Titolo: Divergent
Autore: Veronica Roth
Editore: De Agostini
Data di pubblicazione: marzo 2015
Pagine: 480
Prezzo: 12,90 €
Trama:
La società distopica in cui vive Beatrice Prior è suddivisa in cinque fazioni consacrate ognuna a un valore: la sapienza per gli Eruditi, il coraggio per gli Intrepidi, l'amicizia per i Pacifici, l'altruismo per gli Abneganti e l'onestà per i Candidi.
Beatrice deve scegliere a quale unirsi, con il rischio di rinunciare alla propria famiglia. Prendere una decisione non è facile e il test che dovrebbe indirizzarla verso l'unica strada a lei adatta, escludendo tutte le altre, si rivela inconcludente: in lei non c'è un solo tratto dominante ma addirittura tre!
Beatrice è una Divergente, e il suo segreto - se reso pubblico - le costerebbe la vita.
Non sopportando più le rigide regole degli Abneganti, la ragazza sceglie gli Intrepidi: l'addestramento però si rivela duro e violento, e i posti disponibili per entrare davvero a far parte della nuova fazione bastano solo per la metà dei candidati. Come se non bastasse, Quattro, il suo tenebroso e protettivo istruttore, inizia ad avere dei sospetti sulla sua Divergenza...
Recensione:
Vorrei poter iniziare questa recensione dicendo che il libro in questione è un connubio di originalità e colpi di scena. Una di quelle storie che ti tiene con il fiato sospeso e che non risparmia sorprese.
Vorrei, ma la realtà è ben diversa.
Se devo dirla tutta Divergent è uno dei romanzi più banali che abbia letto, con sviluppi scontati e prevedibili.
Ma andiamo per gradi.
Ad inizio libro conosciamo Beatrice, la protagonista. È lei a narrarci la storia.
Ha appena compiuto sedici anni e, come tutti i ragazzi della sua età, deve compiere una scelta importante, una decisione che influenzerà il resto della sua vita.
Arriva il giorno del test attitudinale che, attraverso delle simulazioni, dovrebbe indicarle la strada da seguire. Dovrebbe dirle a quale fazione lei realmente appartiene, se quella in cui è cresciuta, gli Abneganti, o una delle altre quattro: Candidi, Eruditi, Intrepidi o Pacifici.
Fin qui nulla di strano, ma è quando ci inoltriamo nello specifico delle fazioni che il racconto inizia ad avere sfumature assurde e poco convincenti.
Sicuramente il dividere la società in gruppi non è una novità, li abbiamo riscontrati già in numerosi romanzi. Ma mentre in altre storie i raggruppamenti sono effettuati in base a criteri etici (per esempio le case di Harry Potter) o sociali (uno fra tutti i distretti di Hunger Games), in Divergent le due cose sono assemblate.
Quindi abbiamo gli Intrepidi che, in quanto coraggiosi, sono chiamati a difendere la città, i Pacifici che coltivano buoni sentimenti e lavorano in gruppo nelle fattorie, gli Eruditi i quali, essendo colti, si occupano della ricerca, ed infine gli Abneganti che, grazie al loro altruismo, possono governare giustamente, senza curare solo i propri interessi.
Capisco che questo libro faccia parte della categoria Young Adults, ma in base a questi concetti io lo inserirei proprio nel settore bambini.
Non so voi ma a me sembrano proprio pensieri da ragazzini delle elementari, tipo "mamma è vero che le persone buone fanno i dottori e i cattivi gli avvocati?".
Come se le persone non avessero sfaccettature o diverse personalità, come se tutti gli Abneganti non conoscessero altra qualità se non la generosità, gli Intrepidi il coraggio e così via.
Ma la cosa diventa ancora più ridicola quando si parla del test attitudinale di Beatrice.
Il suo risultato è considerato inconcludente, in quanto rivela come possibili fazioni ben tre e non una sola, come sarebbe nella norma.
Ebbene sì, la nostra cara protagonista è capace di pensare al prossimo (Abnegante), amante del sapere (Erudita), e sprezzante del pericolo (Intrepida).
Beh come può un esito del genere non lasciare esterrefatti e per di più non mandare in palla il sistema?
Erano abituati ad avere automi con una sola caratteristica, cosa possono fare adesso trovandosi di fronte ad una persona normale?
Perché è di questo che in realtà si tratta.
Il non poter essere archiviati in una sola categoria rende, a detta dell'autrice, Beatrice una Divergente, una persona speciale. Ma di fatto non c'è nulla di eccezionale in questo, anzi è assurdo che tutti gli altri non lo siano altrettanto.
Per quale motivo una persona sincera non può essere anche coraggiosa (anzi per dirla tutta le due cose sono spesso correlate), oppure una pacifica non può tenersi informata?
Potrei anche capire se le fazioni rivelassero solo la caratteristica predominante di ognuno, ma in tutto il libro non si fa che rimarcare che in situazioni normali l'una esclude l'altra e che, essere Divergente è una cosa altamente pericolosa.
Quindi da questo momento in poi la cara Tris (perché questo è il suo nuovo nome da Intrepida) dovrà stare bene attenta a non far scoprire il suo segreto.
Ovviamente non sarà cosa facile nascondere tutta questa straordinarietà che la contraddistingue, tant'è che spesso e volentieri, e soprattutto fuori contesto, sentiremo la protagonista rimarcare frasi come "ora capisco, sono una Divergente" oppure...
“Mi sento come se avessi la parola “Divergente” marchiata sulla fronte, come se potesse leggerla, se mi guardasse abbastanza a lungo.”
Sembra quasi che la scrittrice avesse il timore che noi lettori lo dimenticassimo e quindi, ogni cinquanta pagine circa, ecco che rispunta "sono una Divergente", "forse l'hanno capito", "forse lo capiranno" e via la solita solfa.
In realtà nessuno, a parte Quattro (di cui vi parlerò dopo), si rende conto proprio di un bel niente, però Tris continua imperterrita la sua sceneggiata da martire, condannata a nascondere per sempre la sua vera identità.
Inoltre non capisco in base a cosa le sia stato affibbiato il ruolo di Divergente, considerando che dimostra coraggio solo part-time, esclusivamente quando vuole fare colpo su Quattro, non manifesta particolare sete di sapere (Erudita quando mai!), e pare per di più, salvo casi eccezionali (sempre da inserire nella categoria "se c'è Quattro in giro"), egoista ed insensibile come pochi.
“Sento un respiro interrotto da un suono strozzato, seguito da un profondo singhiozzo. Le molle di un letto stridono mentre un grosso corpo si rigira. Un cuscino soffoca i gemiti, che provengono da un Candido, Al, il più grande e grosso degli iniziati… l’ultima persona che mi aspettavo di veder crollare.
I suoi piedi sono solo a pochi centimetri dalla mia testa. Dovrei confortarlo, dovrei sentire il desiderio di confortarlo, perché mi hanno cresciuta in questo modo. Invece provo disgusto. Una persona all’apparenza così forte non dovrebbe comportarsi da debole. Non può piangere in silenzio come tutti gli altri?”
Da questo punto di vista sia Christina che Will paiono più Divergenti di quanto lo sia lei, considerando che entrambi sono risultati Intrepidi in base al test attitudinale, ed entrambi non rinunciano alle caratteristiche distintive delle loro vecchie fazioni (la sincerità per la prima ed il sapere per il secondo).
Tornando a Tris il suo comportamento è spesso incoerente, dice una cosa e poco dopo fa l'esatto contrario. A volte difende a spada tratta i suoi amici ed altre li giudica senza mezze misure, pensando perfino che tramino alle sue spalle. Quasi sempre considera inappropriati atteggiamenti che lei stessa ha (il desiderio del fratello Caleb di cambiare fazione, l'ambizione che spinge Christina a tentare di primeggiare nelle prove, la debolezza di Al, i baci tra Will e Christina).
Nel complesso non è un personaggio in cui è facile immedesimarsi.
Questo è dettato non solo dal comportamento aspro e scostante della protagonista, ma anche dallo stile di scrittura della Roth che definirei sterile.
Difatti, nonostante la narrazione coincida con il punto di vista del personaggio principale, e dovrebbe essere quindi più intensa, in realtà risulta abbastanza fredda, a causa della scrittura dell'autrice, che consiste praticamente nel definire per filo e per segno ogni dettaglio, anche il minimo gesto.
Questa scelta, per quanto paia azzeccata nelle descrizioni, è invece errata per tutto il resto. Se da una parte viene facile al lettore immaginare le varie ambientazioni (e questa è la cosa che ho apprezzato maggiormente), negli altri casi si perde di intensità.
Basti pensare a come una scena romantica, che dovrebbe essere un tripudio di emozioni, venga ridotta a "mi tocca il mento, io giro la testa di lato, mi mette il braccio dietro la schiena, io sposto la gamba" XD
E quello riportato qui sotto è solo uno degli infiniti esempi di cui il libro è pieno zeppo.
“Si lascia cadere per terra, tirandomi giù con sé, e si siede con la schiena contro la parete; io mi metto di fronte a lui, con le gambe distese di lato sul pavimento polveroso. Qualche ciocca di capelli, liberata dal vento, mi svolazza sul viso. Lui mi incornicia la faccia tra le mani, facendo scivolare le dita dietro le mie orecchie, e avvicina la mia bocca alla sua.
Sento lo stridere delle ruote sui binari mentre il treno rallenta. Significa che ci stiamo avvicinando al centro della città. L’aria è fredda, ma le sue labbra sono calde e anche le sue mani. Piega la testa e mi bacia la pelle proprio sotto la mascella.”
Tornando invece all'argomento iniziale, ossia la prevedibilità della storia, senza scendere in dettagli (per quello potete leggere le considerazioni) posso dirvi che, dopo il primo capitolo, avevo già capito tutto, o quasi, di quello che sarebbe successo in seguito.
E non credo di essere stata particolarmente intuitiva in questo.
I colpi di scena sono stati davvero rari, mentre per tutto il resto del tempo gli eventi erano di una banalità sconcertante.
Capisco che qualunque scrittore, prima di mettersi all'opera, abbia ben chiaro quello che deve raccontare, tuttavia dovrebbe cercare di preservare, per chi legge, una parvenza di spontaneità.
In Divergent invece è tutto così forzato, ogni personaggio ingabbiato nel suo stereotipo, nessuno che esce dai binari. Per restare in tema, di Divergenti nemmeno l'ombra.
Considerazioni:
Se non hai letto il libro, e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Ho iniziato questo libro carica di aspettative. Come avrete letto nello scorso "Chi ben comincia", ero rimasta piacevolmente colpita dalle prime pagine.
Purtroppo, con il proseguimento della lettura, sono stata costretta a ricredermi.
Già da quanto ho scritto prima, ne avrete più o meno intuito i motivi. Ma adesso è il momento di essere più precisi.
Parlando dell'argomento prevedibilità.
Ne abbiamo esempi già dalle prime pagine, quando Tris si mostra indecisa su quale fazione scegliere (e in realtà tutti già sappiamo che sceglierà gli Intrepidi).
Poi abbiamo il duro addestramento che precede l'iniziazione. Tris teme l'eliminazione, in quanto, essendo fisicamente debole, è inizialmente nelle ultime posizioni della classifica.
Ma indovinate, non solo riesce a salvarsi, ma alla fine del libro risulta addirittura la migliore!
Prima in classifica, supera anche gli iniziati figli di Intrepidi, che dovrebbero essere già ben allenati. E per di più, con la sua esile corporatura, riesce a battere in un corpo a corpo, Molly, precedentemente definita "il carro armato". La stessa ragazza che stava quasi per uccidere a colpi di pugni l'amica di Tris, Christina.
Non c'è da stupirsi vedendo diventare Beatrice ben presto una celebrità -.-'
“Entriamo nel salone di vetro. C’è ancora folla, ma si è diradata ora che anche l’ultima persona, cioè io, ha finito.
Dopo qualche secondo la gente comincia a notarmi. Io rimango accanto a Tobias mentre loro mi indicano, ma non cammino abbastanza veloce da sfuggire a qualche grido di approvazione, a qualche pacca sulle spalle, a qualche complimento. Guardo le persone che mi circondano e penso a quanto apparirebbero strane a mio padre e mio fratello, e a quanto – invece – sembrano normali a me, con tutti i loro piercing di metallo sulla faccia e i tatuaggi su braccia, colli e petti. Rispondo ai loro sorrisi."
Davvero imbattibile la nostra protagonista!
Soprattutto se aggiungiamo il fatto che, mentre si allena, riesce anche ad attirare su di sé le attenzioni del suo istruttore che, chi lo avrebbe immaginato, si innamora di lei.
E non si capisce neppure il perché di tale interesse, considerando che lei non fa mai nulla di così sorprendente, se non diventare improvvisamente la più brava in qualsiasi cosa.
E non avrei nulla da dire se il suo personaggio fosse già stato presentato come "la ragazza forte, intelligente e temeraria" ma non è così.
Lei è debole, codarda ed egoista e poi ad un tratto buona, generosa, caparbia e veemente. La perfetta eroina.
Ed insieme, lei e Tobias (nome vero di Quattro, la cui identità non era certo un mistero), non possono che rappresentare la coppia d'oro: entrambi i migliori nel loro corso, entrambi Divergenti. Praticamente il re e la reginetta del ballo XD
E in quanto ad originalità anche Quattro non scherza.
Fa la sua prima apparizione da bello e tenebroso, tutto sguardi furtivi e alone di mistero (quel tanto che intriga). Poi diventa dolce e premuroso (abbastanza da attrarre) ed infine si rivela per il suo oscuro e tormentato passato (perfetto per innamorarsene).
Per di più capisce le esitazioni di Tris ad avere con lui un rapporto fisico, e promette di aspettare che lei si senta pronta anche perché, tenetevi forte, è anche lui vergine!
A quanto pare non ha fatto altro che aspettare la ragazza giusta, per poi trovarla in quella piccola saccente. Contento lui U_U
Insomma è praticamente l'uomo ideale, ed infatti la storia d'amore tra lui e Tris non è altro che la realizzazione di uno dei tanti sogni proibiti delle donne (l'istruttore e l'allieva in questo caso), un po' come può essere quello tra un dirigente e la sua segretaria, un attore e la sua manager e giù di lì.
Insomma la solita trama da libro romance da quattro soldi, o commedie femminili.
Non a caso Tris è descritta come non particolarmente bella, bassina, timida e goffa, la tipica ragazza della porta accanto, praticamente una di noi.
La scrittrice gioca proprio su questo, è consapevole che molte donne (e soprattutto ragazzine) non potranno non immedesimarsi in questa moderna cenerentola, versione amazzone.
La cosa peggiore è che questa storia d'amore, oltre che insulsa, sembra essere il vero fulcro del libro. Da metà romanzo in poi infatti si ha la sensazione preponderante che le fazioni e i loro conflitti non siano altro che uno sfondo, una sorta di contesto al rapporto tra Tris e Quattro.
In generale tutto il libro non è altro che un elenco di stereotipi. Le stesse fazioni sono forzate. Primi fra tutti gli Intrepidi, tutti piercing e tatuaggi, un po' come sono nell'immaginario collettivo i bulli nelle scuole americane (per la serie "fantasia portami via"). E poi gli Eruditi, che non riescono proprio a staccare gli occhi dai libri.
“Faccio rimbalzare lo sguardo da Susan ai tavoli degli Intrepidi, dall’altra parte della mensa. Ridono, gridano e giocano a carte. A un altro gruppo di tavoli, gli Eruditi chiacchierano di libri e giornali, nella loro instancabile ricerca della conoscenza.”
Gli unici personaggi che presentano realmente una personalità sono Christina e Will (e anche gli unici che suscitano una certa simpatia), anche se il loro ruolo è troppo marginale.
Per quanto riguarda Al, l'altro amico di Tris, se da una parte il suo voltafaccia è stato una delle poche sorprese che questo romanzo mi ha riservato (insieme al passato da Intrepida della madre di Tris), dall'altra parte non ho potuto non considerarlo l'ennesima prova dell'incoerenza della storia.
Come fa a risultare credibile che un personaggio faccia di tutto per perdere ogni combattimento, risultando ultimo in classifica, pur di non far male a nessuno, e poi tenti di uccidere la ragazza di cui è innamorato?
Per non parlare della protagonista che, senza pensarci due volte, spara alla testa Will (tra l'altro in stato d'ipnosi), ma non ha il coraggio di fare lo stesso con il malvagio Eric, persino quando ha la pistola puntata contro il suo amato Tobias.
La cosa più assurda è che Tris, definita come buona e generosa, non sembra avere alcun senso di colpa dopo aver ucciso uno dei suoi amici, fomentata dal fatto di dover a tutti i costi portare a termine la missione.
Poco dopo però, ritrovandosi nella stessa situazione, con Quattro che sotto ipnosi tenta di ucciderla, la missione ed il destino degli Abneganti non sono più così importanti. Tris sceglie di sacrificare se stessa e la sua vecchia fazione, perché non può mettere fine alla vita dell'uomo che ama.
Quindi un amico è un prezzo da pagare accettabile, ma il proprio fidanzato no.
Tanto in fin dei conti Will era solo il ragazzo della sua migliore amica, mica il suo. Ed era solo una persona buona che non aveva fatto che aiutarla e sostenerla, nulla di speciale.
Per di più Tris non pare neanche turbata più di tanto dalla dipartita dei suoi genitori (morti entrambi per proteggere l'intrepida eroina -.-' ), tant'è che passa tranquillamente il tempo a sbaciucchiarsi con il suo amato o a chiedersi chi è lei adesso, se Tris l'Intrepida, Tris l'Abnegante o Tris la Divergente (soliti importanti dilemmi).
Ecco perché posso affermare con certezza che questo è un libro privo di emozioni, in cui nessuna reazione è reale, e le sensazioni descritte non sono null'altro se non i soliti cliché.
Al momento in cui c'è da affrontare un dolore, il turbamento emotivo viene relegato a due o tre frasi, e poi subito messo da parte.
E in alcuni casi, cosa peggiore, i momenti più intensi si concludono in modo ridicolo, come nel caso del ritrovamento del corpo di Al, che non riesce a non suscitare in Miss Sensibilità Tris una grassa risata.
Va beh dai a chi non è mai capitato di mettersi a ridere ad un funerale? Direi che sono cose di ordinaria amministrazione.
“Qualcuno si inginocchia vicino alla testa di Al e gli chiude gli occhi, per cercare di farlo sembrare addormentato, forse. Che stupidaggine. Perché la gente vuole far finta che la morte sia come il sonno? Non è così. Non è così.
Qualcosa dentro di me crolla. Ho il petto così contratto, così oppresso, che non riesco a respirare. Mi accascio a terra, trascinando giù Christina con me. La pietra è ruvida sotto le ginocchia. Sento qualcosa, il ricordo di un suono: i singhiozzi di Al, le sua grida di notte. Avrei dovuto saperlo. Ancora non riesco a respirare: mi premo le mani sul petto e mi dondolo avanti e indietro per alleviare la tensione al torace.
Chiudo gli occhi e rivedo la testa di Al mentre mi porta in spalla verso la mensa. Rimbalzo a ogni suo passo. Lui è grosso, caldo e goffo. No, era. Questo è morire: passare da “è” a “era”.
Ho il respiro affannoso. Qualcuno ha portato un grosso sacco nero per il corpo, ma mi accorgo subito che è troppo piccolo. Una risata mi nasce in gola e mi scappa dalla bocca, tirata e gorgogliante. Al è troppo grosso per il sacco… che tragedia. Soffoco la risata a metà, tappandomi la bocca con la mano, così che finisce per assomigliare più a un grugnito. Libero il braccio e mi alzo, lasciando Christina a terra. Corro."
Ultima cosa di cui voglio parlarvi (e poi prometto di tacere) sono i riferimenti ad altre opere. Non che essi siano di per sé un errore, in quanto può capitare di ispirarsi a qualcos'altro, ma quando il romanzo in questione non è altro che una serie di banalità, e per di più un mix di idee tratte da altri libri, beh è allora che sorge il problema.
Io ho riscontrato alcune analogie con "Hunger Games", "1984" e addirittura "Harry Potter", ma non mi stupirei se ce ne fossero altre che non ho notato.
Per "Hunger Games" la coincidenza tra l'addestramento degli Intrepidi e l'allenamento per i giochi, le simulazioni orchestrate dall'alto (Eruditi per gli uni e strateghi di Capitol City per gli altri), il "depistaggio" subito sia da Tobias che da Peeta, la somiglianza tra la fazione dei Pacifici e il Distretto 11, la stessa Tris che da un certo punto in poi diventa, nei limiti del possibile, simile a Katniss.
Per "1984" invece il fatto di essere continuamente sotto osservazione e che la coppia, capace di libero pensiero, sia contrapposta alla folla di automi.
Per "Harry Potter" infine il test attitudinale che come il cappello parlante rivela la tua inclinazione naturale ma ti lascia ugualmente una scelta, le fazioni e le case basate su principi morali, la scena del banchetto finale in cui si rivela la classifica, la somiglianza tra Peter e Malfoy e tra Al e Neville, la rivalità atavica tra due case e fazioni (Eruditi-Abneganti e Serpeverde-Grifondoro).
Ripeto i riferimenti non sono nulla di grave, purché non siano troppi e soprattutto siano solo contorno a tanto altro, ma purtroppo non è questo il caso.
Detto questo, come promesso, vi lascio.
Mi scuso per essere stata prolissa, ma vi assicuro che, considerando tutte le cose che avrei ancora da dire e che ho omesso, mi sono anche limitata.
il mio voto per questo libro