Titolo: I testamenti
Autore: Margaret Atwood
Editore: Ponte alle Grazie
Data di pubblicazione: 10 settembre 2019
Pagine: 502
Prezzo: 18,00 €
Trama:
"Il racconto dell’Ancella" si era chiuso con la porta di un furgone che, al suo interno, celava il destino di Offred. Cosa ne sarà stato di lei? Avrà trovato una via d'uscita, un biglietto di sola andata per la prigione o sarà andata incontro a morte certa?
A quindici anni di distanza da questi eventi, la Repubblica di Gilead mantiene ancora la presa sul potere, ma ci sono segni che fanno presagire una rottura imminente.
In questo momento cruciale, convergono le vite di tre donne radicalmente diverse, le cui azioni sovversive potrebbero arrecare seri danni al regime teocratico, con risultati potenzialmente esplosivi.
Recensione:
Con questo secondo capitolo, Margaret Atwood ci guida nello spietato mondo di Gilead, fatto di potere, rivalità, segreti, lotte intestine, e compromessi. Un ecosistema in bilico che, nonostante la facciata di imperturbabile magnificenza, rischia di cadere da un momento all'altro a causa delle ribellioni, delle fughe, e dell'azione sibillina di chi trama nell'ombra.
E per farlo la nostra autrice si serve di tre punti di vista d'eccezione, estremamente diversi, seppur complementari.
Due ragazze più o meno coetanee: l'una che ha trascorso quasi tutta la sua infanzia sotto il regime (allevata da una madre adottiva e da un Comandante), e l'altra che, di contro, ha sempre vissuto al di là del confine, in Canada, dove la libertà è ancora consentita e le adolescenti possono vivere tranquillamente la spensieratezza dei loro giovani anni, senza restrizioni.
Lei, assieme alle altre responsabili del Centro Rosso, si occupava di "riabilitare" le donne nubili sino a farle diventare ancelle (tra queste la nostra Offred/Difred).
Ora però l'anziana signora gode di una posizione di prestigio. Avendo dimostrato di essere un valido esponente delle Zie Fondatrici, ed essendo diventata persino la consigliera di fiducia di uno dei capi - il Comandante Judd - zia Lydia è ammirata e stimata da tutti, perlomeno ufficialmente, tanto da essere riuscita a guadagnarsi in vita una statua in suo onore.
Ma non è tutto oro ciò che luccica, e lo sa bene la donna che, da anni, e in gran segreto, raccoglie prove che potrebbero far saltare in aria il regime.
Basterebbe una sua mossa e tutto finirebbe in pezzi. Quell'impero, faticosamente costruito negli anni sui sacrifici e sulla pelle di migliaia di giovani, potrebbe trovare la sua fine proprio per mano di una di quelli che, seppur contro la sua volontà, ha contribuito a crearlo.
Per un certo tempo quasi credetti in ciò in cui sapevo di dover credere. Mi annoveravo tra i fedeli, per la stessa ragione di tanti altri a Gilead: era meno rischioso.
Che senso ha buttarsi sotto un rullo compressore per ragioni etiche, farsi schiacciare come un calzino privato del suo piede?
Meglio dileguarsi nella folla, nell'untuosa folla dei trafficanti d'odio, dei devoti adulatori.
Meglio scagliar pietre che farsele scagliare addosso.
Meglio, quanto meno, per le tue probabilità di sopravvivenza.
Lo sapevano benissimo, gli architetti di Gilead. Gente di quella risma l'ha sempre saputo.
Come nel precedente capitolo, anche questa volta l'autrice ha dato vita ad universo brutale e dalle mille sfaccettature.
Secondo i dogmi di Gilead, ognuno deve dare un contributo alla società e fare la sua parte, sottostando a regole ferree e crudeli, in nome di un fanatismo religioso che rende le donne delle merci di scambio, di cui ci si può servire come meglio si crede.
Grazie alle nostre tre informatrici, e soprattutto a zia Lydia, con questo libro veniamo a conoscenza di molti retroscena che, con lo sfogo di Offred, avevamo solo potuto immaginare.
Per quanto infatti "Il racconto dell'ancella" ci abbia mostrato le torture psicologiche cui erano soggette le ragazze nubili, al fine di renderle dei meri strumenti di riproduzione, senza diritti, desideri, o idee proprie, con "I testamenti" la Atwood ricalca la mano, mettendoci al corrente di aberrazioni indicibili, a cui erano sottoposte le ancelle, e non solo loro.
Grandi protagoniste questa volta sono le mogli e soprattutto le zie, che nel primo libro avevano ricoperto un ruolo secondario. Le prime, come avveniva secoli fa, si vedono costrette, ancora bambine, a trasferirsi dalla casa patriarcale a quella coniugale, per dare prestigio alla casa d'origine, e un erede a quella di destinazione. A tal proposito il più delle volte ragazzine inesperte finiscono spose di vecchi bavosi, interessati a collezionare matrimoni come fossero figurine, con le inevitabili conseguenze psicologiche che tutti noi possiamo facilmente presagire.
Le seconde, le zie appunto, dispongono sicuramente di una posizione privilegiata, essendo le uniche a poter leggere e scrivere, oltre che detentrici di informazioni segrete e scottanti. Qualsiasi matassa da dipanare, qualsiasi arma da sotterrare, passa dallo studio delle Fondatrici che, come i Comandanti, sanno come mettere a tacere ciò che non deve essere rivelato.
Tuttavia, grazie alla confessione di zia Lydia, noi lettori potremo renderci conto di come anche loro, pur di ambire a quel grande potere, o anche semplicemente pur di salvarsi la pelle, hanno dovuto pagare uno scotto molto alto, sopportando, o addirittura compiendo in prima persona, azioni crudeli e malsane.
Donne ambiziose che, dopo aver ricoperto nel mondo occidentale ruoli di prestigio, sono forzate, nella nuova Repubblica, a subire l'ingerenza di uomini senza scrupoli, oltre che maltrattamenti fisici e psicologici.
Perché, sotto il governo teocratico, le figure femminili, indipendentemente dalla loro posizione sociale, vengono sottoposte ad un processo di manipolazione e spersonalizzazione ideologica, finalizzata a renderle convintamente succubi di un qualcosa che, in piena libertà, non avrebbero mai scelto.
Per quanto infatti molte si ribellino, o sopportino stancamente, altre, a forza di essere indottrinate, finiscono nel credere davvero in un bene superiore, a cui tutti devono anelare, secondo le proprie possibilità.
Perché, nonostante tutto, avevo creduto che nulla fosse cambiato? Perché di quelle cose sentivamo parlare da un pezzo, suppongo.
Non ti convinci che il cielo sta crollando, finché non te ne cade un pezzo addosso.
In generale questo libro ci mostra ancora di più la brutalità dei regimi totalitari, entrando nello specifico dei mezzi cui si può ricorrere per raggiungere il risultato prescelto. Proprio per questo motivo, il romanzo risulta avere un impatto maggiore rispetto al precedente, sia a livello psicologico che a livello narrativo.
La trama, grazie anche alle tre storie interconnesse, è più dinamica e coinvolgente, presenta maggiori scene d'azione, coercizioni fisiche e morali, cambi di programma, colpi di scena, pur salvaguardando l'introspezione psicologica che era stata la carta vincente de "Il racconto dell'ancella".
Ovviamente la lettura presenta anche delle noti dolenti. Difatti, per quanto il ritmo e l'interesse rimanga sempre alto, da circa metà libro in poi la storia sembra svilupparsi in modo piuttosto prevedibile. Inoltre, essendo i capitoli divisi in base alla voce delle protagoniste, per ovvie ragioni, alcuni risultano più interessanti di altri.
D'altronde anche i personaggi, per quanto siano il più delle volte ben caratterizzati, non sempre si rivelano riuscitissimi. Se da una parte troviamo zia Lydia che, con le sue contraddizioni, il suo coraggio e la sua astuzia, catalizza l'attenzione e la partecipazione attiva di chi legge, dall'altra c'è la figura di Daisy che, al contrario, con il suo comportamento stereotipato e poco credibile (la tipica ragazzina ribelle e sboccata), non suscita alcuna simpatia oltre che il minimo interesse.
Indipendentemente da tutto però, la forza di questa storia sta nell'essere un libro di donne, scritto da una donna, per le donne. Si respira femminismo in ogni pagina, essendo la narrazione, oltre che una condanna ad ogni forma di repressione, un'esaltazione della forza d'animo, dello spirito di sacrificio, della scaltrezza, delle fragilità, dell'empatia e dell'eroismo del genere femminile.
Spesso si parla di romanzi per ragazze, alludendo alla letteratura rosa, a timbro sentimentale (gli harmony e via dicendo). Eppure io penso che siano proprio questi i libri che dovrebbero fortificare l'animo delle più giovani, per renderle consapevoli che, per quanto il mondo possa diventare crudele e remare loro contro, troveranno sempre delle sorelle pronte a combattere al loro fianco. Perché essere donna può significare battersi per raggiungere la parità di diritti, ma anche vincere le battaglie con onore e dignità, proprio come chi, a Gilead, ha sconfitto il nemico.
Considerazioni:
"Il racconto dell'ancella" mi aveva convinto pienamente per più motivi. In primo luogo per il suo carattere di estrema attualità: un distopico che prende il via da una situazione di libertà ed emancipazione, simile a quella dei giorni nostri, per poi trasformarsi, per contrapposizione, in una dittatura totalitaria e dominata da fanatismo.
In secondo luogo per la fantasia profusa dall'autrice, capace di immaginare tantissime figure - professionali e non - differenti, maschili e femminili, con relativi modi di pensare, obblighi e usanze.
In "I testamenti" ho ritrovato questi stessi pregi che, a dirla tutta, sono stati persino amplificati, mettendo in luce molti aspetti su cui, nel romanzo precedente, si era sorvolato.
In questo libro, ad esempio, si fa luce sulle origini del regime e dello sconcertante impianto che ha visto le donne sempre a servizio degli uomini, seppur in mille forme diverse. In più si riabilita uno dei ruoli più osteggiati, ovvero le zie, le signore che agivano severamente contro il loro stesso genere, pur di seguire gli ordini impartiti.
Ho apprezzato molto la scelta di individuare loro come punto di vista privilegiato. Prima di adesso non avrei mai pensato di poter simpatizzare con una di esse eppure, dopo essere venuta a conoscenza di tutti i retroscena, non posso che apprezzare il pugno di ferro, la scaltrezza e la pazienza di zia Lydia.
Inoltre, grazie alla figura di Agnes, possiamo conoscere anche la vita all'interno di una famiglia gilediana, ciò che un'aspirante moglie deve sopportare, in nome dell'amore della patria e di Dio.
E devo dirvi che, se ho stimato la determinazione e lo sprezzo del pericolo di Lydia, ho provato grande empatia per la povera ragazzina costretta a contrarre matrimonio con un uomo con il quadruplo dei suoi anni, solo perché così avrebbe adempiuto il suo dovere e dato onore alla sua casata.
Grazie alle figure delle spose bambine si accentua maggiormente la crudeltà ed il maschilismo dell'indottrinamento, ancor più di quanto si era evinto dalle vicende delle ancelle.
E che dire poi di Becka, la compagna di banco e di sfortuna, di Agnes? La sua è un'altra vicenda traumatica, in quanto inerente alla violenza sessuale e alla pedofilia, eppure il suo personaggio è uno di quelli che spicca per forza d'animo e coraggio, uno dei più positivi che si possano incontrare in tutta la storia.
L'amicizia che lega le due ragazzine, difatti, rappresenta un raggio di sole in un oscurità penetrante, una di quelle unioni che regala ai lettori pagine di vero sentimento, contrapposte alle conversazioni futili, alle alleanze di convenienza e ai giochi di potere, che caratterizzano gli altri.
Al contrario, tutte le parti che vedono come protagonista Daisy non brillano affatto per fantasia né per verosimiglianza. Sembra quasi che la Atwood si sia vista costretta ad inserire questo personaggio (per creare un filo diretto con le vicende di Offred), ma che lei stessa non ne fosse pienamente convinta.
La sedicenne è poco più di uno stereotipo, una macchietta atta ad incarnare la ragazza ribelle e libera del mondo occidentale, la tipa moderna tutta parolacce e collera.
C'è da dire che, in prima battuta, Daisy era stata descritta come una comune adolescente che viveva tranquillamente in una normale famiglia, in pieno rispetto dell'autorità genitoriale, delle regole e della routine quotidiana.
Con il passaggio da Daisy a Jade, il suo comportamento cambia. Quasi fosse un automa, la giovane non sembra soffrire per la scomparsa di quelli che lei, fino ad un attimo prima, credeva fossero i genitori, si mostra insensibile e anaffettiva (al contrario di ciò che era accaduto con Agnes e la dolcissima madre Tabitha *-*), tutta impegnata solo nell'addestramento, per una causa, che non era nemmeno la sua.
Per non parlare poi di Ada e Garth, coloro che avrebbero dovuto prepararla per l'ardua impresa... quale persona con un po' di cervello manderebbe una mocciosa in una missione suicida, facendola approdare in una dittatura in cui le donne sono trattate come macchine sfornabambini?
Insomma, senza dilungarmi nei particolari, tutti i capitoli dedicati alla versione di Daisy/Jade, compresa la grande rivelazione che una rivelazione non è mai stata, sono da dimenticare, un po' per il fare spocchioso e saccente della protagonista, e un po' per la poca credibilità di tutti quanti.
Per il resto, come dicevo prima, non posso che promuovere a pieni voti questo romanzo che, pur trattando tematiche non proprio leggerissime (terrorismo, fanatismo, sessismo, violenza, omicidio, stupro e pedofilia, per citarne alcuni), riesce a coinvolgere pienamente i lettori e a trascinarli in una spirale di dolore e vendetta.
Una storia attualissima che, sebbene affondi le radici nella fantasia, ha molti punti in contatto con la nostra realtà di tutti i giorni, e che proprio per questo fa così male.
Ma soprattutto un libro che deve far riflettere, in quanto ogni scenario spietato e funesto lascia alle spalle delle tracce, delle spie d'allarme che è sempre bene non ignorare. Perché dalla propaganda sovranista, fatta di slogan minacciosi, richieste di pieni poteri e rosari sventolati al vento, alla dittatura teocratica di Gilead, il passo è breve. Meditate gente, e meditate donne, prima che sia troppo tardi.
Ringrazio la casa editrice Ponte alle Grazie per avermi fornito una copia cartacea di questo romanzo
il mio voto per questo libro