giovedì 17 marzo 2016

Recensione: "La ricetta segreta per un sogno" di Valentina Cebeni‏

Titolo: La ricetta segreta per un sogno
Autore: Valentina Cebeni
Editore: Garzanti
Data di pubblicazione: Febbraio 2016
Pagine: 352
Prezzo: 16,90 €

Trama:
Il primo profumo che Elettra ricorda è quello del pane appena sfornato e dei biscotti speziati. 
Nella panetteria in cui è cresciuta ha imparato da sua madre che il cibo è il modo più semplice per raggiungere il cuore delle persone. Ma adesso che lei non può più occuparsi del negozio e ha lasciato tutto nelle mani di Elettra, i suoi dolci non hanno più questo potere, e tutte quelle domande rimaste in sospeso tra loro non hanno una risposta. 
Domande su un passato che la donna non ha rivelato a nessuno, nemmeno a lei, sua figlia. 
Elettra, persa e smarrita, sente di non avere altra scelta: deve fare luce su quei silenzi, e per farlo non ha altro che una medaglietta con inciso il nome di un'isola misteriosa, e una ricetta: quella dei pani all'anice. 
Proprio quei dolci le danno la forza per affrontare il viaggio verso l'isola del Titano, un pezzo di terra sperduto nel Mediterraneo la cui storia si perde in mille leggende. 
Se su un versante la vita scorre abitudinaria, sull'altro solo cortei di donne vestite di nero solcano stradine polverose che portano al mare. Un luogo in cui ogni angolo nasconde un segreto, una verità solo accennata, in cui risuona l'eco di amori proibiti e amicizie perdute. 
Ma Elettra non ha paura di cercare, di sapere. Deve scoprire come mai il vento dell'isola porta con sé gli stessi sapori della cucina di sua madre, la stessa magia dei suoi abbracci che la facevano sentire protetta quando era bambina. Deve scoprire il legame tra la donna più importante della sua vita e quel posto. Perché solo così potrà ritrovare sé stessa. 

Recensione:
Una ricetta per essere perfetta ha bisogno di ingredienti di prima scelta e in questo romanzo di Valentina Cebeni, le premesse sicuramente non mancano.
Un presente incerto, un passato sconosciuto, tante domande, un viaggio alla riscoperta delle proprie origini, un'isola inospitale abitata da gente solitaria, scaltra e silenziosa. Misteri che sembrano infittirsi, altri che piano piano vengono alla luce, il tutto condito dai meravigliosi profumi della natura, delle dolci fragranze delle paste e dei dolci appena sfornati. Vecchi sapori e  antiche tradizioni  che tornano a galla assieme a preziosi ricordi, rimossi troppo a lungo
Cosa manca dunque con elementi del genere per creare un capolavoro? Nulla o forse tutto.
Perché oltre ad ottimi ingredienti, come in cucina, per la buona riuscita di un piatto è altrettanto importante lo svolgimento, altrimenti le ottime materie prime a disposizione si rivelano essere solo uno spreco.
Ed è purtroppo questa l'idea che mi ha dato questo romanzo, e aggiungo che mi spiace moltissimo dirlo perché non metto assolutamente in dubbio l'impegno dell'autrice nello scriverlo, anzi!
La verità è però questa, che nulla mi è arrivato di questa storia e ho trovato tutto eccessivamente forzato e fasullo.
Mi rendo perfettamente conto di quanto questa recensione sia estremamente soggettiva, ma perdonatemi non riesco a parlare diversamente di questo libro che assolutamente non giudico brutto, e probabilmente a molti di voi sarà piaciuto o piacerà, ma come spiegare in modo non soggettivo il fatto che, nonostante sia un romanzo ben scritto, mi abbia solo annoiato?
Un romanzo tutto al femminile le cui protagoniste però, anziché trasmettere forza e caparbietà, sono simbolo di omertà. Il loro atteggiamento sempre schivo dà prova di quanto i segreti e le bugie possano esclusivamente separare e dividere, anziché unire. 
La verità, dei comportamenti, delle situazioni e dei sentimenti, è la grande vera assente e la sua mancanza per me è stata assordante.
La ripetitività dei concetti, delle affermazioni, il continuo ribadire sentimenti che non vengono mai dimostrati con i fatti, è ciò che mi ha fatto percepire le situazioni come forzate e per nulla spontanee, la protagonista come un personaggio poco realistico ed umano, e tutto il mondo costruitole attorno estremamente fittizio.

Considerazioni:
È davvero difficile per me parlare di questo libro, perché in generale quando mi trovo a dover esprimere un giudizio su qualcosa che non mi ha colpito particolarmente né in positivo né in negativo, ho sempre difficoltà.
In realtà non so cosa non mi abbia convinto di queste pagine perché tutte le premesse erano giuste: bella trama, bellissimo scenario, la passione per cucina che in libri come "Chocolat" ho adorato, *-* eppure qui quella magia non c'era...
Sarà stato dovuto all'assenza del cioccolato? Chissà...
Scherzi a parte, non so se la scrittrice abbia davvero la passione per la cucina, ciò che so è che leggendo questo libro non me ne ha dato l'impressione, non me l'ha trasmessa. Non mi ha trasmesso amore, per le ricette che raccontava né per nient'altro, a dire il vero.
Mi è parso tutto forzato e artefatto. Poco spontaneo, come se quelle determinate ricette e/o azioni dovessero comparire in quel punto perché così era stato stabilito, e non perché fosse davvero sentito il bisogno di esprimere quella specifica sensazione ed emozione.
E ora mi tocca fare degli esempi perché non mi piace, né mi pare giusto, criticare senza motivare il perché dei miei pensieri.
Elettra, la protagonista della storia, ribadisce più e più volte durante la sua permanenza al convento (distante chilometri e chilometri dalla stanza d'ospedale in cui sua madre è in coma) di sentire sua madre più vicina, eppure questa cosa non si percepisce affatto se non all'infuori delle sue vane parole.
Allo stesso modo, afferma di sentire un forte legame con Lea (la proprietaria del convento che le dà ospitalità), ma anche questa cosa resta vera solo nelle parole più che nei fatti. Tra le due (pur avendo capito sin da subito dove la scrittrice volesse andare a parare, e quindi la natura del legame che le univa) non ho percepito nessun affetto, nessun feeling, nessun gesto che me le facesse sentire davvero legate e unite.
Ripetere più volte una sensazione non la fa apparire per questo più vera.
Il continuo ribadire da parte di Elettra di sentire sua madre più vicina pare quasi come un'operazione di convincimento, un voler convincere se stessa e il lettore che sia vero, come voler giustificare la sua scelta inconcepibile di abbandonare una madre morente e andare via, affrontando un viaggio che poteva benissimo aspettare. Come per volersi discolpare.
Anche il ribadire continuamente il rancore per tutti i segreti e le omissioni di Edda mi è parso ammissibile fino ad un certo punto. Dopodiché anche quello mi è parso una forzatura ordita ai fini di giustificare i comportamenti assurdi della protagonista.
Elettra infatti recrimina a sua madre la qualunque, tanto che, ad un certo punto, quando trova un vecchio quaderno di ricette appartenutole all'epoca in cui Edda viveva al convento afferma qualcosa tipo "quanti segreti mi nascondi ancora mamma?".
Rendiamoci conto! Questa donna, secondo sua figlia, non doveva essere libera nemmeno di tenere un ricettario senza mettere i manifesti.
Ma io mi chiedo quale figlio conosce vita, morte e miracoli dei genitori? E quale figlio, non affetto da inutile vittimismo, pretenderebbe di farlo?
Mi ha dato fastidio il pietismo in cui Elettra si crogiola. Per tutta la lettura continua a lamentare di non conoscere le sue radici, di non avere un passato, e per questo di non avere neanche un futuro...
Ma è solo il passato di sua madre che non conosce! La sua di infanzia, il suo passato lo conosce benissimo! 
Tutte queste storie, nemmeno fosse stata un'orfanella abbandonata sugli scalini di un convento, in un giorno di pioggia, non le ho concepite.
Poi, verso fine libro, Elettra raggiunge i massimi livelli di pesantezza e, se prima non l'apprezzavo, ma nemmeno disprezzavo poi non sono più riuscita a digerirla.
Si innamora di Adrian, artista e tuttofare sempre pronto a dare una mano a Lea e al convento per la manutenzione dell'edificio, ma quando lui le dichiara il suo amore lei va in paranoia (tanto per allungare un po' il brodo) e indovinate perché?
Ovviamente perché non può stare con lui, dato che il suo passato "tremendo" l'ha condizionata e cambiata. ╯°□°)╯︵ ┻━┻
Il suo, ribadisco, mi è parso solo un atteggiamento vittimistico. Del resto, quale passato così tremendo ha mai avuto?
È cresciuta con una madre che l'ha amata tra dolci e pasticcini, non mi sembra che l'abbiano mandata a cucire scarpe con i bambini cinesi, né sottoposta ad alcuna tortura. É cresciuta senza padre come tanti, deve fare un dramma solo per questo? 
E Lea allora cosa dovrebbe dire? Costretta a tenere sua madre nascosta e rinchiusa, e anche lei cresciuta senza padre? Eppure non mi sembra si sia mai pianta addosso.
Lo stesso vale per Adrian, cosa dovrebbe dire lui che si è sentito abbandonato e non voluto dal suo stesso padre che lo ha palesemente ripudiato?
Cosa avrebbe dovuto dire lui sentendosi rifiutato, con la scusa di un passato troppo doloroso, da una donna che, rispetto a lui, ha vissuto (si potrebbe dire), nella bambagia?
Tutto negativo dunque? Be' no, non proprio tutto.
Le note positive certamente non mancano, ho trovato molto carine alcune descrizioni dei paesaggi, dei profumi e dei sapori, assieme ad alcune storie dei personaggi secondari.
In alcuni momenti mi ha ricordato il succitato "Chocolat" di Joanne Harris con il bigottismo del luogo, la ritrosia dei suoi abitanti che, piano piano, si aprono all'accoglienza grazie al ritrovato amore per il buon cibo e ai ricordi di gioventù che esso risveglia.
Mi è piaciuta molto la storia dell'amicizia tra Edda e Joséphine, di cui si legge nel prologo e in altri momenti della lettura.
Sono arrivata a pensare, lo dico con tutta sincerità, che avrei preferito leggere la loro storia anziché quella di Elettra e dei suoi tormenti interiori, tuttavia dopo averci riflettuto sono arrivata alla conclusione che, anche quella storia, se raccontata nel medesimo modo, poco coinvolgente, freddo e ripetitivo, non mi sarebbe piaciuta.

Ringrazio la casa editrice Garzanti per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

10 commenti:

  1. L'ho cominciato con tante speranze, ma non sono riuscita ad andare oltre la metà. Prima o poi lo riprenderò, ma per ora è sul comodino a prendere polvere

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    1. Ciao Mame goma. Se posso chiederti, come mai non hai proseguito?

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    2. Perché è un mappazzone! non va proprio giù

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  2. oddio no da evitare oppure sbatterei il libro contro il muro ogni mezz'ora, non fa per me

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    1. Quando odio i personaggi o iniziano a compiangersi troppo non li sopporto, non dico che li sbatto veramente sul muro ma la tentazione e forte ^_^

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    2. Si, anch'io non sopporto questo tipo di atteggiamento, soprattutto quando, come in questo caso, è ingiustificato.

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  3. Che peccato, la storia sembrava carina nonostante non sia il mio genere :)

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    1. È proprio questo che mi è parso strano. Sembrava proprio il mio genere, eppure...

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  4. Ciao!!
    Più leggo recensioni di questo libro e più perdo la voglia di leggerlo :( Sembrava tanto bello e invece non piace quasi a nessuna blogger...

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    1. Davvero? Io fin ora avevo scorto solo recensioni positive, be' mi sento meno sola XD

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