sabato 27 gennaio 2018

Estratto: "La mia amica ebrea" di Rebecca Domino

Salve avventori, come sapete, oggi è la Giornata della Memoria, la ricorrenza internazionale nata per commemorare le vittime della Shoah.
La data non è casuale, in quanto coincide con la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, ad opera delle truppe sovietiche.
Dal 2005 ad oggi, in questa data, si organizzano in tutto il mondo commemorazioni, come riconoscimento pubblico e collettivo.
Anche noi del Café Littéraire, nel nostro piccolo, non potevamo non partecipare. Abbiamo scelto di far parlare anche stavolta i libri a nome nostro. In particolare, ho scelto di riportare qui un passo tratto da "La mia amica ebrea" di Rebecca Domino, un libro davvero toccante, che racconta l'amicizia tra due ragazzine, una ariana e l'altra ebrea.
Nell'estratto selezionato vediamo Rina Binner, costretta a nascondersi con la sua famiglia nella soffitta di casa di Josepha Faber. Dopo settimane passate nel buio, e in attesa, la quindicenne ebrea sembra non riuscire più a sopportare tutti i soprusi perpetratati ai danni suoi, dei suoi cari e della sua gente.

La mia amica si alza dal materasso e si volta verso la finestra chiusa.  
- Voglio andare via – sussurra, con voce rotta. 
- Rina… - comincia Uriel; 
- Voglio andare via – ripete lei, senza voltarsi verso di noi: stavolta c'è così tanta forza nella sua voce che penso che possa uscire dalla soffitta e mettersi a correre per strada, incurante della Gestapo, di Hitler, di tutti i tedeschi che la seguirebbero e la porterebbero di peso in uno dei campi. 
Invece, ovviamente, non lo fa: rimane lì, il suo corpo magro dentro la mia vecchia camicia da notte, quei capelli così scuri in contrasto con la stoffa bianca, le braccia rigide lungo i fianchi, le mani rabbiosamente chiuse a pugno. 
Lo spilungone ed io ci scambiamo un’occhiata, poi lui mi rivolge un impercettibile cenno del capo e si siede dove sino a poco fa si trovava la sorella, accanto alla loro madre. 
- Rina… - sussurro, alzando un braccio per toccarle la spalla, ma non lo faccio; 
- Sono stanca, Josepha – sussurra lei, chinando leggermente la testa – non è giusto, capisci? Non è giusto –. 
Rina si volta di scatto verso di me e il dolore, la paura nei suoi occhi mi fanno tremare. Mi rendo conto che, sino ad ora, ho solo immaginato cosa deve aver vissuto e provato. Ripenso alle parole di mio padre, a quanto la vita sia più difficile per gli ebrei. 
- Perché mia madre deve patire così tanto? Perché non posso più camminare liberamente per strada? 
Perché non ricordo più come si fa a scrivere correttamente? 
Perché Uriel ed io non possiamo crescere? – 
“Crescere non è poi questa gran cosa” vorrei risponderle, ma non lo dico, perché improvvisamente mi rendo conto che lo è: forse non sono pronta adesso, ma lo sarò. 
E non parlo di ragazzi, no, parlo dello sbocciare: ora sono un bruco nel suo bozzolo ma un giorno, bombe permettendo, sarò una bellissima farfalla. 
Rina rischia di rimanere un bruco per sempre. 

4 commenti:

  1. Ciao! Non conosco questo romanzo! L'estratto che hai scelto mi sembra molto intenso :-)

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    1. Allora te lo consiglio vivamente, è un libro che merita di essere letto.

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  2. Letto, mi è piaciuto molto, per l argomento ma anche per come è scritto.

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    1. Io l'ho letto qualche anno fa, eppure mi è rimasto impresso, anche perché, come dici tu, è scritto davvero bene. Ciò è la prova che, a differenza del pensiero di molti, anche gli autori emergenti sanno riservare belle sorprese.

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