lunedì 7 luglio 2014

Recensione: "The Woman in Black" di Susan Hill

Titolo: The Woman in Black
Autore: Susan Hill
Editore: Polillo editore
Data di pubblicazione: 2012
Pagine: 192
Prezzo: 12,90 €

Trama:
Londra, il giovane avvocato londinese Arthur Kipps viene incaricato di recarsi a Crythin Gifford, uno sperduto villaggio circondato da paludi, per presenziare ai funerali di un'anziana cliente e occuparsi della gestione dell'eredità. 
La vecchia signora Drablow viveva da reclusa a Eel Marsh House, una dimora lugubre e isolata, raggiungibile solo in determinate ore del giorno, quando la marea si ritira lasciando libera dalle acque l'unica via d'accesso. 
Per il giovane Kipps, in procinto di sposarsi, è l'occasione di dimostrare finalmente le sue capacità. È la prima volta che il titolare dello studio gli affida un compito di una certa responsabilità: occorre setacciare la casa della defunta, trovare le sue carte e controllare che tutto sia in ordine per la liquidazione delle proprietà. 
Così, quando al suo arrivo scopre che la gente del luogo è restia a parlare della dimora e della sua eccentrica abitante, non se ne dà pena più di tanto, né lo turba, anzi lo incuriosisce, la presenza al funerale di una donna vestita di nero di cui nessun altro sembra accorgersi. 
Ansioso di svolgere il suo incarico con efficienza e rapidità, Kipps decide di fermarsi a dormire nella casa disabitata. Le cose sembrano procedere per il meglio quando nel cuore della notte...

Recensione:
Sin dalle prime righe, attraverso le parole di Arthur Kipps, siamo guidati in un tempo e in una realtà che viene suggerita tramite sensazioni: odori, suoni, colori, caldo, freddo, tutto contribuisce a creare atmosfera e a trascinarci all'interno della storia.
In poco tempo siamo lì, con lui, sulla porta di casa a respirare, a pieni polmoni l'aria frizzante profumata di legna bruciata.
È la vigilia di Natale, la festa e i parenti ci aspettano all'interno, ma noi restiamo ancora lì fuori, a guardare la notte scura e profonda, e a rivangare vecchi ricordi.
Veniamo trasportati così nelle memorie di Kipps, al giorno in cui decise che quella di Monk's Piece sarebbe stata la sua dimora, melanconici ricordi su cui la mente dell'uomo sceglie di non soffermarsi troppo a lungo.
Rientriamo in casa, qui l'atmosfera è diversa, chiassosa, festosa, i bambini giocano e parlano a voce troppo alta, il fuoco crepita nel camino e colora la stanza con la sua luce rossastra.
È la sera perfetta per radunarsi attorno al fuoco e intrattenersi raccontando storie di fantasmi.

“Quella sera il camino era ornato di festoni di rami freschi, raccolti quel pomeriggio da Esmé e Isobel, e intrecciati con bacche e nastri rossi e dorati. In fondo alla stanza c'era l'albero, decorato e illuminato da candele, e ai suoi piedi erano raccolti i regali. 
C'erano anche fiori, vasi di crisantemi bianchi e, su un tavolo rotondo al centro, una piramide di frutti dorati e una ciotola di arance in cui erano conficcati chiodi di garofano. L'aria era soffusa del loro aroma speziato che, mescolandosi con quello dei festoni e del fumo della legna che ardeva, creava l'odore autentico del Natale.”

Ognuno ha la sua storia e la condisce con i particolari più raccapriccianti e impressionanti per avere la meglio sulle storie altrui. Tutti si divertono, tutti tranne Arthur.
A lui queste storie non piacciono, e quando gli viene chiesto di partecipare al gioco si rifiuta bruscamente, lasciando la stanza in preda al panico.
In realtà lui ce l'ha davvero una storia da raccontare, e purtroppo la sua non è di fantasia, ma ne è ancora troppo suggestionato per riuscire a parlarne.
Non ne fa parola con nessuno, alla sua famiglia continua a nascondere i tormenti del suo cuore, che decide invece di mettere su carta e condividere con noi.
Così inizia il suo racconto, la sua storia di fantasmi, ed è così che siamo catapultati in un ricordo risalente a ventisette anni prima.
Un racconto suggestivo, che non mira a spaventare, quanto a mostrare la storia al lettore.
Susan Hill utilizza ancora i sensi per renderci partecipi della narrazione.
Ci ritroviamo quindi in uno scomodo treno maleodorante, in viaggio per una cittadina fredda e sconosciuta.
A bordo di un calesse, trainato da un pony, attraversiamo il sentiero delle nove vite, percorribile solo nelle ore di bassa marea, quando non è sepolto dalle acque stagnanti della palude.
La Hill, fatemelo dire, ha davvero talento nelle descrizioni (soprattutto in quelle dei paesaggi), e in questo frangente ci regala un'immagine sublime dell'immensità e dell'assoluta desolazione della palude, delle acque dell'estuario che si confondono con il cielo, diventando un tutt'uno.

“Quel giorno tutto era chiaro e luminoso e c'era il sole, sebbene in quel momento fosse pallido e il cielo avesse perso il colore blu intenso del mattino per divenire quasi argenteo. Mentre ci inoltravamo speditamente nella campagna piatta, non scorgevo che pochi alberi, ma le siepi erano scure, folte e basse; la terra arata in solchi diritti e di un intenso color bruno a poco a poco lasciò il posto alle erbacce, e cominciai a notare fossi e canali pieni d'acqua, finché non giungemmo alle paludi vere e proprie. 
Queste giacevano silenziose, immobili e luccicanti sotto il sole di novembre e sembravano estendersi in ogni direzione per fondersi infine con le acque dell'estuario e con la linea dell'orizzonte. 
La mia testa era frastornata da quella pura, sconcertante bellezza, da quell'immensità. Il senso di spazio, la vastità del cielo sopra e tutt'intorno a noi mi facevano battere forte il cuore. Avrei viaggiato per miglia e miglia pur di poter ammirare un luogo così. Non avrei mai immaginato che esistesse.”

E sempre su quel sentiero, ammirato estaticamente poche ore prima, ci ritroviamo più tardi soli, avvolti nella nebbia, atterriti da una sensazione di smarrimento, mentre ascoltiamo e vediamo cose che non riusciamo a spiegarci, paralizzati dallo sconcerto e dalla confusione.
Osserviamo impotenti Arthur Kipps alle prese con il mistero che avvolge Eel Marsh House, e la presenza inquieta che la infesta, scopriamo con lui la verità e con lui abbandoniamo per sempre quel luogo spettrale e nefasto.
Suggestivo, romantico, tetro e triste, non fa paura, ma incanta, non terrorizza, ma affascina.
Consigliato a chi ama il genere, ma soprattutto a chi ama lasciarsi guidare dalla poesia delle parole.

Considerazioni:
Ho desiderato leggere questo racconto sin da quando ne ho visto l'omonimo film che ne è stato tratto (mi è piaciuto così tanto che in una settimana sono riuscita a vederlo tre volte), con protagonista il famosissimo Daniel Radcliffe, noto per aver interpretato sul grande schermo il ruolo di Harry Potter nella celebre saga scritta dalla Rowling.
Le atmosfere descritte sono quelle che più preferisco in questo genere di racconti, dimore antiche, avvolte nella nebbia, assieme ai segreti che nascondono.
Sin dall'inizio della lettura sono rimasta affascinata dalle descrizioni. Il racconto per come è strutturato, un gruppo di giovani in attesa di una storia, che però non viene raccontata a voce, ma messa su carta, mi ha ricordato "Giro di vite" di  Henry James.
Come quel racconto anche questo non mira ad incutere terrore nel lettore, ma più che altro a, perdonatemi il gioco di parole, suggerire suggestioni.
Ne ho letteralmente amato ogni parola, ogni descrizione.
Mi piace, quando leggo un libro, appuntarmi le frasi che più preferisco e qui mi sarei dovuta appuntare l'intero libro.
Ho trovato la Hill molto capace anche a descrivere le reazioni e i pensieri dell'animo umano, mi sono infatti riconosciuta tantissimo nei comportamenti e negli atteggiamenti del protagonista, spesso mi sembrava che la scrittrice stesse descrivendo me (lo so sembra assurdo XD) e le reazioni che in quella situazione avrei avuto (eccezion fatta per la scelta di restare in quella casa isolata, per tutta la notte! Non sarei mai stata così pazza XD).
Ho inoltre adorato la descrizione del rapporto che si viene a cratere tra Arthur Kipps e la cagnolina Spider, ho trovato quei momenti, e tutte le frasi dedicate a lei, di una dolcezza commovente.

“Quel giorno e quella sera erano trascorsi in modo monotono e banale. Spider era di grande compagnia ed ero felice di udire, in quella grande casa vuota, il suo ansimare leggero, il suo occasionale raschiare o zampettare in giro. Ma principalmente provavo noia e una certa apatia, unite al desiderio di portare a termine l'incarico e tornare a Londra dalla mia cara Stella. 
Avevo intenzione di dirle che avremmo dovuto prenderci un cagnolino, possibilmente come Spider, quando avessimo avuto una casa tutta nostra. Anzi, avevo deciso di chiedere a Mr Samuel Daily che, se mai Spider avesse avuto dei cuccioli, ne tenesse uno per me.”

Unica pecca, che un po' mi ha deluso, ma questo credo sia stato più a causa del costante confronto con il film (cosa ci posso fare? Non riuscivo a smettere di paragonarli!) è stata la poca azione all'interno della storia.
Insomma, leggere un horror non è facile e scriverlo immagino sia ancora più difficile, perché mentre spaventare nei film viene più immediato (basta un'immagine inaspettata mostrata all'improvviso), in  un libro è tutto più complesso.
Quindi credo che la storia manchi di veri eventi drammatici (che non mancano invece nella trasposizione cinematografica).
Ad esempio, raccontarci le varie circostanze della morte dei bambini vittime in passato della furia vendicativa della donna in nero, avrebbe aggiunto qualcosa in più alla storia.
Un finale un po' troppo affrettato, seppur conclusivo, mi ha lasciato con la stessa sensazione di smarrimento che mi aveva già provocato il già citato "Giro di vite" di James.
Per apprezzare maggiormente questo libro, che raccomando caldamente, consiglio a tutti la lettura prima della visione del film.

Breve confronto con il film:
Inizio col dire che è stato strano ritrovare Daniel Radcliffe, ai più noto come Harry Potter, protagonista di un film diverso dalla saga che lo ha reso celebre.
Nelle prime scene addirittura quasi mi aspettavo che tirasse fuori dalla manica la sua bacchetta per gridare "Expecto Patronum" XD
In effetti, guardando le primissime scene del film, in cui compare un treno che sfreccia su rotaie (molto simile per aspetto al famoso espresso di Hogwarts), non si può non pensare ad Harry Potter.
La scena in cui il protagonista è in treno e guarda fuori dal finestrino ad esempio, mentre la osservavo mi è venuto da pensare "Daniel avrà detto: cavolo anche se cambio film, mi fanno fare sempre le solite cose" XD
Tornando al confronto, le due versioni, seppur simili sono molto diverse.
Possiamo dire che narrano due storie con lo stesso protagonista (almeno il nome è il medesimo), tormentate  dalla stessa oscura presenza, ma le cui vicende sostanzialmente sono molto diverse, già a partire della struttura stessa del racconto.
Nel libro i fatti narrati ci vengono presentati come ricordi accaduti in un lontano passato, nel film invece la storia avviene nel tempo presente.
Nel film Arthur Kipps è un giovane avvocato ancora sconvolto dalla scomparsa dell'amata moglie, venuta a mancare pochi anni prima, in seguito al parto del loro unico figlio.
Nel libro invece l'Arthur a cui viene affidato l'incarico, di perlustrare Eel Marsh House, è un giovane propositivo, allegro e ottimista, deciso e voglioso di sbrigare il suo affare e tornare dalla fidanzata Stella.
Nel film è indagata con maggior  mistero la storia del fantasma che perseguita gli abitanti di Crythin Gifford, non sono risparmiate scene sconvolgenti e strazianti, comprese molte morti inspiegabili dei bambini del villaggio.
Non voglio aggiungere altro per non spoilerarvi troppo, vi dico solo una cosa: vedetelo!!! 

il mio voto per questo libro

3 commenti:

  1. Voglio leggerlo da tantissimo tempo perchè questo genere di storia mi ispira davvero molto e di solito, anche se ha qualche limite, non mi delude^_^ Non ho visto neppure il film, quindi devo resistere in modo da gustarmi il libro e poi la versione cinematografica:D

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  2. Sono d'accordo su tutto, l'ho letto anche io dopo aver visto il film, che ha più azione rispetto al libro.
    Molto belli entrambi comunque, ma nemmeno io sarei rimasta in quella casa di notteXD

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