicazione: 2011
Pagine: 80
Prezzo: 9,00€ (Amazon)

Trama: 
Il libro narra le vicende di Viola Desideri, tredicenne trasferitasi da poco in una nuova città, alle prese con i tipici problemi del relazionarsi con i coetanei e del crearsi delle amicizie in una scuola nuova.
Quello che la distingue dalle sue coetanee è la passione quasi viscerale che la lega agli alberi e alla natura.
Lei e il suo inseparabile taccuino dalla copertina azzurra, con il quale trascorrerà i pomeriggi, nei parchi sotto ai tronchi di forti alberi nodosi, a fare quello che più le piace, quello che più la far stare bene, disegnare. Disegnare ogni tipo di albero, quasi catalogandoli minuziosamente, segnando il luogo esatto dove aveva visto quella tipologia per la prima volta.
Violetta trascorrerà così i suoi pomeriggi dopo la scuola, disegnando e divorando squisiti panini al formaggio, sola, sola fino a che non incontrerà Thomas.
Di questo ragazzo la colpiranno il suo essere solitario e misterioso, e l'amore condiviso per gli alberi e la natura. In lui troverà un amico, e non solo... 
Una persona così simile a lei da sembrare quasi provenire da un'altro pianeta.


Recensione: 
La casa editrice L'isola dei ragazzi dedica la serie "Naturalmente Viola" alle teenagers di oggi che potranno bene rispecchiarsi negli sbalzi d'umore e nelle fragilità della protagonista.
Il lato educativo di questo libro emerge dagli argomenti trattati dai due ragazzi, argomenti e passioni un po' insolite.
Oltre al tema ambientale, altro argomento trattato è quello dei clochard.
Le note positive del libro stanno proprio nell'affrontare temi insoliti.

Considerazioni: 
Se non hai letto il libro e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Personalmente, da amante della lettura, delle lunghe descrizioni,  degli ambienti, e soprattutto dei personaggi, avrei preferito leggere di più di questi.
Ci sono troppi particolari su cui si sorvola, e sono proprio quei particolari che servirebbero al lettore per affezionarsi alla storia e ai protagonisti.
Ad esempio, avrei voluto sapere di più della prima chiacchierata tra Viola e Thomas, e di tutte quelle piccole cose che sono successe nell'arco del mese (tempo in cui si svolge il racconto) che hanno fatto si che nascesse, in tempo così breve, un legame così profondo tra i due.
Avrei voluto sapere il perché dell'antipatia tra Viola e Rebecca, e di contro come invece è nata l'amicizia tra Viola, Giada e Veronica.
Insomma tante piccole cose che lasciano un po' con la sensazione che in questo libro ci siano troppe cose non dette.
Lascia un bel po' di interrogativi, e forse questa è una scelta voluta dall'autrice.
La parte che più ho preferito del libro è quella in cui, Viola vive finalmente un momento di tenerezza con sua madre che l'aiuta a prepararsi per la festa di Halloween.
La ragazza infatti, come la maggior parte delle adolescenti, vive un periodo di ribellione, un periodo in cui vuole sentirsi grande e non più essere trattata da bambina, quindi risponde male alla mamma se questa ad esempio, la chiama Violetta, anziché Viola, considerandola ancora come la sua piccolina.

In ultima cosa, mi fa piacere segnalare una scelta coerente da parte della casa editrice "L'isola dei ragazzi" , che in accordo con l'animo ambientalista della protagonista (Viola) ha deciso che tutte le copie della serie "Naturalmente Viola" sono e saranno sempre stampate su carta ecologica con procedimento FSC.


Ringrazio la casa editrice L'isola dei ragazzi per l'opportunità concessami.


Il mio voto per questo libro

martedì 7 maggio 2013

Recensione: "L'abbraccio" di David Grossman

Titolo: L'abbraccio
Autore: David Grossman
Illustrazioni a cura di: Michal Rovner
Editore: Mondadori
Data di Pubblicazione: Dicembre 2010
Pagine: 36
Prezzo: 10,00€ 


Ciao Murioline, il libro di cui sto per parlarvi è giunto a me quasi per caso, mentre frugavo tra gli scaffali di una libreria. Non ero in cerca di nessun libro in particolare fino a quando i miei occhi non si sono posati su un copertina rigida color panna, con un inserto marrone sulla destra. Se il libro fa già parte della vostra biblioteca o se semplicemente vi è capitato di avvistarlo non sarà stato difficile per voi capire che il testo a cui mi riferisco è "L'abbraccio" di David Grossman. 
Pubblicato nel 2010 dalla casa editrice Mondadori "L'abbraccio", forse anche a causa del piccolo formato e dell'esiguità di pagine, è uno di quei libri che si legge tutto d'un fiato. 

Trama:
Potrei facilmente definire "L'abbraccio" come un tenero dialogo fra il piccolo Ben e la sua mamma. Tuttavia scorrendo le pagine vi renderete conto che le parole di Grossman contengono molto più di quello che si potrebbe pensare. 
E' sera, il piccolo Ben e la sua mamma stanno passeggiando tra i campi assieme alla loro cagnetta Splendore, quando ad un tratto la mamma si volta verso il suo bambino e gli dice con fare affettuoso “Sei dolcissimo e tanto carino, non c'è nessuno al mondo come te!”  questa affermazione porterà Ben a a porsi una serie di interrogativi, "è possibile che al mondo non ci sia nessuno uguale a lui? Se questo è vero, allora vuol dire che ognuno di noi è destinato ad essere solo?"
L'unicità dell'essere umano e la sua consequenziale solitudine, la consapevolezza e l'orrore di essere solo al mondo, questi sono i temi, che Ben con le sue domande da bambino curioso e un po' spaventato, sottoporrà all'attenzione della sua cara mamma.


Recensione: 
La scrittura di Grossman è semplice e immediata, senza fronzoli e inutili orpelli, sembra parlare direttamente al cuore, non solo dei bambini a cui l'autore pare voler spiegare concetti universali quali la solitudine e l'amore, ma anche di un pubblico più adulto che non potrà non identificarsi nei dubbi e nelle innocenti domande del piccolo Ben. Le tenere rassicurazioni della mamma, primo fra tutti il suo "siamo tutti un po' soli e un po' insieme" e soprattutto il finale, che rimanda al titolo del libro, ci faranno per un attimo ritornare bambini.
Proprio per il suo duplice ruolo di racconto per bambini e apologo sulla vita, "L'abbraccio" dimostra di essere uno di quei libri (come il più noto Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry) che non solo ogni persona dovrebbe leggere almeno una volta nella vita (ma che sarebbe utile sfogliare di tanto in tanto) ma anche il regalo perfetto per coloro più amiamo.
Il libro è inoltre impreziosito delle splendide illustrazioni dell'artista israeliana Michal Rovner.


Il mio voto per questo libro