lunedì 3 agosto 2015

Recensione: "Le anatre di Holden sanno dove andare" di Emilia Garuti

Titolo: Le anatre di Holden sanno dove andare
Autore: Emilia Garuti
Editore: Giunti
Data di pubblicazione: aprile 2015
Pagine: 144
Prezzo: 12,00 € 

Trama:
Una allergia diffusa verso l'ipocrisia degli adulti, a partire da quegli immaturi dei suoi genitori, l'orrore puro per gli happy end e le soluzioni preconfezionate e, soprattutto, una voglia matta di dare del filo da torcere a ''Denti L'Oréal'', la psicologa col muso da lucertola che mamma e papà pagano profumatamente per mettere un freno ai suoi colpi di testa. Questa è Will, per la precisione Willelmina, l'eroina irriverente e sognatrice di questo libro, che, come un lupo ferito, ha decisamente smarrito il branco. Nell'arco di un settembre nero che chiude l'ultima estate da liceale, mentre i suoi coetanei si fanno elettrizzare dalle mille luci della vita universitaria, Will si aggira senza meta come un'aliena su un pianeta sconosciuto. Unico scudo: l'ironia. E la musica, certo. E improvvisamente Matteo, il ragazzo strano e ''poco collaborativo'' della sala d'attesa, che la rincorre per mezza città nel tentativo di riportarla indietro. Che cosa vuol dire davvero essere giovani? E quanto costa l'autenticità?
A chi si è fermato e non sa dove andare, a chi si sente fuori sincrono, fragile, confuso e sbagliato. A chi è giovane adesso e a chi non lo è più, ma ha buona memoria. Tutti, almeno in una fase della vita, abbiamo potuto dire: io sono Will.

Recensione:
La prima estate dopo la fine del liceo, l'ultima prima di essere considerati finalmente adulti.
E mentre tutti i ragazzi si mostrano smaniosi di nuove esperienze, divertimenti e indipendenza, per Will (all'anagrafe Willelmina) tutto è diverso. Per lei l'università significa altri cinque anni di costrizioni e obblighi, di conoscenze forzate, di esperienze da condividere con perfetti estranei.
È un varco nel buio che determinerà tutto il resto della sua vita: dalla carriera alle amicizie ad ogni altra cosa. Il corso degli eventi sarà alterato per sempre, in un modo o nell'altro, da quella che i suoi genitori credono sia una scelta come un'altra.
Perché, a quanto pare, gli adulti faticano a ricordare com'è essere giovani, quando si ha ancora tutte le porte davanti e non si ha la più pallida idea di quale strada intraprendere.
E, invece di guidarli o provare a capirli, scelgono talvolta il percorso più facile, ossia il forzare i figli a fare ciò per cui non sono ancora pronti.
Ed è così che Will, spinta controvoglia ad iscriversi ai corsi, decide di fare ciò che le riesce meglio: vagare per la città senza meta, vegetare sul divano, aspettare che il tempo passi e lasci tutto così com'è.
C'è da dire infatti che la ragazza, per quanto consideri la sua vita sbagliata da più punti di vista (dai genitori poco presenti, alle amiche che non la capiscono, fino alla psicologa che sembra invece sapere già tutto), non riesce davvero a credere che un cambiamento possa anche rendere le cose migliori.
Per lei ogni scelta comporta la perdita di qualcos'altro, e lei di perdere ancora non ne vuole sapere.
Ed è nel mezzo di questa spirale senza uscita che Will, su consiglio (leggi ordine) della sua psicologa, inizia a scrivere un diario, in cui annota ciò che le accade e soprattutto ciò che pensa.
E saranno le sue considerazioni personali sulla vita, la famiglia e in generale sul mondo intero, quello che noi lettori leggeremo.
Il punto di vista di una ragazza persa, che non ricorda più cosa significa essere felici e spensierati. Una ragazza che, paralizzata dalla paura di sbagliare e dalla paura di essere sbagliata, sceglie di chiudersi a riccio.
Una ragazza che, nonostante tutto, cerca un posto per sentirsi a casa e al sicuro. Ma soprattutto una ragazza che fa dell'ironia e dell'autoironia la sua unica arma, l'unica difesa da tutta la gente che la circonda.
Ed è proprio il piglio critico di Will, il suo modo di fare e di essere, la cosa che rende speciale questo libro.
Difatti, se la trama racconta di una normale adolescente (forse un po' più confusa della norma) immortalata nel bel mezzo di una delle tappe più importanti della sua vita, le pagine delineano invece il ritratto di una persona spiritosa, arguta e irriverente, capace di mettere alla berlina non solo gli altri ma anche se stessa.
Il presentare poi il diario come una cosa personale, che la protagonista scrive solo per se stessa, e non per gli altri, rende possibile all'autrice l'utilizzo di termini colloquiali, di norma poco presenti in letteratura, e soprattutto dà a noi lettori libero accesso ai più reconditi pensieri di Will, ai timori che nasconde agli altri, e alle situazioni anche banali che si trova ad affrontare giorno per giorno.
Credo che questo sia uno dei punti di forza, se non il principale, di questo libro.
Il permettere al lettore di immedesimarsi con il personaggio, sia nei pensieri che negli atteggiamenti o nelle azioni.
Perché Will non è un'eroina alla Divergent, né una nobildonna ottocentesca.
È una normale diciottenne che parla di cose normali, che tutti noi, almeno una volta abbiamo pensato.
Tutti siamo stati in una fase della nostra vita, per un verso o per un altro, Will.
Tutti abbiamo pensato di avere il mondo contro e sperato che qualcuno ci prendesse per mano e ci guidasse verso la cosa più giusta o perlomeno verso quella che ci facesse stare bene.
Il libro può piacere o non piacere, ma sfido chiunque a dire di non essersi ritrovato nemmeno in una delle osservazioni di Will.
Altra cosa davvero apprezzabile è l'associazione di considerazioni futili e di altri pensieri ben più profondi. Ciò rende il tutto più veritiero, in quanto nella vita di tutti i giorni c'è spazio per le banalità (come può essere un giudizio su un programma televisivo, sulle mode o sul vestito del passante di turno) come per questioni più serie (quali il rapporto conflittuale tra i genitori o l'apatia e il disinteresse verso tutto e tutti).
Ogni cosa, dalla più stupida alla più importante, è narrata in modo convincente, senza troppi fronzoli, tant'è che si ha spesso l'impressione di trovarsi di fronte ad una cara amica.
Questo anche grazie allo stile di scrittura della Garuti che, come dicevo prima, essendo familiare e poco artefatto, ti fa subito capire quanto questo libro, destinato ovviamente agli adolescenti, abbia come autrice proprio una di essi. E con questo non voglio affatto sminuire l'autrice, anzi. È evidente che la giovane scrittrice sa scrivere e anche bene, come è altrettanto evidente che utilizzare un linguaggio forbito e lezioso avrebbe reso il racconto meno accattivante.
Invece grazie alla veste che la scrittrice ha scelto per noi la narrazione risulta fresca e divertente, capace di affrontare tematiche serie e delicate con la leggerezza di chi, ancora nel fiore degli anni, sembra non aver paura degli schemi e dei giudizi, di chi ha il coraggio di dire quello che pensa senza censure. Di chi, forse, un po' Will è per davvero.

Considerazioni:
La prima cosa che mi ha colpito di questo libro è la copertina, bella anche se poco elaborata, e soprattutto originale. Poi il titolo, decisamente simpatico e curioso.
Prima di acquistare un libro però, come qualcuno di voi ormai saprà, spulcio sempre un po' le recensioni sul web, senza entrare nel dettaglio, ma giusto quel tanto che permette di carpire un po' le impressioni generali.
Ebbene con questo libro non sapevo proprio che pesci prendere.
Se non mi fosse venuta incontro la casa editrice (che ringrazio nuovamente) inviandomi una copia omaggio, non credo avrei mai proceduto all'acquisto.
Le opinioni su questo romanzo sono tuttora così contrastanti che non si sa proprio di chi fidarsi: c'è chi lo definisce un vero e proprio capolavoro e chi invece una fusione di stupidaggini e banalità.
Io, come avrete intuito dalla recensione, credo di collocarmi nel mezzo.
Non inserirei di certo questo romanzo tra quelli "da leggere assolutamente" ma esprimerei di certo un giudizio positivo.
Le opinioni popolari, o se vogliamo i luoghi comuni, presenti nel libro e da molti criticate e tacciate come stupide, hanno invece a parer mio il vantaggio di rendere la lettura più coinvolgente e permettere l'immedesimazione del lettore con il personaggio.
Dobbiamo poi ricordarci che il libro è prevalentemente rivolto ad adolescenti in età da liceo non a luminari di astrofisica.
Altra critica che ho scovato nel web, e che, al contrario della prima, ritengo davvero assurda, riguarda invece il titolo.
Che ci crediate o no ma ho letto di parecchie persone che, cito testualmente, affermano "non bisognava scomodare Holden per questo" oppure "come si permette questa ragazzina di citare per ben due volte un maestro come Salinger?"
Ok, capisco che "Il giovane Holden" sia un classico senza tempo ma citare esso o il suo autore in qualsiasi libro, e non solo in questo, non danneggia in nessun modo nessuno dei due.
E se devo dirla tutta credo sia il caso di smetterla una buona volta con questo elenco di autori innominabili neanche fossero Lord Voldemort in persona!
Non capisco cosa ci sia di irrispettoso nel far riferimento ad una scena (come quella delle anatre in questo caso) o in generale ad un passo di un'opera esterna, a maggior ragione se di una certa importanza.
Per quanto riguarda  "Le anatre di Holden sanno dove andare" credo che l'associazione sia più che giusta in quanto allude allo stato d'animo della protagonista.
Ho trovato il paragone davvero appropriato e, se solo un lettore, dopo aver letto il romanzo della Garuti, decide di inoltrarsi anche nella lettura di quello di Salinger, allora tanto di guadagnato.
Che poi se consideriamo il tipo di pubblico a cui il genere Young Adult essenzialmente si rivolge, che spesso fatica ad avvicinarsi ai classici o in generale ai libri di un certo spessore, questa prospettiva non mi sembra così utopistica.
Altro aspetto della lettura che mi piacerebbe affrontare riguarda la figura di Matteo, che se vogliamo rappresenta il punto di svolta di tutta la storia.
In lui la protagonista trova il suo porto sicuro, una persona su cui contare e a cui rivelare ciò che di solito tiene solo per sé. Tra i due si instaura in modo repentino un rapporto sincero fatto di confidenze ed emozioni condivise. Matteo è il principe azzurro che il destino ha mandato da Will per salvarla, quello che lei segretamente ha sempre desiderato.
Ma lei non crede più nelle favole e non crede di meritare un lieto fine, ed ecco che per l'ennesima volta la ragazza sceglie la strada per lei più semplice, ossia scappare. Si rifugia nel suo mondo, nella convinzione che se non credi più in nulla e non permetti al tuo cuore di amare, nessuno può ferirti.
Anche in questo caso si potrebbe muovere una critica o più di una.
In primo luogo il fatto che rendere un ragazzo il motore di un processo di guarigione è una mossa prevedibile. In secondo luogo la convinzione che la spinta per star bene non può venire dagli altri, se non sei tu il primo a volerlo.
E terza cosa, e per quanto mi riguarda, la più importante, il cambio di direzione avviene troppo velocemente. Tutto si risolve subito, senza grandi scossoni o grandi traumi.
Queste obiezioni che mi sento di fare, per quanto giuste possano essere, passano però in secondo piano se consideriamo l'impianto di tutto il libro.
La storia di Will non è quella di una ragazza affetta da depressione o qualche altra grave malattia (infatti il tentativo di suicido si rivela alla fine solo una richiesta di attenzioni), ma di una giovane donna che si sente persa e smarrita, che ha paura di crescere e ritrovarsi da sola.
Ecco perché la soluzione al suo annoso problema non è poi così complessa.
Ecco perché basta un amico che si prenda davvero cura di lei e che ascolti i suoi problemi a rendere "lo schifo" più sopportabile.
E a questo proposito voglio citarvi una frase dello scrittore Edward Carey che ritengo esprima benissimo questo concetto ovvero "era una cosa da stringere, e in qualche modo la vita ti sembra molto migliore quando hai qualcosa da stringere",
Credo sia questo il messaggio più importante del libro: un fardello non è poi così pesante se si è in due a portarne il peso, e si può attraversare il buio più profondo e non avere paura, se c'è qualcuno a tenerti per mano.

Ringrazio la casa editrice Giunti per avermi inviato una copia cartacea del romanzo.

il mio voto per questo libro

4 commenti:

  1. Con la tua bella recensione mi hai trasmesso curiosità verso questo romanzo che divide i lettori. Prendo nota :)

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  2. stessa cosa, sono curiosa anche io! Stupenda la recensione *_*

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  3. Nonostnte i rimandi del titolo (IL giovane Holden è uno dei libri che ho meno sopportato), la recensione mi ha incuriosito molto.
    Anche se sono ormai ben lontana dall'età della protagonista, amo molot i libri e i film che parlano di ragazzi, probabilmente a causa del mio vissuto non proprio felice.Nonostante gli stereotipi di cui parli, questo ibro promette comunque bene. speriamo di leggerlo presto!

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