giovedì 24 dicembre 2015

Buon Natale e buone feste!!!

Il giorno tanto atteso è arrivato, noi lo abbiamo aspettato in una maniera speciale, con voi ♥
Un dolce countdown con il nostro calendario dell'avvento letterario che, attraverso l'apertura di una finestra al giorno, ci ha portato sino ad oggi.
La lettura di "Miracolo in una notte d'inverno" è terminata, l'attesa è finita e ora siamo qui, ad aspettare un nuovo Natale.
Che doni ci porterà Nikolas?
In ogni caso spero siano graditi. Voi però ricordatevi di accoglierlo con latte e biscotti!
A tutti voi, io e Little Pigo auguriamo Buon Natale e buone feste!!!




mercoledì 23 dicembre 2015

Recensione: "Woody" di Federico Baccomo

Titolo: Woody
Autore: Federico Baccomo
Illustratore: Alessandro Sanna
Editore: Giunti
Data di pubblicazione: ottobre 2015
Pagine: 96
Prezzo: 14,50 €

Trama:
Woody, cresciuto sempre con la sua adorata padrona, una ragazza giovane e allegra che lui ama sopra ogni cosa. Finché un giorno, aprendo gli occhi, scopre che tutto è cambiato: il mondo che conosceva, pieno di gioia, avventure e affetto, è stato sostituito dal buio e dalla sporcizia di una gabbia. Come è finito lì dentro? Perché? E, soprattutto, come può tornare dalla sua padrona? È da queste domande che comincia la storia di Woody: una storia in cui, a poco a poco, si affacciano i segni di qualcosa di terribile, un evento drammatico di cui Woody è l'unico testimone.
E come tutti noi il piccolo basenji sarà costretto a confrontarsi con domande che pesano sulla sua innocenza. Che cos'è il Bene? Che cos'è il Male? E come ci si può mettere al sicuro, essere felici, in un mondo che finisce per tradire la meraviglia?

Recensione:
Una storia senza troppe pretese, narrata con garbo e ironia.
Una voce che racconta, con la spontaneità e l'innocenza dei bambini, anche ciò che a volte temiamo di sentire.
Uno sguardo attento che, in modo silenzioso, osserva tutto, senza giudicare e, quasi sempre, senza capire.
E un protagonista, tenero e divertente, che ha il nome di Woody.
Un cane, un basenji di tre anni, un amico.
Questo è il suo racconto, che si svolge lungo un arco temporale di tre mesi.
Lo incontriamo per la prima volta in gabbia, lontano dalla sua padrona e dalla sua casa, per chissà quale motivo.
Lì lo vediamo soffrire, rassegnarsi ad un ovvio e tragico destino ma anche combattere, sognando il ritorno tra le braccia che più lo hanno amato.
Assistiamo al suo deperimento fisico e mentale mentre ascoltiamo le sue confessioni, tra cui quell'evento che, secondo lui, ha segnato l'inizio di tutti i guai.
Ed è così che veniamo a conoscenza di tutto ciò che riguarda Laura, la padrona di Woody, e del suo ultimo ragazzo, Filippo.
Woody vede il loro amore dall'esterno, dapprima con la gelosia di chi si sente improvvisamente messo da parte, e dopo con il senso di protezione di chi si accorge che in quel rapporto c'è qualcosa di sbagliato.
Non voglio scendere in particolari, anche perché il libro è talmente breve che rischierei di dirvi tutto, vorrei però puntare l'attenzione su alcune cose che mi hanno colpito.
In primo luogo il punto di osservazione che Baccomo ha accuratamente scelto.
Mi è capitato in altri libri di leggere il punto di vista, ipotetico ovviamente, degli animali.
In particolare avevo apprezzato alcuni riferimenti contenuti in "Cento giorni di felicità" di Fausto Brizzi, che mi avevano strappato più di un sorriso, e suscitato più di una riflessione.
Credo sia questo anche uno dei punti di forza di "Woody", ovvero riuscire ad essere divertente in alcuni punti, commovente in altri, spingendo inoltre il lettore a vedere vicende comuni da una diversa prospettiva.
In questo caso quella di un cane che potrebbe però essere anche quella di un bambino.
In entrambi i casi c'è una mancanza di conoscenza delle convenzioni o dei modi di fare degli adulti. Sia gli animali che i bimbi non riescono a comprendere alcuni atteggiamenti che per delle persone di una certa età sono invece più che sensate.
Risulta quindi simpatico per chi legge osservare come pare una determinata scena dall'esterno, penso ad esempio al rituale del corteggiamento fra umani (e alle differenze con quello animale) o anche alle nostre tipiche e femminili passeggiate all'insegna dello shopping.
Altra cosa che ho apprezzato è la delicatezza nell'affrontare alcuni argomenti più difficilmente trattabili, soprattutto se pensiamo ad un pubblico di bambini, a cui credo il libro sia principalmente rivolto.
In realtà questa cosa è un'arma a doppio taglio, in quanto permette di agganciare la fascia d'età dei minori ma rischia di deludere gli adulti, che magari si aspettano qualcosa di più. Io stessa ho notato una mancanza di approfondimento, ma ho immaginato fosse voluta e determinata dall'esigenza di incontrare il favore dei più piccoli.
Una cosa che invece non ho compreso è la sovrabbondanza di punteggiatura di cui Baccomo si serve in questo libricino. In particolare il segno d'interpunzione "due punti" è disseminato un po' ovunque senza alcun senso logico, se non quello di rendere più ostica la lettura (personalmente avrei evitato).
Tralasciando questi particolari credo che la storia di Woody abbia il grande pregio di trasmettere in modo semplice grandi valori, come la fedeltà, l'amicizia, la giustizia e l'onestà.
Valori che i bambini dovrebbero imparare a conoscere, e che i più grandi dovrebbero imparare a ricordare.

Considerazioni:
Se non hai letto il libro, e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Quando ho iniziato questa lettura sapevo poco o niente della trama, ero solo venuta a conoscenza di alcuni rumors che declamavano come questo libro sposasse in pieno la causa della lotta alla violenza sulle donne.
In effetti questa indiscrezione mi aveva incuriosito, e anche un po' influenzato a dir il vero, e devo ammettere che, dopo tale premessa, mi aspettavo una storia ben diversa da quella che ho poi effettivamente trovato.
Come accennavo prima, il tema della violenza è appena abbozzato, ci viene descritto per sommi capi un tentato stupro, poi fortunatamente sventato grazie a Woody.
E dopo vi chiederete? E dopo niente. L'argomento termina lì. Non si parla del trauma che evidentemente questo genere di eventi causa in una persona, non si parla di sofferenza o di desiderio di giustizia.
Da questo momento in poi l'attenzione è tutta spostata sul cane, costretto a pagare, per la sola colpa di aver difeso la persona che più ama. Di Laura non abbiamo più notizie, se non alla fine.
E anche la storia con Filippo (alias Fili Amore) dura un batter d'occhio.
Bastano pochissimi appuntamenti e lui si rivela già uno psicopatico seriale.
Un po' prestino direi. Non abbiamo proprio modo di assistere al tipico (e sbagliato) dissidio interiore della ragazza ferita che spera che l'uomo che ama cambi.
Non lo vediamo per più ragioni: numero uno, i due si conoscono appena e non possono essere davvero così innamorati; numero due, lei dopo le prime avvisaglie decide (giustamente) di rompere con Filippo; e numero tre, Laura dopo il fattaccio sparisce completamente dalla nostra vista.
Per questo mi chiedo... la tematica della violenza sulle donne di cui tutti parlano dov'è realmente? In quelle misere tre pagine?
Ma quelli che esibiscono questo libro quasi fosse la bandiera del dolore femminile, l'hanno letto realmente? Per me no!
L'unico e vero tema trattato, in maniera seria e competente, dall'autore non è di certo quello di cui tutti parlano, ma è invece quello dell'abbandono di animali, a cui nessuno stranamente fa riferimento.
Nel racconto di Baccomo riusciamo a percepire il dolore di Woody che crede di essere stato dimenticato, di non contare più nulla, di aver fatto qualcosa di male e di essere stato quindi punito.
Viene spontaneo per il lettore ripensare a tutti quei poveri animali lasciati realmente e improvvisamente per strada, che non possono non chiedersi perché nessuno torna a prenderli. A tutti quelli che, dopo tante traversie sul bordo dell'asfalto, incominciano faticosamente a capire che le coccole e i premi appartengono ormai al passato, e che devono ormai imparare a cavarsela da soli.
Tutto questo il nostro basenji lo sa e ce lo racconta, parlandoci prima delle sue speranze e rivelandoci infine la triste consapevolezza di un nuovo angosciante destino.
Le sue parole ci fanno commuovere e ci aiutano a capire.
Questo è il dono migliore che le pagine ci regalano, i pensieri dei nostri amici più fedeli, di quelli che non sanno parlare, se non con gli occhi.
Di quelli che sanno amare, più di chiunque altro, senza chiedere nulla in cambio.
Di chi, come Woody, sogna ancora di tornare a casa.

Ringrazio la casa editrice Giunti per avermi inviato una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

lunedì 21 dicembre 2015

I love this cover #13


Salve avventori!
Buon Lunedì, ormai mancano davvero pochi giorni al Natale. Avete preparato tutto?
Quali libri sperate di trovare sotto il vostro albero?
Oggi voglio parlarvi di un libro che ha attirato la mia attenzione per la sua graziosissima copertina, si tratta de "La piccola bottega dei sogni" di Fiona Harper, edito Harlequin Mondadori (ora Harper Collins Italia).





Organizzatrice nata e romantica d.o.c., Nicole ha realizzato il lavoro dei suoi sogni quando ha fondato l'agenzia di proposte matrimoniali Sogni & Fantasie. Il suo lavoro la entusiasma profondamente, fino a quando non accetta di organizzare la proposta di nozze per il fotografo Alex Black da parte della sua fidanzata. Alex, infatti, altri non è che l'uomo che lei ha baciato ad una festa il Capodanno precedente  e che non è mai riuscita a dimenticare. Organizzare la dichiarazione da parte di un’altra non è esattamente l'occasione in cui aveva sperato di rivederlo. Ma se permettesse a se stessa di perdere la testa per il fascino di Alex, comprometterebbe la propria reputazione professionale prima ancora di poter dire di averne una. Che cosa può fare, vivere per sempre efficiente e infelice o disoccupata e contenta?



Io la trovo semplicemente deliziosa, sembra di osservare uno di quei piccoli villaggi natalizi racchiusi nelle palle di vetro con la neve.
Mi piace lo stile grafico dell'illustrazione, i colori utilizzati, lo stile delle case, la soffice consistenza azzurrina della neve *-*
Un perfetta atmosfera natalizia insomma, anche il titolo è carinissimo.
Tutto perfetto insomma, ma c'è un ma... e nemmeno troppo piccolo... la TRAMA!
Quando l'ho letta ho urlato "ma perché sprecare una cover così carina per una trama così insulsa?" T_T
Voi cosa pensate? Sono l'unica a cui viene l'orticaria leggendo questa tipologia di sinossi?
Ditecelo nei commenti ^_^


giovedì 17 dicembre 2015

Recensione: "Bambini nel bosco" di Beatrice Masini


Titolo: Bambini nel bosco
Autore: Beatrice Masini
Editore: Fanucci
Data di pubblicazione: maggio 2015
Pagine: 208
Prezzo: 7,50 €(cartaceo) 4,99 €(e-book)

Trama:
C’è un campo, la Base, dove crescono i bambini senza ricordi o memoria. Tra loro c’è un gruppo più vivace, composto da Hana, capo del Guscio, dura e metodica, Dudu, sempre attento e guardingo, Glor, grande e goffo, Cranach, il più lento di tutti, Orla, la più piccola, e infine ZeroSette, l’ultimo arrivato. C’è anche Tom, ma lui appare diverso: si perde in mille pensieri e a volte sente riaffiorare un Coccio, un frammento di vita passata. Un giorno convince i ragazzi a spingersi nel bosco per esplorare il mondo di fuori. Porta con sé un libro di fiabe appena ritrovato, che comincia a leggere ad alta voce suscitando emozioni e curiosità. Così, quasi per incanto, quel libro e quella lettura doneranno a ognuno di loro un filo di speranza e gioia, il desiderio di una vita diversa fuori dai confini della Base.

Recensione:
In un luogo imprecisato, nel tempo e nello spazio, Beatrice Masini ambienta la sua favola distopica e melanconica.
Protagonisti sono un gruppo di otto bambini che, più o meno coscientemente, si ribellano ad un sistema che non dà speranze né vie d'uscita.
Quelli che impariamo a conoscere, pagina dopo pagina, sono i residui di una civiltà evoluta, quello che resta dopo un grande disastro mondiale (che nel romanzo viene sempre definito con il nome di "bomba"), e i meccanismi messi in pratica per cercare di riportare una sottospecie di ordine al marasma generale.
La Base è uno dei luoghi che ospitano i bambini e i ragazzi rimasti soli dopo la tragedia. Tra loro c'è chi ha perso entrambi i genitori perché morti o dispersi e anche chi non li ha mai conosciuti.
La Base, infatti, ospita due tipologie di bambini, in eterna attesa che arrivi qualcuno a reclamarli: gli avanzi e i dischiusi. I primi sono in netta minoranza e rappresentano i pochi scampati alla bomba, i secondi sono i bambini provetta, senza passato e senza ricordi, fatti nascere e cresciuti per dare una nuova speranza ad un mondo in rovina.
Tom è uno dei pochi avanzi del suo grumo, e già questo lo rende abbastanza speciale rispetto alla norma ma, quello che rende Tom unico e che, a differenza degli altri, egli ricorda più cose del mondo passato.
I ricordi - i cocci - riemergono nella mente improvvisi e altrettanto improvvisamente svaniscono lasciando un doloroso senso di vuoto.
Parole e sensazioni inafferrabili e presumibilmente sconosciute, tornano a galla e con loro il senso di colpa per qualcosa che non si riesce a ricordare, per qualcosa che si crede perso per sempre. 

"Era il suo segreto. La parola segreto - un Coccio - gli era riaffiorata in testa, o forse nel cuore, non appena l'aveva trovato. Al Campo i segreti non esistevano. Ma lì gli era bastato sfiorarlo per riconoscerlo come tale. Una cosa da non dire e non dare. Una cosa da tenere per sé, preziosa fino allo spasmo, fino al dolore. 
E così quella volta Tom era tornato al Grumo senza niente in mano, ma con un segreto tutto per sé."

Un libro di fiabe, ritrovato nel bosco, offre a Tom e ai bambini del suo grumo l'opportunità di scoprire, conoscere, e in alcuni casi rammentare, frammenti di un tempo ormai lontano.
Le storie lette e assimilate si rivelano la spinta necessaria per muoversi alla ricerca di qualcos'altro, qualcosa che la Base non può offrire loro.
È così che inizia la straordinaria avventura dei Bambini del grumo tredici, ora diventati i "Bambini nel bosco".
Soli con se stessi, indifesi in un mondo sconosciuto, i ragazzini si incamminano alla ricerca di una storia tutta loro, dove non serve un castello per vivere felici, basta una casa di pietre e legna costruita tutti assieme. Dove non si aspetta l'arrivo del principe azzurro, ma si spera nella comparsa di quegli adulti che, nelle fiabe del libro, vengono chiamati con i nomi di "mamma" e "papà"...

"«Ma noi di chi siamo?» Ecco l'aveva detto. 
«Come di chi siamo?» ripeté Tom, fissandola. 
«Insomma, dentro le storie succedono delle cose. Ci sono dei bambini, e sono sempre di qualcuno. 
Della loro mamma, del papà. Magari del re e della regina. O dell'Orco che li tiene come schiavi e li vuole mangiare. Perché noi non siamo di nessuno?» 
Tom sospirò. «Noi non siamo dentro una storia. Noi siamo dentro un bosco. Noi siamo i bambini nel bosco.»"

"Bambini nel bosco" è un'avventura commovente, ricca di malinconia.
Si passa dalla tristezza, al senso di ingiustizia, alla speranza e a quella gioia che, solo dei bambini che scoprono le piccole cose semplici della vita, possono regalare.
Triste, dolce ed intenso. 
Un libro per ragazzi, ma che anche gli adulti sapranno apprezzare.

Considerazioni:
Bambini nel bosco è una storia originale che racchiude in sé l'importanza dei grandi classici del genere post-apocalittico.
La trama mi ha ricordato per motivi differenti altri racconti noti, come: "Maze Runner" di James Dashner, "1984" di Orwell, "Verso l'abisso di Chicago" di Ray Bradbury e "I trasfigurati" di John Wyndham.
In comune con i suddetti titoli, ha il clima apocalittico. Tutti sono ambientati in un mondo che cerca pian piano di riassemblare i suoi pezzi e rimettersi in sesto. 
I bambini della Base, come i ragazzi descritti da Dashner e la popolazione narrata da Bradbury nel suo racconto breve, non hanno memoria del passato, non hanno identità, non sanno chi sono e non appartengono a nessuno.
Anche le cose più semplici gli sono estranee, e i ricordi sono più simili a cocci taglienti che emergono improvvisamente e dolorosamente lasciandosi dietro solo un senso di smarrimento.
A differenza delle storie citate, Beatrice Masini ci offre una prospettiva diversa, i suoi bambini sono piccoli e indifesi, e alla Base vengono trattati più come bestie da tenere occupate, sedate, che come esseri umani da educare per il futuro.
A osservarli costantemente gli operatori del campo, tra questi Jonas e Ruben che assistono alla fuga del grumo tredici e fanno, segretamente, il tifo per loro.
Si interrogano sui loro comportamenti, si preoccupano per loro, scommettono su quelle che saranno le mosse future del gruppo, come se stessero guardando un reality in diretta televisiva.

«Come mai litigano per i Cocci?»[...] 
[...] «Perché alcuni li hanno e altri no. E chi non li ha li invidia a chi li ha. Perché avere dei Cocci vuol dire avere un passato. Non averli vuol dire una sola cosa: essere nati in una bottiglia, da non si sa chi, forse per caso. Una pura combinazione di gameti. E se non hai un passato è più difficile immaginare il futuro.» 
«Parli difficile, Jonas, come al solito, ma io ti capisco» disse Ruben, illuminandosi. «Forse gli Avanzi hanno qualcuno che li cerca e li vuole, da qualche parte su questo pianeta o su un altro. Invece gli altri non hanno nessuno da nessuna parte. Se non una bottiglia che era la loro casa e si è rotta da un pezzo.»

Il loro punto di vista, i loro quesiti, sono anche i nostri che, da lettori, ne seguiamo le vicende.
Con Jonas, ad esempio, ho assistito all'emozionante scena in cui Tom spiega agli altri bimbi cos'è un abbraccio e con lui mi sono commossa :')
Sotto ai nostri occhi (ai miei occhi) i bambini hanno imparato a sopravvivere, a procacciarsi del cibo, e sono passati da leggere passivamente delle fiabe, ad interpretarle, fino a porsi interrogativi importanti sul senso della vita e sulla morte. 

"«Immagina di essere un uccello. Uno di quelli» disse Tom a Hana. «Sopravvivere alle volpi, ai lupi, ai falchi per finire nelle mie mani, e nelle nostre pance. Secondo te ha un senso? Ha un senso? Poteva essere ancora vivo. Avere un domani davanti, per volare, cercare cose buone da mangiare, andare in giro, cantare. Sono uccelli che cantano, sai? Sono quelli che fanno quel verso lungo, così» e lo imitò. 
Gli altri. Si voltarono a fissarlo incantati, poi ricaddero nelle loro trance. 
«Non so» fece Hana. «Forse dovevano finire nelle nostre pance, tenerci vivi. Forse il senso della loro vita era quello fin dall'inizio. Era giusto. È stato giusto. E tu sei stato bravo.»

Bambini nel bosco è un viaggio istruttivo nei sentimenti e nelle paure dell'animo umano. Forte, toccante ed emozionante.
Ho seguito i bambini nel bosco, mi sono affezionata e ho tifato per loro affinché trovassero qualcosa che desse un senso alla loro "storia".
Ma il senso, l'ho capito, era la storia stessa di cui (dopo un iniziale smarrimento a fine lettura) posso dire di aver apprezzato tutto (anche il finale, si).
Non è solo un racconto distopico fine a se stesso, ma quello che lascia è un messaggio sull'importanza delle origini, dei ricordi e del passato che ci rende ciò che siamo e senza il quale saremmo solo dei gusci vuoti.

Ringrazio la casa editrice Fanucci per avermi inviato una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

martedì 15 dicembre 2015

Il libro dell'umore #7

Salve avventori!
Rieccoci con un nuovo appuntamento di questa rubrica dedicata tutta alle emozioni.
Come ben saprete, ogni lettura suscita un determinato stato d'animo, diverso da persona a persona, e da libro a libro.
Il nostro compito è illustrare qui proprio i romanzi che, nel bene o nel male, ci hanno colpito emotivamente.
Ecco i miei...

Poche e semplici le regole:
Associate ai libri che avete letto l'emozione o lo stato d'animo che vi hanno suscitato
Spiegatene brevemente il perché
Aspettate i commenti

♥ Annoiata: "Divergent" di Veronica Roth
Che dire di questo romanzo... sviluppo più scontato e banale la Roth non poteva proprio inventarlo! La solita storiella d'amore tra il bello e tenebroso e la ragazza della porta accanto.
Tutta la vicenda delle fazioni e dei divergenti non rappresenta altro che uno sfondo, che regala, tra l'altro, il tipico finale prevedibile.
Una lettura eccessivamente lunga e noiosa, che desideravo solo terminare il prima possibile.

♥ Intristita, rassegnata e svuotata: "Bunker diary" di Kevin Brooks
La forza di questo romanzo sta proprio nel riuscire a smuovere lo stato d'animo del lettore.
Leggere di una prigionia che si protrae giorno dopo giorno e, col passare del tempo, sembra lasciare sempre meno speranze, non può far restare di certo indifferente.
Se poi ci aggiungi anche il deperimento fisico e mentale dei protagonisti, allora potete immaginare lo scenario deprimente che offre questo libro.
Verso la fine della lettura, ho provato solo un grande senso di vuoto e di rassegnazione, perché, dopo tanto dolore, come si può ancora gioire, come si può sperare di tornare alla normalità ed essere di nuovo liberi?

♥ Divertita, malinconica e commossa: "Lo straordinario viaggio di Edward Tulane" di Kate DiCamillo
Questo libricino è davvero un tripudio di emozioni!
Ti fa sorridere, riflettere, commuovere e tanto altro ancora.
Una storia speciale che ti resta nel cuore. Una di quelle che racconta con parole semplici grandi verità.
Un piccolo capolavoro assolutamente da leggere.

♥ Intrepida e sognante: "Sophie sui tetti di Parigi" di Katherine Rundell
Leggendo questo libro ho sognato di vivere tante avventure, di lanciarmi in una missione impossibile, di saltare da un tetto all'altro proprio come Sophie.
Non preoccupatevi, mi sono limitata ad immaginare queste cose, e non ho alcuna intenzione di metterle in pratica, soprattutto l'ultima XD
In ogni caso questa lettura mi ha lasciato grandi emozioni. Ogni passeggiata notturna sui tetti era un viaggio alla scoperta di un nuovo mondo, che mi sarebbe piaciuto vedere con i miei occhi.
Per non parlare dell'atmosfera parigina, cosa ci può essere di più affascinante?

♥ Divertita: "Orso" di Tom Cox
Come non sorridere osservando le dolci marachelle dei gatti di casa Cox?
Quattro felini, ognuno con le sue stranezze e un "proprietario" fuori dalle righe.
Un quadretto familiare a cui non ci si può non affezionare. E che non può che regalare grasse risate.


mercoledì 9 dicembre 2015

Recensione: "Una spola di filo blu" di Anne Tyler

Titolo: Una spola di filo blu
Titolo originale: A spool of blue thread
Autore: Anne Tyler
Editore: Guanda
Data di pubblicazione: maggio 2015
Pagine: 400
Prezzo: 18,50 €

Trama:
«Era uno splendido pomeriggio tutto giallo e verde…» Sempre con queste parole Abby Whitshank inizia a raccontare di quel giorno, nel lontano luglio del 1959, in cui si innamorò di Red, sotto il grande portico di legno che occupa tutta la facciata della casa dove avrebbero cresciuto i loro quattro figli. La casa di famiglia, orgoglio del padre di Red, arrivato a Baltimora negli anni Venti per poi fare carriera come costruttore, ha visto avvicendarsi quattro generazioni di Whitshank e conserva tra le pareti l’eco delle loro storie. Perché ogni famiglia ha le sue storie, che la definiscono e che si tramandano sempre uguali, e i Whitshank sono – o sono convinti di essere – una famiglia speciale, di quelle che irradiano un’invidiabile sensazione di unità. Il loro è un legame indissolubile, fatto di tavolate domenicali, di vacanze tutti insieme da trent’anni nella stessa villa al mare, di piccole tradizioni introdotte da Abby per i bambini e trasmesse ai nipoti. Un legame fatto anche di segreti e mezze verità, di risentimenti stratificati per decenni, di invidie fraterne e aspettative disattese. 

Recensione:
Leggendo questo libro si ha la sensazione di entrare all'interno di una famiglia, scoprendone i trascorsi, le storie, i malintesi e i piccoli segreti.
Svolgere la matassa e conoscere pian piano le situazioni e gli incontri che hanno dato origine alla storia della famiglia Whitshank
Una storia relativamente breve che ha inizio con Junior Whitshank e Linnie Mae Inman
Quattro generazioni che oltre al sangue e ai geni sono collegate da una casa e da una via "Bouton Road", che le ha viste convivere e passarsi, come in una corsa ad ostacoli, la staffetta. 
Il libro inizia raccontandoci le vicissitudini dei coniugi Redcliffe Whitshank e Abby Dalton. I due hanno quattro figli e con loro abitano la casa, dal grande portico in legno verniciato color miele, che è stata da sempre motivo di vanto della famiglia e di invidia di tutta "Bouton Road".
Tra gioie e incomprensioni gli anni passano, i figli diventano grandi, si fanno a loro volta delle famiglie e i genitori, come la casa che li ha visti crescere ed essere felici, iniziano risentire dell'avanzare del tempo. 
Voltiamo pagina e veniamo catapultati nel passato, più precisamente abbiamo l'onore di assistere al giorno in cui Abby si innamorò del suo Red: "Era una splendida mattina tutta gialla e verde, con un po' di arietta..." sono queste le esatte parole con cui, ogni volta, Abby inizia a raccontare questa storia, una delle poche della famiglia.
Con un ultimo salto indietro nel tempo conosciamo finalmente le origini dei Whitshank con il suo capostipite Junior Whitshank e, quella che sarà la sua futura moglie, Linnie Mae Inman.
La loro è una storia tragicomica, che stupisce, diverte ed appassiona.
Ogni racconto ha come fulcro quella casa teatro di sogni, speranze, gioie e dolori. Luogo inerme che ha visto muovere fra le sue mura i primi passi di quattro generazioni.
Come quella casa, "Una spola di filo blu" raccoglie in sé tanta verità e tanta vita.
Anne Tyler, con la sua capacità di raccontare le persone mescolando momenti di estrema profondità e altri di spiccata ironia, porta alla luce tutte le incomprensioni e i piccoli segreti che possono celarsi all'interno di una famiglia. Le gelosie, le invidie fraterne, i rancori celati e taciuti negli anni, i desideri di riscatto, ma anche i momenti di tenerezza, le gioie e i sogni di una vita.
Riesce a farci ridere, e a far commuovere, a far riflettere e anche arrabbiare.
Un romanzo ricco di amore che racconta una famiglia che è allo stesso tempo unica e come tante. 
Dire addio ai suoi personaggi è stato come congedarsi da una famiglia, di cui non sempre si comprendono e accettano i comportamenti e le decisioni, non necessariamente si è d'accordo con le loro scelte ma a cui, nonostante tutto, non si smette mai di voler bene. 

Considerazioni:
Prima di immergermi tra le pagine di questo libro non avevo mai letto nulla scritto da Anne Tyler, ora invece posso dire con certezza che questo sarà il primo romanzo di una lunga serie, perché non ho intenzione di fermarmi qui.
Il suo stile narrativo mi ha ricordato due autori che ho avuto modo di apprezzare in precedenza. 
Tutta la parte iniziale, quella ambientata nel presente, mi ha fatto pensare a "Noi" di David Nicholson.
Mentre tutti i racconti che andavano indietro con gli anni mi hanno riportato alla mente il meraviglioso stile di Fannie Flagg, la stessa attenzione rivolta ai caratteri dei personaggi, ai loro sentimenti, e anche lo stesso spiccato umorismo.
"Una spola di filo blu" è un libro che ha bisogno di un po' di tempo per ingranare e inizialmente la storia non mi ha visto coinvolta più di tanto. Eppure più andavo avanti con la lettura più mi rendevo conto di affezionarmi ad essa e ai suoi protagonisti.
I Whitshank mi hanno accolto a braccia aperte nella loro casa, nei loro ricordi e io li ho sentiti diventare, man mano, sempre più presenze familiari.
Ho partecipato ai momenti più importanti del loro presente e del loro passato, e in qualche modo mi sono sentita grata con loro per avermi considerata degna della loro fiducia.
Pare assurdo forse ma è proprio così, perché Anne Tyler qui racconta persone più che personaggi, e in loro possiamo facilmente conoscere il carattere di noi stessi o delle persone che abbiamo conosciuto.
La signora Linnie Mae, ad un certo punto del racconto, parla delle tipologie caratteriali ricorrenti che ha avuto modo di incontrare nella sua vita e io, in quel frangente, mi sono ritrovata a comprendere totalmente le sue parole.
Le persone descritte in queste pagine hanno caratteri vari e diversi ed è proprio a causa di queste diversità che spesso entrano in conflitto tra loro.
Come in ogni famiglia, anche in questa, non sono tutte rose e fiori e ci si ritroverà quindi ad stimare più alcuni personaggi rispetto ad altri.
Personalmente mi sono ritrovata ad apprezzare molto i coniugi Redcliffe ed Abby (di cui mi sarebbe piaciuto conoscere qualcosa in più del loro passato) e il loro figlio Stem, invece ho trovato abbastanza insopportabile il fratello Denny che mi ha ricordato una tipologia caratteriale da me (ahimè) assai ben nota. 
Denny è egoista e menefreghista, la classica persona che si crede al centro del mondo e che pretende d'essere il centro attorno al quale debbono gravitare i pensieri altrui.
Ma la cosa che meno ho tollerato in lui è stata la forte insensibilità nei confronti dei trascorsi di suo fratello Stem.
Altre personalità molto forti e decisamente curiose sono quelle dei coniugi Junior e Linnie Mae Whitshank. Inizialmente non sappiamo molto di loro. La loro storia, per gran parte del libro, è avvolta nel mistero. I due appaiono sempre come due figure sfumate, avvolte in un mare di nebbia.
Per gran parte del romanzo, le uniche informazioni che abbiamo di loro ci vengono elargite a piccole gocce dai pochi e sbiaditi ricordi di Red ed Abby, che comunque, a loro volta, non sembrano essere mai venuti a conoscenza di come i due si fossero incontrati e di come si fossero evolute le cose tra loro.
Appare dunque molto strano essere trasportati nel loro tempo e conoscere i loro trascorsi, la versione reale della storia e trovarsi improvvisamente di fronte a persone che ci eravamo immaginati in maniera totalmente diversa.
La vera rivelazione è stata proprio la signora Linnie! E chi se lo sarebbe mai immaginato un peperino così?
Il loro racconto è stato quello che in definitiva mi ha appassionato di più, sia perché adoro il tempo in cui è ambientato, ma soprattutto perché mi ha divertito e stupito.
La storia incredibile della loro casa, quella del dondolo, quella del matrimonio della sorella Merrick, sono tutti ingredienti che contribuiscono a rendere speciale questa famiglia.



Ed è proprio per questi pochi aneddoti tramandati alle nuove generazioni che i Whitshank si definiscono una famiglia di incontentabili.
Persone che lottano tanto per avere qualcosa ma che. una volta raggiunto lo scopo di tanti affanni. non ne sono mai entusiasti quanto avrebbero immaginato.
È successo al capostipite Junior Whitshank che dopo aver aspettato anni ed anni per avere la casa dei suoi sogni, una volta ottenuta, anziché godersela, ha continuato a modificarla, aggiustarla, cambiarla.
È successo alla sorella Merrick che dopo aver mandato all'aria il matrimonio dell'amica e aver sposato il di lei fidanzato, non è mai riuscita a trovare la tanto agognata felicità al suo fianco.
E, ancora una volta, è successo (a detta di Denny) a Red e a sua moglie Abby, che pur avendo tre figli propri hanno deciso di adottarne un quarto.
A mio parere però l'essere incontentabile è una caratteristica intrinseca dell'animo umano. L'uomo per sua stessa natura cerca di avere sempre qualcosa per cui alzarsi al mattino, qualcosa per cui lottare, un sogno da realizzare, una meta da raggiungere. È un compromesso per continuare a stare al mondo, per non spegnersi e morire prima del tempo.
Ho perciò trovato i Whitshank una famiglia di persone ambiziose e sognatrici, pazienti e perseveranti, capaci di lottare e aspettare pur di ottenere l'oggetto (o la persona) dei loro desideri. Ne sanno più di qualcosa sia Redcliffe che la signora Linnie Mae,
Ancora di questa famiglia ho adorato l'amore e l'impegno a portare avanti le piccole tradizioni familiari, come quella di affittare, ogni estate, una casa al mare e trascorrervi, tutti assieme, le vacanze estive *-*
Leggere delle grigliate sulla spiaggia, del primo bagno, e di quei vicini, che affittavano la casa di fianco alla loro, con i quali, ogni anno, si davano un immaginario appuntamento all'anno successivo. Persone che hanno sempre osservato e sentito vicine nonostante non abbiano scambiato con loro neanche una parola. 
Li hanno visti crescere di anno in anno, sposarsi, avere figli, invecchiare e poi in qualche caso sparire.
Ciò che non mi ha convinto invece è stata tutta la parte conclusiva, probabilmente perché fino alla fine ho sperato in un finale diverso, fino alla fine avrei voluto non vedere gettati all'aria, o venduti al miglior offerente, i sacrifici di una vita.
Perché casa Whitshank in un certo senso l'ho sentita anche mia e io non l'avrei mai e poi mai abbandonata.


Ringrazio la casa editrice Guanda per avermi inviato una copia cartacea del libro.

il mio voto per questo libro

lunedì 7 dicembre 2015

Books, chocolate and friends: prima tappa "Miracolo in una notte d'inverno" di Marko Leino


Salve avventori!
Buon lunedì! Eccoci finalmente giunti alla prima tappa del nostro gruppo di lettura.
Innanzitutto voglio ringraziarvi per la vostra attiva partecipazione. Sia sulla pagina che ospita l'evento, che su twitter, che per posta, state tutti contribuendo a rendere quest'idea del gruppo di lettura/calendario dell'avvento, viva e bellissima.
Ogni giorno siete pronte a commentare con noi le varie finestre e, sulla pagina Facebook dedicata all'iniziativa, stanno venendo fuori anche alcuni interessanti dibattiti filosofici.
Quindi ancora grazie perché condividete con noi i vostri pensieri, i vostri sentimenti, le idee e in alcuni casi anche dei teneri aneddoti della vostra vita familiare ❤️
Dai vostri commenti noto che quest'esperimento di leggere un libro razionandone i capitoli vi sta piacendo molto.
Effettivamente il "voglio sapere cosa succede, ma non posso proseguire" aiuta a mantenere viva la curiosità e l'interesse nei confronti della storia.
Inoltre portare avanti per quasi un mese un libro che, diversamente, avremmo letto in un paio di giorni, ci permette di affezionarci maggiormente ai protagonisti del testo, arrivando a sentirli parte integrante della nostra quotidianità.
Nikolas in poche parole diverrà parte di noi e immagino che sarà ancora più dura, a fine libro, dirgli addio.
Ma andiamo a vedere cosa è successo in queste sei prime finestre che hanno dato il via a questa nostra avventura.
Ne sono successe di cose da quando i fratelli Tommi e Ossi hanno ritrovato, durante il loro gioco estivo, un misterioso cofanetto di legno con all'interno un orologio da taschino.
L'orologio a sua volta celava un tesoro ancora più prezioso, un vecchio biglietto dietro al quale si nasconde un'incredibile storia...


È così che il nonno dei due ragazzini inizia a raccontare la leggenda della famiglia Pukki, la tragedia che in una sera, a pochi giorni dal Natale, ha spezzato la felicità della povera famiglia e cambiato per sempre il destino del piccolo Nikolas.

“Il fato stava per stringere nelle sue grinfie l’isoletta della famiglia Pukki, incurante delle speranze per il futuro di Alexandra, delle rassicurazioni di Einar e delle promesse del piccolo Nikolas. 
Il destino aveva iniziato a realizzare un progetto molto diverso. Stava ancora muovendosi in silenzio, con discrezione, respirando piano, ma era già lì, intorno a loro, e aveva deciso quale sarebbe stato il futuro della famiglia Pukki. 
Il destino ha molti volti, che mostra a proprio capriccio e senza curarsi di ciò che è giusto o ingiusto.”

Nikolas si trova improvvisamente solo al mondo.
Cosa avrà ora il destino in serbo per lui? Sarà più magnanimo?
L'autore, forse per consolarci, ci offre un importante spunto di riflessione:

“Nella vita non tutto è sempre bianco o nero. Forse, nonostante siano in opposizione, fortuna e sfortuna camminano mano nella mano: un dramma può generare anche effetti positivi, e una vicenda felice può avere risvolti amari. 
Forse gli avvenimenti della vita non dovrebbero essere giudicati nel momento in cui accadono, ma valutati in prospettiva. Solo allora sarà possibile capire cosa hanno significato davvero: se sono stati solo un bene, solo un male oppure entrambe le cose.”

Lo condividete?
Io non ne sono tanto sicura. C'è dramma e dramma e nella distruzione di una famiglia non potrò mai vederci nulla di buono, qualsiasi siano gli effetti positivi che potranno conseguire da tale sofferenza.
E credo che anche Nikolas darebbe in cambio qualsiasi felicità futura pur di riavere in cambio la sua famiglia.

“In quel momento Nikolas sentiva che niente avrebbe più avuto senso, dopo il funerale. Desiderò che nessuno gli avesse chiesto di restare a tenere calda la casa, e di essere rimasto con la sua famiglia anche in quell’ultimo viaggio in barca, fino alla fine.”

Ma staremo a vedere come si evolverà la sua storia e quali saranno le evoluzioni positive scaturite da tanta tragedia.
Intanto abbiamo lasciato ancora una volta il piccolo Nikolas alle prese con una situazione tutt'altro che felice...

Detto questo, la lettura si sta rivelando ricca di emozioni.
Tenera, dolce, triste, commovente, ingiusta.
Come la vita, ci sta mettendo di fronte momenti felici e momenti tristi, piccoli momenti di felicità e ostacoli e dolori che sembrano insormontabili.
Nikolas pur sembrando, negli atteggiamenti e nei comportamenti, molto più grande della sua età, non smette di far tenerezza.
È triste e disperato, ma nonostante questo non smette di pensare costantemente agli altri: ai genitori che non ci sono più, alla sorellina dispersa in mare (per la quale non smette di intagliare il giocattolo che aveva iniziato prima della tragedia), alla famiglia che lo ospita, alla quale non vuole essere di alcun peso.

Quello che mi chiedo ora e che penso vi stiate chiedendo anche voi è: riuscirà Nikolas a riaprire nuovamente il suo cuore a qualcuno?
O la paura di affezionarsi e perdere chi ama gli impedirà di lasciarsi andare?

Prima di lasciarvi la parola vi ricordò le prossime tappe:

14 Dicembre ❤️ Seconda tappa: la ospiterà Stefania del blog "La ragazza che annusava i libri".
21 Dicembre ❤️ Terza tappa: la ospiterà Aquila Reale del blog "La penna d'oro".
28 Dicembre ❤️ Quarta e ultima tappa: la ospiterà Sonia del blog "Il salotto del gatto libraio".

Inoltre potete continuare a commentare giorno dopo giorno sulla pagina dell'evento


E ora diteci quali emozioni e pensieri vi ha suscitato questa lettura?

giovedì 3 dicembre 2015

Recensione: "Lo straordinario viaggio di Edward Tulane" di Kate DiCamillo

Titolo: Lo straordinario viaggio di Edward Tulane
Autore: Kate DiCamillo
Illustratore: Bagram Ibatoulline
Editore: Giunti
Data di Pubblicazione: 2014
Pagine: 128
Prezzo: 5,90 € 

Trama:
C'era una volta, in una casa in Egypt Street, un coniglio di porcellana di nome Edward Tulane.
Il coniglio era estremamente soddisfatto di se stesso, e per molte buone ragioni: di bell'aspetto ed elegante, apparteneva a una bambina di nome Abilene che lo adorava e lo trattava con ogni cura, ed era per di più, a tutti gli effetti, parte integrante della famiglia.
Ma poi, un giorno, il coniglio andò perduto. Edward, abituato a vivere nel lusso e nella bambagia, si ritrova improvvisamente solo, e in balìa degli eventi.
Dal fondo dell'oceano alla rete di un pescatore, da un mucchio di spazzatura al falò di un campo di vagabondi, fino alle strade di Memphis: queste sono solo alcune delle tappe di questo viaggio straordinario che porteranno il nostro amico a comprendere una grande verità: perfino un cuore del tipo più fragile può imparare ad amare, a soffrire, e ad amare di nuovo...

Recensione:
A prima vista questo libro potrebbe sembrare la tipica favola per bambini, con tanto di proverbiale frase d'apertura. Tuttavia, già delle prime pagine, appare ovvio al lettore che la storia narrata di convenzionale avrà, fortunatamente, ben poco.
Basti già pensare al protagonista, Edward Tulane, che è, senza dubbio, un personaggio particolare, unico nel suo genere, oserei dire.
Prima di tutto è un coniglio di porcellana, ossia un raro e raffinato esemplare di giocattolo, che solo le famiglie più benestanti possono permettersi di acquistare per i loro bimbi.
E come se non bastasse è un coniglio essenzialmente innamorato di se stesso. Non a caso il nostro caro Edward annovera tra i suoi passatempi preferiti, se non addirittura l'unico, il rimirarsi per ore e ore nei vetri delle finestre, per potersi gloriare del suo splendido e raffinato riflesso.
Non ama le manifestazioni d'affetto, neppure gli abbracci della compagna di giochi Abilene, non ama chi lo tratta con condiscendenza, non ama chi lo umilia considerandolo al pari delle altre bambole, e in generale, non ama niente e nessuno.
Nonostante gli altri componenti della famiglia Tulane non facciano che coinvolgerlo in ogni situazione, facendolo sentire a tutti gli effetti un membro della famiglia (naturalmente più per compiacere la piccola Abilene che per lo stesso Edward), il coniglio non sembra in nessun modo apprezzare l'affetto da questi elargito.
Anzi si mostra per giunta indisponente, infastidito dalle conversazioni poco interessanti o dalle smancerie non richieste.
Naturalmente il destino saprà dare al piccolo birbante una bella lezione, insegnandogli a non dare nulla per scontato, ad apprezzare il presente, e perfino, cosa per lui insolita, ad amare chi gli sta vicino.
So già che adesso tutti starete esclamando "ma che fantasia, ecco la solita morale della favola" e invece no, perché il messaggio del libro è sì importante, ma non rappresenta nulla di più, se non il fine ultimo a cui bisognerà prima o poi arrivare.
E se, come giustamente si dice, il percorso è spesso più importante della meta, sappiate che il peregrinare di Edward Tulane è un viaggio meraviglioso, costellato di incontri speciali e forti emozioni.
E in effetti, se dovessi definire questo racconto con una sola parola, direi proprio "emozionante". La scrittrice è stata abilissima in questo, a creare un bellissimo mosaico, alternando momenti di ironia ad altri più malinconici, regalando sorrisi ma anche facendo commuovere al momento opportuno.
In generale "Lo straordinario viaggio di Edward Tulane" rappresenta, almeno dal mio punto di vista, uno di quei libri capaci di conquistarti già dalle prime parole, uno di quelli che ti restano nel cuore, come solo le storie più belle sanno fare.
Una narrazione fatta di personaggi speciali e ricchi di buoni sentimenti, di sofferenza e di speranza, di contenuti profondi resi in modo leggero e delicato.
Un piccolo capolavoro, impreziosito dalle bellissime illustrazioni di Bagram Ibatoulline, che introducono e talvolta anticipano, in modo eccellente ogni capitolo.
Un racconto che tocca le corde del cuore, e ti ricorda che, se ci credi davvero, non è mai tardi per ritrovare la strada di casa.

Considerazioni:
Poche volte mi sono trovata così in difficoltà nello scrivere una recensione.
Continuavo a pensare a come descrivervi le sensazioni provate nel corso della lettura, e mi sono chiesta più volte come dirvi quali sono le cose che ho amato di questo racconto.
Potrei rispondere il personaggio di Edward, dapprima così schivo e poi sempre più affettuoso, oppure il lato ironico di certe situazioni e quello amaro di molte altre, o ancora la dolcezza di Bryce e Sarah Ruth, la spensieratezza di Bull e Lucy o la tenera solitudine di Nellie e Lawrence.
Ma in realtà, anche sommando tutti questi fattori, non riuscirei ad esprimere ciò che ho trovato in questo libricino.
È una di quelle storie che, seppur scritte in maniera esemplare, riescono con parole semplici ad affrontare tematiche molto più complesse, come la malattia, la morte, il dolore e la solitudine.
Proprio quest'ultima è una delle protagoniste latenti di tutta la storia.
Alcuni potrebbero giudicare negativamente o definire poco verosimile che, persone adulte o addirittura in età avanzata, dedichino tempo e attenzioni ad un pupazzo. Io ritengo invece che questo dato non faccia che portare alla luce come alcune categorie, quali gli anziani e i senzatetto, o in alcuni casi persino i bambini, siano troppo spesso abbandonati al proprio destino, senza nessuno che si preoccupi di far loro compagnia, o anche solo di ascoltare cosa hanno da dire.
L'autrice riesce a far trapelare, senza rivelarlo esplicitamente, lo stato d'animo di Lawrence e Nellie, o di Bull e degli altri vagabondi, che trovano improvvisamente in Edward un complice, capace di ascoltare senza mai giudicare.
E una delle cose che più mi ha più colpito è stato proprio il constatare come tutti gli argomenti (di cui quello accennato prima è solo uno dei tanti) siano narrati in modo credibile, dando ampio spazio ai sentimenti.
Lo stesso Edward, pur essendo in fin dei conti solo un giocattolo, diventa sempre più "umano", e sempre più capace di reazioni sincere. Da questo punto di vista potrebbe anche essere definito una commistione del personaggio di Pinocchio e dell'uomo di latta descritto ne "Il mago di Oz". Tuttavia, al contrario di questi ultimi, qui non si perde mai il punto di vista dell'oggetto inanimato, impossibilitato a parlare, camminare o agire da solo.
Proprio per questo proveremo spesso tenerezza per il coniglietto che non può fare altro che aspettare che qualcuno si ricordi di lui e vada a salvarlo, che non riesce ad evitare di rammaricarsi sapendo di non riuscire a dar sfogo con le lacrime, come fanno invece tutti gli altri, al dolore che sente, che non può che restare inerte, mentre passa da padrone in padrone,  o che, non potendo chiudere gli occhi e dormire, trova conforto, notte dopo notte, solo nelle stelle che fanno capolino alla sua finestra.

Edward guardò le stelle. Cominciò a elencare i nomi delle costellazioni, e poi si fermò. 
"Bull" chiamò il suo cuore. "Lucy". 
Quante volte, si chiese, sarebbe stato costretto ad andarsene senza avere la possibilità di dire addio?
Un grillo solitario attaccò una canzone. 
Edward lo ascoltò. Qualcosa dentro di lui, proprio in fondo, gli faceva male. Avrebbe tanto desiderato poter piangere.

E sempre più proveremo affetto per il nostro protagonista alla ricerca di se stesso.
Parte fondamentale in questo lavoro avranno ovviamente gli altri personaggi che faranno di Edward, ognuno in un momento differente, il loro più fidato confidente. Ascoltando i racconti dei suoi nuovi amici, condividendo gli stessi problemi e le stesse avversità, e dando il giusto peso a cose che prima considerava di vitale importanza, Edward inizierà a sua volta a guardare la sua vita da una diversa prospettiva.
Perché, come diceva Marcel Proust "un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi", e l'esplorazione che il nostro amico è costretto ad intraprendere non fa di certo eccezione. Un viaggio non solo nel mondo ma anche dentro di sé, un percorso difficile, disseminato di tante traversie da affrontare, prima di riuscire finalmente a vedere, e prima di lasciarsi guidare dal cuore, senza più paura.
Ed è davvero così per Edward, per quanto l'itinerario del protagonista tocchi nuove destinazioni e nuovi personaggi, il traguardo più importante per lui sarà imparare che amare è importante quanto essere amati, e che il dolore è una componente dell'amore che bisogna saper accettare.
Il povero Edward infatti, dopo aver molto amato e altrettanto sofferto, non riesce davvero a capire il senso di tanto patire, tanto ad arrivare a pensare di chiudere per sempre il suo cuore. Perché concedersi ancora una possibilità, perché affezionarsi ad altre persone, se sai già che prima o poi dovrai perderli?

Per un pezzo il posto accanto a lui rimase vuoto mentre, un giorno dopo l'altro, la porta del negozio si apriva e si chiudeva, lasciando entrare il sole del mattino o la luce del tardo pomeriggio, facendo fremere i cuori delle bambole. Perché ogni volta che la porta si apriva, tutte loro pensavano: "questa volta sì, questa volta vorranno proprio me". 
Edward era l'unico a pensarla diversamente. Era orgoglioso di non sperare, di non permettere al suo cuore di fremere, di tenere il suo cuore sottochiave, immobile e silenzioso.

Ma se c'è qualcosa che insegna questo libro è proprio il non arrendersi.
Tutti noi siamo Edward Tulane, o perlomeno lo siamo stati in un determinato momento della nostra vita. Tutti siamo andati in frantumi, almeno una volta. Tutti abbiamo dovuto raccogliere i pezzi, farci forza ed andare avanti. Perché, a volte, non si può far altro che prendere la vita per quello che è, cercando di vedere sempre una luce oltre il tunnel, o sperando di notte in una nuova alba che ci lasci senza fiato. 
il mio voto per questo libro