venerdì 27 giugno 2014

Chi ben comincia... #15

Poche e semplici le regole:
♥ Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
♥ Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
♥ Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
♥ Aspettate i commenti

"The woman in black" di Susan Hill

Salve avventori!
Quello che vi propongo oggi è l'incipit di un libro che ho terminato da poco, ovvero "The woman in black".
Ero indecisa se postare l'incipit o un estratto, la verità è che questo libro è scritto così bene che avrei voluto postarlo tutto *-*
Suggestivo ed emozionante. 
Susan Hill, lo potete notare sin da queste poche righe, attraverso le parole ci fa sentire i profumi, percepire gli spazi, entrare nell'atmosfera del suo racconto.
Mi sono riconosciuta tantissimo con l'amore del protagonista per gli odori e i profumi che caratterizzano le varie stagioni: annusare l'aria difatti è una cosa che faccio sempre XD
Poi con l'andare avanti del libro mi sono riconosciuta in molti altri comportamenti e reazioni del protagonista, ma ve ne parlerò meglio nella recensione.
Ora immergetevi nella fredda notte di Monk's Piece e lasciatevi trasportare dalla poesia di queste parole.

“Erano le ventuno e trenta della Vigilia di Natale. 
Mentre attraversavo la lunga anticamera di Monk's Piece proveniente dalla sala da pranzo, dove avevamo appena gustato il primo dei gioiosi pranzi festivi, e diretto al salotto, dove la mia famiglia era ora riunita intorno al caminetto, mi fermai e, come faccio spesso la sera, andai al portone d'ingresso, lo aprii e uscii. 
Mi è sempre piaciuto respirare a fondo l'aria della sera, sentirne l'odore, sia quando è dolcemente profumata e balsamica per via dei fiori di mezza estate, sia quando è resa pungente dall'odore dei falò e delle foglie ammuffite in autunno, o fredda e tagliente per il gelo e la neve. Mi piace guardare il cielo sopra la mia testa, che sia illuminato dalla luna e dalle stelle o totalmente nero, e fissare lo sguardo nell'oscurità; mi piace ascoltare i versi delle creature notturne e il gemito del vento che si alza e si placa o il ticchettio della pioggia sugli alberi del frutteto; godo nel sentirmi accarezzare dalla brezza che sale verso la collina dai piatti pascoli della valle attraversata dal fiume.”

giovedì 26 giugno 2014

Recensione: "La straordinaria invenzione di Hugo Cabret" di Brian Selznick

Titolo: La straordinaria invenzione di Hugo Cabret
Titolo originale: The Invention of Hugo Cabret
Autore: Brian Selznick
Editore: Mondadori
Data di Pubblicazione:  11 Ottobre 2011
Pagine: 592
Prezzo: 16,00 €
Trama:
La luna, le luci di una città, una stazione affollata, due occhi spaventati. Le immagini a carboncino scorrono come in un cinema di carta fino a inquadrare il volto di Hugo Cabret, l'orfano che vive nella stazione di Parigi. Nel suo nascondiglio segreto, Hugo coltiva il sogno di diventare un grande illusionista e di portare a termine una missione: riparare l'automa prodigioso che il padre gli ha lasciato prima di morire. Ma, sorpreso a rubare nella bottega di un giocattolaio, Hugo si vedrà sottrarre il prezioso taccuino regalatogli dal padre, in cui questi aveva pazientemente annotato le istruzioni per riportare in vita l'automa. 
Nel mentre Hugo si imbatterà in Isabelle, una ragazza che lo aiuterà a risolvere un affascinante mistero in cui identità segrete verranno svelate e un grande, dimenticato maestro del cinema tornerà in vita.

Recensione:
Come dice la stessa copertina (che personalmente non ho trovato particolarmente bella, soprattutto se paragonata alle bellissime illustrazioni interne e al retro che è decisamente più bello del fronte) questo è un libro in cui sono le immagini ad illustrare le parole anziché viceversa.
Leggendolo si ha come l'impressione (ed è proprio questa l'illusione che immagino abbia voluto dare lo scrittore) di essere davanti ad una vecchia cinepresa e vedere scorrere, davanti ai nostri occhi, una serie di diapositive, a voler formare una sorta di film.
Centocinquantotto illustrazioni a matita e carboncino impressionate tra le pagine, come se fossero attimi catturati da una lunga pellicola.
Riusciamo non solo ad immaginare la storia, come sempre si fa quando si legge un libro, ma a osservarla svilupparsi di fronte ai nostri occhi.
Siamo spettatori, e questa è un'illusione magistrale in una storia che ha come protagonista il cinema.


Nei ringraziamenti a fine libro scopriamo che il sogno dell'autore era da sempre stato quello di scrivere un libro sul cineasta e illusionista Georges Méliès.

“Ho atteso a lungo di scrivere una storia su Georges Méliès, ma questa storia ha iniziato a prendere davvero forma solo quando ho letto un libro intitolato Edison's Eve: A Magical History of the Quest for Mechanical Life di Gaby Wood. 
Il libro parlava della collezione di automi di Méliès, che fu donata a un museo, dove venne dimenticata in una soffitta umida per essere infine buttata via. 
Ho immaginato un ragazzo che trovava le macchine nella spazzatura e in quel momento sono nati Hugo e questa storia.”

Il personaggio di Hugo Cabret nasce dunque come pretesto per raccontare una sua grande passione.
Attraverso questo ragazzino e il suo desiderio di rendere fede ad una promessa del padre, scopriamo la storia e la vita del cinema e di uno dei suoi più grandi protagonisti.
Ma questa è anche una storia fatta di sentimenti, leggiamo l'amore di Hugo per suo padre e per il mestiere che egli gli ha insegnato, assieme alla passione per il cinema che entrambi avevano in comune.

“L'idea di andare al cinema fece tornare in mente a Hugo una cosa che gli aveva detto il padre, su quando ci era andato da bambino e i film erano ancora una novità. Il padre di Hugo era entrato in una sala buia e aveva visto su uno schermo bianco un razzo che volava dritto in un occhio della luna. Gli aveva detto di non avere mai provato una cosa del genere. Era stato come vedere un sogno in pieno giorno.”

Leggiamo la diffidenza di questo ragazzino che non si fida di nessuno all'infuori di se stesso e di quel taccuino, unico ricordo di suo padre, che di tanto in tanto accarezza, quasi per voler trovare, in quell'oggetto inanimato, un appoggio e una sicurezza.
Leggiamo di un'amicizia, timida inizialmente, fatta di sospetto e di segreti, di cose taciute e omesse, comportamento dovuto soprattutto alla diffidenza che contraddistingue Hugo.
Leggiamo della delusione di un sogno andato in frantumi.
Méliès ha chiuso il suo passato fatto di cineprese, costumi di scena e pellicole, in casse chiuse a chiave in enormi armadi di legno e nei cassetti, ancora più inespugnabili, della memoria, deciso a lasciare quel tempo alle spalle e a tornare nell'anonimato del suo chiosco di giochi.
Leggiamo infine della speranza: di come Hugo con la sua ostinazione, che lo vuole veder risolvere a tutti i costi il mistero dell'automa, riesce a riportare il sogno del cinema nella mente del suo creatore, e a trovare finalmente il suo posto nel mondo.

“Mi piace immaginare che il mondo sia un unico grande meccanismo. Sai, le macchine non hanno pezzi in più. Hanno esattamente il numero e il tipo di pezzi che servono. Cosi io penso che se il mondo è una grande macchina, io devo essere qui per qualche motivo. E anche tu”

Il libro ci lascia con un'ultima illusione, quella che sia stato un automa, costruito da un ormai adulto Hugo Cabret, a scrivere la storia che abbiamo letto.

Considerazioni:
Ho visto il film tratto da questo racconto, se non erro, un paio d'anni fa, quindi, quando mi sono approcciata a questo libro, conoscevo già la storia, e seppur non ricordando benissimo il film nei particolari, la trama nella mia testa era ben delineata.
Quello che più mi ha colpito del libro, sono state le bellissime illustrazioni, sfogliare le pagine è stato un po' come vedere un vecchio film fatto di fotogrammi in successione.
I disegni hanno sicuramente aggiunto moltissimo alla narrazione, e hanno in un certo senso rivoluzionato il concetto del libro, ampliandolo, in modo da non essere soltanto qualcosa da leggere e immaginare, ma anche qualcosa da vedere.
Per quanto riguarda la storia in sé, come ho già detto, non ricordo bene il film, ma da quello che mi è rimasto, posso dire di ricordarlo un po' più incentrato sul lato sentimentale della storia.
Viene data più importanza al rapporto padre e figlio, la perdita della figura paterna da parte di Hugo è vissuta con maggior strazio e sofferenza.
Vari aspetti nelle reazioni, e nei comportamenti del ragazzino le ho trovate più convincenti e più verosimili nella versione in pellicola.
Anche la storia del cinematografo Georges Méliès, nel film, acquista corposità in quanto possiamo vedere pezzi delle sue pellicole, i suoi schizzi, le scenografie ecc.
Un libro sul cinema che, forse proprio per questo, acquista più valore nella versione cinematografica che in quella cartacea.
Tornando all'affascinante figura di Georges Méliès, non è la prima volta che leggo di lui in un libro, l'uomo infatti è uno dei protagonisti de "La meccanica del cuore" di Mathias Malzieu e già in quella recensione, se lo ricordate, avevo accennato a questo film (allora potevo fare il paragone solo con il film poiché il libro non l'avevo ancora letto).
Le storie effettivamente hanno più di un punto in comune: oltre al personaggio di Méliès, in entrambe, il protagonista è un ragazzino che ha a che fare con gli orologi, qui Hugo è un orologiaio, nel racconto di  Malzieu, Jack ha un orologio a cucù collegato al cuore, senza il quale non potrebbe vivere.
Probabilmente entrambi gli autori sono grandi conoscitori e sostenitori del lavoro dell'illusionista e cineasta, e hanno voluto rendergli omaggio tramite le loro opere, così uno ha riportato in vita un suo vecchio automa dimenticato, illustrandocene le doti e le capacità, l'altro ci ha fatto sognare attraverso un bambino dal cuore automatizzato a cui, lo stesso Méliès, cerca in ogni modo di ridare la vita.

il mio voto per questo libro

mercoledì 25 giugno 2014

Waiting for #4

Rieccoci con la rubrica "Waiting for", con la quale vi segnaliamo le prossime uscite, o quei titoli che non vediamo l'ora di avere nella nostra libreria!


Come sapete non molto tempo fa ho letto uno dei libri, forse il più famoso, di Fannie Flagg, "Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop", un romanzo che ho letteralmente adorato *-*
Con mia grande sorpresa ho scoperto che, proprio pochi giorni fa, la casa editrice Rizzoli ha pubblicato l'ultimo lavoro della scrittrice statunitense, "Voli acrobatici e pattini a rotelle a Wink's Phillips Station".
Pubblicato per la prima volta in America nel novembre 2013, dalla casa editrice Random House, con il titolo "The all-girl filling station's last reunion", è finalmente giunto anche da noi!
Questo libro, come altri in precedenza della stessa autrice, ci propone un vero e proprio viaggio nel tempo e nello spazio: dall'amata Alabama, da sempre protagonista delle storie della Flagg, sino all'assolata California.
E ritroviamo di nuovo una storia tutta al femminile, con la vivace pompa di benzina, gestita da sole ragazze.


Titolo: Voli acrobatici e pattini a rotelle a Wink's Phillips Station
Autore: Fannie Flagg
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 18 giugno 2014
Pagine: 396
Prezzo: 18,50 €


Trama:

La signora Sookie Poole di Point Clear, Alabama, ha appena accompagnato all’altare l’ultima delle sue figlie e si prepara a godersi un po’ di meritato riposo. Certo, c’è ancora l’anziana madre Lenore Simmons Krackenberry, con qualche momento di follia di troppo, da dover gestire, ma la vita sembra finalmente in discesa. 
Finché, un giorno, Sookie viene inaspettatamente a sapere qualcosa che mette in discussione tutto ciò che pensava di conoscere di se stessa, della sua famiglia e del suo futuro. Inizia così un viaggio di scoperta che la porta in California, nel Midwest, e persino indietro nel tempo, precisamente negli anni Quaranta, quando un’irrefrenabile donna di nome Fritzi rileva assieme alle sorelle la stazione di servizio del padre. La pompa di benzina gestita da sole ragazze, per di più in pattini a rotelle, riscuote un tale successo che i camionisti cominciano a modificare i loro itinerari pur di fermarsi alla leggendaria Wink’s Phillips 66. 
Ma questa sarà solo la prima di molte avventure in cui Fritzi, spirito libero e anticonformista, si getterà a capofitto nel corso della sua vita. E che insegneranno a Sookie che non è mai tardi per rompere gli schemi e reinventarsi davvero. 
Tra colpi di scena, risate e qualche lacrima, Fannie Flagg, con "Voli acrobatici e pattini a rotelle a Wink’s Phillips Station", ci regala una storia indimenticabile, capace di snodarsi tra i decenni e le generazioni. Dove la realtà, pagina dopo pagina, segreto dopo segreto, si ridisegna nelle forme più inaspettate.

Trovo che la copertina sia carinissima, anche se non posso non provare una certa nostalgia per le inimitabili cover vintage, che da sempre caratterizzano i libri della Flagg.
Come è ovvio, questo romanzo finisce subito in wishlist!
E voi, cosa state aspettando?

lunedì 23 giugno 2014

Recensione: "Hollow City. Il ritorno dei bambini speciali di Miss Peregrine" di Ransom Riggs

Titolo: Hollow City. Il ritorno dei bambini speciali di Miss Peregrine
Titolo originale: Hollow City
Autore: Ransom Riggs
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 4 Giugno 2014
Pagine: 432
Prezzo: Cartaceo 19,00€;

Trama:
Avevamo lasciato i nostri bambini speciali su tre barche, mentre abbandonavano per sempre l'isola di Cairnholm, vedendola scomparire, remata dopo remata.
Spaventatati, sfiniti da una notte di battaglia, con una Miss Peregrine ferita che si trova nell'impossibilità di riprendere le sue sembianze umane, Jacob e gli altri bambini sono costretti a vedersela da soli e a difendersi da coloro che minacciano di distruggerli e impadronirsi della loro essenza speciale.
I ragazzi dopo anni vissuti in un eterno presente, sono obbligati ad abbandonare la certezza dell'ineluttabilità delle giornate e ad andare incontro al mondo reale, fatto di incognite e di orrori.

Recensione:
Hollow City è l'attesissimo seguito della saga scritta dalla fantasia di Ransom Riggs, che già aveva incantato e conquistato con il suo primo capitolo "La casa per bambini speciali di Miss Peregrine".
Riggs ha costruito una storia avvincente, complessa e impreziosita da personaggi molto affascinanti, che ha reso vivi nella nostra immaginazione grazie alle immancabili, e sempre inquietanti, fotografie d'epoca della sua vasta collezione (un esempio fra tutte, quella in copertina).
Le vicissitudini che accompagnano i bambini sono varie e assai fantasiose, li vediamo spostarsi da un anello temporale all'altro, affrontare diverse volte i loro nemici, incontrare nuovi bambini speciali nascosti per il mondo e nel tempo.
Un racconto che, a differenza del capitolo precedente, migliora con il proseguire delle pagine, nonostante all'inizio dia come la fastidiosa impressione che sia stato costruito, più sulle fotografie in possesso dello scrittore, che su una sua precisa idea di voler dirigere il racconto in una determinata direzione.
Quindi, soprattutto nei primi capitoli, si ha la sensazione che le vicende narrate siano solo un modo per voler a tutti i costi inserire determinati scatti nella storia.
Tuttavia l'ispirazione da qualche parte deve pur venire, e se Riggs ha trovato la sua in alcune curiose fotografie perché dargliene una colpa?
Perciò messi da parte i pregiudizi iniziali, è facile lasciarsi coinvolgere nel viaggio di questi bambini, è facile soffrire con loro e affezionarsi a ciascuno dei protagonisti.
Difficile è riuscire a capacitarsi di tutta la situazione, ma nei racconti di fantascienza, quando si ha a che fare con il difficile tema dei viaggi temporali, e con i vari paradossi che ne conseguono, farsi domande e pretendere chiarimenti è umano e normale.
Altrettanto difficile è stato dire addio ad alcuni personaggi e dover ancora aspettare per conoscere il seguito della storia T__T
Ebbene si, perché la saga dei bambini speciali non si conclude con questo libro, ce ne sarà ancora un altro, probabilmente l'ultimo capitolo, e purtroppo amiche mie ci toccherà aspettare ancora tanto per conoscere la conclusione di quest'avventura ;__;

Considerazioni:
Una volta messa da parte la speranza, o meglio forse dire "l'illusione", che questa saga (perché di questo si tratta), potesse riprendere i toni e le atmosfere che aveva avuto il suo prequel nei primi capitoli, ci si può godere finalmente questo libro.
Quel mistero e quel desiderio di conoscere, che ci aveva catapultati in un horror psicologico molto avvincente, corredato da una raccolta di foto a dir poco angoscianti, ha lasciato il posto ad un racconto di fantascienza, fatto di viaggi nel tempo e di creature mostruose.
Accettato questo presupposto, che nel libro precedente mi aveva abbastanza deluso, ho iniziato la lettura di questo seguito, sperando in meglio, ma preparandomi al peggio.
Temevo infatti una delusione ancora peggiore, ma per fortuna questa volta è andata bene.
Il libro mi ha coinvolto sempre più con il proseguire delle pagine, ho adorato i nuovi personaggi inseriti nella storia, speciali e non, e fatto un plauso alla fantasia dell'autore.
Non è facile riuscire a barcamenarsi nel labirinto dei viaggi temporali senza perdersi in mille domande e interrogativi, e personalmente non riesco a vedere un film sull'argomento senza far impazzire chi lo vede insieme a me, tempestandolo con i miei dubbi.
E in questo caso alcune delle domande sarebbero state: "ma come è possibile che i protagonisti possano viaggiare in un passato dove ancora non esistevano e invece gli sia impossibile viaggiare in un futuro dove non esisteranno?" o ancora: "Perché i bambini speciali dell'anello del 1800 possono viaggiare in quello del 1940 senza invecchiare?" e così via...
E non vado oltre perché ci sarebbe davvero da impazzire, su certe cose è più semplice non farsi domande XD
La storia finisce con un bel colpo di scena (che io però avevo intuito U_U) che ci fa capire che la strada per la soluzione di tutta la faccenda è ancora molto, molto lunga :(
E ora non ci resta che aspettare...

il mio voto per questo libro

venerdì 20 giugno 2014

Intervista a Sofia Domino, autrice del romanzo "Quando dal cielo cadevano le stelle"

Salve avventori!
Oggi il Café Littéraire ha il piacere di intervistare per voi Sofia Domino, talentuosa autrice emergente italiana.
Sofia ha esordito con il suo primo libro lo scorso gennaio: "Quando dal cielo cadevano le stelle", un romanzo autopubblicato, in cui ci narra lo straziante tema dello sterminio ebreo.
Da poco ha pubblicato il suo secondo lavoro “Come lacrime nella pioggia”, dove ancora una volta, attraverso il racconto di un'amicizia tra due ragazze di culture diverse, affronta un altro tema importante.
Una scrittrice profonda, seria e piena di sorprese, ma scopriamola insieme...


♥ Ciao Sofia!
Grazie per avermi concesso quest'intervista!
Ho avuto modo di leggere il tuo romanzo d'esordio "Quando dal cielo cadevano le stelle" e volevo farti i miei più sinceri complimenti, dal momento che, come primo lavoro, hai scelto un tema tutt'altro che leggero.
Hai deciso di raccontarci, attraverso le speranze, le paure e i sogni della giovane ebrea Lia Urovitz, quella che possiamo definire la fase più buia della nostra storia.
Il nazismo e le leggi razziali, la persecuzione ebraica e i campi di concentramento, lo sterminio di migliaia di innocenti, sono questi i temi che affronti nel tuo romanzo.
Com'è nata l'idea di questa storia e perché la scelta di un argomento tanto drammatico?

Grazie a te per avermi ospitato nel tuo blog e per tutto lo spazio che stai dando ai miei romanzi! Naturalmente, grazie di cuore anche per tutti i tuoi complimenti.
L’idea per “Quando dal cielo cadevano le stelle” è nata in maniera molto naturale. Voglio dare una voce a chi non ne ha una, e ho sempre voluto parlare della Shoah e del nazismo. La mia occasione per parlarne è arrivata quando, un giorno, vidi un manifesto teatrale intitolato “I bambini della Shoah”. Provai un brivido e capii che non potevo far finta di niente. Era arrivato anche per me il momento di dare voce alle vittime del nazismo, di avere “la mia bambina della Shoah”.
Scrivere romanzi drammatici per me è molto bello, perché raggiungo un livello emotivo che, altrimenti, non avrei mai neanche sfiorato.
Prima di scrivere “Quando dal cielo cadevano le stelle” mi sono chiesta: che cosa significava essere ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale? Che cosa significava essere tagliati fuori dal mondo, essere costretti a rifugiarsi, a vivere nella paura delle bombe e della deportazione? Che cosa significava vedersi portare via da tutto e tutti?
Scrivere “Quando dal cielo cadevano le stelle” è stato molto toccante, perché prima di stendere il testo ho svolto numerosi appunti e altrettante ricerche. 
Ricordo che, quando vivevo a Londra, andai a visitare il Museo Imperiale della Guerra. Rimasi a lungo nell'area dedicata all'Olocausto a guardare le fotografie d’innocenti che non ce l’avevano fatta, ad ascoltare le loro testimonianze e a guardare le varie riproduzioni. Ricordo anche che, dietro a una vetrata, sono state esposte le divise delle SS, centinaia di scarpe dei prigionieri gettate a casaccio e le inconfondibili casacche a strisce dei prigionieri. Semplicemente, non potevo rimanere indifferente davanti a tutto questo.
Che cosa significava non avere nessuna colpa apparente, eppure essere giudicata sbagliata solo perché ebrea? Quanto peso aveva quella semplice, terribile parola durante il nazismo?
Con “Quando dal cielo cadevano le stelle” non mi soffermo solo sull'agonia e la speranza di una famiglia di ebrei costretti a nascondersi dal nemico, ma mostro anche la famosa alba del 16 ottobre 1943, quando il ghetto ebraico di Roma fu rastrellato dalla Gestapo. 
Lia viene catturata con la sua famiglia, in un primo momento viene rinchiusa nel Collegio Militare di Roma, per poi essere stipata in un carro bestiame. Destinazione Auschwitz.
Ma che cos'è Auschwitz? Quasi nessuno durante la Seconda Guerra Mondiale sapeva che cosa fosse. Si dice sia un campo di lavoro…
Il mio romanzo non si ferma, e assieme a Lia ci ritroviamo dietro il filo spinato di Auschwitz – Birkenau. Nonostante la violenza e la crudezza di alcune scene, ho voluto mostrare le numerose punizioni nei vari campi di concentramento, il freddo, la fame, la paura, la neve, la morte… Se non lo avessi fatto, o se avessi sminuito il tutto, non avrei mai dato giustizia a tutte le vittime del nazismo.
Nonostante tali atrocità, anche nelle situazioni più disperate, Lia non smette di credere, di sognare, di sperare. Di sperare di tornare a essere qualcuno, e non solo un numero. Di sperare di tornare a casa. Di riabbracciare la sua famiglia.
Di sperare che le stelle non cadano più dal cielo per essere cucite sulle vesti degli ebrei e sulle casacche a strisce dei deportati.
“Quando dal cielo cadevano le stelle” non parla della morte, ma è un inno alla vita. A quella vita che Lia adora. 
Concludo questa risposta con una frase che Lia non si stanca mai di ripetere: “La vita è meravigliosa, non smettiamo mai di amarla”.


♥ Mentre leggevo il tuo libro non potevo fare a meno di pensare a tutto il lavoro di ricerca storica che c'è dietro.
Come ti sei preparata per questo tuo lavoro? E quanto tempo ti ha vista impegnata?

Prima di scrivere “Quando dal cielo cadevano le stelle” c’è stato un lungo lavoro di ricerche. Nonostante la voglia e l’impazienza, non avrei mai cominciato a scrivere il romanzo senza essere sicura di quello che avrei messo su carta. Volevo rendere il tutto più realistico possibile, e per farlo, dovevo conoscere gran parte dello stile di vita degli italiani durante la Seconda Guerra Mondiale. 
Ho letto numerose testimonianze, sia di persone che parlavano dell’arrivo delle leggi razziali sia di famiglie ebree che avevano trovato rifugio da dei protettori, oppure in dei monasteri. Lo stesso vale per il modo di essere dei personaggi, principalmente di Lia. Volevo che lei potesse rimanere il più fedele possibile ai suoi coetanei durante la Seconda Guerra Mondiale. Quindi delle volte i suoi modi di parlare e di reagire, sono proprio presi da testimonianze.
I personaggi di “Quando dal cielo cadevano le stelle” sono frutto della mia immaginazione (tranne quando nel romanzo incontriamo figure come il dottor Josef Mengele), e anche se i vari rapporti sono usciti dalla mia fantasia, ogni vicenda storica che i personaggi vivono è realmente accaduta. 
Dal crollo del fascismo all'occupazione tedesca, dalla richiesta dei tedeschi di ottenere 56 chili d’oro in 36 ore al rastrellamento del ghetto ebraico di Roma del 16 ottobre 1943. Per poter scrivere di tali vicende, ho avuto bisogno di svolgere numerose ricerche.
Lo stesso vale per la deportazione di Lia e la sua famiglia nel campo di concentramento di Auschwitz e delle successive marce della morte. Ho letto numerose testimonianze di persone rinchiuse nel Collegio Militare di Roma per poi essere stipate in un carro bestiame… inoltre, possedevo vari libri in cui erano disegnate le mappe dei vari campi di concentramento con le varie informazioni storiche…
Insomma, raccogliere informazioni e leggere testimonianze che avrebbero potuto arricchire il mio romanzo è stato un processo molto lungo, un processo che, però, ha molto soddisfatto. Inoltre, ho arricchito il testo con delle note a piè di pagina per aiutare i lettori con i passaggi storici.


♥ In contemporanea con il tuo, lo scorso gennaio, in occasione della giornata della memoria, è uscito anche il primo libro di tua sorella Rebecca "La mia amica ebrea" che, come il tuo, anche se attraverso una storia diversa, affronta il tema dell'antisemitismo.
Come mai avete scelto di dedicarvi alla stessa tematica?
Vi siete aiutate e confrontate o avete letto il lavoro dell'altra solo a fine stesura, per evitare di influenzarvi?

Sono molto contenta di aver pubblicato “Quando dal cielo cadevano le stelle” lo stesso giorno in cui mia sorella Rebecca ha pubblicato il suo libro “La mia amica ebrea” perché, anche se i libri possono essere letti separatamente, credo che leggendoli entrambi i lettori possano comprendere molti più aspetti (in “La mia amica ebrea”, infatti, la protagonista non è ebrea, ma ariana).
Per quanto riguarda la stesura dei romanzi, io ho scritto per prima “Quando dal cielo cadevano le stelle”, e solo in un secondo momento Rebecca ha deciso di scrivere anche lei un libro sull'antisemitismo. Entrambi i romanzi sono stati pensati per noi, infatti, non volevamo pubblicarli, quindi l’una non aveva mai letto il romanzo dell’altra prima di decidere di renderli disponibili per il pubblico e di passare alle varie fasi di editing. In questo modo, fortunatamente, non c’è stato il rischio d’influenzarci a vicenda.
Quando abbiamo deciso di pubblicare qualcosa, e ci siamo rese conto che due dei nostri romanzi toccavano lo stesso tema (anche se da due punti di vista diversi), abbiamo deciso di farli uscire lo stesso giorno, e non un giorno qualsiasi, ma il 27 gennaio, il Giorno della Memoria, il giorno in cui i cancelli di Auschwitz furono abbattuti. 
Nonostante il mio libro sia uscito il 27 gennaio, credo fermamente che non dobbiamo mai dimenticare queste atrocità, anche se non ci troviamo nel Giorno della Memoria. Sono molto contenta, infatti, di parlare anche oggi di tutte le vittime del nazismo. Per non dimenticare.


♥ Tornando a te e al tuo lavoro, ci hai raccontato la storia delle persecuzioni ebraiche attraverso gli occhi e le emozioni di una famiglia, gli Urovitz, e di alcuni loro conoscenti e amici.
Ogni singolo componente della famiglia, dalla nonna Myriam al piccolo Chalom, ci ha regalato qualcosa, chi un po' di saggezza, chi un po' di speranza, chi la fragilità di essere adulti senza sapere come proteggere i propri figli, e chi un po' di spensieratezza.
Mentre scrivevi i primi capitoli avevi già deciso il destino di ognuno di loro? Hai mai cambiato idea? E quanto è stato difficile per te, dire man mano, addio ad alcuni di loro?

Sono molto legata a Lia, ma anche a tutti gli altri personaggi di “Quando dal cielo cadevano le stelle”, perché ho avuto modo di conoscere ognuno di loro. Prima di scrivere il romanzo avevo deciso alcuni lati dei personaggi, ma onestamente è stato con il tempo che ogni caratteristica si è definita. Lo stesso vale per Lia, all'inizio non credevo fosse così ottimista e speranzosa, ma quando ho scoperto questo suo lato meraviglioso, non l’ho fermata.
Sapevo che cosa sarebbe accaduto a quasi tutti i miei personaggi, ma alcune volte non sapevo se, alla fine, avrei cambiato qualcosa, e neanche quando sarebbe successo quel qualcosa. La vita durante la guerra era talmente preziosa che non volevo avere tutto programmato. In questo modo, anche per i miei personaggi è stato tutto più crudo, più ingiusto, più doloroso.
Altre volte, invece, nei miei appunti avevo deciso quando sarebbe successa una determinata cosa. Prima di arrivare in quel punto, però, i miei personaggi avevano vissuto tutt'altro, erano concentrati su tutt'altro. Esperienze belle o brutte… Poi posavo la mia attenzione sui miei appunti e scoprivo che cosa sarebbe successo dopo.
Nonostante delle volte i miei personaggi volessero cancellare dei determinati passaggi, non ho cambiato mai niente.
Il destino di Myriam non era certo, mentre sapevo che cosa sarebbe successo a Lia. Per quanto riguarda i personaggi che, assieme a Lia, sono rinchiusi ad Auschwitz – Birkenau, sapevo chi sarebbe riuscito a farcela e chi no. Sapevo chi avrebbe passato la selezione e chi no.
Separarsi dai miei personaggi è stato triste e doloroso, perché per me ormai fanno tutti parte della mia famiglia. Nonostante la tristezza, però, sapevo che solo dicendo addio ad alcuni di loro, avrei mostrato che il nazismo non risparmiava nessuno. Che tutti potevano morire.
Senza una motivazione accettabile.


♥ Il tuo secondo libro "Come lacrime nella pioggia" ti vede affrontare ancora una volta una tematica importante.
Ci racconti di un'amicizia tra una ragazza newyorkese, Sarah, e Asha, una ragazza indiana, un pretesto questo per parlare della condizione difficile che vivono le donne in India. Cosa puoi dirci di questo tuo lavoro? Come mai la scelta di questa tematica?

La mia decisione di scrivere “Come lacrime nella pioggia” è nata in maniera molto spontanea. 
Non era qualcosa di programmato, un qualcosa che sapevo che, prima o poi, avrei fatto. Ricordo che un giorno qualunque stavo navigando su Internet. Ogni piccola cosa per me è una fonte d’ispirazione e quando m’imbattei in alcune fotografie che ritraevano delle donne indiane scese in strada a manifestare, ho provato subito un forte interesse per quelle immagini. Nonostante la paura, negli occhi di quelle donne albergava la forza, la determinazione, la speranza. Mi piacciono le donne forti e indipendenti, quindi mi sono chiesta: “Per che cosa stanno manifestando”? Scoprii che quelle donne stavano manifestando contro gli ultimi stupri che avevano colpito delle ragazze innocenti e anche delle bambine.
Ho sempre trovato l’India un Paese affascinante e misterioso, ma quel giorno capii che c’era dell’altro. Cosa? Dovevo solo scoprirlo.
E così mi misi al lavoro, cominciai a leggere varie testimonianze di ragazze allontanate dalla scuola, picchiate, vendute, rapite… che però volevano dire basta. Eppure, queste ragazze sono nascoste, sono definite “silenziose”.
Si stima che ogni venti minuti in India una donna sia violentata.
Non potevo rimanere indifferente davanti a tutto questo, e sapere che la vita di numerose donne in India è ancora infernale, mi ha fatto sentire ancora più legata a “Come lacrime nella pioggia”.
Ho scritto un romanzo, e non una testimonianza. 
I personaggi sono frutto della mia immaginazione e trovo molto bella l’amicizia che s’instaura tra Sarah e Asha, un’amicizia che non ha limiti. Le situazioni che vive Asha, però, sono state prese da alcune testimonianze.
“Come lacrime nella pioggia” mostra le condizioni di vita delle donne indiane, il potere degli uomini e la forza di una vera amicizia.
Perché Sarah farà di tutto per aiutare Asha, venduta in sposa dal padre.
Niente è mai come sembra, e Sarah e Asha non sospettano che gli uomini dell’India hanno stilato un piano contro di loro.
Un piano che cambierà ogni cosa.

Ho reso “Come lacrime nella pioggia” leggibile GRATUITAMENTE (per riceverlo, basta inviarmi un’e-mail all’indirizzo sofiaromanzo@yahoo.it e lo riceverete immediatamente in versione integrale).
In questo modo incoraggio i lettori a firmare una petizione che ho lanciato su Change.org in difesa delle donne dell’India, e che ho indirizzato al governo indiano. Firmare la petizione è veloce e gratuito.
Change.org è una piattaforma online gratuita di campagne sociali, e una volta che la mia petizione avrà raggiunto un elevato numero di firme, allora contatterò di nuovo il governo indiano, o chiunque possa aiutarmi, per migliorare le condizioni di vita delle donne dell’India.
Per crescere, però, la mia petizione ha bisogno anche della tua firma. Grazie!
Puoi trovare la petizione Qui
Inoltre, incoraggio i lettori a donare (anche una somma piccolissima) ad Amnesty International, che da cinquant’anni si occupa della difesa dei diritti umani.
Credo fermamente che ognuno di noi meriti di essere difeso e protetto, e il lavoro di Amnesty è impressionante.
Amnesty International vive solo grazie al supporto economico dei loro soci e sostenitori: per rimanere imparziale e indipendente, infatti, non accetta soldi dai governi. Anche le imprese e le istituzioni economiche possono contribuire attivamente. 
Sostenerli vuol dire difendere i diritti e le libertà fondamentali di ogni essere umano.
Chiunque può sostenere Amnesty, una famiglia, un privato, un'associazione e anche uno studente!
Sostenere Amnesty International è semplicissimo e sicuro: puoi farlo versando una delle quote associative o una quota libera! Qui il link.
Oppure puoi attivarti con Amnesty contattando il Gruppo Locale o l’ufficio regionale della tua zona. Puoi partecipare alle manifestazioni di Amnesty, firmare gli appelli dell’associazione, iscriverti alla Newsletter per tenerti aggiornata o fare shopping acquistando gli articoli a marchio Amnesty International, prodotti dal commercio equo e solidale! Qui il link.
Grazie a nome mio e a nome di tutte le donne dell’India!


♥ Ora parliamo un po' di te, quali sono le tue passioni oltre alla scrittura? E com'è nato l'interesse per quest'ultima?

La scrittura è la mia più grande passione, e tutto è cominciato in modo naturale. Ho scritto i miei primi romanzi all’età di sette anni, e anche se scrivevo storie brevi, ero sempre contenta di sedermi davanti al mio quaderno e di dare sfogo alla mia fantasia. Allo stesso modo, ero contenta quando a scuola avevo modo di scrivere dei lunghi temi. Dal quaderno sono passata alla macchina per scrivere e dalla macchina per scrivere sono passata al computer.
Ammetto che durante l’adolescenza per un periodo avevo accantonato questa mia passione, certa di averne un’altra che, alla fine, però si è rivelata deludente forse perché non si trattava di una vera e propria passione. Adesso, comunque, sono certa che scriverò fino a quando potrò.
Oltre a scrivere adoro leggere, viaggiare, ascoltare della bella musica, vivere nuove esperienze, portare al passo il mio cane e trascorrere il tempo con la mia famiglia, specialmente con Rebecca. Ho così tanto e sono talmente fortunata a vivere in un Paese sicuro che ogni piccola cosa, per me è grande.


♥ Ci sono dei libri o degli autori che hanno influenzato il tuo modo di scrivere o che semplicemente ti hanno fatto capire che scrivere era la cosa che anche tu avresti voluto fare?

Nonostante per me cominciare a scrivere sia stato molto naturale, ho capito che avrei voluto scrivere dei veri e propri libri leggendo i romanzi di Bianca Pitzorno, oppure leggendo “Pollyanna” di Elenor H. Porter.
Solitamente, Bianca Pitzorno scriveva di protagoniste femminili, forti, che vivono tantissime vicende diverse, tantissime emozioni diverse.
Da ragazzina, leggendo i suoi libri, ho capito che anch'io avrei voluto scrivere di personaggi femminili determinati, in vari contesti storici o contemporanei.
“Pollyanna”, invece, è un libro talmente ricco di positività che ho sempre pensato che fosse bello, nonostante la tragicità di alcune possibili vicende, dare comunque dei messaggi ottimisti.
Prima di pubblicare “Quando dal cielo cadevano le stelle” ho scritto molti altri romanzi, per esercitarmi. E questo è quello che consiglio a tutti gli scrittori che vogliono pubblicare un libro. Non affrettate i tempi, esercitatevi, siate convinti dei vostri lavori e non scrivete solo per arricchirvi o per rincorrere la fama.
Scrivete per la gioia di farlo.


♥ Se dovessi chiederti di farmi il nome di un libro che per te rientra tra quelli "da leggere assolutamente" quale titolo mi faresti?

Sicuramente, “Il diario di Anna Frank”. Lessi il suo diario quando ero una ragazzina, e ancora oggi ammiro moltissimo Anna Frank. Sarei molto contenta di incontrarla e di parlare con lei.
Dentro a una ragazzina così giovane c’era molta forza e molto amore per il prossimo, e trovo tutto questo bellissimo.
“Il diario di Anna Frank” non è solo una testimonianza ricca di pensieri e vicende scritte da una ragazzina ebrea durante il nazismo, ma è anche un testo riflessivo, che parla dei rapporti di varie famiglie, che con occhio critico, e allo stesso tempo dolce, si affaccia sul mondo, che ci ricorda la stupidità umana e la bellezza della natura…
Un testo che, secondo me, chi non ha ancora letto dovrebbe leggere e che chi ha letto dovrebbe leggere di nuovo.
Trascrivo qua sotto una frase estratta da “Il diario di Anna Frank”:
“E’ un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell’uomo”.


♥ Ultima domanda, quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Dopo due libri così impegnati, cos'altro dobbiamo aspettarci da te? Hai già in mente altre storie su cui vuoi scrivere? Stai già lavorando a qualcosa?

Sicuramente non smetterò mai di scrivere. Attualmente, sono molto impegnata con la promozione di “Come lacrime nella pioggia”, ma ho già qualche idea in testa per un possibile, terzo romanzo. Non ho ancora avuto modo, però, di capire se la mia idea potrà trasformarsi o no in romanzo. Per prima cosa dovrò vedere se ho materiale a sufficienza per scrivere un libro sul tema che ho in mente.
Inoltre, vorrei tradurre “Come lacrime nella pioggia” in inglese, così da raggiungere altri lettori e così da portare alla luce anche in altri Paesi le condizioni di vita delle donne indiane.
Sicuramente, qualunque cosa farò, terrò aggiornati i miei lettori e tutti i blogger che mi hanno supportato fin dall'inizio.

♥ Ti ringrazio Sofia per la disponibilità!
E ne approfitto per rinnovarti i miei personali complimenti, perché raramente ho visto una giovane scrittrice esordire con temi tanto importanti e metterci l'impegno e la ricerca che ci hai messo tu.
Un grosso in bocca al lupo per la tua carriera! 

Piuttosto, grazie ancora per la tua disponibilità e per avermi ospitato nel tuo blog. Un caro saluto anche ai tuoi lettori!

giovedì 19 giugno 2014

Recensione: "Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop" di Fannie Flagg

Titolo: Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop
Autore: Fannie Flagg
Editore: BUR
Data di pubblicazione: Aprile 2000
Pagine: 363
Prezzo: 10,00 € 

Trama:
Da quando i suoi figli sono andati via di casa, Evelyn si sente persa e inutile. 
Non ha amici, suo marito la ignora, e non trova altra occupazione se non immaginare di morire. 
Mentre teme che nulla possa cambiare, ecco che la vita le riserva una sorpresa: l'incontro con l'anziana signora Ninny Threadgoode, che nel salottino di un ospizio attira la sua attenzione.
Evelyn dapprima restia, comincerà ad apprezzare le chiacchiere della dolce signora. 
Con lei inizierà un inaspettato e nostalgico viaggio nei ricordi.
Grazie a lei conoscerà l'Alabama degli anni Trenta, con i suoi curiosi abitanti.
Attraverso le sue parole giungerà all'accogliente caffè di Idgie e Ruth, dove tutti sono felici e tutto sembra possibile.

Recensione:
Con questo libro Fannie Flagg ci regala un vero e proprio viaggio nel tempo.
Non saprei davvero come altro definirlo. 
Questo romanzo ti trasporta in un'atmosfera magica, in un luogo lontano, in un passato felice che si può solo rimpiangere.
L'autrice è stata abilissima a creare, passo dopo passo, pagina dopo pagina, un bellissimo puzzle, in cui ogni particolare, anche il più insignificante, non fa altro che contribuire al ritratto di questa splendida piccola cittadina.
Dai luoghi (come il caratteristico caffè alla fermata del treno, il salone di bellezza di Opal, la baia di Eva Bates, o ancora i boschi, i binari della ferrovia, o l'ufficio postale in cui Dot Weems ci aggiorna su tutte le novità), ai personaggi (sia i membri della famiglia Threadgoode che coloro che si fermano al caffè): tutti rendono questo luogo così speciale, unico nel suo genere.
Whistle Stop è il riparo per chi non ha un posto dove andare, è il ritrovo di amici e conoscenti, è la casa per Ninny, Idgie, Ruth e la loro calorosa e bizzarra famiglia.

"Chissà che cos'è successo del nostro servizio di piatti per le bambole e del carretto con cui giocavamo sempre. Di sabato attaccavamo una capra al carretto, che papà aveva costruito per noi bambine, e ci sembrava meglio di un viaggio a Parigi. Non mi sorprenderei se mi dicessero che quella vecchia capra è ancora viva. Si chiamava Harry… Harry la capra! Divorava qualunque cosa! " 
Rise. "Una volta Idgie le diede un intero stick di deodorante e Harry lo mangiò come fosse gelato.
Giocavamo con qualunque cosa, ma i Threadgoode erano imbattibili nei travestimenti. Una volta la mamma vestì noi quattro bambine come i quattro semi delle carte e partecipammo a una gara organizzata dalla chiesa. Io ero i bastoni, le gemelle erano i cuori e gli ori ed Essie Rue era le spade, e dietro di noi veniva Idgie, il jolly! Vincemmo il primo premio."

Per Ninny è il ricordo di un passato glorioso, di una vita vissuta appieno, fatta di sofferenze e sacrifici, ma soprattutto di molte gioie. La signora Threadgoode è la tipica persona che vive giorno per giorno, a cui basta poco per essere felice, che è stata molto amata e che tanto ha avuto dalla vita.
Come Evelyn, sente che il mondo di adesso non le appartiene più: tutti o quasi i suoi cari sono andati via, tutto ciò che amava di più è distrutto o dimenticato, rimpiazzato da qualcosa di moderno e commerciale, come le fredde case in cemento o gli anonimi fast food. 
Ma al contrario della più giovane amica, a lei non importa. Lei crede che c'è sempre qualcosa di bello dietro l'angolo, che non bisogna mai darsi per vinti, ma accettare di buon cuore quello che la vita ci dà.
Ninny con la sua saggezza, diventerà ciò di cui Evelyn Couch ha più bisogno.
La loro amicizia sarà terapeutica, una sorta di viaggio catartico, che il lettore compie con i personaggi.

Ultimamente, per allontanare il pensiero della pistola puntata contro la tempia, chiudeva gli occhi e si sforzava di udire la voce della signora Threadgoode. Se respirava profondamente e si concentrava, le sembrava quasi di essere a Whistle Stop. Camminava per la strada e, dopo essere entrata nel salone di bellezza di Opal, le pareva quasi di sentire l'acqua calda che le scorreva sui capelli, per poi diventare tiepida e infine fredda. Dopo essersi fatta pettinare, si fermava a conversare con Dot Weems all'ufficio postale e poi proseguiva fino al Caffè, dove c'erano Stump, Ruth e Idgie. Ordinava il pranzo mentre Wilbur Weems e Grady Kilgore la salutavano con la mano. Sipsey e Onzell le sorridevano e dalla cucina giungeva la voce della radio. Tutti quanti le domandavano come stava, il sole brillava sempre e lei aspettava con fiducia il domani…

Per Evelyn, Ninny sarà una confidente, la sua unica sostenitrice, la spalla su cui piangere e il sorriso che la rincuora.
I loro incontri settimanali, allo stesso tempo teneri e spiritosi, ci aiutano a capire la vita di entrambe.
Se Evelyn ci parla delle sue delusioni, Ninny invece ci ricorda i bei tempi a casa Threadgoode.
Il tutto condito da un susseguirsi di spuntini e gustose prelibatezze.
Più ripercorriamo le vicende di Whistle Stop, più ci sembra di farne parte.
E devo ammettere che di storie Fannie Flagg ce ne racconta davvero tante.
I personaggi sono molto numerosi, di ognuno ci narra passato e presente.
Man mano che proseguiamo nella lettura li vediamo in modo diverso, sempre secondo nuove prospettive.
Così il vagabondo Smokey Lonesome non è più per noi solo un uomo senza fissa dimora, ma il risultato di un'infanzia triste e senza amore, mentre, allo stesso modo, Big George è il figlio voluto, il padre severo ma amorevole, la persona su cui tutti possono contare.
Ciò che gli abitanti di Whistle Stop hanno in comune è il fatto di essere essenzialmente personaggi positivi.
Nonostante i loro errori e difetti, sono l'esempio del buon vicinato e degli amici che vorremmo avere.
Farebbero ogni cosa gli uni per gli altri, perfino mentire, perfino uccidere.
Ebbene sì, per quanto accogliente e ospitale sia questo piccolo quartiere nel sud dell'Alabama, sarà anche il teatro di un efferato omicidio.
Questo è una delle tante sorprese del romanzo. 
Se pensavate di trovarvi di fronte ad un romanzo leggero, senza troppe pretese, sappiate che vi state sbagliando.
Fannie Flagg è riuscita, sapientemente a mio avviso, ad unire racconti vivaci e spiritosi a temi importanti come il razzismo, la violenza sulle donne, il fanatismo religioso e la superstizione, la condizione femminile, la disabilità e l'omosessualità. 
Proprio quest'ultimo sarà uno degli argomenti protagonisti, in quanto Ruth e Idgie sono due donne che si amano.
E da questo punto di vista il romanzo dimostra di essere all'avanguardia, in considerazione del fatto che la relazione tra le proprietarie del caffè è raccontata come se fosse la cosa più normale del mondo, nessuno si stupisce, nessuno le discrimina.
Tutti sostengono il loro legame e la loro famiglia.

Da allora Idgie cominciò a comportarsi come un cucciolo addomesticato. 
Credo che anche Ruth si sentisse sola, quell'estate, e Idgie sapeva farla ridere. Avrebbe fatto qualunque cosa per divertirla. La mamma diceva che, per la prima volta nella vita di Idgie, riusciva a comandarla a bacchetta. Bastava che mandasse Ruth.

Al contrario Fannie Flagg ci riporta i pregiudizi nei confronti delle persone di colore, che negli anni '30 erano purtroppo ancora diffusi, mostrandoci però come l'amicizia tra bianchi e neri possa superare ogni avversità.
In conclusione "Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop" funge da spaccato di vita, in cui si affrontano anche gli argomenti più scottanti o più difficili, con la delicatezza che il caso richiede.
Posso infatti solo lodare lo stile della scrittrice, capace di coinvolgere con il suo modo di raccontare brioso e frizzante, anche sfatando i luoghi comuni, ma soprattutto di commuovere ed emozionare.


Considerazioni:
Quando ho iniziato questo libro pensavo di leggere di un accogliente locale di provincia, gestito da due vecchie signore, tramite il quale avrei conosciuto anche le storie dei molti viandanti, che avrebbero trovato lì ristoro.
Sorvolando il fatto che le proprietarie del caffè non sono affatto in là negli anni, posso dire di non essermi sbagliata.
Il caffè di Whistle Stop è proprio questo. 
E' il locale che tutti noi vorremmo frequentare, con gli amici che vorremmo conoscere.
Ma questo libro è molto di più.
Ha spunti di grande tenerezza, come nei racconti d'infanzia di Ninny, nel passato di Smokey, nei rimpianti di Evelyn.

Pensava di essere pronta ad accettare la necessità di lasciarla morire. Ma nessuno è mai veramente pronto a spegnere la macchina che tiene in vita la propria madre, nonostante quello che credeva di poter pensare prima. Significa spegnere la luce della propria fanciullezza e andarsene, così come si spegne una lampadina prima di uscire da una stanza. Non si sarebbe mai perdonata per non aver trovato il coraggio di tornare in ospedale e restarle vicina. Ancora adesso si svegliava piangendo, straziata dai sensi di colpa, e non c'era modo di rimediare, ormai.

Pagine di estrema dolcezza sono dedicate anche alla storia d'amore tra Ruth e Idgie, che ho letteralmente amato. 
Dolce e premurosa la prima, determinata a coraggiosa la seconda, così diverse eppure così bisognose l'una dell'altra.
E che dire di Idgie, lei è la vera protagonista del libro. 
Con le sue storie inventate di sana pianta, i suoi scherzi, il suo "Club dei cetrioli sottaceto", e il suo celato bisogno d'affetto, non si può non adorarla. 
E' un misto fra Pippi Calzelunghe, Jo di "Piccole donne" e Lorelai Gilmore di "Una mamma per amica". 
Se Ninny è l'amica e la nonna che vorrei avere, per alcuni aspetti Idgie è la donna che vorrei essere.

"A parte gli scherzi, Idgie, non per impicciarmi degli affari tuoi, ma voglio sapere se stai mettendo qualcosa da parte."
"A che scopo?" rispose lei. "Il denaro può ucciderti, lo sai? 
Proprio oggi un tale mi ha raccontato di un suo zio che lavorava alla zecca nazionale nel Kentucky fabbricando soldi per il governo. Aveva un buon stipendio, ed è stato sempre benone finché un giorno ha tirato la leva sbagliata ed è rimasto sepolto e schiacciato da trecentocinquanta chili di decini." 
Ninny era orripilata. 
"Che cosa terribile!" 
Cleo la guardò come se fosse impazzita. "Santo cielo, donna, come fai a credere a quello che esce dalla bocca di mia sorella?" 
"Potrebbe essere successo davvero! Sul serio è stato schiacciato da tutti quei decini, Idgie?" 
"Certo! Erano trecentocinquanta chili di decini o centosettantacinque di quarti di dollaro, non ricordo bene, ma in ogni caso ci è rimasto secco." 
Cleo scosse la testa e rise.

Potrei passare ore a parlarvi di tutti i personaggi, di cosa mi è piaciuto di loro, dei passi che ho apprezzato di più, ma state tranquilli, non lo farò XD
Posso solo dirvi che ogni pagina di questo libro è essenziale, ogni dettaglio è una tessera di un mosaico, una pennellata determinante di questo bellissimo quadro.
Ne è un esempio il bollettino di Dot Weems, la donna che lavora all'ufficio postale, la quale ci informa di ogni cosa: dagli spettacoli in programma, alle battute di caccia, alle giornate di pesca, ai pettegolezzi di turno, fino ai bizzarri eventi che hanno sempre per protagonista, ahimè, il suo povero marito Wilbur.

Bollettino settimanale di Whistle Stop, Alabama 

1 dicembre 1938. 

Nevica a Whistle Stop. 

Che festa! È nevicato! Whistle Stop sembrava il Polo Nord la settimana scorsa. Esiste qualcosa di più bello delle bacche rosse dell'agrifoglio ricoperte di neve? Secondo me no, ma purtroppo qui nevica solo una volta ogni dieci anni. 
La mia dolce metà, che crede di saper guidare in ogni condizione, aveva deciso di portare i suoi vecchi cani da caccia a fare un giro ed è finito in un fosso in First Street. Così per tutto il mese prossimo, fino a quando la nostra auto non sarà riparata, mi vedrete fare l'autostop ogni mattina. 
Sì, la mia dolce metà è quella stessa persona che andò a fare un giro in macchina una volta che grandinava con chicchi grossi come palle da baseball, e ci vollero tre settimane per far sostituire il parabrezza. Ed è la stessa persona che, mentre pescava sul fiume in barca a remi, venne colpita dal fulmine. Quindi la prossima volta che c'è brutto tempo in arrivo e incontrate Wilbur, mandatemelo a casa e io lo chiuderò a chiave nell'armadio. Non vorrei che un uragano se lo portasse via chissà dove… Non avrei più nessuno con cui bisticciare! 
Ho sentito dire che Bill Ferrovia ha svaligiato cinque treni in una sola settimana. Ho incontrato Gladys Kilgore al salone di bellezza e mi ha detto che suo marito Grady, che lavora per le ferrovie, è praticamente impazzito. 
Per finire, se Bill Ferrovia mi sta leggendo, perché non getta da uno di quei treni una macchina nuova, prima che Grady riesca ad arrestarlo? Mi farebbe tanto comodo! 
                                                                                                                                   Dot Weems.

Se la narrazione frammentata e incentrata sui vari personaggi è molto utile per capire tutte le vicende, ha però il difetto di rendere la lettura più difficile e meno chiara.
Il racconto si snoda su due piani temporali: quello in cui vive Evelyn, gli anni '80, e quello in cui nasce il caffè, gli anni '30. 
Man mano che proseguiamo, gli eventi raccontati si avvicinano sempre più al tempo "reale" (quello di Evelyn), arrivando fino agli anni '80. 
Tuttavia gli aneddoti non sono sempre riportati in maniera lineare. Talvolta si passa dagli anni '40 per tornare poi agli anni '30 e viceversa. E' richiesta perciò al lettore grande attenzione.
Tuttavia ciò permette alla scrittrice di anticiparci qualcosa, che ci racconterà solo più tardi, e farci rimanere così con la curiosità (che furbona questa Fannie XD).
Per lo stesso motivo non risulta semplice seguire le storie di tutti i personaggi, disseminate in modo sparso, in capitoli e tempi diversi.
A parte questi piccoli inconvenienti, potrei anche definire "Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop" il libro perfetto, così bello che ti dispiace anche solo l'idea di abbandonarlo.
Già quando ero agli ultimi capitoli, mentre Whistle Stop spariva sotto i miei occhi, mentre tutto volgeva alla fine, ho provato molta nostalgia. 

A ripensarci, mi sembra che dopo la chiusura del Caffè il cuore della città abbia semplicemente cessato di battere. È strano come un posto da nulla come quello riuscisse a tenere unite tante persone. Se non altro ce ne andremo con tanti ricordi, e soprattutto ce ne andremo insieme.

Nostalgia e tristezza che ho provato ancora di più chiudendo il libro.
Perché Whistle Stop è un mondo che ti entra dentro, che ti accompagna, che non vuoi salutare.
Che in un modo o nell'altro rimane con te.


il mio voto per questo libro

martedì 17 giugno 2014

Books Swap #2

Salve avventori cari!
Oggi voglio riproporvi l'idea del "Books Swap" ovvero dello scambio libri, idea a mio parere molto carina e che spero adotterete in tante.
Mi è spiaciuto tanto che la cosa non abbia avuto seguito già dal primo post, perché in questa iniziativa ci credo davvero, quindi eccomi qui a proporvi l'elenco dei libri che metto a mia disposizione per lo Swap.

Poche e semplici le regole:
♥ Inserire nel vostro blog il banner dell'iniziativa (lo trovate alla fine del post)*
 Scegliere la persona con cui effettuare lo scambio
 Scegliere il libro da inviare (in versione cartacea o ebook)
 Inviarlo e riceverne un altro in cambio
 Leggerlo e recensirlo sul vostro blog, indicando che lo avete ricevuto tramite questa iniziativa


Ho scelto di inserire nell'elenco i libri che più ho preferito (in versione digitale)
Ora aspetto di leggere nei vostri blog gli elenchi dei libri che metterete a vostra volta a disposizione (vi raccomando di scegliere libri che avete già letto e che vi sono piaciuti).

Per accedere alla lista andate alla pagina: Book List

Se avete un blog letterario e volete effettuare uno scambio con me, commentate questo post o mandatemi una mail all'indirizzo: contattomuriomu@gmail.com

*Inserire il banner sarà fondamentale perché chi lo vedrà nel vostro blog saprà che siete disponibili allo scambio libri! Quindi non dimenticatelo!!!