Titolo: Il racconto dell'ancella
Titolo originale: The Handmaid's Tale
Autore: Margaret Atwood
Editore: Ponte alle Grazie
Data di pubblicazione: 1 giugno 2017
Pagine: 398
Prezzo: 16,80 €
Trama:
Alla fine del ventesimo secolo le superpotenze mondiali sono stremate dalla guerra, mentre la Terra è devastata dall'inquinamento radioattivo e chimico.
Per sedare le rivolte intestine, viene siglato un "accordo sulle sfere di influenza" che lascia liberi i governi di scegliere il proprio ordinamento politico, senza che le altre nazioni si intromettano. Come risultato, nel Nord America, a seguito di un golpe, si insedia un regime totalitario teocratico di ispirazione biblica, la "Repubblica di Galaad" che, sin da subito, dichiara illegali le altre confessioni religiose ed i matrimoni al di fuori della Chiesa di Stato.
Da un giorno all'altro le donne sono private di ogni bene, ogni diritto, ogni libertà, e rigettate indietro in un tragico medioevo.
Il vertice della piramide sociale di Galaad è rappresentato dai Comandanti, i depositari del potere. Seguendo il precetto biblico della Genesi, secondo cui ai mariti con mogli sterili, era permesso copulare con le proprie serve, i Comandanti si dotano di Ancelle, donne fertili, asservite all'uomo per scopi riproduttivi.
Tra di queste Difred, la voce narrante di questa storia. Sarà lei a guidarci nella sua vita, se così si può chiamare, fatta solo di costrizioni e di vuoti. Sarà lei a parlarci del suo presente, impregnato di rassegnazione e flebili speranze, e del passato che, nonostante tutto, si rifiuta di abbandonare.
Recensione:
Difred non ha più una casa, una famiglia, degli amici, dei soldi. Non ha la libertà di scegliere dove andare e cosa fare. Non ha più diritti, e neanche un nome, se non quello che la identifica come la proprietà di un uomo (Fred appunto), il Comandante che hanno selezionato per lei, o per meglio dire, a cui lei è stata assegnata.
Difred, come tutte le altre ancelle, non è nulla di più di un oggetto, un corpo vuoto da riempire con un figlio, un mezzo per incrementare una popolazione a crescita zero. Un mezzo per raggiungere un fine.
Difred non ha nulla, ma ha una storia da raccontare. Non sa a chi, non sa se qualcuno potrà mai effettivamente ascoltarla, ma non è questo che conta.
L'importante è avere ancora il controllo su qualcosa, poter dire di non essersi arresi del tutto e di non aver rinunciato a combattere.
Dirò a voi, a voi, come una vecchia canzone, voi significa più di uno.
Voi può significare migliaia.
Non mi trovo in nessun pericolo immediato, dirò.
Farò finta che voi mi possiate udire.
Ma non serve, perché so che non potete.
Questo libro è la confessione di una ragazza, ma è anche il racconto dal punto di vista delle ancelle, di tutte loro.
Di quelle donne che non possono fare altro che accettare le regole loro imposte se non vogliono andare incontro a morte certa.
È la storia di un'ancella qualunque, e di una donna qualunque in un mondo a misura d'uomo.
È un canto disperato, come quello di un uccello in gabbia che vuole volare e vivere. Che vuole fuggire.
Ed è questo che rende la lettura particolarmente intensa: nelle pagine si percepiscono in maniera netta gli stati d'animo della protagonista, dallo sconforto e la rassegnazione sino all'attesa fiduciosa di un cambiamento.
I pensieri di Difred vagano da una meta all'altra: dall'inizio di tutto e l'indottrinamento al Centro Rosso sino alla vita passata con la sua vera famiglia, per poi giungere al presente, alla convivenza con il Comandante e sua moglie, Serena Joy.
I ricordi si intrecciano tra loro, e danno a noi lettori la possibilità di capire poco a poco come sono andati realmente i fatti e cosa ha portato all'instaurazione della dittatura.
Ci permettono anche di avere accesso alla vita intima di Difred, al suo amore per il marito Luke e per la figlia, strappatale di punto in bianco.
Queste scene sono particolarmente toccanti perché parlano di sentimenti in un mondo in cui le emozioni sono abolite, anche se devo ammettere che il coinvolgimento emotivo è preponderante in tutto il libro.
La Atwood si è mostrata particolarmente abile nel rendere gli stati d'animo della protagonista, dallo scoramento alla confusione, alla tristezza fino al puro terrore.
Ogni sensazione, anche la più futile, è descritta in maniera vivida ed intensa.
Inoltre, l'autrice, oltre ad una scrittura eloquente ed avvincente, ha dato prova di avere anche una spiccata fantasia.
Non si è limitata infatti a scrivere un romanzo, ma ha creato un vero e proprio universo, in cui nessuno può dirsi al sicuro, ed il nemico può essere dovunque e chiunque.
Tante sono le figure delineate, per la maggior parte donne. Le mogli, le ancelle, le marte, le zie, ognuna di esse ha un ruolo preciso e dei confini specifici da rispettare.
Sono parti integranti della società, sebbene siano relegate a vivere in funzione degli uomini che fungono da padroni.
A queste si aggiungono le donne anziane o non fertili, le cosiddette "Nondonne", le quali assieme ai riottosi, vengono eliminate o esiliate nelle colonie, ove vengono impiegate in lavori umili o, nel peggiore dei casi, nello smaltimento dei rifiuti tossici che hanno contaminato il pianeta.
Pur avendo un ruolo marginale nella storia, alla stregua di comparse, anche gli uomini sono ben caratterizzati e differenziati nelle loro mansioni (siano essi Occhi, Custodi o Angeli).
Per quanto riguarda la narrazione, come dicevo prima, essa segue apparentemente un ordine cronologico, per dare difatti sfogo il più delle volte ad un flusso di pensieri sparsi e differenziati. Ho apprezzato molto questa scelta, perché consolida la veridicità della storia e rende il racconto più realistico.
Anche il soffermarsi su particolari apparentemente futili, come le abitudini alimentari o le passeggiate, i modi di dire, i vecchi giochi e le riviste patinate proibite, contribuiscono a creare un quadro di vita vissuta.
Altra cosa che caratterizza il libro è il suo essere un distopico attualissimo.
Spesso quando si pensa a questo genere letterario si immaginano subito scenari post-apocalittici, catastrofi naturali, mutazioni genetiche, ribellioni e via dicendo.
In realtà tutti questi ingredienti sono presenti nel romanzo, anche se solo accennati. Ciò che si vuole invece mettere in luce è come il regime totalitario si sia imposto sulla scena in maniera graduale, con un percorso naturale, senza che nessuno cogliesse i segnali di pericolo (o in alcuni casi con altri che sceglievano deliberatamente di ignorarli).
Così la repressione di tutti i diritti spettanti alle donne non è percepita come un fulmine a ciel sereno, e così anche tutta la propaganda ideologica religiosa.
Era così che si viveva allora? Vivevamo di abitudini. Come tutti, la più parte del tempo. Qualsiasi cosa accade rientra sempre nelle abitudini. Anche questo, ora, è un vivere di abitudini. Vivevamo, come al solito, ignorando. Ignorare non è come non sapere, ti ci devi mettere di buona volontà.
Nulla muta istantaneamente: in una vasca da bagno che si riscaldi gradatamente moriresti bollito senza nemmeno accorgetene. C'erano notizie sui giornali, certi giornali, cadaveri dentro rogge o nei boschi, percossi a morte o mutilati, manomessi, così si diceva, ma si trattava di altre donne, e gli uomini che commettevano simili cose erano altri uomini. Non erano gli uomini che conoscevamo. Le storie dei giornali erano come sogni per noi, brutti sogni sognati da altri. Che cose orribili, dicevamo, e lo erano, ma erano orribili senza essere credibili. Erano troppo melodrammatiche, avevano una dimensione che non era la dimensione della nostra vita.
Noi eravamo la gente di cui non si parlava sui giornali.
Vivevamo nei vuoti spazi bianchi ai margini dei fogli e questo ci dava più libertà.
Vivevamo negli interstizi degli spazi altrui.
Bizzarro come la vita passata di Difred sia descritta esattamente come il nostro presente (con la sovraesposizione del corpo e l'esibizionismo smodato, la promiscuità sessuale e la manifestazione di libertà di espressione e di pensiero), e come il suo presente ne sia invece l'opposto (passeggiate per due donne alla volta, solo conversazioni formali, nessun contatto fisico, rapporti sessuali esclusivamente a scopi riproduttivi).
Proprio questa vicinanza di scenario rende l'impatto psicologico molto più forte, considerando che, per chi legge, non è così arduo (e aggiungerei purtroppo), prevedere risvolti simili.
Considerazioni:
Un paio di anni fa mi era stato consigliato, da un'altra bookblogger, questo libro, di cui tra l'altro avevo letto sempre e solo opinioni positive.
Ero ansiosa di leggerlo, lo ammetto, anche per verificare se tutti questi giudizi altisonanti avevano o meno un fondamento di verità.
Tuttavia il romanzo fino a pochi mesi fa risultava introvabile (essendo fuori catalogo), ma per fortuna, in occasione dell'uscita della serie tv omonima, la casa editrice ha deciso di pubblicare una nuova edizione.
Ora, dopo averlo letto, pur non ricordando precisamente le recensioni lette in passato, posso dire di essere concorde sul fatto che è sicuramente un libro da leggere, perché offre molti spunti di riflessione, anche, e soprattutto, sul presente.
Non ho particolari appunti da fare. Il romanzo, pur essendo di quasi quattrocento pagine, risulta scorrevole e coinvolgente.
Non offre grandi colpi di scena o svolte epocali, questo è vero, ma non trovo che la cosa rappresenti un difetto.
Anzi, uno degli aspetti che ho più apprezzato è la rappresentazione della ribellione di Difred come una vibrazione sotterranea appena percepibile, che diventa man mano più evidente.
In questo mi ha ricordato
"1984" di George Orwell, con cui "Il racconto dell'ancella" ha più di un'affinità, tra cui il clima fortemente repressivo, la sorveglianza ad ampio raggio d'azione e lo stato di allerta perenne.
Come Winston, anche la nostra protagonista fa di un piccolo gesto senza alcuna importanza, quale può essere il rubare un fiore o curare il proprio corpo, un decisivo episodio di autoaffermazione.
Rispetto al classico di Orwell, il libro della Atwood ha però una prosa più asciutta che rinuncia, il più delle volte, a descrizioni di torture fisiche, puntando più sul profilo psicologico.
Basti pensare come alcune delle ancelle finiscano per convincersi davvero del loro ruolo di progenitrici scelte, tanto da arrivare a distruggersi, qualora non risultassero all'altezza di questo grande compito.
A tal proposito vorrei spendere due parole su Moira, l'amica di vecchia data della protagonista.
So che sarebbe più facile parlare di Difred o di Diglen, in quanto più presenti nella storia, ma in realtà per me la vera eroina è lei. Ho adorato il suo essere sempre controcorrente, dura quando necessario e confortante quando serve. Il suo guardare in faccia la realtà e il non arrendersi, non piegarsi ad essere una pancia sfornabambini.
Moira, ovunque tu sia, sappi che tifo per te. Come potrei non farlo del resto, dopo il tuo agguato a zia Elisabetta? XD
Per quanto riguarda le altre ragazze devo dire che in un modo o nell'altro mi sono affezionata a tutte, un po' come ci sia affeziona agli agnellini destinati alla macellazione (scusate il macabro paragone).
Sono tutte vittime di un sistema che non hanno scelto, comprese le mogli, costrette a guardare il proprio marito mentre si accoppia con un'altra donna più giovane e, probabilmente, più desiderabile.
La bellezza di questo libro sta nel fatto che non prevede vincitori.
In realtà anche le persone collocate in posizioni di potere, seppure decisamente più fortunate, non possono dirsi felici, in quanto limitate da regole ferree e rituali da rispettare.
Che siano Comandanti, Occhi o Angeli, tutti non fanno che rimpiangere un passato che sembrava così sbagliato e peccaminoso, ma che era difatti perfettamente perfetto nelle sue imperfezioni.
Ringrazio la casa editrice Ponte alle Grazie per avermi fornito una copia di questo romanzo
il mio voto per il libro