Titolo: L'incubo di Hill House
Autore: Shirley Jackson
Editore: Adelphi Edizioni
Data di pubblicazione: 3 giugno 2016
Pagine: 233
Prezzo: 12,00 €
Trama:
Il professore e antropologo John Montague, intenzionato a condurre un esperimento sul paranormale, contatta una serie di persone per invitarle a soggiornare ad Hill House, una casa isolata tra le colline, ritenuta, da anni, infestata.
Ad accettare l'invito sono Eleanor, una trentenne insicura che ha passato gran parte della sua vita a prendersi cura della madre malata; l'avvenente ed estrosa Theodora; e Luke, dongiovanni scapestrato ed incallito manigoldo, nonché futuro erede della dimora da incubo.
I quattro, incuranti del pericolo, si trasferiscono in quel labirinto di stanze e segreti, inconsapevoli delle presenze misteriose che, indisturbate, si aggirano nell'ombra.
Recensione:
"L'incubo di Hill House" è da molti ritenuto uno dei capolavori della letteratura gotica e, non a caso, lo stesso Stephen King ha più volte dichiarato di essersi ispirato proprio alla scrittura e alle ambientazioni di Shirley Jackson per alcuni dei suoi più celebri romanzi.
Un libro indubbiamente particolare che, con le sue angoscianti atmosfere inquieta, creando una tensione sibillina che fa da filo conduttore alla trama.
Grande protagonista di tutta la storia è, come immaginerete, la dimora infestata che, sin da subito, viene descritta come l'incarnazione della punta più alta della malvagità umana, un agglomerato di stanze e torri che, come un labirinto, sembra attirare le sue vittime in un baratro senza fine.
Quasi ogni casa, colta di sorpresa o da un'angolazione bizzarra, può volgere uno sguardo profondamente burlesco su chi osservi; persino un comignolo dispettoso, o un abbaino che sembra una fossetta possono suscitare nell'osservatore un senso di intimità; ma una casa arrogante e carica d'odio, sempre in guardia, non può che essere malvagia.
Quella casa, che sembrava quasi aver preso forma da sola, assemblandosi in quel suo possente schema indipendentemente dai muratori, incastrandosi nella struttura di linee e angoli, drizzava la testa imponente contro il cielo, senza concessioni all'umanità.
Era una casa disumana, non certo concepita per essere abitata, un luogo non adatto agli uomini, né alla speranza. L'esorcismo non può cambiare volto a una casa; Hill House sarebbe rimasta com'era finché non fosse stata distrutta.
Ed in effetti la casa, se inizialmente, agli occhi degli incauti avventori, rivela la sua vera essenza di trappola malefica, con il passare dei giorni pare quasi stendere un incantesimo sui suoi ospiti che passano continuamente da momenti di paura, confusione e delirio (di notte), ad altri di inspiegabile felicità (di giorno).
Hill House gioca con la mente di chi la abita: li spinge a sentirsi sempre più a loro agio, a condividere momenti di convivialità e spensieratezza, e poi li sconvolge improvvisamente, li sprona a dubitare di se stessi e degli altri.
Agisce come un catalizzatore delle emozioni, in particolar modo su Eleanor Vance, colei su cui vira maggiormente l'attenzione della scrittrice, e di conseguenza di noi lettori.
La donna non ha mai vissuto grandi gioie nella sua vita, al punto da accettare senza pensarci due volte, un misterioso invito da un estraneo - quale è il professor Montague - solo per provare finalmente un brivido, per sentirsi viva.
Lei, abituata a non essere desiderata né amata da nessuno, subirà più di tutti l'influsso delle presenze di Hill House. La casa ha scelto lei, la vuole, quando nessuno ha mai desiderato far parte, per davvero, della sua banale e scialba esistenza. La casa la convince che lei appartiene a loro e che quello è il suo posto.
Naturalmente anche gli altri non sono immuni alle manifestazioni paranormali. Tutti percepiscono i fenomeni inspiegabili che prendono luogo di notte, tanto da rimanerne terrorizzati sul momento, eppure, in definitiva non è mai ben chiaro fin dove agisce l'abitazione e fin dove la suggestione e il libero arbitrio.
Gli ospiti in alcuni frangenti sembrano odiare, temere e sfidare Hill House, ma in altri dicono di stare così bene da non voler andar via. Quasi non ricordano più non solo la paura che hanno provato solo poche ore prima, ma anche il mondo là fuori. Non sentono più il tempo che scorre, se non nel sole che si riflette sulle pareti, nell'acqua che scorre nell'attiguo ruscello, e nella notte che cala su di loro come una mannaia.
Questa è una delle caratteristiche più interessanti del libro, il riuscire a creare allo stesso tempo un'atmosfera da incubo e da sogno, con scene quasi pastorali e ridenti, caratterizzate da una preponderante spensieratezza e allegria, alternate ad altre che, di contro, suscitano ansia e smarrimento.
Guardò fuori, oltre il tetto della veranda e verso l'ampio prato, con i suoi cespugli e i suoi gruppetti di alberi avvolti nella bruma. In fondo al prato una fila di alberi costeggiava il sentiero per il ruscello, anche se quella mattina la prospettiva di un allegro picnic sull'erba non era poi così allettante. Era chiaro che sarebbe piovuto tutto il giorno, ma era una pioggia estiva, che ravvivava il verde dell'erba e degli alberi, addolcendo e purificando l'aria.
E' incantevole, pensò Eleanor, meravigliandosi di se stessa; si chiese se fosse la prima a trovare incantevole Hill House e poi pensò, raggelata: o forse la pensano tutti così, la prima mattina?
Rabbrividì, e si ritrovò allo stesso tempo incapace di spiegare l'esaltazione che provava, che quasi le impediva di ricordare perché era così strano svegliarsi felici a Hill House.
In generale l'opera della Jackson non è un romanzo horror convenzionale, uno di quelli che regala brividi lungo la schiena, continui colpi di scena, urla di paura o forti colpi al cuore. La sua è più una tensione costante, la continua percezione di qualcosa di inquietante ed oscuro che è sempre in agguato, e che potrebbe, da un momento all'altro, palesarsi per sconvolgere gli equilibri.
La narrazione è un lento climax ascendente che, pur senza arrivare al vero e proprio terrore, termina con un finale agghiacciante e per nulla scontato.
Inoltre, uno dei punti di forza del romanzo è, a mio avviso, la psicologia dei personaggi, ed in particolare quella di Eleanor.
Pur avendo scelto un punto di vista esterno, la scrittrice ci dà accesso ad ogni recondito pensiero della donna: alla sua voglia di cambiamento e rivalsa, alle sue speranze infrante, alla paura di essere ferita o derisa, alla convinzione di non essere mai abbastanza. La signorina Vance è un coacervo di insicurezze, disagi e delusioni che, sotto l'influenza sbagliata, rischiano di trasformarsi in vaneggiamenti febbrili e manie di persecuzione.
Credo fosse questo il messaggio che la Jackson volesse dare: il vero pericolo non sta nel mero attacco fisico, come si potrebbe pensare e come spesso avviene in questo genere letterario, ma nel gioco sottile e machiavellico che una presenza malefica può mettere in atto ai danni della preda più vulnerabile, minando la sua stabilità psichica ed emotiva.
Un punto di vista interessante e quasi inedito, che ci permette di focalizzarci più sulle risposte agli stimoli (le emozioni ed i diversi modi di agire dei vari personaggi), che sul motore dell'azione stessa.
Ma se pensate che "L'incubo di Hill House" sia esente da difetti, vi sbagliate.
Mi spiace dirlo ma la storia presenta una grande falla che non permette a noi lettori di apprezzare appieno gli eventi narrati.
Senza scendere nei dettagli, posso dirvi che gli antefatti sulla casa, i vecchi proprietari, gli incidenti traumatici degli anni addietro vengono solo sommariamente accennati, senza mettere in luce chi si nasconda realmente dietro quella infestazione e soprattutto perché.
Capisco la voglia di lasciare un po' di mistero, ma in questo caso le domande senza risposta sono così tante da inficiare, sfortunatamente, il giudizio finale.
Sarebbe stato opportuno approfondire meglio le cause che hanno reso Hill House così pericolosa, invece di disseminare qua e là solo pochi misteriosi indizi, neppure del tutto correlati l'uno con l'altro. Sarebbe stato preferibile conoscere il nemico, invece che limitarsi ad assistere ai suoi piani diabolici.
Tralasciando questo particolare, non irrilevante, confermo il giudizio pienamente positivo su "L'incubo di Hill House" che, grazie alle sue descrizioni suadenti, l'atmosfera turbolenta e la forte introspezione emotiva, si rivela essere un horror psicologico ben congegnato, capace di spingere il lettore a fare un viaggio immaginifico non solo nella casa infestata ma anche nei propri ricordi, nei rimpianti e nelle paure mai confessate.
Considerazioni:
Se non hai letto il libro, e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Quando termino un romanzo, mi piace fare un giro nel web, su Goodreads o fra i siti letterari, per vedere se altri hanno formulato un giudizio pressappoco simile al mio.
Nel caso dell'opera di Shirley Jackson le opinioni - provate per credere - sono davvero contrastanti: chi l'ha amato, affermando di aver provato veri e propri brividi di terrore nel corso della lettura, e chi invece l'ha trovato noioso e per nulla spaventoso.
Io credo che tutto dipenda dalle aspettative, dalla concezione di romanzo horror che abbiamo, da quello che desideriamo trovare nelle pagine che ci accingiamo a leggere.
Come accennavo prima, il romanzo non è ricco di eventi paranormali e pericolosi, almeno non nel senso convenzionale del termine. Certo, ci sono delle manifestazioni inspiegabili razionalmente, ed anche emotivamente coinvolgenti, ma è lampante che ciò su cui si punta l'attenzione è proprio la manipolazione psicologica che la casa, o chi per lei, mette in atto.
Lo vediamo un po' in tutti i personaggi, il più delle volte spaesati, confusi, elettrizzati ed euforici, quasi fossero dei bambini al parco giochi. I loro comportamenti e le loro reazioni sono incoerenti, se consideriamo il contesto in cui si trovano (quale persona sana di mente non sarebbe scappata a gambe levate?), eppure è proprio l'influenza dell'abitazione - almeno questo è ciò che credo si volesse far intendere - a spingerli ad agire in quel modo.
Lo si capisce ancora di più se prendiamo come riferimento Eleanor.
Non è chiaro dove alberghi la sua identità effettiva e dove agisca invece la dimora infestata, enfatizzando ogni sua minima paura, emozione e risentimento. Di certo la protagonista è fragile ed insicura di natura ma, da un certo punto in poi, quello della donna diviene un vero e proprio delirio, in cui non fa altro che pensare che gli altri tramino alle sue spalle, parlino di lei in sua assenza, la giudichino e la deridano.
Ancora più enigmatica è l'altra figura femminile del gruppo: Theo. A volte pare affettuosa e comprensiva, altre acida e noncurante. Sembra subire il protagonismo di Eleanor e perciò l'attacca senza mezzi termini e senza tener minimamente conto dei suoi sentimenti.
Ma anche qui c'è da chiedersi se le battute brutali fossero davvero frutto della mente maliziosa dell'esuberante artista, o se fosse invece Hill House a parlare tramite lei con l'intento di isolare Eleanor dal gruppo.
In ogni caso, sembrerà strano, ma ho amato il rapporto d'amicizia che si viene a creare subito tra le due e che, nonostante i numerosi bisticci, le accuse, gli atti di egoismo e le ingiurie, forzate o meno che fossero, sembra resistere, pur con molti tentennamenti, fino alla fine.
Altra cosa che ho apprezzato molto sono le descrizioni della casa, del giardino, dei momenti di vita quotidiana che, pur non rientrando perfettamente nell'atmosfera orrifica del genere, rendono la storia molto più umana e veritiera.
Stesso giudizio per l'attenzione prestata ai pensieri di Eleanor i quali, soprattutto nella prima parte, battono su dei tasti dolenti per qualunque persona (sogni infranti, aspettative deluse, rapporti umani deteriorati).
Era il primo giorno davvero splendido dell'estate, un periodo dell'anno che riportava sempre Eleanor ai ricordi struggenti della sua prima infanzia, quando sembrava sempre estate; prima della morte di suo padre, avvenuta in una giornata fredda e umida, non ricordava nemmeno un inverno.
Negli ultimi tempi aveva cominciato a chiedersi che ne era stato, durante quegli anni passati in un soffio, di tutti quei giorni d'estate perduti; come aveva potuto trascorrerli in modo così insensato?
Sono una sciocca, si diceva all'inizio di ogni estate, sono proprio una sciocca; ormai sono cresciuta e conosco il valore delle cose. Niente va mai perso davvero, le diceva il buon senso, nemmeno la propria infanzia, e poi ogni anno, una mattina d'estate, il vento tiepido investiva la cittadina dove camminava ed ecco quel piccolo pensiero gelido che la sfiorava: ho lasciato passare altro tempo.
Personalmente mi sono identificata molto nel suo desiderio di dare una svolta alla propria vita, di rischiare pur di raggiungere un po' di meritata felicità. Più leggevo, più mi dispiaceva per lei, al punto da sperare che, nonostante gli isterismi, alla fine ci fosse un happy end.
E aprendo una piccola parentesi proprio sulla conclusione, senza scendere nei dettagli, posso dirvi che, se da una parte l'ho promossa, considerandola coerente e pienamente in linea con gli eventi, d'altra avrei preferito una rivincita, un epilogo più dolce e speranzoso per la timida signorina Vance.
Per quanto riguarda invece ciò che molti considerano il più grande difetto della storia, ovvero l'assenza di elementi splatter, posso dire che, per quanto mi riguarda, non ho percepito questo come un deficit, anzi. Prediligo i libri in cui il carattere di ghost story è presente, percepibile ma non eccessivamente rimarcato, lasciando anche l'illusione che non tutto sia effettivamente come appare.
«Quelle due povere bambine» disse Eleanor, fissando il fuoco. «Non riesco a dimenticarle, mi sembra di vederle camminare per queste stanze buie, cercare di giocare alle bambole, forse, qui o in quelle camere al piano di sopra.»
«Ed eccola ancora qui, questa vecchia casa». In via sperimentale, Luke tese un dito e sfiorò il Cupido di marmo. «Niente è più stato toccato, usato, desiderato di nessuno, e lei è rimasta qui a pensare e basta».
«E ad aspettare» disse Eleanor.
E giungiamo adesso al vero tasto dolente, l'unico che mi ha lasciato con l'amaro in bocca, ossia la poca chiarezza riservata ai trascorsi della casa.
Di Hill House sappiamo poco e niente, su questo non ci piove.
Riassumendo in breve (allarme spoiler): è stata costruita da un certo Hugh Crain per farne la dimora di famiglia, ma sia lui che la moglie hanno trovato presto o tardi la morte, proprio in quella casa. Di contro le due figlie hanno vissuto lì la loro infanzia per poi trasferirsi in Europa. Da grande una delle due torna, muore per cause naturali, e lascia in eredità la casa alla dama di compagnia che si suicida proprio nella torre.
A parte quest'ultimo punto, non c'è nulla che faccia pensare a niente di anomalo o surreale.
Andando avanti con la storia, in biblioteca i ragazzi trovano un misterioso e inquietante libro scritto dal padre di famiglia, dedicato ad una delle figlie, e finalizzato ad incuterle timore del peccato e della dannazione eterna.
Più volte nella casa si avverte le presenza di alcuni bambini che talvolta sghignazzano e talvolta piangono e chiedono aiuto, arrivando persino, nel corso di una seduta spiritica, a richiedere la protezione di una mamma.
Ora la mia domanda è, alla luce di quanto scritto, chi sono questi bambini che infestano Hill House?
Di certo non le figlie di Crain che sono cresciute e hanno fatto la loro vita tranquillamente e altrove. Allora chi? Delle presenze antecedenti alla costruzione della casa stessa?
O forse le voci infantili rappresentano solo il metodo prescelto per fare breccia nell'istinto materno di Eleanor, e quindi sono solo una delle tante manifestazioni del male? Chissà... ma in questo caso quale inerenza avrebbe avuto il rivoltante manoscritto di Crain?
Se qualcuno l'ha capito, mi dia delucidazioni (fine spoiler).
Personalmente penso che tutto il passato avrebbe meritato maggior approfondimento. Gli ospiti avrebbero dovuto trovare archivi e notizie su eventi traumatici accaduti negli anni, che avevano conferito alla casa la nomea di essere infestata, così come informazioni sulle probabili presenze e su ciò che le legava a quel posto.
Anche ciò che emerge nel corso della seduta spiritica è troppo confusionario, solo pochi accenni che non ci fanno capire cosa stia realmente succedendo.
Amo i finali enigmatici ed elusivi, anche gli scenari ambigui, volutamente aperti a più interpretazioni, ma qui il mistero è fin troppo. Purtroppo questa mancanza ha influito sul mio giudizio che, altrimenti sarebbe stato nettamente più positivo.
Per il resto, come dicevo prima, non ho niente da recriminare a Shirley Jackson.
Anche perché sono rimasta piacevolmente sorpresa dalla sua scrittura e dal suo modo di rendere le sensazioni e le emozioni.
In conclusione, se cercate un libro che vi tenga sempre con il fiato sospeso e che vi faccia sentire il brivido di un nemico che si muove nell'ombra, questo libro potrebbe fare per voi.
Che aspettate allora? Fate pure i bagagli. E, non preoccupatevi, ad Hill House c'è posto per tutti. La strada per arrivarci è semplice, il difficile è solo andare via.
Curiosità:
Dal libro sono stati tratti diversi adattamenti cinematografici, tra cui il film, del 1999, "Haunting - Presenze", che ha visto la partecipazione di Liam Neeson e Catherine Zeta Jones, e la serie tv dello scorso anno, disponibile su Netflix, "The Haunting of Hill House". Entrambi però si ispirano solo in parte al romanzo, avendo dato agli eventi, e ai personaggi, risvolti molto diversi da quelli previsti dalla scrittrice.
il mio voto per questo libro