mercoledì 25 settembre 2019

Recensione: “Kafka e la bambola viaggiatrice” di Jordi Sierra

Titolo: Kafka e la bambola viaggiatrice
Titolo originale: Kafka y la muneca viajera
Autore: Jordi Sierra
Editore: Salani
Data di pubblicazione: 25 agosto 2016
Pagine: 120
Prezzo: 8,50 €

Trama:
Durante la sua quotidiana passeggiata al parco Steglitz, Franz Kafka incontra una bambina, Elsi, in lacrime perché ha perso Brigida, la sua bambola. Colpito dall'intensità di quel dolore, l'autore della Metamorfosi si inventa una spiegazione bizzarra per consolare la piccola: Brigida è partita per un viaggio e lui, che è il postino delle bambole, il pomeriggio seguente le recapiterà una sua lettera...
Ispirato a un episodio reale della vita di Kafka, una storia sull'incontro fra il mondo degli adulti e quello dei bambini.

Recensione:
Quella che Jordi Sierra scrive in queste pagine è una storia dolce, resa ancora più tenera dalla consapevolezza che, in un certo qual modo, i fatti narrati sono davvero accaduti. Non sappiamo precisamente come, eppure in una giornata come tante, il famoso scrittore fu davvero commosso dal dolore di una bambina, e per lei, per consolare quel piccolo cuore inconsolabile, per risparmiargli un inutile dolore, si inventò una storia originale e fantasiosa.
Jordi Sierra prova con questo suo breve racconto a ricomporre la storia, questa storia, che non ha lasciato prove della sua esistenza se non nei racconti di Dora Dymant, quella che era stata la compagna dello scrittore nei suoi ultimi anni di vita.
Il nome della bambina, a cui Kafka scrisse per ben tre settimane, non si è mai saputo e, nonostante sia stata cercata, non si è mai arrivati a conoscere la sua identità, né le lettere sono mai state trovate.
Immaginate quale onore deve essere stato avere un opera di Kafka scritta tutta per sé!
Be’ Sierra mette in moto la fantasia e ricompone i pezzi di questa dolce favola, dà un nome alla bambina e la chiama Elsi, la descrive, le fa indossare dei graziosi abitini e le dà un’identità e una personalità forte e decisa. Sierra dà un nome anche alla sua bambola, la chiama Brigida e ci accenna il contenuto di qualche lettera, rendendoci partecipi delle meravigliose avventure che la bambola giramondo vive. Londra, Parigi, Vienna, Tokyo... l’intero mondo è nelle sue mani di porcellana.
Ma Sierra non fa solo questo, non si limita a rimettere insieme i pezzi di un puzzle perso per sempre, no, lui entra nella testa e nelle emozioni del protagonista.
Prova a spiegarsi e a spiegarci i sentimenti dello scrittore e cosa può averlo spinto a immergersi in quell'impresa così dolce e bizzarra.
L’idea che inizialmente arriva spontanea solo per mettere un freno a quel pianto straziante, diventa poi, giorno dopo giorno, un motivo di attesa e felicità. Lo scrittore, dapprima intimorito dal compito che andava ad intraprendere - scrivere cose per bambini, non l’aveva mai fatto, ci sarebbe riuscito? - diviene sempre più ansioso di inventare viaggi e avventure per Brigida.
Mettere i panni del postino delle bambole lo rende felice come non lo era da tempo, creativo e impaziente di mettere su carta ogni nuova idea.
Anche l’addio diviene un momento importante, un grande cruccio.
Kafka capisce che la storia deve interrompersi, che la bambola e la bambina devono prendere direzioni diverse. E qui Sierra non solo cerca di immaginare il pretesto che può aver spinto “la bambola” a dire addio alla sua bambina, ma anche i sentimenti che lo scrittore avrebbe provato nel mettere nero su bianco quell'addio.
Sierra immagina un Kafka che pian piano si affeziona alla bambina e che in punta di piedi impara a sognare attraverso i suoi occhi. È difficile dirle addio, è difficile dire addio a quel mondo sognante in cui è possibile credere a tutto, anche ad una bambola che viaggia per il mondo a velocità impressionanti, e in cui si ha piena fiducia nei grandi e in ciò che raccontano, anche se ti dicono di essere un postino che parla con le bambole.
Una storia tenera come una carezza, che forse dura troppo poco: mi sarebbe piaciuto avere più lettere da leggere, conoscere tutte le avventure di Brigida, ma capisco la volontà dello scrittore nel non voler inventare e ricamare più del dovuto.
Un libro piccino che consiglio vivamente a grandi e piccini, e consiglio ai grandi di leggerlo ai loro piccini, poiché il linguaggio con cui è scritto non è infantile, come non lo sono anche molti temi trattati nella storia, persino Brigida non si rivolge ad Elsi come se parlasse ad una bimba, seppur lo scrittore si sforzi al massimo delle sue forze nel tentativo di riuscirci.
In conclusione dico che, in un mondo che ogni giorno ci mette davanti a mille orrori, è bello vedere che le favole esistono davvero, che ci sono state, e sempre ci saranno persone che inventeranno storie magnifiche come questa per mettere fine alla sofferenza di un bambino.

il mio voto per questo libro

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