lunedì 29 giugno 2015

I love this cover #9

Salve avventori!
Rieccoci con la tanto amata rubrica "I love this cover", con protagoniste le copertine che più ci piacciono.
L'appuntamento di oggi è speciale perché dedicato non ad un solo libro, ma a ben otto.
Mi riferisco alle copertine dei romanzi di Fannie Flagg, che non possono certo essere giudicate separatamente.
Come ben sapete, ho letto un po' di tempo fa il bestseller "Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop", che ho amato davvero tantissimo. 
Dopo questo primo colpo di fulmine sono andata alla ricerca di altre opere della Flagg, ed è qui che, oltre all'interesse per il contenuto, si è aggiunto quello per il suo involucro.






E venendo al dunque, posso affermare, senza troppi giri di parole, che adoro la grafica vintage ideata dalla Bur Rizzoli!
Le loro cover sono semplicemente deliziose, così retrò e così particolari. Ricordano quasi quelle vecchie scatoline di latta, che le nonne tenevano sulla credenza, con chissà cosa dentro. O anche i vecchi recipienti in cui si riponevano i biscotti. 
In ogni caso apprezzo davvero la scelta editoriale di utilizzare un unico stile per la stessa autrice, stile che si adatta tra l'altro benissimo alle storie narrate.
Per di più, osservando le cover originali, potrete ben vedere come queste ultime non brillino certo per splendore. Quindi doppi complimenti alla casa editrice italiana che ha deciso invece di optare per qualcosa di così bello e particolare.
Per andare adesso nello specifico posso dire che, sebbene le ami tutte, non nascondo una certa predilezione per quella di "Torta al caramello in paradiso" (complice il rosa), e "Hamburger e miracoli sulle rive di Shell Beach", che, con i suoi toni vivi e brillanti, non può non evocare l'estate.
Dulcis in fundo, nel caso non ne foste al corrente, o non aveste osservato attentamente l'immagine precedente, voglio informarvi di qualcosa che mi ha piacevolmente sorpresa. Riguarda l'ultimo lavoro della scrittrice, ossia "Voli acrobatici e pattini a rotelle a Wink's Phillips Station", edito Rizzoli. 
Se ben ricordate vi avevo parlato di questo libro quasi un anno fa nella rubrica "Waiting for", e proprio allora non avevo nascosto il mio dispiacere nel vedere una copertina ben diversa da quelle a cui eravamo abituati.


                  
Cover originale di "Voli acrobatici e pattini a rotelle a Wink's Phillips Station"
e cover dell'edizione Rizzoli

Ebbene sono lieta di annunciarvi che la Bur Rizzoli ha deciso di realizzare una nuova edizione del romanzo, con una cover vecchio stile.
Io la trovo davvero graziosa, considerando che ha, per giunta, come sfondo uno dei miei colori preferiti XD 
E voi cosa ne dite? Vi piacciono queste cover?

giovedì 25 giugno 2015

Recensione: "Bunker diary" di Kevin Brooks

Titolo: Bunker diary
Autore: Kevin Brooks
Editore: Piemme
Data di pubblicazione: maggio 2015
Pagine: 300
Prezzo: 15,00 € 


Trama:
Linus, sedici anni, insieme a quattro adulti e una ragazzina di nove anni, si trova intrappolato in un bunker, uno spazio claustrofobico da cui nessuno può fuggire.
Sono stati rapiti da qualcuno che si è presentato loro ogni volta in modo diverso e non sanno perché sono stati scelti. Spiati da decine di telecamere e microfoni perfino in bagno, dovranno trovare un modo per sopravvivere.
"Bunker Diary" è un incubo da vivere sulla propria pelle attraverso le pagine del diario di Linus, in un’escalation di umiliazioni, meccanismi perversi e violenza fisica e psicologica innescati “dall’uomo di sopra”…

Recensione:
Immaginate di essere al buio, in un posto che non avete mai visto prima.
Non sapete dove siete né perché vi troviate lì.
Solo una cosa è chiara: siete in trappola, e non sarà facile uscirne.

Un musicante di strada di appena sedici anni, un consulente finanziario borioso e pieno di sé, una donna che crede di poter comprare il mondo con la sua scintillante carta di credito, un uomo forte dall'oscuro passato, un filosofo naturale già in là negli anni, ed un'innocente bambina.
Vi chiederete cos'hanno in comune queste sei persone.
Nulla, se non un piccolo particolare: sono tutte inconsapevoli prede di un gioco perverso che non conosce tregue, tutte vittime di un uomo che non sa cos'è la pietà.
Tutto inizia per caso, un giorno, un giorno come tanti altri.
Niente di speciale, ti trovi per strada e decidi di aiutare un pover uomo che ha bisogno d'aiuto.
Sei in un bar a far due chiacchiere con lo sconosciuto di turno.
O stai tranquillamente svolgendo il tuo lavoro.
Oppure stai andando a scuola, quando improvvisamente un uomo in divisa si avvicina a te.
Situazioni normali che tutti noi abbiamo vissuto chissà quante volte, eventi accidentali che mai penseresti ti cambino la vita.
Eppure per i nostri sei protagonisti è proprio un incontro fortuito la causa del loro peggior incubo.
Questo costituisce uno dei fattori più agghiaccianti di tutta la vicenda narrata.
Nessun criterio nella scelta di quelle che a tutti gli effetti potremmo chiamare cavie. Persone anonime che hanno come unica colpa di essersi trovate al momento sbagliato nel posto sbagliato. Persone comuni, come potrei essere io, come potreste essere voi.
E soprattutto un aguzzino senza scrupoli, che arriva a rapire una povera bambina, e che non vede alcuna differenza tra lei e gli altri. Sono tutti uguali, solo pedine asservite al suo squallido gioco.
Nessuno può fare nulla, se non sottostare alle sue regole.
Telecamere ovunque, pronte a spiare ogni mossa e rivelare ogni passo falso.
Sei stanze da letto (una per ogni "ospite"), una cucina e un bagno.
E poi l'ascensore, unica via di comunicazione con "l'uomo di sopra".
Nessuna porta, nessuna finestra, nessuna via d'uscita. O almeno così sembra.
Queste sono le prime informazioni che Linus ci dà, le prime cose che scrive sul taccuino che il suo aggressore ha predisposto per lui. Il ragazzo non ha ben chiaro perché ognuno ne abbia uno. Ma a lui non importa, non in quel momento.
Ha bisogno di scrivere quello che pensa, di raccontare a qualcuno le sue pene, di raccontare a noi. Ed è qui che entra in gioco il lettore, a volte solo una valvola di sfogo, altre un confidente, talvolta un testimone inconsapevole o persino un complice delle angherie subite.
In ogni caso noi ci siamo, con lui, ogni giorno.
Possiamo leggere le sue parole, percepire la sua pena. Ed è attraverso gli occhi di Linus che conosciamo anche gli altri personaggi, di cui ce ne descrive aspetto ed atteggiamenti. Momento per momento assistiamo alla loro prigionia, li sentiamo sperare, abbattersi, pregare, tentare, scoraggiarsi e provare di nuovo.
E soprattutto grazie al taccuino osserviamo il gioco macabro che l'ignoto carnefice ha allestito per loro. Un ponderato connubio di violenze fisiche e psicologiche, un alternarsi di modeste ricompense e di tremendi castighi.
Una tortura, sotto forma di tira e molla. Un giorno il gigante buono che ti rimpinza di cibo, ed il giorno dopo l'orco malvagio che ti priva di qualsiasi cosa.
In ogni caso un mostro che non fa che architettare trappole e seminare distruzione.
Unica soluzione è scappare, ma come?
Questa è la domanda che gli involontari protagonisti non smetteranno di farsi, questo il loro unico obiettivo, fuggire di lì in un modo o nell'altro.

Considerazioni:
Come avrete intuito "Bunker diary" non è di certo una lettura facile.
Quella racchiusa in queste pagine è decisamente una lotta al massacro, che non conosce vincitori. Perché, indipendentemente dall'esito finale, e quindi dall'ottenimento o meno dell'agognata libertà, il prezzo da pagare sarà sempre troppo alto.
Un prezzo che possiamo vedere nel decadimento fisico dei personaggi, nella volontà di sopravvivere che progressivamente viene meno, negli istinti primordiali che prendono il sopravvento.
Se dovessi dire una delle cose che mi ha turbata di più direi proprio questo, l'assistere all'inesorabile spegnersi di ogni individuo, ricordare le prime descrizioni che Linus dà di tutti loro, e poi vederli decisamente diversi, decisamente meno umani.
Così se Anja ci era parsa la tipica donna artefatta, abituata ad avere tutto ciò che desidera, con il passare del tempo ci mostra le sue fragilità, mentre Russell, il fisico teorico, dopo mesi di prigionia, riesce a fatica ad elaborare un pensiero compiuto.
In realtà tutti non sono che l'ombra di ciò che erano inizialmente, un mucchio di ossa, delle anime cenciose che vagano senza scopo da una stanza all'altra.
E se tutto questo pare orribile e crudele, lo è ancora di più se consideriamo la presenza di Jenny, l'innocente bambina che non riesce a comprendere la cattiveria umana, che continua a sperare che un po' di gentilezza possa risanare il cuore spietato di chi li tiene in ostaggio.
La sua ingenuità commuove, il suo patire ci fa rabbrividire.
Nonostante Linus sia la voce narrante ed il vero protagonista, è lei il reale catalizzatore delle nostre attenzioni. È la purezza da salvaguardare in un posto che di puro non ha più niente.
Lo stesso Linus non esita a sacrificare se stesso pur di dare alla piccola qualche possibilità di sopravvivenza. Lui, abituato a stare da solo, a vivere per strada, badando solo a se stesso, si assume l'arduo compito di occuparsi di Jenny, rassicurandola quando piange, mentendole quando la verità è troppo dura da affrontare.
Il rapporto che si viene a creare fra i due è descritto con pagine di profonda tenerezza: si prendono cura l'uno dell'altro, usando le parole giuste al momento opportuno o facendosi compagnia in silenzio, quando è invece il caso di tacere.
Linus, che non ha mai trovato il suo posto nel mondo, sente finalmente di aver trovato nei suoi compagni di sventura (Jenny, ma anche Fred e Russell) la famiglia che ha sempre cercato.
È paradossale come in una situazione del genere si possano creare rapporti sinceri, nonostante "l'uomo di sopra" non rinunci a seminare discordie e dissapori.
Ma tornando alle considerazioni generali, posso solo fare i complimenti all'autore, per aver avuto il coraggio di scrivere una storia così intensa, senza filtri e censure.
"Bunker diary" è decisamente un libro crudele, che non risparmia particolari raccapriccianti, e non conosce tabù, che siano descrizioni di bisogni fisiologici o di argomenti forti come crisi di astinenza, aggressioni fisiche, o sevizie brutali e disumane.
Kevin Brooks è capace di rendere il tempo che non passa mai, la fame e la sete che non danno respiro, o la disperazione negli occhi delle persone.
Nonostante ciò è un romanzo ben calibrato, che non eccede.
Fino ad un certo punto la lettura procede in modo lineare, senza troppi scossoni.
Pur essendo in una situazione disperata, i prigionieri riescono a ritrovare una parvenza di normalità.
Sveglia alle otto, ascensore che arriva alle nove, luci che si spengono a mezzanotte. Quasi una seconda vita racchiusa in quelle quattro pareti.
Difatti, per quanto tutto sia squallido e privo di senso, quelle poche certezze li rassicurano.
Ma quando vengono a mancare anche questi unici appigli, lì inizia davvero l'incubo.
Cosa succede se l'ascensore non arriva o se le luci non si accendono?
E soprattutto cosa significa? Che non ci sono più regole? Che può succedere di tutto?
Qualcuno potrebbe dire che è questa seconda parte la più coinvolgente, in cui non si ha idea di quello che accadrà, e che la prima era solo una fase di preparazione, un mero riempitivo.
Ma non è così che la vedo io. Anzi trovo davvero affascinante che Brooks sia riuscito a rendere normale una situazione così atipica, con ritmi scanditi e abitudini stabilite, come turni per le pulizie o per la spesa. 
È in questa parte che possiamo studiare i personaggi, li vediamo agire e li osserviamo decidere. Incominciamo a capire chi e cosa saranno disposti a fare per sopravvivere, chi e cosa saranno disposti a sacrificare.
Inoltre, la narrazione non risulta mai noiosa, e non era cosa facile, considerando che l'ambientazione e i personaggi sono sempre gli stessi. Sarebbe stato semplice cadere nella ripetizione, eppure ciò non accade, anche grazie ai flashback che ci raccontano la vecchia vita di Linus, che ci aiutano in questo modo a conoscerlo e a capirlo.
Ho apprezzato davvero la misura con cui è stata gestita tutta la storia, con una prima parte più lenta, ed una seconda più imprevedibile.
Se tutto il romanzo fosse stato solo un susseguirsi di artifici macabri, volti a coinvolgere il più possibile i lettori (come è tipico del genere splatter) si sarebbe persa l'intensità delle emozioni sul finale. Naturalmente non vi rivelerò cosa succede alla fine, posso però confessarvi che ho provato una sensazione di vuoto e rassegnazione quando ho terminato la lettura.
Come vi avevo detto prima "Bunker diary" è un libro amaro, in cui nessuno vince.
Non c'è vittoria perché tutti hanno perso molto, e sofferto altrettanto. Hanno visto cose che non avrebbero mai voluto vedere, e fatto cose che la ragione e il senso morale vieterebbero di fare.
Ma in un mondo che non ha regole e in cui non c'è giustizia, che posto può avere la decenza o la dignità? Rimane ancora qualcosa in cui credere? E soprattutto come si può gioire dopo tanto orrore?

Ringrazio la casa editrice Piemme per avermi inviato una copia cartacea del romanzo.

il mio voto per questo libro

martedì 23 giugno 2015

Recensione: "Divergent" di Veronica Roth

Titolo: Divergent
Autore: Veronica Roth
Editore: De Agostini
Data di pubblicazione: marzo 2015
Pagine: 480
Prezzo: 12,90 € 


Trama:
La società distopica in cui vive Beatrice Prior è suddivisa in cinque fazioni consacrate ognuna a un valore: la sapienza per gli Eruditi, il coraggio per gli Intrepidi, l'amicizia per i Pacifici, l'altruismo per gli Abneganti e l'onestà per i Candidi. 
Beatrice deve scegliere a quale unirsi, con il rischio di rinunciare alla propria famiglia. Prendere una decisione non è facile e il test che dovrebbe indirizzarla verso l'unica strada a lei adatta, escludendo tutte le altre, si rivela inconcludente: in lei non c'è un solo tratto dominante ma addirittura tre! 
Beatrice è una Divergente, e il suo segreto - se reso pubblico - le costerebbe la vita. 
Non sopportando più le rigide regole degli Abneganti, la ragazza sceglie gli Intrepidi: l'addestramento però si rivela duro e violento, e i posti disponibili per entrare davvero a far parte della nuova fazione bastano solo per la metà dei candidati. Come se non bastasse, Quattro, il suo tenebroso e protettivo istruttore, inizia ad avere dei sospetti sulla sua Divergenza...

Recensione:
Vorrei poter iniziare questa recensione dicendo che il libro in questione è un connubio di originalità e colpi di scena. Una di quelle storie che ti tiene con il fiato sospeso e che non risparmia sorprese.
Vorrei, ma la realtà è ben diversa.
Se devo dirla tutta Divergent è uno dei romanzi più banali che abbia letto, con sviluppi scontati e prevedibili.
Ma andiamo per gradi.
Ad inizio libro conosciamo Beatrice, la protagonista. È lei a narrarci la storia.
Ha appena compiuto sedici anni e, come tutti i ragazzi della sua età, deve compiere una scelta importante, una decisione che influenzerà il resto della sua vita.
Arriva il giorno del test attitudinale che, attraverso delle simulazioni, dovrebbe indicarle la strada da seguire. Dovrebbe dirle a quale fazione lei realmente appartiene, se quella in cui è cresciuta, gli Abneganti, o una delle altre quattro: Candidi, Eruditi, Intrepidi o Pacifici.
Fin qui nulla di strano, ma è quando ci inoltriamo nello specifico delle fazioni che il racconto inizia ad avere sfumature assurde e poco convincenti.
Sicuramente il dividere la società in gruppi non è una novità, li abbiamo riscontrati già in numerosi romanzi. Ma mentre in altre storie i raggruppamenti sono effettuati in base a criteri etici (per esempio le case di Harry Potter) o sociali (uno fra tutti i distretti di Hunger Games), in Divergent le due cose sono assemblate.
Quindi abbiamo gli Intrepidi che, in quanto coraggiosi, sono chiamati a difendere la città, i Pacifici che coltivano buoni sentimenti e lavorano in gruppo nelle fattorie, gli Eruditi i quali, essendo colti, si occupano della ricerca, ed infine gli Abneganti che, grazie al loro altruismo, possono governare giustamente, senza curare solo i propri interessi.
Capisco che questo libro faccia parte della categoria Young Adults, ma in base a questi concetti io lo inserirei proprio nel settore bambini.
Non so voi ma a me sembrano proprio pensieri da ragazzini delle elementari, tipo "mamma è vero che le persone buone fanno i dottori e i cattivi gli avvocati?".
Come se le persone non avessero sfaccettature o diverse personalità, come se tutti gli Abneganti non conoscessero altra qualità se non la generosità, gli Intrepidi il coraggio e così via.
Ma la cosa diventa ancora più ridicola quando si parla del test attitudinale di Beatrice.
Il suo risultato è considerato inconcludente, in quanto rivela come possibili fazioni ben tre e non una sola, come sarebbe nella norma.
Ebbene sì, la nostra cara protagonista è capace di pensare al prossimo (Abnegante), amante del sapere (Erudita), e sprezzante del pericolo (Intrepida).
Beh come può un esito del genere non lasciare esterrefatti e per di più non mandare in palla il sistema?
Erano abituati ad avere automi con una sola caratteristica, cosa possono fare adesso trovandosi di fronte ad una persona normale?
Perché è di questo che in realtà si tratta.
Il non poter essere archiviati in una sola categoria rende, a detta dell'autrice, Beatrice una Divergente, una persona speciale. Ma di fatto non c'è nulla di eccezionale in questo, anzi è assurdo che tutti gli altri non lo siano altrettanto.
Per quale motivo una persona sincera non può essere anche coraggiosa (anzi per dirla tutta le due cose sono spesso correlate), oppure una pacifica non può tenersi informata?
Potrei anche capire se le fazioni rivelassero solo la caratteristica predominante di ognuno, ma in tutto il libro non si fa che rimarcare che in situazioni normali l'una esclude l'altra e che, essere Divergente è una cosa altamente pericolosa.
Quindi da questo momento in poi la cara Tris (perché questo è il suo nuovo nome da Intrepida) dovrà stare bene attenta a non far scoprire il suo segreto.
Ovviamente non sarà cosa facile nascondere tutta questa straordinarietà che la contraddistingue, tant'è che spesso e volentieri, e soprattutto fuori contesto, sentiremo la protagonista rimarcare frasi come "ora capisco, sono una Divergente" oppure...

“Mi sento come se avessi la parola “Divergente” marchiata sulla fronte, come se potesse leggerla, se mi guardasse abbastanza a lungo.”

Sembra quasi che la scrittrice avesse il timore che noi lettori lo dimenticassimo e quindi, ogni cinquanta pagine circa, ecco che rispunta "sono una Divergente", "forse l'hanno capito", "forse lo capiranno" e via la solita solfa. 
In realtà nessuno, a parte Quattro (di cui vi parlerò dopo), si rende conto proprio di un bel niente, però Tris continua imperterrita la sua sceneggiata da martire, condannata a nascondere per sempre la sua vera identità.
Inoltre non capisco in base a cosa le sia stato affibbiato il ruolo di Divergente, considerando che dimostra coraggio solo part-time, esclusivamente quando vuole fare colpo su Quattro, non manifesta particolare sete di sapere (Erudita quando mai!), e pare per di più, salvo casi eccezionali (sempre da inserire nella categoria "se c'è Quattro in giro"), egoista ed insensibile come pochi.

“Sento un respiro interrotto da un suono strozzato, seguito da un profondo singhiozzo. Le molle di un letto stridono mentre un grosso corpo si rigira. Un cuscino soffoca i gemiti, che provengono da un Candido, Al, il più grande e grosso degli iniziati… l’ultima persona che mi aspettavo di veder crollare. 
I suoi piedi sono solo a pochi centimetri dalla mia testa. Dovrei confortarlo, dovrei sentire il desiderio di confortarlo, perché mi hanno cresciuta in questo modo. Invece provo disgusto. Una persona all’apparenza così forte non dovrebbe comportarsi da debole. Non può piangere in silenzio come tutti gli altri?”

Da questo punto di vista sia Christina che Will paiono più Divergenti di quanto lo sia lei, considerando che entrambi sono risultati Intrepidi in base al test attitudinale, ed entrambi non rinunciano alle caratteristiche distintive delle loro vecchie fazioni (la sincerità per la prima ed il sapere per il secondo). 
Tornando a Tris il suo comportamento è spesso incoerente, dice una cosa e poco dopo fa l'esatto contrario. A volte difende a spada tratta i suoi amici ed altre li giudica senza mezze misure, pensando perfino che tramino alle sue spalle. Quasi sempre considera inappropriati atteggiamenti che lei stessa ha (il desiderio del fratello Caleb di cambiare fazione, l'ambizione che spinge Christina a tentare di primeggiare nelle prove, la debolezza di Al, i baci tra Will e Christina). 
Nel complesso non è un personaggio in cui è facile immedesimarsi.
Questo è dettato non solo dal comportamento aspro e scostante della protagonista, ma anche dallo stile di scrittura della Roth che definirei sterile.
Difatti, nonostante la narrazione coincida con il punto di vista del personaggio principale, e dovrebbe essere quindi più intensa, in realtà risulta abbastanza fredda, a causa della scrittura dell'autrice, che consiste praticamente nel definire per filo e per segno ogni dettaglio, anche il minimo gesto. 
Questa scelta, per quanto paia azzeccata nelle descrizioni, è invece errata per tutto il resto. Se da una parte viene facile al lettore immaginare le varie ambientazioni (e questa è la cosa che ho apprezzato maggiormente), negli altri casi si perde di intensità.
Basti pensare a come una scena romantica, che dovrebbe essere un tripudio di emozioni, venga ridotta a "mi tocca il mento, io giro la testa di lato, mi mette il braccio dietro la schiena, io sposto la gamba" XD 
E quello riportato qui sotto è solo uno degli infiniti esempi di cui il libro è pieno zeppo.

“Si lascia cadere per terra, tirandomi giù con sé, e si siede con la schiena contro la parete; io mi metto di fronte a lui, con le gambe distese di lato sul pavimento polveroso. Qualche ciocca di capelli, liberata dal vento, mi svolazza sul viso. Lui mi incornicia la faccia tra le mani, facendo scivolare le dita dietro le mie orecchie, e avvicina la mia bocca alla sua. 
Sento lo stridere delle ruote sui binari mentre il treno rallenta. Significa che ci stiamo avvicinando al centro della città. L’aria è fredda, ma le sue labbra sono calde e anche le sue mani. Piega la testa e mi bacia la pelle proprio sotto la mascella.”

Tornando invece all'argomento iniziale, ossia la prevedibilità della storia, senza scendere in dettagli (per quello potete leggere le considerazioni) posso dirvi che, dopo il primo capitolo, avevo già capito tutto, o quasi, di quello che sarebbe successo in seguito.
E non credo di essere stata particolarmente intuitiva in questo.
I colpi di scena sono stati davvero rari, mentre per tutto il resto del tempo gli eventi erano di una banalità sconcertante. 
Capisco che qualunque scrittore, prima di mettersi all'opera, abbia ben chiaro quello che deve raccontare, tuttavia dovrebbe cercare di preservare, per chi legge, una parvenza di spontaneità.
In Divergent invece è tutto così forzato, ogni personaggio ingabbiato nel suo stereotipo, nessuno che esce dai binari. Per restare in tema, di Divergenti nemmeno l'ombra.

Considerazioni:
Se non hai letto il libro, e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Ho iniziato questo libro carica di aspettative. Come avrete letto nello scorso "Chi ben comincia", ero rimasta piacevolmente colpita dalle prime pagine. 
Purtroppo, con il proseguimento della lettura, sono stata costretta a ricredermi.
Già da quanto ho scritto prima, ne avrete più o meno intuito i motivi. Ma adesso è il momento di essere più precisi.
Parlando dell'argomento prevedibilità. 
Ne abbiamo esempi già dalle prime pagine, quando Tris si mostra indecisa su quale fazione scegliere (e in realtà tutti già sappiamo che sceglierà gli Intrepidi).
Poi abbiamo il duro addestramento che precede l'iniziazione. Tris teme l'eliminazione, in quanto, essendo fisicamente debole, è inizialmente nelle ultime posizioni della classifica.
Ma indovinate, non solo riesce a salvarsi, ma alla fine del libro risulta addirittura la migliore!
Prima in classifica, supera anche gli iniziati figli di Intrepidi, che dovrebbero essere già ben allenati. E per di più, con la sua esile corporatura, riesce a battere in un corpo a corpo, Molly, precedentemente definita "il carro armato". La stessa ragazza che stava quasi per uccidere a colpi di pugni l'amica di Tris, Christina.
Non c'è da stupirsi vedendo diventare Beatrice ben presto una celebrità -.-'

“Entriamo nel salone di vetro. C’è ancora folla, ma si è diradata ora che anche l’ultima persona, cioè io, ha finito. 
Dopo qualche secondo la gente comincia a notarmi. Io rimango accanto a Tobias mentre loro mi indicano, ma non cammino abbastanza veloce da sfuggire a qualche grido di approvazione, a qualche pacca sulle spalle, a qualche complimento. Guardo le persone che mi circondano e penso a quanto apparirebbero strane a mio padre e mio fratello, e a quanto – invece – sembrano normali a me, con tutti i loro piercing di metallo sulla faccia e i tatuaggi su braccia, colli e petti. Rispondo ai loro sorrisi."

Davvero imbattibile la nostra protagonista! 
Soprattutto se aggiungiamo il fatto che, mentre si allena, riesce anche ad attirare su di sé le attenzioni del suo istruttore che, chi lo avrebbe immaginato, si innamora di lei.
E non si capisce neppure il perché di tale interesse, considerando che lei non fa mai nulla di così sorprendente, se non diventare improvvisamente la più brava in qualsiasi cosa.
E non avrei nulla da dire se il suo personaggio fosse già stato presentato come "la ragazza forte, intelligente e temeraria" ma non è così. 
Lei è debole, codarda ed egoista e poi ad un tratto buona, generosa, caparbia e veemente. La perfetta eroina.
Ed insieme, lei e Tobias (nome vero di Quattro, la cui identità non era certo un mistero), non possono che rappresentare la coppia d'oro: entrambi i migliori nel loro corso, entrambi Divergenti. Praticamente il re e la reginetta del ballo XD 
E in quanto ad originalità anche Quattro non scherza.
Fa la sua prima apparizione da bello e tenebroso, tutto sguardi furtivi e alone di mistero (quel tanto che intriga). Poi diventa dolce e premuroso (abbastanza da attrarre) ed infine si rivela per il suo oscuro e tormentato passato (perfetto per innamorarsene).
Per di più capisce le esitazioni di Tris ad avere con lui un rapporto fisico, e promette di aspettare che lei si senta pronta anche perché, tenetevi forte, è anche lui vergine!
A quanto pare non ha fatto altro che aspettare la ragazza giusta, per poi trovarla in quella piccola saccente. Contento lui U_U 
Insomma è praticamente l'uomo ideale, ed infatti la storia d'amore tra lui e Tris non è altro che la realizzazione di uno dei tanti sogni proibiti delle donne (l'istruttore e l'allieva in questo caso), un po' come può essere quello tra un dirigente e la sua segretaria, un attore e la sua manager e giù di lì.
Insomma la solita trama da libro romance da quattro soldi, o commedie femminili.
Non a caso Tris è descritta come non particolarmente bella, bassina, timida e goffa, la tipica ragazza della porta accanto, praticamente una di noi.
La scrittrice gioca proprio su questo, è consapevole che molte donne (e soprattutto ragazzine) non potranno non immedesimarsi in questa moderna cenerentola, versione amazzone.
La cosa peggiore è che questa storia d'amore, oltre che insulsa, sembra essere il vero fulcro del libro. Da metà romanzo in poi infatti si ha la sensazione preponderante che le fazioni e i loro conflitti non siano altro che uno sfondo, una sorta di contesto al rapporto tra Tris e Quattro.
In generale tutto il libro non è altro che un elenco di stereotipi. Le stesse fazioni sono forzate. Primi fra tutti gli Intrepidi, tutti piercing e tatuaggi, un po' come sono nell'immaginario collettivo i bulli nelle scuole americane (per la serie "fantasia portami via"). E poi gli Eruditi, che non riescono proprio a staccare gli occhi dai libri.

“Faccio rimbalzare lo sguardo da Susan ai tavoli degli Intrepidi, dall’altra parte della mensa. Ridono, gridano e giocano a carte. A un altro gruppo di tavoli, gli Eruditi chiacchierano di libri e giornali, nella loro instancabile ricerca della conoscenza.”

Gli unici personaggi che presentano realmente una personalità sono Christina e Will (e anche gli unici che suscitano una certa simpatia), anche se il loro ruolo è troppo marginale.
Per quanto riguarda Al, l'altro amico di Tris, se da una parte il suo voltafaccia è stato una delle poche sorprese che questo romanzo mi ha riservato (insieme al passato da Intrepida della madre di Tris), dall'altra parte non ho potuto non considerarlo l'ennesima prova dell'incoerenza della storia.
Come fa a risultare credibile che un personaggio faccia di tutto per perdere ogni combattimento, risultando ultimo in classifica, pur di non far male a nessuno, e poi tenti di uccidere la ragazza di cui è innamorato? 
Per non parlare della protagonista che, senza pensarci due volte, spara alla testa Will (tra l'altro in stato d'ipnosi), ma non ha il coraggio di fare lo stesso con il malvagio Eric, persino quando ha la pistola puntata contro il suo amato Tobias. 
La cosa più assurda è che Tris, definita come buona e generosa, non sembra avere alcun senso di colpa dopo aver ucciso uno dei suoi amici, fomentata dal fatto di dover a tutti i costi portare a termine la missione. 
Poco dopo però, ritrovandosi nella stessa situazione, con Quattro che sotto ipnosi tenta di ucciderla, la missione ed il destino degli Abneganti non sono più così importanti. Tris sceglie di sacrificare se stessa e la sua vecchia fazione, perché non può mettere fine alla vita dell'uomo che ama.
Quindi un amico è un prezzo da pagare accettabile, ma il proprio fidanzato no.
Tanto in fin dei conti Will era solo il ragazzo della sua migliore amica, mica il suo. Ed era solo una persona buona che non aveva fatto che aiutarla e sostenerla, nulla di speciale.
Per di più Tris non pare neanche turbata più di tanto dalla dipartita dei suoi genitori (morti entrambi per proteggere l'intrepida eroina -.-' ), tant'è che passa tranquillamente il tempo a sbaciucchiarsi con il suo amato o a chiedersi chi è lei adesso, se Tris l'Intrepida, Tris l'Abnegante o Tris la Divergente (soliti importanti dilemmi).
Ecco perché posso affermare con certezza che questo è un libro privo di emozioni, in cui nessuna reazione è reale, e le sensazioni descritte non sono null'altro se non i soliti cliché.
Al momento in cui c'è da affrontare un dolore, il turbamento emotivo viene relegato a due o tre frasi, e poi subito messo da parte. 
E in alcuni casi, cosa peggiore, i momenti più intensi si concludono in modo ridicolo, come nel caso del ritrovamento del corpo di Al, che non riesce a non suscitare in Miss Sensibilità Tris una grassa risata.
Va beh dai a chi non è mai capitato di mettersi a ridere ad un funerale? Direi che sono cose di ordinaria amministrazione.

“Qualcuno si inginocchia vicino alla testa di Al e gli chiude gli occhi, per cercare di farlo sembrare addormentato, forse. Che stupidaggine. Perché la gente vuole far finta che la morte sia come il sonno? Non è così. Non è così. 
Qualcosa dentro di me crolla. Ho il petto così contratto, così oppresso, che non riesco a respirare. Mi accascio a terra, trascinando giù Christina con me. La pietra è ruvida sotto le ginocchia. Sento qualcosa, il ricordo di un suono: i singhiozzi di Al, le sua grida di notte. Avrei dovuto saperlo. Ancora non riesco a respirare: mi premo le mani sul petto e mi dondolo avanti e indietro per alleviare la tensione al torace. 
Chiudo gli occhi e rivedo la testa di Al mentre mi porta in spalla verso la mensa. Rimbalzo a ogni suo passo. Lui è grosso, caldo e goffo. No, era. Questo è morire: passare da “è” a “era”. 
Ho il respiro affannoso. Qualcuno ha portato un grosso sacco nero per il corpo, ma mi accorgo subito che è troppo piccolo. Una risata mi nasce in gola e mi scappa dalla bocca, tirata e gorgogliante. Al è troppo grosso per il sacco… che tragedia. Soffoco la risata a metà, tappandomi la bocca con la mano, così che finisce per assomigliare più a un grugnito. Libero il braccio e mi alzo, lasciando Christina a terra. Corro."

Ultima cosa di cui voglio parlarvi (e poi prometto di tacere) sono i riferimenti ad altre opere. Non che essi siano di per sé un errore, in quanto può capitare di ispirarsi a qualcos'altro, ma quando il romanzo in questione non è altro che una serie di banalità, e per di più un mix di idee tratte da altri libri, beh è allora che sorge il problema.
Io ho riscontrato alcune analogie con "Hunger Games", "1984" e addirittura "Harry Potter", ma non mi stupirei se ce ne fossero altre che non ho notato.
Per "Hunger Games" la coincidenza tra l'addestramento degli Intrepidi e l'allenamento per i giochi, le simulazioni orchestrate dall'alto (Eruditi per gli uni e strateghi di Capitol City per gli altri), il "depistaggio" subito sia da Tobias che da Peeta, la somiglianza tra la fazione dei Pacifici e il Distretto 11, la stessa Tris che da un certo punto in poi diventa, nei limiti del possibile, simile a Katniss.
Per "1984" invece il fatto di essere continuamente sotto osservazione e che la coppia, capace di libero pensiero, sia contrapposta alla folla di automi.
Per "Harry Potter" infine il test attitudinale che come il cappello parlante rivela la tua inclinazione naturale ma ti lascia ugualmente una scelta, le fazioni e le case basate su principi morali, la scena del banchetto finale in cui si rivela la classifica, la somiglianza tra Peter e Malfoy e tra Al e Neville, la rivalità atavica tra due case e fazioni (Eruditi-Abneganti e Serpeverde-Grifondoro).
Ripeto i riferimenti non sono nulla di grave, purché non siano troppi e soprattutto siano solo contorno a tanto altro, ma purtroppo non è questo il caso.
Detto questo, come promesso, vi lascio.
Mi scuso per essere stata prolissa, ma vi assicuro che, considerando tutte le cose che avrei ancora da dire e che ho omesso, mi sono anche limitata.

il mio voto per questo libro

lunedì 22 giugno 2015

Presentazione: "Mistero a Villa del Lieto Tramonto" di Minna Lindgren

Salve avventori!
Oggi vi presento una nuova uscita edita Sonzogno, che sono sicura, vorrete avere nella vostra libreria.
Dopo Reykjavík Café, ambientato in Islanda, la casa editrice pubblica un'altra storia, che ha come sfondo un paese del nord, l'incantevole Finlandia.
"Mistero a Villa del Lieto Tramonto" di Minna Lindgren è il primo volume di una trilogia che ha come panorama la fredda Helsinki. 
Ad impreziosire il libro, ancora una volta una splendida copertina, opera dell'illustratrice Valentina Cinetto, che già ho avuto modo di apprezzare per la cover del su citato Reykjavík Café.
L'uscita è prevista per il prossimo 2 luglio.

Titolo: "Mistero a Villa del Lieto Tramonto"
Autore:  Minna Lindgren
Copertina: Valentina Cinetto
Editore: Sonzogno
Data di pubblicazione: 2 Luglio 2015
Pagine: 288
Prezzo: 16,50 € (cartaceo)


Trama :

Tic tac, tic tac, tic tac.» A Villa del Lieto Tramonto, ridente casa di riposo immersa nella foresta vicino a Helsinki, è l’ora del caffè e, come al solito, Irma e Siiri, due vivaci novantenni ospiti della residenza, amano trascorrere quel momento in perfetto relax. Dopo le partite a canasta, le lezioni di ginnastica dolce, il whiskino prescritto dal medico o le riunioni del gruppo per la memoria, un’oretta di svago ci vuole per scambiarsi ricordi di giovinezza o spettegolare sul funerale del giorno, che è pur sempre una festa e un avvenimento per curare il proprio look. Ma soprattutto, l’ora del caffè dà l’occasione per criticare il regolamento e l’incuria del personale specializzato, quello che figli e nipoti, per guarire i sensi di colpa, chiamano “servizi di eccellenza”. Per fortuna dalla Villa si può anche uscire, andare in giro in tram per rifarsi l’occhio con le bellezze della capitale finlandese, e così a Siiri, Irma e alla loro terza compagna, Anna-Liisa, capita di osservare, con bonario sarcasmo, le stranezze del mondo moderno che le circonda. A turbare la routine delle tre amiche è però un fatto terribile: la morte, in circostanze misteriose, del giovane cuoco, sempre gentile e pieno di allegria, accompagnata da una serie di episodi inquietanti che rivelano il lato sinistro di quel rifugio, ora non più così accogliente. Provette Miss Marple, Siiri, Irma e Anna-Liisa si trasformano in intraprendenti investigatrici per venire a capo degli enigmi nascosti tra le mura dell’amena residenza in un mistery arguto che tocca sapientemente le corde del giallo e della commedia, con un pizzico di suspense e molto, irresistibile, dark humor finlandese.

Autore:
Minna Lindgren, giornalista, melomane, vive a Helsinki. Mistero a Villa del Lieto Tramonto, primo di una trilogia, è il suo romanzo d’esordio, tradotto in molti paesi tra cui Germania, Inghilterra, Francia, Stati Uniti. L’adattamento per il cinema della serie sarà firmato dal regista finlandese Neil Hardwick.

venerdì 19 giugno 2015

In my mailbox #15


Salve avventori!
Eccoci qui a mostrarvi le nuove entrate nella nostra libreria.
Alcune di queste sono davvero arrivate per posta, come da titolo e immagine ^_^

♥ Bunker Diary di Kevin Brooks
Questo libro mi è stato gentilmente inviato dalla Piemme.
Lo avevo scovato nel mio giro per i blog (non ricordo precisamente in quale), e mi aveva subito colpito, sia per la trama che per la cover davvero molto bella.
Il desiderio di leggerlo è stato tale da spingermi a richiederlo ala casa editrice che ha gentilmente accordato la mia richiesta.
Al momento lo sta leggendo Little Pigo, quindi aspettatevi presto una sua recensione sul blog!


♥ Reykjavík Café di Sólveig Jónsdóttir
Questo libro mi è stato gentilmente inviato dalla Sonzogno.
Ve ne ho già parlato un pochino in occasione della rubrica "I love this cover".
Lo sto leggendo in questi giorni, vi farò sapere presto...






♥ Il confine del silenzio di Carol Louise Taylor
Questo libro mi è stato gentilmente inviato dalla casa editrice Longanesi.
La trama è davvero accattivante, un misto tra thriller e horror.
Non vedo l'ora di leggerlo e farvi sapere di più.







♥ E le stelle non stanno a guardare di Loredana Limone
Questo libro mi è stato gentilmente inviato dall'ufficio stampa Lettera EFFE
E' il secondo libro della serie ambientata a Borgo Propizio, in cui si ritrovano i personaggi che, chi ha visitato il Borgo, ha imparato a conoscere e ad amare.
♥ Borgo Propizio di Loredana Limone
Non mi è mai piaciuto iniziare le cose a metà (si può dire?) ma è proprio questo il senso :D
Quando mi è stato inviato il secondo libro della serie, ho deciso che dovevo assolutamente leggere prima il suo predecessore.
Dunque ho acquistato l'ebook. 
L'ho finito pochi giorni fa e spero di poter pubblicare presto la recensione.





E voi che mi dite?
Avete già letto qualcuno di questi libri?

mercoledì 17 giugno 2015

I luoghi dei libri #4

Poche e semplici le regole:
♥ Postare la foto di un luogo   
♥ Riportare l'estratto del libro in cui il luogo è descritto
♥ Spiegare il perché di questa associazione
♥ Aspettate i commenti

Salve avventori!
Eccoci con un nuovo appuntamento de "I luoghi dei libri", vi era mancata questa rubrica?
A noi si, tantissimo!
Non è facile però far corrispondere quello che leggiamo ad immagini che ci è capitato di vedere qua e là. Ancora peggio è cercare per il web un luogo che si avvicini il più possibile a quello che ci siamo immaginati nella nostra mente.
Mentre leggevo "Borgo Propizio" di Loredana Limone, però, è successo quello che mi era già capitato quando ho curato i precedenti appuntamenti di questa rubrica.
Leggevo di Belinda e della sua deliziosa ossessione per il latte, e del suo sogno di aprire una latteria. Tornare alla vita naturale, abbandonare il lavoro, trasferirsi in un piccolo paesino di collina e realizzare il suo sogno.
La latteria purtroppo, fatta eccezione per il colore del soffitto e per la fattura di alcune mattonelle, non ci viene mai descritta dettagliatamente.
Peccato, perché amo leggere le descrizioni e immaginarmi i posti in cui i personaggi si muovono.
Ma questo non mi ha certo fermato, perché, appena si è nominata la parola "latteria" mi è venuto immediatamente in mente un locale di Bari che conosco, e mi sono subito immaginata che la latteria di Belinda fosse così.
Elegante, raffinata, delicata, e ovviamente bianco latte. *-*
Chi non vorrebbe nel proprio paesino un luogo così?


“Belinda, intanto, tutta affannata a contattare i fornitori e a contrattare con essi, aveva scoperto di avere un’insospettabile capacità di buyer e di essere una fucina di idee: il Buongiorno alla spina (con latte appena munto, arrivato direttamente dalla stalla, da acquistare e portare via o, meglio ancora, consumare in loco con una brioche: l’idea era creare l’abitudine della colazione in latteria) e L’ora delle bianche chiacchiere (un momento di salutare relax in cui per un’oretta si potevano scaricare le tensioni parlando di argomenti leggeri e gustando dolcetti al latte: l’idea era creare un gruppo di conversazione) sarebbero state le prime due proposte golose.”

lunedì 15 giugno 2015

Recensione: "Chelsea & James" di Giuseppe Cozzo

Titolo: Chelsea & James
Autore: Giuseppe Cozzo
Data di pubblicazione: Febbraio 2015
Pagine: 194
Prezzo: 6,24 € 

Trama:
Stati Uniti d'America. Nel tentativo di perseguire il proprio senso di giustizia, due ragazzi cercano di fuggire da un ingombrante passato che li condiziona fortemente. 
La moralità, immancabilmente relativa, viene messa in discussione, mentre un viaggio li porterà via dalla zona in cui hanno imparato a soffrire. 
Scopriranno che allontanarsi da un luogo è possibile, ma prendere le distanze dalle proprie vite è un obiettivo che può essere raggiunto solo conoscendo sacrifici forse insopportabili. 

Recensione:
Giuseppe Cozzo, nel suo libro d'esordio, racconta una storia aspra e drammatica.
I suoi protagonisti sono due ragazzi soli e disperati che hanno perso qualsiasi speranza nel futuro.
Il racconto inizia la sera della vigilia di Natale, James attraversa le strade della sperduta e solitaria Roverside, in Texas, alla ricerca di un posto dove trovare calore e riparo dal rigido clima invernale.
È lui stesso che si racconta. Il gelo che immerge il paese è lo stesso che alberga da tempo nel suo cuore. 
Un passato avvolto nel mistero, un presente a cui cerca di fuggire, il desiderio di dare una decisiva svolta alla sua vita e al suo futuro. Scappare lontano.
Sono questi i pensieri che, al contempo, lo tormentano e gli danno la forza per andare avanti.
In quel bar desolato, che gli ha dato rifugio, avviene il primo incontro con Chelsea.
Anche la ragazza è vittima di una realtà infelice.
Dopo un inizio brusco e la sfiducia iniziale, i due si ritroveranno uniti indissolubilmente da un evento tragico che li segnerà nel profondo.
Per difendere la ragazza da un tentativo di stupro prima lui, e in seguito lei, si macchieranno del peggiore dei peccati, l'omicidio.
Ma è davvero un peccato togliere la vita a chi non la merita?
È da condannare chi uccide un colpevole per salvare un innocente?
Qualcuno a questa domanda risponderebbe di si, ma non loro.
Se la loro anima è macchiata dall'omicidio, la loro coscienza ha la piena assoluzione.
Nessun senso di colpa quindi, ma entrambi sanno che non tutti la vedrebbero allo stesso modo.
Hanno ucciso dei delinquenti, si, ma la piccola Roverside è talmente corrotta che ci metterà poco a scegliere da quale parte schierarsi.
Unica soluzione: la fuga.
Inizia così il viaggio che i due ragazzi intraprendono per sfuggire ad un passato che non accenna a lasciare la presa.
Chelsea e James, ormai soli al mondo, trovano, l'uno nell'altra il motivo per andare avanti.
Tra i due si creerà un rapporto di totale simbiosi, che li porterà in breve ad essere la ragione di vita l'uno dell'altro.
Se dapprima l'obbiettivo di James era quello di una fuga solitaria, verso qualcosa di ignoto, ora il suo unico scopo è proteggere la sua Chelsea, quell'anima gemella che il fato ha messo sulla sua strada, la vigilia di Natale.
E sarà proprio questo amore folle, impetuoso ed esagerato a portarli verso l'autodistruzione.
I due che, prima dell'omicidio per legittima difesa, avevano compiuto solo reati di poco conto, entreranno in una spirale di azioni immorali dalla quale gli sarà impossibile uscire.
Atti immorali, mostruosi e incomprensibili messi in atto per salvaguardare e proteggere un altrettanto incomprensibile amore.
Un sentimento troppo improvviso ed impetuoso per essere considerato reale o realistico, ma del resto non sarebbe la prima volta che leggiamo di amori fulminanti che lasciano dietro sé una scia di morte e distruzione.
Shakespeare su quest'onda ha scritto una delle più famose opere di sempre, dunque perché contestarlo ad un giovane autore?
I suoi protagonisti, che si innamorano nel giro di ventiquattr'ore come Romeo e Giulietta, che viaggiano in fuga come Thelma e Louise, e che si amano, ferendo gli altri ma, proteggendosi ad ogni costo, come dei moderni Bonnie e Clyde, sicuramente lasciano il segno.
Li si comprende all'inizio, li si contesta nel mezzo e li si compatisce alla fine.
Certamente un libro coinvolgente, ben scritto, che si legge tutto d'un fiato.
Assolutamente da apprezzare il modo in cui il giovane scrittore, descrive situazioni truci, spinose e complesse in modo delicato ed elegante.
Inoltre ho personalmente apprezzato la purezza con cui descrive l'amore fra i due protagonisti.
Due ragazzi che paiono essere senza sentimenti, quando si rapportano al resto del mondo, ma che diventano iperprotettivi, dolci e affettuosi quando si perdono l'uno negli occhi dell'altro.
Lo scrittore si sofferma a descrivere il candore di questo sentimento, forse l'unica cosa pura che è rimasta ai due protagonisti, senza scadere in scene scabrose, che certamente avrebbero fatto presa su un certo tipo di pubblico.
Sceglie la qualità piuttosto che la quantità, e questa è una scelta che ho apprezzato moltissimo. 

Considerazioni:
Se non hai letto il libro e hai intenzione di farlo fermati qui!
Quelli che Cozzo racconta in queste pagine sono due protagonisti che non si può far a meno di rivalutare durante la lettura.
Se all'inizio li si comprende e ci si schiera dalla loro parte, vedendoli come vittime innocenti di un destino infausto, ad un certo punto in poi non si può che disprezzarli.
Da vittime si trasformano in carnefici.
Ciò che colpisce è l'assoluto distacco e indifferenza con cui, i giovani protagonisti, mettono fine a delle vite umane, come se nulla fosse.
Come se fossero semplici ostacoli da eliminare per la riuscita del loro sogno contorto.
Come se tutto fosse un gioco, e nulla avesse davvero importanza, se non loro stessi.
Un atteggiamento spietato, egoista e inumano che non corrisponde affatto ai protagonisti che ci sono stati descritti all'inizio del romanzo, e che non può essere nemmeno giustificato dalle vite che hanno vissuto. 
Esistono sicuramente sorti ben peggiori e avverse di quelle che hanno conosciuto i nostri protagonisti.
Chalsea, ad esempio, ci viene presentata come una brava ragazza, timorosa e rassegnata al suo destino.
È sottomessa da un patrigno alcolizzato e spesso violento, ha un lavoro mal pagato e un capo burbero, e dei grossi debiti che non può saldare.
Una ragazza che non reagisce alle offese e alle minacce, che china la testa e sopporta.
Nel giro di nemmeno ventiquattr'ore è picchiata da tre persone diverse, e non reagisce.
Uccide per la prima volta per difendere James che, a sua volta, ha ucciso salvandola da uno stupro. Dopo questo cambia tutto.
Diventa spietata e senza nessun rimorso di coscienza.
Stessa cosa vale per James che, prima del suo primo omicidio, era solo un delinquentello qualunque, con un passato che, scopriamo poi, essere decisamente migliore di quello che ci si sarebbe aspettato.
Cresciuto in orfanotrofio, si, ma comunque amato e anche privilegiato rispetto alla maggior parte dei suoi compagni. 
Chelsea e James prima di questo erano, in fondo, due ragazzi perbene, entrambi con problemi familiari ed economici, ma ragazzi buoni, che da quando si sono incontrati (loro dicono sia stata la loro unica fortuna, ma io dico "non l'avessero mai fatto!") sono come impazziti, presi da una sorta di febbre di onnipotenza.
James ripete più di una volta a Chelsea questa frase: "La forza di gravità mi attrae verso te, e non più verso il centro della terra".
Ma a me è sembrato che i due fossero attratti da una spirale di incontrollata follia.
Arrivano persino ad uccidere un innocente giardiniere, solo perché, avevano voglia di passare due giorni nella casa di cui, il povero malcapitato, si occupava.
Questa è crudeltà! Questo è non mostrare alcun valore e rispetto per la vita umana.
La loro unione ha generato due mostri che non guardano in faccia nessuno per ottenere ciò che desiderano.
Soli erano innocui. 
Lei troppo debole per reagire, lui troppo preso dal suo vittimismo che lo porta, immancabilmente, a giustificare se stesso e i reati che commette.
Entrambi, in realtà, avevano una scelta.
Ma hanno preferito percorrere la strada più facile e, trovarsi insieme, ha dato loro il coraggio di sorpassare quel limite che soli non avrebbero superato.
L'epilogo della storia è prevedibile e anche auspicabile, aggiungerei.
Come le storie più note citate nella recensione, anche qui, per i due fuggiaschi amanti, non esiste un lieto fine.
Ancora una volta i ragazzi scelgono di fuggire dalle proprie responsabilità. 
Si uccidono per restare insieme e io non ho potuto fare a meno che chiedermi "perché non lo farlo prima e risparmiare, così, tutte quelle vite sacrificate per niente?"
Il romanzo termina così, lasciando aperti alcuni punti interrogativi che lo scrittore ha scelto di non chiarire.
Qual è la vera storia dei genitori di James? Sono morti o l'hanno abbandonato?
Cosa è successo in realtà al padre di Chalsea? Perché è sparito?
Ma soprattutto... che fine ha fatto l'enorme orsacchiotto bianco di peluche? >_<


Ringrazio l'autore che mi ha fornito la copia del romanzo.

il mio voto per questo libro