mercoledì 10 novembre 2021

Recensione: "The body" di Stephen King

Titolo: The body
Autore: Stephen King
Editore: Sperling & Kupfer
Data di pubblicazione: 4 settembre 2018
Pagine: 216
Prezzo: 10,00 €
Trama:
Alla fine dell'estate, Gordie e i suoi tre migliori amici, spinti dalla voglia di avventura, vanno alla ricerca del cadavere di un loro coetaneo scomparso. 
Motivati dal desiderio - ognuno per una ragione diversa - di riscattarsi e diventare degli eroi, si mettono in cammino lungo i binari della ferrovia. 
Dovranno superare momenti di fatica, paura e mille ostacoli, e scopriranno che i mostri non si nascondono dentro gli armadi, ma nel cuore delle persone. 

Recensione:
Originariamente parte della raccolta "Stagioni diverse", questo racconto ha raggiunto una tale fama da meritarsi una pubblicazione tutta per sé. E non si fatica a capirne il perché. 
La storia dei ragazzi di Castle Rock, infatti, pur non essendo caratterizzata dai tipici toni agghiaccianti del maestro dell'horror, è una di quelle che, in poco più di duecento pagine, riesce a lasciare il segno, ritraendo la bellezza ma anche la crudeltà umana, la fragilità dei perdenti ed il coraggio di chi sa resistere.
A parlarci è Gordon Lachance, uno dei protagonisti, il quale, dopo essere diventato uno scrittore affermato, sceglie di ripercorrere con noi l'ultima avventura trascorsa con i suoi inseparabili amici, il suo personalissimo "autunno dell'innocenza".
 
Le cose più importanti sono le più difficili da dire. 
Sono quelle di cui ci si vergogna, perché le parole le immiseriscono, le parole rimpiccioliscono cose che finché erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale, quando vengono portate fuori. 
Ma è più che questo, vero? 
Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov'è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro, che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portar via. 
E potreste fare rivelazioni che vi costano, per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perché vi sembrava tanto importante da piangere quasi, mentre lo dicevate. 
Questa è la cosa peggiore, secondo me. Quando il segreto rimane chiuso dentro non per mancanza di uno che lo racconti, ma per mancanza di un orecchio che sappia ascoltare. 
Avevo dodici anni — quasi tredici — la prima volta che vidi un essere umano morto. Successe nel 1960, tanto tempo fa... anche se a volte non mi pare così lontano. 
Soprattutto la notte, quando mi sveglio da quei sogni, in cui la grandine cade nei suoi occhi aperti.

Tutto ha inizio quando Vern Tessio, uno dei fantastici quattro, irrompe nel piccolo rifugio della casa sull'olmo, il loro club segreto, per comunicare ai compagni di classe una sconvolgente rivelazione: lui sa dove si trova il cadavere di Ray Brower, il coetaneo scomparso pochi giorni prima, quello di cui tutti parlano.
Quale miglior occasione per diventare popolari? Smettere di essere gli sfigati del quartiere, i rifiuti della società, per essere ricordati invece come gli eroi che hanno risolto il mistero.
I nostri amici, senza pensarci due volte, decidono di partire, alla volta di South Harlow.
Niente bagagli, niente provviste, solo un piano improvvisato per far sì di essere di ritorno a casa la sera seguente, prima di destare sospetti. 
Il viaggio, come potrete immaginare, non filerà liscio come l'olio.
Tanti saranno gli ostacoli da affrontare, dalla notte da passare all'aperto - con tanto di presenze inquietanti, e sospette, nascoste nell'ombra - alla corsa contro il tempo e contro il treno, allo scontro con l'irascibile gestore della discarica, fino al bagno nel lago, che riserverà ai ragazzi un'amara e dolorosissima sorpresa.
I quattro amici si avviano con un solo obiettivo - ritrovare il corpo non ancora rivenuto - ma, come sempre accade quando si raggiunge una meta tanto agognata, troveranno, al loro arrivo molto più di quanto pensassero.
L'esplorazione nella campagna remota, attraversata solo da vecchi binari abbandonati, servirà a cementare le vere amicizie, a rivelare quelle meno salde, a perdonare i propri errori, ad affrontare i fantasmi del passato.
Sì, perché, nonostante la loro giovane età, Gordon Lachance, Chris Chambers, Teddy Duchamp e Vern Tessio portano sulle loro spalle un fardello non indifferente. 
Venuti su in famiglie problematiche, hanno dovuto imparare da soli a difendersi dal mondo, dalla crudeltà dei pregiudizi, dalla mancanza di punti di riferimento.
Partendo da Teddy che seguita a venerare un padre che l'ha ferito più di chiunque altro al mondo, per poi sparire nel nulla; a Gordon, rassegnato al ruolo di figlio invisibile; sino ad arrivare a Vern, bullizzato dal suo stesso fratello; e a Chris, vittima di abusi in famiglia, e di ingiusti preconcetti, da parte degli altri abitanti di Castle Rock.
Sotto la facciata da duri, i ragazzi nascondono tante fragilità, una gran voglia di riscatto, ed un inconfessabile bisogno d'affetto e di comprensione.
Tra una disavventura e l'altra, troveranno gli uni negli altri, chi più chi meno, una guida, un compagno di sventura, un alleato prezioso, un confidente fidato. 
E anche noi lettori, poco alla volta, finiremo per affezionarci a quei combinaguai un po' troppo sboccati, alle loro zuffe, alle dimostrazioni di coraggio, alle prese in giro, ma anche ai saggi consigli.

«Chris si volse a me. 
«Ti ha spaventato quel treno, Gordie?» 
«Noo», feci io, e presi un sorso di Coca. 
«Non molto, sbruffone.» 
Mi diede un pugno al braccio. 
«Veramente! Non ero per niente spaventato.» 
«Sì? Non eri spaventato?» 
Teddy mi scrutava attentamente. 
«No! Ero pietrificato.» 
Questo li stese tutti, compreso Vern, e ridemmo forte e a lungo. 
Poi rimanemmo sdraiati lì, senza dire altro, solo a bere in silenzio. 
Mi sentivo il corpo caldo, attivo, in pace con me stesso. Dentro filava tutto liscio come l'olio. Ero vivo e felice di esserlo. 
Mi pareva che ogni cosa spiccasse con una tenerezza speciale, e anche se non avrei mai potuto esprimerlo a parole, pensavo che non importasse - forse quel senso di tenerezza era qualcosa che volevo tenere per me.

Non a caso, uno dei maggiori pregi di questo libro, è il riuscire a coniugare un clima di spensieratezza, tipico dell'infanzia, alla maturità di chi fa già parte del mondo degli adulti.
Momenti di gioco e di vivace allegria, si alterneranno ad altri più malinconici e toccanti, quest'ultimi aventi per protagonisti, quasi sempre, Gordie e Chris
I due riescono a capirsi, ricevendo dall'interlocutore la comprensione ed il sostegno morale che, fin troppo spesso, erano venuti a mancare nell'animo dei grandi a loro vicini.
Il primo non fa che assistere inerme di fronte all'indifferenza della sua stessa famiglia, la quale, dopo essere stata devastata dalla tragica perdita del primogenito, dimentica di prestare le giuste attenzioni al secondo figlio, quello sopravvissuto. Il minore dei Chambers invece, oltre a combattere quotidianamente con l'alcolismo e la violenza del padre, ed i problemi con la giustizia dei fratelli, deve anche vedersela con quella nomea che gli impedisce di essere diverso da ciò che gli altri pensano di lui. E, come ben sappiamo, si finisce per diventare dei mostri, se ti fanno credere che non puoi essere nient'altro. 
Tramite la figura di Chris, nel libro, viene affrontata più di una tematica di fondamentale importanza, in particolare per i giovani, ma anche per gli adulti: il sistema scolastico che non garantisce davvero pari opportunità per tutti, la piaga del bullismo, gli abusi familiari e, cosa peggiore, la connivenza delle forze dell'ordine.
Ciononostante, l'adolescente riveste il ruolo di leader per il gruppo di amici, il tipo coraggioso che tutti ammirano e vogliono imitare, quello che prende le decisioni o a cui gli altri si rivolgono, quando si presenta un problema. Per quanto ognuno dei quattro sia indubbiamente un bravo ragazzo, piegato dal caso, dal destino o semplicemente dalla sfortuna, lui è la presenza più positiva, più responsabile e più adulta.
Basti pensare all'atteggiamento paternalistico con cui si rivolge a Gordie, incoraggiandolo a proseguire gli studi, per tentare davvero in futuro la carriera di scrittore. Quest'ultimo invece, oltre a regalarci delle profonde riflessioni sulla vita, la morte, sulle delusioni ed i rimpianti (non dimentichiamo che a parlare è il Gordon Lachance già adulto), nel corso della narrazione, non manca di raccontarci anche alcuni retroscena sulla difficile, ed affascinante, arte dello scrivere, includendo nella storia persino due racconti brevi.
In generale il romanzo, nonostante l'apparente clima goliardico, è uno di quelli che riesce a toccare le corde del cuore, facendo presa sui sentimenti di nostalgia o sui ricordi di gioventù che tutti, bene o male, serbiamo nella mente.
Questo anche grazie alla maestria di un autore come King, impeccabile sia nella descrizione degli ambienti e delle situazioni (mirabili, a tal proposito, i passi sul cielo in rapido cambiamento, nel suo continuo affascinante mutare dall'alba al tramonto, sino alla notte stellata), che dei sentimenti, dei pensieri reconditi o anche delle semplici sensazioni istantanee, che possono attivarsi in qualsivoglia momento in ognuno di noi.
 
Non parlammo di Ray Brower ora che il buio si faceva vicino, ma io pensavo a lui. 
C'è qualcosa di orribile e di affascinante nel modo in cui cala l'oscurità in un bosco, il suo arrivo non attutito dai fari o dai lampioni stradali o dalle luci delle case o dalle insegne al neon. Arriva senza le voci delle madri, che chiamano i figli dicendo basta adesso torna dentro, ad annunciarla.
Se siete abituati alla città, l'arrivo del buio nei boschi vi sembrerà più una catastrofe naturale che un fenomeno naturale; deborda, come il Castle deborda in primavera. 
E come pensavo al corpo di Ray Brower in questa luce o nella sua mancanza, quello che sentivo non era la tremarella o la paura che improvvisamente apparisse davanti a noi - verde spirito mormorante il cui scopo era rimandarci là dove eravamo venuti, prima di andare a disturbare la sua pace - ma un'improvvisa e imprevista ondata di pena per lui che se ne doveva stare così solo e indifeso nel buio, che ora stava coprendo la nostra parte di terra. 
Se qualcosa voleva mangiarlo, l'avrebbe fatto. Non c'era lì la mamma a impedirlo, né il padre, né Gesù Cristo in compagnia di tutti i santi. 
Era morto, ed era solo, sbattuto giù dalla ferrovia nel fossato, e mi resi conto che, se non avessi smesso di pensarci, mi sarei messo a piangere.

In conclusione non posso che consigliare questo racconto che, con estrema delicatezza e senza cadere in banalità, dipinge il difficile momento di passaggio dall'infanzia all'età adulta, fatto di tabù inconfessabili, piccoli e grandi timori, tanta spavalderia, ma anche di sincera amicizia.
Un libro che parla anche di paura, ma non nel modo in cui ci si aspetterebbe. La paura di crescere e diventare uomini senza valori, imbrigliati in una vita priva di significato o di speranza, la paura di vedere il nemico nascosto, non nel bosco o nell'armadio, ma nella persona della porta accanto che cerca puntualmente di buttarci a terra. 
La paura del tempo che scorre inesorabile e non lascia scampo, delle occasioni perse, delle persone sconfitte da un destino crudele che non conosce pietà. 

Considerazioni:
Quando ho intrapreso questa lettura mi aspettavo una storia molto diversa da quella poi effettivamente raccontata. Credevo di trovare un racconto horror per ragazzi, con i protagonisti che, partiti per un'avventura decisamente particolare e decisamente macabra - come può essere la ricerca di un cadavere - si trovavano ad avere a che fare con qualcosa di molto più spaventoso ed inquietante.
Inizialmente davanti a tutt'altro scenario, mi sono trovata un po' spaesata: il tutto mi pareva confusionario, ed i ragazzi di Castle Rock, di primo acchito, forse anche a causa del loro linguaggio abbastanza scurrile, mi ispiravano ben poca simpatia.
Per i primi capitoli non ho fatto che aspettare una svolta, un qualcosa che avrebbe rivoluzionato il viaggio intrapreso dai quattro, fino a quando, ho capito che non era la storia a dover cambiare, ma il mio atteggiamento verso di essa. Ed è così che, semplicemente, ho iniziato a godermi la lettura, il cammino accidentato, fatto non di urla e spaventi, ma di piccole difficoltà e di intime confessioni.
Ho cominciato ad affezionarmi a Gordie e i suoi amici, tutti così diversi per carattere, eppure così simili per retaggio. 
In particolare mi sono legata a Chris, ai suoi silenzi densi di significato, al suo istinto di protezione nei confronti dei più deboli, ai rimorsi per le cattive azioni commesse.
Un ragazzo perso, diviso tra il futuro che vorrebbe avere ma che crede di non meritare, e il destino che invece odia ma a cui pensa di non potersi sottrarre.
Certe riflessioni, sul terrore di diventare un alcolista o un delinquentello da quattro soldi, non ce le si immagina pronunciate da un dodicenne, e proprio per questo finiscono per fare più presa sui lettori.

«Amico, tuo padre ti farà nero quando lo scoprirà. Hai anche detto che era in vena cattiva.» 
I suoi occhi continuavano a danzare. 
«Questo è il bello, amico. Non scoprirà un bel niente. Lui e quelle altre tre spugne sono tutti stesi, giù a Harrison, con sei o otto bottiglie di vino. Non torneranno per una settimana. Ubriaconi fottuti.» 
Storse la bocca. Era l'unico della banda che non avrebbe mai bevuto, neppure per mostrare che aveva, sapete com'è, le palle. Diceva che non aveva intenzione di ritrovarsi, da grande, un fottuto alcolizzato come il suo vecchio. E una volta mi disse in privato - fu dopo che i gemelli DeSpain si erano presentati con una confezione da sei che avevano fregato al loro vecchio e tutti sfottettero Chris perché non volle prendere una birra e nemmeno un sorso - che era terrorizzato dall'idea di bere. 
Disse che suo padre non staccava più il naso dalla bottiglia, che suo fratello maggiore era pieno fino alle orecchie quando aveva violentato quella ragazza, e che Eyeball stava continuamente a scolarsi Purple Jesus con Ace Merril e Charlie Hogan e Billy Tessio. 
Che possibilità aveva secondo me, mi chiese, di lasciare la bottiglia una volta che avesse iniziato? Forse può sembrare ridicolo, un dodicenne che si preoccupa di poter essere un incipiente alcolizzato, ma in Chris non era ridicolo. Non lo era proprio per niente.

Anche Gordon, con la sua timidezza e l'umiltà che lo contraddistingue, riesce senza dubbio a fare breccia nel cuore di chi legge, in particolare per quanto riguarda la sua difficile situazione familiare. Inoltre, come dicevo prima, il signor Lachance, ormai maturo, si fa portavoce di molte riflessioni generali sulla vita e la morte, che non si può non condividere.
Per quanto riguarda gli altri due, sono quelli un po' più in ombra, quelli di cui ci vengono raccontati meno aneddoti. Di Teddy, ad esempio, sappiamo dell'orrendo trauma fisico e psicologico, subito da bambino, a causa di un attacco di violenza del padre (un veterano di guerra, sicuramente affetto da disturbo post traumatico), e della sua assurda venerazione proprio per quel padre che ha distrutto, già in partenza, la sua vita. Poi più di una volta ci viene fatta notare la sua indole spericolata, e lo sprezzo del pericolo, ma poco altro. Tuttavia, anche lui, sotto la patina da duro, nasconde un animo fragile e sofferente, che non può lasciarci indifferenti.
In generale però l'incosciente Teddy ed il pavido Vern rappresentano la parte più giocosa della storia, essendo loro quelli che, nonostante tutto, portano avanti un modo di fare infantile ed ingenuo. Si godono appieno l'esplorazione, buttandosi i problemi alle spalle.
Del rapporto tra Gordie e Chris vi ho parlato ampiamente, voglio solo aggiungere che ho amato la loro amicizia, ed il loro continuo incoraggiarsi e coprirsi le spalle. Credo che loro siano l'esemplificazione dei veri legami che resistono al tempo e alle avversità.
In conclusione questo romanzo, giustamente definito un racconto di formazione, non mi ha regalato brividi lungo la schiena come mi sarei aspettata (anche se, effettivamente, alcuni particolari inquietanti e macabri sono presenti), ma mi ha fatto provare più di un'emozione, riportandomi indietro nel tempo, ad un passato fatto di giochi e spensieratezza, di speranze per il futuro e sogni da realizzare, e di affetti così speciali, da doverli custodire come fossero tesori.

Curiosità:
Da questo racconto, nel 1986, è stato tratto il film "Stand by Me - Ricordo di un'estate", diretto da Rob Reiner, e con protagonisti dei giovanissimi Will Wheaton, River Phoenix, Jerry O'Connell e Corey Feldman. La pellicola, che ha ricevuto una candidatura agli Oscar come miglior sceneggiatura non originale, ritrae molto bene il clima del libro, avvicinandosi abbastanza alla storia raccontata da King.

il mio voto per questo libro

3 commenti:

  1. È una delle opere di King che mi manca, e non ho veramente scuse visto che mia madre ce l'ha 😖

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  2. Non sapevo che il film stand By Me fosse tratto da un racconto di King! *o* Devo assolutamente recuperarlo!

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