lunedì 26 ottobre 2015

Recensione: "Svegliami quando tutto sarà finito" di Robyn Schneider

Titolo: Svegliami quando tutto sarà finito
Titolo originale: Extraordinary Means
Autore: Robyn Schneider
Editore: Fabbri Editori
Data di pubblicazione: 08 ottobre 2015
Pagine: 336
Prezzo: 16,00  (cartaceo)

Trama:
Latham House è uno strano posto per incontrarsi. Un tempo era un collegio tra i boschi, ma oggi è tutta un’altra cosa. Dove una volta si raccoglievano studenti da ogni angolo degli Stati Uniti, ora vivono sotto stretto controllo medico oltre un centinaio di giovani affetti da una forma particolarmente grave di tubercolosi. Qui, lontani dal resto del mondo, i ragazzi trascorrono i giorni in perenne attesa, nella speranza di guarire e tornare dalle loro famiglie, dai loro amici, alle loro vite. È una specie di vacanza forzata, ma Lane, il nuovo arrivato, proprio non vuole saperne: ha dei progetti per il futuro e la malattia è solo un ostacolo tra lui e lo studio. 
Ma quando si accorge che il suo fisico non gli permette di restare la notte piegato sui libri, capisce che ci sono cose più importanti. In mensa ha notato un eccentrico gruppo di amici: Marina, una nerd con il pallino del teatro; Charlie, uno scherzoso cantautore in erba; Nick, una miniera di battute taglienti; e infine Sadie, un’aspirante fotografa con la quale condivide un vecchio, imbarazzante ricordo. Lane vuole essere uno di loro. E, soprattutto, vuole ricucire il rapporto con Sadie, incrinatosi un’estate di qualche anno prima. Entrato nel gruppo, Lane scopre una nuova vita, impara a infrangere le regole, a disobbedire in nome dell’amicizia. E insieme a Sadie ci racconta la loro storia, quella di un ragazzo e di una ragazza che giorno dopo giorno si avvicinano, si scoprono e imparano ad amarsi nonostante la malattia. Perché quando il dolore ti spinge all'estremo, l’amore è l’unico rimedio. 

Recensione:
Sembra strano, forse leggendo la trama non lo si direbbe mai, ma quella che racconta Robyn Schneider nelle pagine di questo libro è una storia che parla soprattutto di seconde occasioni.
Proprio così, perché i due protagonisti di questo romanzo, Sadie e Lane, sono due ragazzi che, chi per un motivo, chi per un altro, hanno vissuto le loro vite a metà, non rendendosene neanche conto fino a quando queste non sono state costrette ad una pausa forzata.
La malattia che li colpisce, un tipo di tubercolosi totalmente resistente ai farmaci ed estremamente contagiosa, li obbliga ad abbandonare tutto, famiglie, scuola, amici e progetti futuri, per un soggiorno a tempo indeterminato nel sanatorio di Latham House.
Sono gli stessi protagonisti, Lane e Sadie a narrarci la vita alla Latham e tutto ciò che si sono lasciati alle spalle in un racconto a voci alternate.
Lane è il nuovo arrivato, e la malattia significa per lui un arresto imprevisto al futuro che aveva minuziosamente programmato. Non ha intenzione di sprecare il suo tempo al sanatorio standosene senza far nulla, ed è caparbio nel credere che la tubercolosi non lo terrà lontano dai suoi studi.
Ma Lane non ha fatto i conti con il suo fisico debilitato, e presto si rende conto che, se vuole guarire, dovrà seguire il programma di riposo prescritto dalla Latham.
Sadie è ormai al sanatorio da più di un anno, si è fatta una vita e degli amici tra quelle mura.
Latham House è diventata un po' la sua casa e, strano ma vero, non riesce più ad immaginare la sua vita lontano da quel sanatorio immerso tra le montagne.
Lì lei è una persona sicura, decisa, intraprendente e divertente, molto diversa da quella timida e spaurita ragazzina che era nella vita vera, e la paura di uscire un giorno dalla Latham e tornare ad essere quella che era, la terrorizza.
L'arrivo di Lane, ragazzo che aveva conosciuto ad un campo estivo quattro anni prima, riporta a galla tutti i suoi dubbi e le incertezze.
I brutti ricordi, legati a quel periodo in cui era l'oggetto di scherno di tutti i compagni, la riportano indietro nel tempo a quando era piccola e fragile, a quando erano le parole e i gesti dei suoi compagni le cose che l'avevano ferita di più, e non una malattia.

"Non volevo che la protocillina fosse reale perché non volevo tornare a casa, alla vita scialba e deprimente che mi ero lasciata dietro. Volevo che la Latham restasse la Latham per sempre, volevo che potessimo passare ancora un milione di giorni a giocare a carte sotto il sole, un milione di notti a sussurrare al telefono sapendo che quando mi sarei svegliata avrei trovato Lane ad aspettarmi sulla veranda, i capelli ancora bagnati dalla doccia. 
La Latham era la mia Hogwarts, e la protocillina era la cura per la mia magia. Mi avrebbe trasformato di nuovo in una babbana, in una persona che si sarebbe dovuta preoccupare dei test standard, delle ragazze antipatiche e delle note per i ritardi."

Ma, come si dice, non tutti i mali vengono per nuocere, e anche in questo caso la malattia e la reclusione nel sanatorio diventano, per i due ragazzi, l'occasione per dare una svolta alla loro vita.
Sadie l'ha già fatto, si è fatta degli amici ed è diventata la persona che avrebbe sempre voluto essere, quella che gli amici cercano e vogliono sempre avere attorno.
Lane, invece, lo farà pian piano, rendendosi conto che, nella folle frenesia di raggiungere i suoi obbiettivi scolastici, prendere il massimo dei voti ed entrare alla Stanford, si è perso parte della sua adolescenza. Tante occasioni, esperienze, tappe fondamentali della vita, forse anche le più belle, che non avrà più indietro.

"Non volevo passare i prossimi sei anni a addormentarmi alla scrivania con le cuffie per cancellare il rumore degli altri che si divertivano. Non volevo vivere frettolosamente tutti i momenti di cui avrei capito l’importanza solo quando fossero passati. 
Mi sembrava di riuscire a vedere il modo in cui il mio futuro si era ristretto, opzioni come partite di football e balli scolastici che via via erano scomparsi, finché cercare di non morire era diventata la mia principale attività extracurricolare. 
E anche se la strada avesse smesso di restringersi, non sarebbe mai più stata ampia come una volta"

La tubercolosi, in un certo senso, offre ai due ragazzi l'occasione per ricominciare, mettere il pulsante pausa alle loro vite e ricominciarne di nuove, in un posto diverso, dove nessuno li avrebbe conosciuti e giudicati, dove nessuno si sarebbe aspettato qualcosa da loro.
Lane perciò mette da parte i test attitudinali e gli studi e inizia a vivere, a fare scherzi, a perdere tempo stando in panciolle, ad infrangere regole e anche ad  innamorarsi.
"Svegliami quando tutto sarà finito" è una lettura interessante sotto diversi punti di vista, in particolar modo perché affronta un tema che può sembrare banale e abusato (la storia d'amore tra due giovani malati), ma lo fa in maniera decisamente non convenzionale.
La presenza di qualche refuso sparso qua e là non ha comunque inficiato alla piacevolezza della storia, ricca di riferimenti e citazioni, che molti potranno conoscere e condividere, e di tantissimi passi emozionanti da sottolineare e rileggere.
Ma la cosa più importante che questa lettura ha fatto è farmi affezionare tantissimo ai suoi protagonisti. È impossibile non farlo, non gioire, ridere, soffrire e sperare con e per loro. Ho voluto bene a Charlie, a Lane e a Sadie e, anch'io come loro, ho lasciato Latham House lasciandoci anche un pezzetto del mio cuore.

Considerazioni:
Nonostante di primo acchito questo libro mi abbia fatto pensare a "Colpa delle stelle" di John Green, che non ho particolarmente apprezzato, sono stata trasportata a leggerlo incuriosita dall'ambientazione nel quale la vicenda si svolge, e questo deriva da un interesse nato in me lo scorso anno, quando durante un viaggio in macchina, ho visto sulla strada, prima le indicazioni e poco dopo l'edificio, che ospitava il centro Hanseniano a Gioia del Colle.
Si tratta di un lebbrosario, se non erro l'unico ancora esistente in Italia, che fino a poco tempo fa (ho letto che è stato chiuso ad aprile di quest'anno) ospitava i malati di lebbra.
L'edificio era circondato da un grande giardino e chiuso alla vista da pini altissimi, credo per preservare la completa riservatezza dei suoi degenti.
Vedendolo, io e i miei compagni di viaggio, siamo stati colti dalla curiosità e abbiamo svolto una veloce ricerca a riguardo, scoprendo che i pazienti ancora ricoverati erano in realtà ormai guariti, nel senso che la loro malattia non era più infettiva, ma che per i danni causati da essa avevano scelto di restare a vivere lì per sempre, protetti dai pregiudizi e dagli sguardi indiscreti della gente.
Insomma, hanno visto nel sanatorio che li ha ospitati e curati un guscio sicuro che li avrebbe sempre protetti dalla cattiveria del mondo esterno.
Ricordo di aver subito pensato a cosa si dovesse provare ad essere costretti a vivere in un edificio del genere e a finire addirittura per considerare quella costrizione come l'unica scelta possibile. 
Questa riflessione è presente anche in "Svegliami quando tutto sarà finito", dove i ragazzi finiscono per considerare Latham House non più come qualcosa che tutela le persone sane da quelle malate ma, che al contrario, tutela i malati dalla brutalità del mondo fuori dalla Latham.

"Quando ero arrivata alla Latham avevo pensato che fosse un luogo creato per proteggere il mondo esterno da noi, ma adesso sapevo che era vero il contrario. La Latham proteggeva noi dal mondo esterno."

Quando mi è stata proposta questa lettura, quindi, l'ho vista come un modo per scoprire la vita nei sanatori, e l'ho trovata molto interessante anche da questo punto di vista, tanto che desidero approfondire l'argomento anche con le letture consigliate dall'autrice.
Oltre a tutta la storia, che ho apprezzato, e ai protagonisti, a cui mi sono affezionata, ho trovato molto istruttivo leggere le note dell'autrice a fine libro.
Robyn Schneider, oltre ad essere una scrittrice, è laureata in bioetica e ha studiato storia della medicina, forse è per questo che, pur avendo fantasticato un po' sulla patologia creando una forma di tubercolosi totalmente resistente ai farmaci e un miracoloso farmaco, la protocillina, che riesce a debellarla, si ha la sensazione che sappia esattamente ciò di cui parla, senza mai uscire dal seminato.
Ed è proprio il realismo la cosa che ho apprezzato in queste pagine, nelle situazioni, nell'autenticità dei discorsi e dei sentimenti (sebbene anche qui non manchi qualche passaggio un po' forzato, vedi il fatto che i ragazzi abbiano portato in valigia - per un soggiorno in un sanatorio! - vestiti eleganti, giacche e cravatte, i ragazzi, abitini attillati e guanti di seta, le ragazze). Autenticità che, a mio parere, lo discosta dal libro di Green che, invece, descrive i suoi malati terminali come se non avesse mai conosciuto una persona gravemente malata in vita sua. 
La Schneider nel suo romanzo mette da parte le inutili e inverosimili scenette romantiche, non ci sono folli viaggi in Europa nel suo libro, non troverete costose cene a lume di candela a bordo fiume, o cascate di bollicine di champagne. Il massimo della trasgressione per Sadie e a Lane sarà una scappata da Starbucks a prendere una burrobirra al caffè o una capatina al Luna Park a mangiare popcorn dolce.
Tra queste pagine però troverete protagonisti che imparerete ad amare, persone che impareranno a vedere nella malattia e nell'istituto che li accoglie una seconda chance. La possibilità di ripartire e cambiare rotta, dando colore alle loro vite che fino a quel momento ne erano state prive.

Scontro tra libri:
Come dicevo poco fa, appena si legge questa trama viene istintivo, credo per chiunque lo abbia letto o anche solo conosciuto per fama, fare il collegamento con "Colpa delle stelle", il romanzo young adult, scritto da John Green, che affronta una tematica molto simile.
Seppur affrontando diagnosi differenti, sia i protagonisti di Green, che quelli della Schneider, fronteggiano la malattia, incontrando in quello stesso percorso che li vede lottare per la vita, cose del tutto inaspettate, come l'amicizia e l'amore.
Tuttavia ci sono differenze sostanziali che fanno di uno, un libro commerciale, irreale e forzato (quello di Green) e dell'altro un libro più toccante e verosimile (quello della Schneider).
Parlo sempre per gusto personale ovviamente, ma chiunque abbia un minimo di obiettività potrà convenire con le mie considerazioni.
In "Svegliami quando tutto sarà finito" i protagonisti parlano come due normali adolescenti, un linguaggio concreto e semplice, privo dei discorsi pomposi e assurdi che vedevano coinvolti Hazel e Augustus, con le loro "risonanze metaforiche".
Qui nessun protagonista fa cose insensate come imboccare sigarette spente per togliere ad un oggetto nocivo il potere di uccidere  -__-"
E ancora, qui i ragazzi discutono di tantissimi argomenti che accomunano ed interessano tutti i normali adolescenti: di musica, di libri, di film, di scuola, di social network, non fissandosi unicamente (ed incomprensibilmente aggiungerei) sulla folle ossessione per il finale di un libro.
In poche parole, seppur la trama poteva far presagire qualcosa di simile (sebbene questa sin da subito paia più originale), ho trovato "Svegliami quando tutto sarà finito" migliore sotto tutti i punti di vista. E aggiungo che mi sono affezionata a tutti i suoi protagonisti, ho voluto bene a Charlie, a Sadie e a Lane, e ho sempre sperato nella loro guarigione e nel loro lieto fine, cosa che con Hazel e Gus non mi è successa, anzi, dire che lei la sopportavo appena è dire poco XD

Ringrazio la casa editrice Fabbri Editori per avermi omaggiato di una copia di questo libro

il mio voto per questo libro

7 commenti:

  1. Questa recensione è molto bella, la trama del libro è accattivante... la copertina non mi piace molto, mi sembra un tantino anonima e troppo simile a certe che si vedono in giro in questo periodo, ma probabilmente è solo una sensazione e, soprattutto, per fortuna un libro non si giudica solo dalla copertina. Penso che leggerei volentieri questo libro :D Un bacione

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    1. Si concordo, la copertina non è il massimo, ricorda un po' quelle della newton compton, però il libro è davvero molto bello. Intenso e commovente, ma anche divertente e interessante. Una lettura che consiglio.

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  2. questo è uno di quei casi in cui le recensioni sono molto utili...soffermandomi alla trama e alla cover non avrei immaginato che questo libro nascondesse così tante sfaccettature ed emozioni, prendo nota! :)

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    1. Nemmeno io, diciamo che ho voluto dargli una possibilità e non me ne sono pentita ^^

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  3. L'ho trovato un bel romanzo, a dispetto del fatto che forse la cover fosse non fosse abbastanza accativante. A volte credo che gli editori trascurino un po' troppo questo aspetto, giudicandolo magari un po' superficiale.
    ^.^

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  4. Molto bella questa recensione, anche per l'aneddoto che hai condiviso. Capito su mezzo suggerimento di Little Pigo e ora lo coglierò appieno segnandomi il titolo!

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    1. Grazie! Come dice Ophelie, nel commento sopra, la copertina non è molto accattivante, anzi! Dà l'idea di una delle solite storielle d'amore che scanserei come la peste, ma a dispetto di questo il libro è molto valido. Peccato non abbia avuto il medesimo successo del libro di Green, perché secondo me è di gran lunga superiore :)

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