Titolo: Il ristorante dell'amore ritrovato
Titolo originale: Shokudo Katatsumuri
Autore: Ito Ogawa
Editore: Beat Edizioni
Data di pubblicazione: marzo 2015
Pagine: 192
Prezzo: 9,00 €
Trama:
Ritornata al villaggio natio dopo una cocente delusione d’amore patita a Tokyo, la giovane Ringo ha un’idea singolare per tornare pienamente alla vita: aprire un ristorante per non più di una coppia al giorno, con un menu ad hoc, ritagliato sulla fisionomia e i possibili desideri dei clienti. Con l’aiuto del valente Kuma-san, il cui cuore è stato infranto dalla bella Shiñorita, un’argentina scappata in città, Ringo risistema un granaio. Pareti tinteggiate d’arancio, posate di epoca vittoriana e di epoca Taish e, nel giro di qualche mese, il Lumachino, così la ragazza battezza il ristorante, apre i battenti.
La prima cliente è la Concubina, la triste amante di un influente politico locale passato a miglior vita diversi anni prima: dopo aver mangiato al Lumachino, la donna diventa di colpo allegra e piena di vita. Gente che si innamora, che si perdona, che ritrova la gioia di vivere: la notizia del potere magico del Lumachino sui clienti si diffonde in tutto il circondario, e il successo è così garantito, poiché tutti vogliono sedersi alla tavola del ristorante dell’amore ritrovato.
Recensione:
Chi attraversando un momento difficile non ha avuto voglia di lasciare tutto e ricominciare da zero?
Beh, Ringo, la giovane giapponese protagonista di questo libro, al contrario di molti di noi, non ha molta scelta se non quella di fare le valigie, abbandonare la sua vita di sempre, e tornare nel paese che le ha dato i natali.
Dopo essere stata abbandonata, e addirittura derubata, dal fidanzato, non le rimane altro che la sua passione per la cucina, l'unica cosa in grado di renderla ancora felice.
Ed è da questa unica certezza che nasce il Lumachino, un posto da costruire giorno per giorno, senza grandi brame di successo. Un ristorante che vede come ospiti solo una coppia al giorno, con un menù personalizzato e diverso di volta in volta.
Un luogo pieno d'amore, per il cibo e per le persone, per le tradizioni e per i ricordi.
Per Ringo la cucina significa molte cose: è il segno del legame con la nonna, che le ha insegnato tutti i segreti dell'arte culinaria del sol levante, ha rappresentato l'inizio della storia d'amore che più l'ha ferita, ma è anche il simbolo della rinnovata libertà, dell'indipendenza di chi non ha più nulla da perdere.
Con il suo Lumachino la protagonista vuole creare un posto accogliente in cui le persone possano sentirsi a casa e vuole resuscitare emozioni a lungo sopite.
Le foglie degli alberi sulle montagne tutt'intorno mutavano colore di giorno in giorno e le ore di luce diventavano sempre meno. Sognavo che il mio ristorante potesse suscitare nelle persone una sensazione al tempo stesso di meraviglia e intimità, come se fosse uno di quei posti che si è sicuri di aver già visto ma in cui non si è mai messo piede: qualcosa di simile ad una caverna segreta, dove ognuno potesse provare sollievo e addirittura ritrovare il proprio sé.
Ho apprezzato molto sia l'idea che sta alla base di questo locale, e quindi il suo essere accessibile solo a pochi clienti al giorno, per garantire il miglior servizio possibile, sia l'atmosfera descritta.
Mentre leggevo pensavo che avrei proprio voluto visitarlo.
Detto così sembra che in questo romanzo sia tutto perfetto, ma la realtà delle cose è un bel po' diversa.
Il libro parte da delle premesse ammirevoli, quelle che vi ho enunciato poc'anzi, che purtroppo non è riuscito a portare a termine in modo concreto.
Mi spiego meglio.
La storia, che vuole narrarci di come con la buona cucina sia possibile smuovere anche l'animo più rigoroso e inflessibile, ha però il deficit di soffermarsi fin troppo sulle descrizioni dei piatti, finendo per tralasciare i veri protagonisti delle vicende.
Dei clienti che si avvicendano nel Lumachino sappiamo ben poco, se non ciò che è finalizzato a farci intuire il "prima" e il "dopo". Non ci è dato modo di affezionarci o di indagare fino in fondo il loro passato.
Della stessa Ringo ci viene riassunta la vita solo per sommi capi: l'amore per la nonna, l'ingiustificato astio per la madre, la fuga per la grande città e la delusione amorosa. Nulla di più.
Tutto il libro è più che altro un interminabile rappresentazione più o meno particolareggiata dei vari menù, con doviziosa descrizione dei vari passaggi e delle diverse procedure per ottenere il prodotto finito.
Sicuramente interessante, soprattutto perché si parla di cucina giapponese ai più ignota, ma tutto questo rende poco scorrevole, e soprattutto poco appassionante, la lettura.
A ciò concorre anche il dover fare spesso utilizzo del glossario posto nelle ultime pagine, che ha il compito di dare delucidazioni sui vari termini lasciati in lingua madre, ma che ha anche l'effetto di spezzettare ulteriormente la narrazione.
Solo nella parte finale ho finalmente trovato le emozioni che bramavo sin dall'inizio.
Nelle ultime pagine la storia assume un corso più veritiero.
Non più solo antipasti, contorni e dessert, ma un viaggio nei rapporti familiari, nei rancori sepolti nel tempo e nelle verità ancora da svelare.
Un piccolo romanzo che solo alla fine è in grado di catturarci, lasciandoci in dono la sua grande verità: non è mai troppo tardi per ricominciare, per perdonare, e per ritrovare il vero e unico grande amore.
Considerazioni:
Se non hai letto questo libro, e hai intenzione di farlo, fermati qui!
Quando ho letto la trama di questo libro ho subito desiderato leggerlo.
Prima di tutto perché ambientato in Giappone, terra che ai miei occhi ha sempre avuto un grande fascino. Poi perché parla di cambiamento, del potere che hanno alcune persone, di aiutarci a ritrovare noi stessi.
Ed è questo che fa effettivamente Ringo: mette tutta se stessa nei piatti che prepara, e le persone che li assaggiano riescono a cogliere la passione sincera con cui lei inonda ogni sua creazione.
Ho iniziato la lettura con grande entusiasmo, che poi ho progressivamente perso andando avanti con le pagine. Non perché "Il ristorante dell'amore ritrovato" sia un brutto libro, sia chiaro, ma perché si ha sempre l'impressione che manchi qualcosa.
Non c'è, come dicevo prima, un'analisi dei sentimenti, ma non c'è neppure una svolta, un cambiamento, qualcosa che ti faccia stare con il fiato sospeso.
Tralasciando l'ultima parte, il resto è un susseguirsi di cene, belle dal punto di vista descrittivo, ma sicuramente poco emozionanti.
Inoltre ogni piatto è scomposto in ogni suo procedimento, dalla raccolta delle verdure e la scelta dei vari ingredienti fino all'impiattamento. Nessun passaggio sfugge all'occhio clinico di Ringo e neppure al nostro di lettore.
Il tutto raggiunge il culmine nella scena della macellazione del povero maialino Hermès, che ci viene raccontata per filo e per segno. La descrizione appare così macabra e, mi spiace dirlo, disgustosa, che mi ha spinto a fare ciò che non ho mai fatto in vita mia, ovvero saltare le pagine. Ebbene sì, non ce l'ho fatta a terminarla, era troppo, persino per me che raramente mi faccio contagiare da ciò che leggo.
Non capisco proprio la necessità di indugiare su tali particolari, tralasciando il fatto che il sacrificio dell'amato animaletto mi è sembrato di per sé troppo crudele.
Altra cosa che mi ha lasciato interdetta è il rapporto madre-figlia. Ringo ci dice dell'odio che prova per la sua mamma, così diversa da lei. L'una troppo libertina e l'altra virtuosa, due mondi opposti che paiono non avere nulla in comune.
Sin da piccola Ringo ha dovuto sopportare le dicerie di paese che dipingevano sua madre come una donna disinibita.
Nulla di strano in questo, se non fosse che si viene a scoprire che la signora Ruriko non solo non è affatto una poco di buono, ma è addirittura vergine. E cosa più importante, tutti sono a conoscenza dell'animo pudico della donna e del suo desiderio di rimanere illibata.
Allora, di cosa stiamo parlando? Come ha fatto Ringo a pensare che la madre avesse più di un'amante, se tutto il villaggio sapeva ben altro?
Inoltre inizialmente la signora ci viene descritta come fredda e incapace di amare, rivelandosi invece una persona molto dolce, ma poco abile nel farsi comprendere.
La lettera che lascia alla figlia è la parte migliore di tutto il libro, l'unica che è riuscita a toccare le corde del mio cuore.
Se l'impianto di tutto il romanzo fosse stato un po' più simile al finale, la lettura ci avrebbe guadagnato di certo.
Così invece il romanzo rimane a metà strada, tra la magia che ci regala la prima parte, fatta solo di sensazioni e inspiegabili prodigi, e il tuffo nella realtà che ci dona la seconda, in cui si raggiunge davvero la sofferenza e la disillusione.
Se da una parte vince il fascino e quindi gli occhi, dall'altra parte vincono le emozioni e il cuore.
Ringrazio la casa editrice Beat Edizioni per avermi fornito una copia cartacea di questo libro
il mio voto per questo libro
L'ho letto l'anno scorso e non mi è piaciuto per nienteXD
RispondiEliminaCosa non ti è piaciuto? Hai riscontrato le stesse mancanze evidenziate da me nella recensione, o qualcosa di diverso?
EliminaDi pancia mi attrae moltissimo: mi sembra ci siano quegli elementi tipici della letteratura giapponese che amo tanto nella Yoshimoto e in Murakami. Non ho letto le "considerazioni" per evitare gli spoiler, ma ho intuito quelli che secondo te sono un po' i limiti di questo romanzo. Credo che nonostante tutto potrebbe piacermi, magari non lo metto al vertice della wishlist, ma quando avrò voglia di scoprire una nuova autrice giapponese sarà mio ^_^
RispondiEliminaSì, in realtà a me è piaciuta sia l'ambientazione che l'idea che sta alla base del libro. Anche le descrizioni sono molto belle. Avrei preferito però un'analisi maggiore dei personaggi e dei loro sentimenti.
EliminaIn generale non è un libro che mi sento di sconsigliare, sia perché ha i suoi pregi, ma anche perché non è detto che altri la pensino come me.
Fammi sapere se decidi di leggerlo.
Eccomi qua Muriomu grazie per esserti fermata nel mio angolino di blogosfera sono subito venuta qui nel tuo e mi piace tantissimissimo! Mi sono aggiunta ai lettori fissi, spero che tornerai da me, io verrò spessissimo qui mi piace davvero un sacco perchè anche io amo molto i paesaggi giapponesi e non poco anche i manga sinceramente! Sono felicissima che mi abbia scritto, a prestissimo allora!
RispondiEliminaBenvenuta!
EliminaComplimenti per la recensione Little Pigo! Segno subito il titolo!
RispondiEliminaHo letto questo libro l'estate scorsa, ora me lo ricordo poco ma non mi aveva colpito particolarmente. La vicenda del maialino l'ho dovuta salare tutta perchè non sopporto certe cose. Un saluto
RispondiEliminaGià, quella scena è terribile!
EliminaIo l'ho inserito da poco in wish list e, anche se continua ad incuriosirmi, forse è il caso che abbassi un pochino le aspettative :)
RispondiEliminaAlla fine ogni giudizio è soggettivo, non è detto che a te non piaccia.
EliminaDalla copertina e dalla trama devo dire sembra davvero molto bello!! Però, vista la tua recensione, penso al momento darò la precedenza ad altro. Dato che non sono molto convinta :)
RispondiEliminaGrazie per avermi inviato al giveway! Buone letture :)
Sembrava davvero la lettura per me, amante della cucina e nell'intimità, in più questo personaggio femminile che cerca un riscatto dalla vita...peccato per le lacune...
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