lunedì 18 novembre 2019

Recensione: "Mia cugina Rachele" di Daphne Du Maurier

Titolo: Mia cugina Rachele
Autore: Daphne Du Maurier 
Editore: Neri Pozza
Data di pubblicazione: 21 settembre 2017
Pagine: 383
Prezzo: 17,00 € 

Trama:
Philip Ashley è convinto di avere molti validi motivi per odiare Rachele, vedova dell’amato cugino Ambrose, venuto a mancare in circostanze poco chiare, nella lontana Firenze. Quando la bellissima e misteriosa Rachele lo raggiunge in Cornovaglia, tuttavia, Philip si scopre incapace di resistere al suo fascino. 
Ma chi è davvero Rachele? Una donna innamorata e sofferente o un’arrampicatrice sociale che cerca soltanto di impadronirsi della sua ricchezza, come ha già fatto con il defunto marito?

Recensione:
Nelle campagne inglesi della metà dell'Ottocento si snoda una storia di intrighi, seduzione, sospetti e segreti, che vede al centro di tutto la presenza della conturbante e ambigua Rachele, trentacinquenne originaria di Firenze.
Lì la nostra donna del mistero ha conosciuto e sposato Ambrose, suo lontano parente, grande proprietario terriero e discendente della ricca casata degli Ashley.
E, se tra i due, inizialmente, pare essere scoppiato un amore maturo fatto di passeggiate all'aria aperta, gite campestri, cene rustiche e semplici momenti di vita quotidiana, con il passare del tempo, il loro rapporto sembra cambiare.
Rachele non è più la mogliettina premurosa di un tempo: sperpera denaro, vede altri amanti, è fredda e distaccata, trama nell'ombra. Questo è, perlomeno, il ritratto che viene fuori dalle ultime lettere che l'uomo spedisce in Cornovaglia, indirizzandole a Philip, cugino di vent'anni più giovane, nonché erede di tutta la fortuna di Ambrose.
Il ragazzo infatti, se dapprima riceveva dall'Italia lettere pregne di felicità e speranza per il futuro, a distanza di mesi trova nella cesta della posta solo poche inquietanti frasi, concluse da un disperato grido d'aiuto: "Rachele, il mio tormento, mi sta distruggendo"
Ambrose, ad una decina di giorni di distanza da quell'accorato appello, muore, ufficialmente per una malattia al cervello che, negli ultimi tempi, gli impediva di pensare lucidamente.
Ma sarà andata davvero così? O dietro la dipartita dell'amato signor Ashley si cela un piano diabolico e pericoloso?
Da queste premesse prende avvio la storia di Daphne du Maurier che, con estrema maestria dipinge i suoi personaggi, caratterizzandoli poco a poco, e conferendo ad ognuno di essi sempre nuove inquietanti sfumature. Sono loro, del resto, a fare da motore all'azione: il rancore, il dolore e la diffidenza di Philip che man mano si va trasformando in qualcosa di diverso, ed il comportamento materno e confidenziale della vedova che, nel mentre, sembra sciogliere il cuore di ghiaccio del nuovo padrone di casa.
Ed è proprio lui a raccontarci come l'arrivo di Rachele in terra inglese abbia cambiato per sempre le sorti di tutti, ed in particolare le sue.

La sentii salire le scale. 
Mi sedetti a guardare il fuoco. Mi sembrava che, semmai in casa fosse rimasto un sentimento ostile, questo non venisse né da lei né da Ambrose: era un seme piantato nel profondo del mio cuore, mai gliene avrei parlato e non c'era bisogno che lo venisse a sapere. 
Ancora una volta commettevo il vecchio peccato della gelosia, che credevo morto e sepolto. Ma questa volta non ero geloso di Rachele, bensì di Ambrose, l'uomo che fino a quel momento avevo amato sopra ogni altra cosa al mondo.

Pagina dopo pagina il lettore viene trascinato in una spirale di tensione ed inquietudine, alla ricerca della verità, o di ciò che più si avvicina ad essa.
La lettura, soprattutto nella prima parte, è molto coinvolgente. Più si va avanti, più viene voglia di scavare a fondo nell'animo della misteriosa Rachel, e nel passato suo e di Ambrose. Tuttavia, se l'avvio pareva più che promettente, da un certo punto in poi, la narrazione diventa abbastanza prevedibile: non c'è stupore nell'assistere all'evolversi del rapporto tra lei e Philip, ed i colpi di scena sono centellinati e non così incisivi come ci si sarebbe aspettati.
Diciamo che questo è il vero difetto del libro, non essere riusciti, forse persino intenzionalmente, a portare avanti con fermezza l'intrigo iniziale. Nel corso delle pagine saltano fuori sporadici inconfutabili indizi che, invece di essere approfonditi per dare luogo a nuovi sconvolgenti scenari, vengono subito accantonati a favore di un accorato viaggio nei sentimenti che, al contrario, viene sciorinato in ogni sua sfaccettatura. 
Personalmente avrei preferito più pathos, più indagini, più tinte noir e meno romance. L'ambiguità che, in prima battuta, dava l'impressione di essere il fulcro di tutto il libro, alla fin fine rimane solo uno specchietto per le allodole, in quanto ogni sviluppo si rivela facilmente ipotizzabile, già dopo i primi capitoli.
Un vero peccato perché, per me, questa trama aveva tutte le premesse per fare di "Mia cugina Rachele" uno di quei romanzi che ti tiene incollato alle pagine, impegnato a vagliare mille ipotesi per poi venire nuovamente sorpreso.
E non fraintendetemi, il libro, nonostante le lacune, è davvero bello. In primo luogo per la penna della scrittrice, che è indubbiamente una fuoriclasse, una di quelle capaci di descrivere così bene ciò che accade, da farti sentire pienamente parte degli eventi e farti immaginare anche il più piccolo particolare.

Il vento del giorno prima si era spostato all'interno e aveva portato via con sé la pioggia; a mezzogiorno il sole aveva fatto capolino, il cielo si era fatto terso. 
L'aria era luminosa e frizzante di sale e questo conferiva alla passeggiata un gusto particolare; si riusciva a sentire il rumore del mare che si frangeva sugli scogli davanti alla baia. 
Capitava spesso, in autunno di avere giornate così, che non appartenevano ad una stagione precisa e avevano una freschezza tutta loro: nell'aria c'era già il brivido delle ore d'inverno, ma il profumo era ancora quello dell'estate.

Poi le ambientazioni, la brulla campagna inglese, così splendida e selvaggia, incantevole sia nel rigogliosa e brillante primavera, sia nel lento sfiorire dell'autunno.
Già solo per gli scenari indimenticabili, il romanzo meriterebbe di essere letto.
E non dimentichiamo tutti quei deliziosi rituali del passato - i ricevimenti, le visite di cortesia, i giri in calesse, i pomeriggi sonnacchiosi da trascorrere in biblioteca, o le serate passate nel boudoir, tra conversazioni leziose, tisane alle erbe e ricami - che permettono a noi lettori di assaporare i fasti e le consuetudini della mondanità di un tempo. 
Inoltre, come accennavo prima, la carta vincente di questo romanzo sta proprio nell'analisi psicologica dei personaggi, nelle loro luci e nelle ombre, nel loro saper plasmare a proprio piacimento l'interlocutore (nel caso di Rachele) o corrompere se stessi pur di ottenere ciò che si desidera (come accade a Philip). Tra i due protagonisti la chimica iniziale tende con il passare dei mesi a trasformarsi in un duello in cui, si sa, solo uno ne uscirà vittorioso, il tutto sta nello scoprire chi alla fine avrà la meglio.
Un libro che, proprio per questo, prende molto a livello emotivo, e ti spinge a sospirare, sperare e agognare fino all'ultima pagina.

Considerazioni:
Se non hai letto il libro, e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Quando ho iniziato questo libro non sapevo assolutamente nulla della trama e forse questo è stato un bene, perché mi ha permesso di godermi appieno ciò che veniva raccontato.
Già dalle prime pagine mi sono sentita coinvolta, dal turbamento emotivo di Philip, dal suo senso di colpa, dal suo sofferente viaggio nei ricordi.
Ho amato sin da subito il ritratto del rapporto "padre-figlio" tra Ambrose e Philip, la loro vita all'insegna della libertà e dell'affetto, l'incredibile sintonia e il senso di protezione reciproco. Rare volte mi sono imbattuta in un unione maschile così piacevole da leggere (l'ultima, credo, con Jay Gatsby e Nick Carraway di Francis Scott Fitzgerald), il che mi ha stupita positivamente.
Proprio per questo, nel momento in cui il povero Ambrose viene a mancare, da solo in terra straniera, circondato da persone di cui non si fida, e chiedendo aiuto all'unica persona che avrebbe potuto e voluto salvarlo, io ero certa e desiderosa di assistere alla vendetta di Philip.
Immaginate quindi la mia delusione quando, con l'arrivo di Rachele in Cornovaglia, ho visto l'agguerrito ventenne sciogliersi come neve al sole.

Non so di cosa fossero fatti i suoi vestiti, forse di seta rigida, o di broccato, o di satin, ma sembrava che sfiorassero il pavimento, poi si sollevassero, poi ricadessero ancora; forse era la levità del vestito, forse era la grazia del suo incedere ma, quando lei entrava, la stanza, che prima era scura e austera, all'improvviso prendeva vita. 
Alla luce delle candele sembrava più dolce. Era come se il chiarore del mattino e le ombre più cupe del pomeriggio fossero dedicate al lavoro, alla praticità; lei si muoveva rapida, sicura e brillante. Ma a sera, con le imposte serrate, il maltempo chiuso fuori e la casa ridiventata un luogo intimo, lei risplendeva di un'aura che di giorno era rimasta nascosta. Le sue gote erano più colorite, i capelli lucevano, gli occhi parevano più profondi e qualunque movimento facesse, che andasse allo scaffale a prendere un libro, o si chinasse ad accarezzare Don accovacciato dinanzi al camino, in lei c'era una grazia naturale, piena di fascino.

E va bene, in un primo momento ci può anche stare. Anche perché la bella fiorentina si dimostra perfettamente capace di studiare anche la più minima mossa, pur di raggiungere i risultati sperati. Riveste alternativamente i panni della vedova sofferente, della compagna di giochi, della confidente fidata e persino della figura materna assente, pur di far breccia nel cuore martoriato del fragile ragazzo.
Ma a tutto c'è un limite! Quando alle orecchie di Philip iniziano ad arrivare voci non proprio lusinghiere sul passato della cugina, quando lui stesso viene a sapere dei conti in rosso e di come lei continui a sperperare denaro, e peggio ancora, quando trova altre lettere dal passato firmate dall'amato cugino, il nostro protagonista mette la testa sotto la sabbia proprio come uno struzzo.
Non vuole sentire, non vuole sapere e, soprattutto, non vuole credere, persino se è lo stesso Ambrose a descrivere la misteriosa Rachele come una manipolatrice subdola, una donna veniale e spietata.
Strappa quei pezzi di carta - gli stessi che solo pochi mesi prima lo avrebbero annientato - come se fossero privi di alcun valore, per poi continuare imperterrito e tranquillo la vita condivisa con la moglie del cugino.
Ma io dico, come può essere possibile? Per quanto uno possa essere annebbiato dal sentimento, non è credibile che non sorga neanche un piccolo dubbio, a maggior ragione se si sta parlando della probabile assassina della persona che si ha amato di più al mondo.
Più Philip andava avanti con il suo atteggiamento ottuso e volutamente cieco, più veniva a cadere l'immagine di quel rapporto speciale tra i due signori Ashley, che avevo tanto amato. Più Philip seguitava nella suo sogno ad occhi aperti, più avrei voluto scuoterlo per obbligarlo a vedere la realtà.
Ogni volta un nuovo indizio mi faceva ben sperare, con il risultato di venire nuovamente delusa.
Inutile dire come da un certo punto in poi la lettura sia diventata, oltre che poco credibile, estremamente irritante.
Ora, mi si potrebbe dire che il ragazzo era orfano, inesperto con le donne, e privo di qualsiasi amore materno, per cui una preda facile, ma vederlo elemosinare carezze fino all'ultimo secondo è stato, per me, estenuante.

Penso di aver capito in quell'istante quel che anche Ambrose aveva capito. Capii che cosa aveva visto in lei, che cosa aveva desiderato senza mai ottenerlo. capii il tormento, il dolore, l'abisso che si apriva tra loro. 
Gli occhi di Rachele, così scuri, così diversi dai nostri, ci fissavano senza comprenderci. Ambrose era lì nell'ombra accanto a me, sotto la luce tremula delle candele. Noi la guardavamo straziati, senza speranza, e lei ci guardava con fare accusatorio. 
Nella penombra anche il suo viso era straniero. Un viso sottile, un profilo su una moneta. La mano che stringevo non era più calda. Fredde e ossute, le dita lottavano per liberarsi, gli anelli mi graffiavano il palmo. Le lasciai andare e subito avrei voluto non averlo fatto.

Poi c'è tutta la questione dell'amore malato che si trasforma in ossessione pura.
Infatti, pur nel caso in cui la donna fosse stata realmente una mantide religiosa (come in effetti credo), e pur avendo lei sicuramente giocato con i sentimenti dei suoi amanti, ciò non giustifica le reazioni spropositate, persino violente, di lui. Tutte finalizzate poi non a vendicare la morte di Ambrose, come sarebbe presumibile e quantomeno giustificabile, ma a trattenere con sé, e con ogni mezzo possibile, l'amata. Cose dell'altro mondo!
Per quanto riguarda Rachele invece, non ho mai nutrito nessun reale dubbio su di lei.
Mi è sempre parso di assistere ad una recita, fatta di moine e frasi ad effetto, di tenerezza, lusinghe, ritrarsi improvvisi, e prevedibili ritorni. Le tipiche strategie femminili per abbindolare un uomo.
Credo sia ciò che non va nella lettura. Il personaggio della donna non è mai messo realmente in discussione. Non c'è stupore quando la dolcezza si trasforma in freddo cinismo, non c'è un colpo di scena di fronte alla rivelazione finale.
Forse proprio per questo motivo, alla fin fine, per quanto lei sia scaltra e smaliziata, non si riesce neanche a condannarla del tutto. In una considerazione generale della storia, la sua pantomima era così palese agli occhi di tutti, che solo uno stolto avrebbe potuto non capire ciò che stava succedendo. Della serie "chi è causa del suo mal, pianga se stesso".
Infatti, se devo dire il vero, se inizialmente bramavo per veder Rachele ripagata con la sua stessa moneta, negli ultimi capitoli il mio malanimo era principalmente rivolto al giovane Ashley, così incurante delle sorti del cugino Ambrose, completamente assorbito dal suo desiderio di conquista e divorato dalla gelosia.
Parlando del finale invece, devo dire che, pur non potendosi considerare sconvolgente come un fulmine a ciel sereno, mi ha soddisfatto, perché non prevede vincitori, ma solo persone condannate a fare i conti con la propria coscienza e le proprie azioni.
E che dire poi della scrittura dell'autrice inglese? Quella sì che mi ha convinto in pieno, con il suo stile elegante e raffinato, a mio avviso, molto vicino a quello de "L'americano" di Henry James.
Leggere della Cornovaglia, così affascinante e piena di incanti, con le scogliere a picco sul mare, la brughiera selvaggia e le praterie sconfinate, è stato per me un vero toccasana.
Non posso dire lo stesso, ahimè, per le scene ambientate a Firenze, dipinta come una terra sciagurata. Ora, io non so come apparisse la città toscana nella metà del Ottocento, ma stento a credere che fosse un pot-pourri di povertà, afa, inedia e putridume.
L'Arno torbido ed invaso da immondizia di ogni sorta - carcasse di animali comprese - paese e circondario colpito dal caldo asfissiante, dalla fame e dalla sete, mendicanti in ogni dove, e polvere in ogni anfratto. Un edificante quadretto del nostro Bel Paese, non pensate? Proprio poco di parte la cara Daphne! Nella sua Cornovaglia il paradiso terrestre, e nella nostra Italia l'inferno ribollente  ╯°□°)╯︵ ┻━┻
Tralasciando questo piccolo particolare, che ammetto mi ha fatto storcere il naso un bel po', consiglio vivamente questo libro che, seppur con qualche carenza, mi ha trascinato in una storia appassionante, lontana nel tempo e nello spazio, ma vicina alla complessità del cuore umano, di ieri, di oggi e di sempre.

Curiosità:
Dal romanzo è stato tratto nel 1952 un film omonimo, diretto da Henry Koster, con protagonista un giovane Richard Burton (il quale ottenne una candidatura al premio Oscar, come miglior attore non protagonista).
Nel 2017 ne è stata realizzata una seconda trasposizione cinematografica, per la regia di Roger Michell, dal titolo "Rachel", ed interpretata da Sam Claflin nel ruolo di Philip, e da Rachel Weisz in quello della protagonista.
Avendo visto solo quest'ultimo, posso dire che, pur con qualche leggera variante, tra cui il finale, il film si dimostra abbastanza fedele al romanzo.

Ringrazio la casa editrice Neri Pozza per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

4 commenti:

  1. Mi incuriosisce molto questo libro, me lo segno! Spero di leggerlo presto

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  2. Dietro a un autrice come questa non nascondo ci sia sempre stato del fascino.. Leggere questa recensione ha alimentato la mia curiosità nei suoi riguardi, e, forse è un segno del destino che io debba conoscerla ☺️☺️

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    1. Io invece vorrei recuperare "Rebecca, la prima moglie", che dicano sia il capolavoro di quest'autrice. Sicuramente leggerò altro di suo in futuro, perché ha uno stile che mi piace molto.

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