giovedì 29 gennaio 2015

I hate this cover #1

Salve avventori! 
Eccoci qui con il primo appuntamento con questa nuova rubrica! 
Dopo I love this cover ci voleva il suo contrapposto. Ebbene si, perché come ci sono tantissime belle cover che ci fanno innamorare, ce ne sono tante altre (probabilmente anche di più, purtroppo) che ci fanno esclamare "ma come diavolo gli è venuto in mente???"
Dell'orrida cover italiana de "La morte delle api" di Lisa O'Donnel vi ho già parlato qui, perciò non ne farò un secondo post, tanto tra tutte quelle che ci sono in giro ho l'imbarazzo della scelta XD
Oggi mi occupo de "Il ragazzo che entrò dalla finestra e si infilò nel mio letto" (che bel titolo vero? -__-") di Kirsty Moseley.



Amber Walker e suo fratello maggiore, Jake, hanno un padre violento. Una notte Liam, il migliore amico di Jake, la vede piangere, si arrampica attraverso la finestra della sua camera da letto ed entra per consolarla. Dopo quella prima sera il rapporto tra Amber e Liam cambia: pian piano l’innocenza e l’amicizia lasciano il posto all’attesa, ai malintesi e alle scintille. Liam passa da una ragazza all’altra, mentre Amber – ancora emotivamente segnata dagli abusi subiti per mano di suo padre – preferisce concentrarsi sulla scuola, la danza e le amiche. Ma tra loro due la passione cresce in fretta e anche se il loro rapporto è da sempre basato sull’amicizia, quando Amber inizia a guardare il suo migliore amico sotto un’altra prospettiva saranno fuochi d’artificio! E come reagirà Jake, da sempre iperprotettivo nei suoi confronti, quando scoprirà che la relazione tra i due sta diventando qualcos'altro


Che dire se non: orrore allo stato puro!
Dal titolo raccapricciante, all'espressione della ragazza in copertina, tutto fa chiedere "perché?"
Devo dire che da sempre la Newton Compton è campione in cover che lasciano senza parole.
Sempre le solite ragazze, dalle espressioni schizofreniche, in primo piano che poco o nulla esprimono della trama del libro. 
Della serie originalità e buon gusto portami via.
Quando mi imbattevo in questa cover ero così ripugnata che non mi ero mai soffermata a leggere la trama del libro, fino ad ora.
Be' anche quella è abbastanza insulsa, la solita storia d'amore tra ragazzi, ma cover e titolo le danno sicuramente il colpo di grazia. Non credete?

martedì 27 gennaio 2015

Recensione: "Walden, ovvero Vita nei boschi" di Henry David Thoreau

Titolo: Walden, ovvero Vita nei boschi
Autore: Henry David Thoreau
Editore: BUR
Data di pubblicazione: 6 Giugno 2012
Pagine: 416
Prezzo: 1,49 € (ebook)

Trama:
Nel luglio 1845 Henry Thoreau, a ventotto anni, lascia la sua città natale e va a vivere sulle rive del lago Walden, in una capanna da lui stesso costruita, e vi rimane oltre due anni. 
Nella quiete dei boschi coltiva il suo orto, legge, osserva gli animali, passeggia nella natura o fino a qualche villaggio vicino, scrive, fa piccoli lavori in casa, nuota. 
Thoreau cerca la libertà immergendosi nei ritmi della natura. 
Walden è il resoconto autobiografico di questo esperimento di vita solitaria, la cronaca quotidiana di un ritorno alla semplicità, una dichiarazione d’indipendenza dalla pochezza morale di una società dedita all’accumulazione di ricchezza. 

Recensione:
Quando ho cominciato questo libro credevo di leggere di un'escursione all'interno della natura, un manuale di sopravvivenza, una storia che illustrasse la perfetta simbiosi che si può instaurare (non con poche difficoltà) tra uomo e natura.
Ed in parte Henry Thoreau ci racconta anche questo, ma solo in parte, purtroppo.
Quello che più si sente in questo libro è il forte desiderio da parte dell'autore di ergersi a paladino della conoscenza, della morale e della giustizia.
Quella che Thoreau scrive è una forte lode a se stesso, alle proprie convinzioni e alla propria cultura.
Il libro inizia con una capitolo condivisibile, riguardante l'economia, il malcostume diffuso di spendere o sperperare il denaro e il tempo, senza occuparsi invece di ciò che è necessario e indispensabile sia al fine della mera sopravvivenza fisica, che di quella intellettuale.
Un capitolo ricco di riflessioni e di pensieri veritieri, ai quali però, chiunque capace di un minimo senso del giudizio arriverebbe, per la serie caro Thoreau smettila di compiacerti e di ergerti a maestro mistico di vita (che non sei), che hai fatto la scoperta dell'acqua calda.
Cinico, facilone, contraddittorio, sempre pronto alla critica verso lo stile di vita altrui e mai verso il proprio, spocchioso fino all'inverosimile.
I capitoli apprezzabili sono quelli in cui protagonista è la natura.
Quelli in cui ci viene descritto il trasformarsi della flora e della fauna nei pressi del lago di Walden di stagione in stagione.
Anche in questi capitoli però, spesso e volentieri, ci si ritrova lo scrittore in preda alle sue farneticazioni e alle sue ramanzine fatte di filosofia spiccia.
Nascere benestanti e non aver bisogno di chiedersi come sopravvivere è una fortuna che non hanno tutti, e non c'è cosa più detestabile che leggere di un uomo che dispone di tale fortuna e che, nonostante questo, ha anche la presunzione di dire agli altri come vivere.

Considerazioni:
Ho iniziato questo libro con molto interesse.
Inizialmente mi trovavo molto d'accordo con le riflessioni espresse nel primo capitolo, perché fondamentalmente leggendole mi pareva di trovare alcuni dei miei pensieri trascritti su carta.
Andando avanti con la lettura però, mi sono resa conto che quelle che inizialmente erano solo riflessioni personali si andavano via via trasformando in vere e proprie prediche, che avevano come unico fine l'esaltazione del proprio io (quello di Thoreau), a discapito degli altri (ogni essere umano incontrato durante il suo cammino).
Ho trovato urticante il suo continuo voler dare lezioni di vita agli altri, il suo motto costante "prima di voler conoscere il mondo, conosci te stesso" come se tutti avessero l'opportunità (sia a quei tempi che ai nostri) di far come lui e prendersi un paio di anni sabbatici per starsene a pancia all'aria a guardare le stelle e commemorare la natura.
A chi non piacerebbe farlo? 
Perdersi nel dolce far nulla e avere abbastanza tempo libero da poterlo perdere a cercare di osservare le varie specie di animali che vivono nei boschi, gli uccelli che li sorvolano, i pesci che nuotano nelle acque dei laghi.
Passare mesi e mesi a cercare di misurare la profondità di un lago o a osservare come il suddetto lago si ghiacci con l'arrivo dell'inverno, e il suo disgelo con l'avvento della primavera.
Ma forse Thoreau ha dimenticato che i comuni mortali devono lavorare per vivere e non possono certo perdersi in certi sollazzi.
La cosa peggiore é che lui non si limita a predicare uno stile di vita, ma si concentra nel criticare aspramente chi non lo segue.
Lui del resto ha solo se stesso a cui provvedere, né famiglia né figli da mantenere, forse per questo non riesce a mettersi nei panni di chi li ha.
Dice che un qualsiasi operaio, anche dopo ore ed ore di estenuante lavoro, dovrebbe mettersi a studiare i classici greci e latini (e per farlo dovrebbe di conseguenza studiare prima le suddette lingue), perché non ha senso arricchirsi se non si è ricchi dentro.
Ma me lo vorrei proprio vedere il signor "me ne starei sempre steso a guardare le stelle e non arredo la mia casa perché altrimenti dovrei spolverarla ogni giorno" mettersi a studiare dopo aver lavorato duramente.
Per Henry Thoreau, infatti, anche il lavoro è un esperimento, lui ha il privilegio di volerlo fare solo per mettersi alla prova.
Coltiva il suo campo di fagioli per pochi mesi, gli riesce, ci guadagna, e allora cosa fa? 
Va a gongolare dando lezioni di vita a chi il contadino lo fa di mestiere da anni, e ha dovuto basare la sua vita non su un colpo di fortuna di una stagione! Ma ha dovuto vedersela con il mal tempo, le crisi, lo scarso raccolto ecc.
Se per certi versi ho trovato la lettura interessante e piacevole, posso dire che con l'andare avanti della lettura mi sono ritrovata a provare sempre maggiore insofferenza nei confronti del suo autore, e nel mio giudizio non posso discernere le due cose, soprattutto perché questo libro parla di questo.
Non è un diario di viaggio, è un diario dei suoi pensieri, delle sue teorie e delle sue convinzioni. 
Una totale esaltazione di se stesso. E gli esaltati non mi sono mai piaciuti un granché. 

il mio voto per questo libro

lunedì 26 gennaio 2015

Estratto: "La morte delle api" di Lisa O'Donnell

Salve avventori!
Quello che vi propongo oggi è un estratto molto esplicativo tratto da "La morte delle api" di Lisa O'Donnell.
Chi parla è Marnie, una delle protagoniste della storia.
I suoi genitori, Izzy e Gene, sono morti e lei e sua sorella Nelly sono rimaste sole al mondo e nessuno lo sa.
Nessuno che si occupi di loro, nessuno a cui importi.
Ho scelto questo passo, perché mi ha toccato molto, soprattutto nel leggere l'ultima frase.
Colpisce leggere di una ragazzina così trascurata dai suoi genitori da aver provveduto a se stessa e a sua sorella, quando avrebbe dovuto giocare, studiare e divertirsi.
E ancor più, sentirla dire che per lei e sua sorella i genitori non ci sono mai stati e almeno ora, che sono morti, sanno dove sono.



“Quando Nelly si mette a leggere non esiste nient’altro, neppure io. 
Adoro quando legge, adoro non esistere, anche se è solo per un’ora. Penso che Harry Potter le ricordi nonna Lou. Le lesse un paio di libri quando si prese cura di noi, per l’ultima volta, ma quei giorni sono finiti. Adesso siamo sole. 
Izzy e Gene sono morti e nessuno sa cosa abbiamo fatto di loro. Sicuramente ci separeranno, mi metteranno in una casa e Dio sa cosa faranno a Nelly. In ogni caso, fra un anno avrò sedici anni. Non possono farmi niente. A sedici anni posso avere un bambino e sposarmi, vengo considerata un’adulta e per la legge sono in grado di prendermi cura di tutte e due. 
In realtà credo di essermi sempre presa cura di noi. A cinque anni cambiavo i pannolini e a sette andavo a fare la spesa, pulivo casa e a sei anni ho cominciato a fare il bucato non appena ho imparato la strada per la lavanderia e a spingere Nelly nel passeggino. 
Lei prese a chiamarmi “Ma’” quando vivevamo nel comprensorio, per dire quanto erano inutili Gene e Izzy. Non si facevano mai vedere e lasciavano tutto sulle spalle mie e di Nelly, non appena fu grande abbastanza. Non c’erano mai per noi, erano assenti. Almeno adesso sappiamo dove sono.”

giovedì 22 gennaio 2015

Recensione: "Giorni di zucchero fragole e neve" di Sarah Addison Allen

Titolo: Giorni di zucchero fragole e neve
Titolo originale: The sugar queen
Autore: Sarah Addison Allen
Editore: Sonzogno
Data di pubblicazione: Marzo 2011
Pagine: 288
Prezzo: 19,00 €

Trama:
Josey ha tre certezze: 
1) L'inverno è la sua stagione preferita; 
2) Lei non è il classico esempio di bellezza del Sud; 
3) I dolci è meglio mangiarli di nascosto. 
Vive a Bald Slope, il paesino di montagna dov'è nata, rinchiusa nell'antica casa di famiglia ad accudire la vecchia madre. Ma di notte Josey ha una vita segreta. 
Si rifugia in camera a divorare scorte di dolcetti e pile di romanzi rosa. Finché un bel giorno, misteriosamente, nello stanzino nascosto dal guardaroba, dove l'aria profuma di zucchero, spunta un'esuberante signora che dice di essere venuta per aiutarla. 
Chi è quella donna? E soprattutto cosa vuole da lei e come fare a liberarsene?
Josey non farà in tempo a chiederselo, che il suo piccolo mondo sarà messo sottosopra. 

Recensione:
Una storia leggera, fresca, che sa di speranza e magia, condita con un pizzico di dolcezza q.b.
Ed i dolci sono tra i protagonisti del libro, ogni capitolo difatti prende il nome da qualcosa di zuccheroso e commestibile.
Nonostante questo, nonostante vari aspetti stravaganti e frivoli, la storia non manca di toccare argomenti seri e delicati.
Tra questi, il difficile rapporto tra una figlia insicura che cerca disperatamente di conquistare l'amore di una madre che non l'ha mai desiderata.
Josey proprio per questo preferisce rifugiarsi nel suo cantuccio, piuttosto che affrontare il mondo e le sue sfide. 
Così il piccolo guardaroba della sua stanza diventa l'unico luogo dove può finalmente essere se stessa, o almeno questo è quello che crede.
I dolci, suoi unici veri amici, le danno quella consolazione, quella comprensione e quell'affetto che le è sempre mancato. 
La ragazza trascorre così le sue giornate, servendo e riverendo la sua severissima madre di giorno e ingozzandosi di torte, biscotti, caramelle e romanzi rosa di notte.
Ed è l'amore, come quello narrato in quei romanzi, che Josey sogna, un amore da sogno che la porti via dalla sua vita e da Bald Slope.
Ma il libro non parla solo di amore.
Parla anche di amicizia, di tradimento e di perdono.
Affronta, seppur in maniera delicata, il tema della sottomissione, di come alcune donne per debolezza sono incapaci di reagire alla violenza, seppur solo psicologica, dei loro compagni.
Restare insieme a qualcuno solo perché questo ti fa credere che non puoi certo meritare di meglio.
E quando tutto si fa troppo serio e triste ecco spuntare quel pizzico di magia di cui tutto il libro è intriso.
"Giorni di zucchero fragole e neve" racconta di personaggi veri caratterizzati da debolezze e imperfezioni umane, aggiungendo loro (alle protagoniste femminili in particolare), una caratteristica straordinaria tale da renderli unici.
Probabilmente la carta vincente di questo libro sta proprio in questo.
Riesce, come ogni buona ricetta, ad equilibrare i momenti dolci e quelli salati, i temi seri e quelli più spensierati.
Una storia leggera come la panna montata, corposa come il caramello, amara come una bacchetta di liquirizia, ma dal cuore soffice come un marshmallow.

Considerazioni:
Solitamente non apprezzo tanto il genere di storia che ha come protagonista la solita ragazza sfigata che sbava dietro il belloccio di turno che, inizialmente non se la fila di pezza, e poi casca magicamente ai suoi piedi come una pera cotta.
Ma fortunatamente questo libro ha un qualcosa in più.
Partendo dall'atmosfera in cui inizia il racconto, un'aria carica di profumi di dolci deliziosi.
I personaggi (seppur non abbia stravisto per nessuno di loro), li ho trovati tutti ben definiti e curiosi.
La mia preferita è senza dubbio Della Lee, la strana donna piovuta dal nulla nella cabina armadio della protagonista, e da cui questa non riesce a liberarsi.
Chiede panini al formaggio e pomodoro grigliato, che puntualmente cede a colei che le dà asilo.
Passa il tempo a creare collage con ritagli di riviste da viaggio, e intanto dispensa utili consigli.
Insomma un personaggio davvero singolare.
Unica pecca, ho capito fin troppo presto il motivo della sua singolarità.
Forse la scrittrice aveva effettivamente intenzione di farlo intuire al lettore, o forse ha lasciato per strada fin troppi indizi per sperare di tenere il mistero insoluto fino alla fine.
Josey, la protagonista, è forse il personaggio meno credibile tra tutti quelli descritti.
Non so, ma da una ragazza che ha vissuto chiusa in casa per anni mi sarei aspettata più pudore, più insicurezza, più imbarazzo e... si insomma più tante cose.
Non l'ho trovata veritiera.
Ho anche trovato esagerato e ingiustificato l'astio che sua madre Margaret ha nei suoi confronti. Le rinfaccia e non le perdona le marachelle fatte quando era una bambina. Ma si può? Può una madre disprezzare una figlia per questo?
Chloe è senza dubbio il personaggio che più di tutti mi ha suscitato emozioni altalenanti.
In certi momenti l'ho adorata, in altri le avrei urlato in faccia "contieniti mi pari un animale in calore!".
Difatti la cosa che più ho mal sopportato in questo libro, e che in generale detesto, è il comportamento che le protagoniste femminili hanno con gli uomini.
Vengono praticamente descritte come delle stupide oche che si sciolgono appena vedono un bel ragazzo.
E qui, tutte le tre donne protagoniste si comportano, o si sono comportate in passato, nello stesso identico modo, ovvero come delle affamate davanti ad un ricco buffet.
Soprattutto in Chloe, il cambiamento di atteggiamento è imbarazzante, si comporta da persona seria e integerrima nella norma, per poi trasformarsi in perfetta svampita alla vista del primo muscolo.
Ciò che mi è piaciuto di lei è il magico rapporto che ha con i libri, rapporto che qualsiasi lettore invidierebbe.
Per i protagonisti maschili non ho opinioni granché migliori, erano figure abbastanza marginali in una storia che aveva le donne come protagoniste indiscusse.
Inutile dire che il tradimento di Jake non lo avrei mai perdonato, e ho trovato anche insensata l'insistenza di Chloe nel voler, a tutti i costi, conoscere il nome della donna con cui il suo fidanzato l'aveva tradita. 
Quale sarebbe stata la differenza? E difatti qual è stata? Perché lo ha perdonato?
Ma queste sono solo mie idee personali. 
C'è chi su certe cose passa sopra e chi non lo farebbe mai.
Comunque nonostante abbia criticato molto i protagonisti e i loro comportamenti, ho trovato la storia narrata in queste pagine originale, carina, in alcuni momenti anche tenera e profonda.

il mio voto per questo libro

martedì 20 gennaio 2015

I love this cover #5

Salve avventori!
Eccoci anche quest'anno con la rubrica che vede come protagoniste le copertine dei nostri amati libri.
Quella di cui vi parlo oggi è la cover di uno dei romanzi che mi ha fatto compagnia nelle festività natalizie appena passate. 
Sto parlando di "Miracolo in una notte d'inverno", scritto dall'autore finlandese Marko Leino ed edito dalla Feltrinelli, che narra la drammatica storia di Nikolas Pukki e le origini della leggenda di Babbo Natale. 







Mentre giocano in riva al mare, due bambini trovano sul fondale una scatola di legno minuziosamente intarsiata, chiusa a chiave, ancora ben conservata. Quando la aprono, con l'aiuto del nonno, vi trovano un antico orologio da taschino e un biglietto ormai scolorito, sul quale è scritto: "Felice Natale, cara piccola Ada. Tuo fratello Nikolas". 
Pieno di stupore, il nonno ricorda un'antica leggenda che aleggia sulla cittadina di Korvajoki, fin dai tempi in cui era un minuscolo villaggio di pescatori. 
"Immaginate di avere ali immense come quelle di un'aquila, che vi sollevano in aria e trasportano sopra il mare, fino all'isola della famiglia Pukki. Volate con la fantasia...". 
Così inizia il racconto del nonno, così comincia la storia di Nikolas, bambino di cinque anni che abita con la famiglia sulla piccolissima isola di fronte alla costa, e soprattutto così prende vita la leggenda di Babbo Natale.


Del libro, che mi ha piacevolmente stupito, vi parlerò meglio nella recensione.
Soffermandoci invece sulla cover, posso dire che una delle cose che ho apprezzato di più (e che in generale apprezzo) è il fatto che quella scelta come immagine di apertura rappresenti in pieno il contenuto del libro.
Infatti per quanto una copertina sia bella, è essenziale, per quanto mi riguarda, che sia anche inerente alla trama di cui è portavoce.
In questo caso possiamo vedere come la copertina sia ambientata in un paesaggio nordico che potrebbe benissimo essere la Korvajoki, che ha dato i natali al piccolo Nikolas.
Un ruolo essenziale, nella cover come nello stesso libro, ha il lago ghiacciato che riflette la figura dell'uomo comune (quello che nell'immagine pare essere un normale ragazzino) con le sembianze del leggendario anziano signore dal vestito rosso, responsabile della produzione e della distribuzione dei regali per tutti i bambini del mondo.
Trovo che quella del riflesso sia stata un'idea geniale, che ha permesso, con una sola inquadratura, di riassumere una vicenda molto più complessa.
Osservandola si intuisce immediatamente che protagonista della storia sarà la vera identità di Babbo Natale (almeno per quanto ci racconta Marko Leino XD).
Devo complimentarmi stavolta con la casa editrice che ha scelto (cosa assai rara) di rispettare la cover originale che, come potete vedere, è essenzialmente la stessa.
In generale ho notato che anche altre edizioni straniere hanno conservato la stessa copertina.
Quella tedesca, per esempio, ha come unica differenza, i toni che virano maggiormente sul verde piuttosto che sull'azzurro.


 

E voi cosa pensate di questa cover?

venerdì 16 gennaio 2015

Recensione: "Shining" di Stephen King


Titolo: Shining
Autore: Stephen King
Editore: Bompiani
Data di pubblicazione: 3 Gennaio 2014
Pagine: 592
Prezzo: 13,00 €
Trama:
Uno scrittore fallito, Jack Torrance, con la moglie Wendy e il figlio Danny di cinque anni, accetta di fare il guardiano invernale all'Overlook, un imponente albergo che domina le alte montagne del Colorado.
Qui la famiglia pare riacquistare la serenità che da tempo aveva perduto, ma è proprio quando le cose sembrano andare per il meglio che le forze del male si scatenano. 
Dinanzi a Danny, che è dotato di uno straordinario potere extrasensoriale, si materializzano gli orribili fatti accaduti nelle stanze dell'albergo, ma se il bambino si oppone con forza a insidie e presenze, il padre ne rimane vittima...

Recensione:
Quella che Stephen King compie con questo libro, la cui storia credo sia ormai nota a tutti, è un'attenta analisi psicologica dei suoi personaggi.
Egli ci permette di conoscerli da più punti di vista, consentendo al lettore di formarsi un'opinione di loro a tutto tondo osservando e sentendo i protagonisti, non solo tramite i pensieri che gli altri hanno di loro, ma anche tramite i pensieri che loro hanno di se stessi.
Il racconto infatti non è narrato da un unica voce, ed è proprio questo ad aumentare la complessità della narrazione e, in un certo qual modo, a facilitare la conoscenza delle varie sfaccettature caratteriali dei personaggi. 
Jack Torrance, schiavo della bottiglia, ha perso il suo lavoro da insegnante e con esso anche la dignità. Sospeso dal suo ruolo perché, ubriaco, ha aggredito uno studente, riversa, come è solito fare quando beve, le sue frustrazioni su chi gli sta accanto.
Egli sa di sbagliare, ma non è pronto ad ammetterlo.
Sa che una volta ha esagerato in modo irrimediabile, ma è convinto che quell'errore non si ripeterà più.
In un certo senso si può dire che conserva sempre una certa fiducia in se stesso e nella propria capacità di giudizio.
Sua moglie Wendy (Winnifred) però non è dello stesso avviso.
Lei, donna palesemente insicura e passiva quando si tratta di far valere se stessa, sfodera invece gli artigli quando c'è in pericolo l'incolumità di Danny, il loro bambino.
Capisce che suo marito quella volta ha sbagliato, che non era in sé, ma non riesce né a giustificarlo né a fidarsi totalmente di lui.
Danny è un bambino speciale, dotato di particolari capacità che gli permettono di percepire cose che agli altri sono estranee.
Sensazioni, pensieri, paure, riesce a leggere questo nell'animo di chi gli è vicino, e talvolta a vedere persino cose non ancora avvenute.
È proprio per queste capacità che Danny non ha paura di suo padre, sa quanto egli lo ami e che non potrebbe mai fargli consapevolmente del male, ma sa anche quanto "la brutta cosa" (il bere) lo faccia diventare una persona diversa e imprevedibile.
Nel suo cuoricino di bambino di cinque anni spera che, essendo più buono, più ubbidiente, non darà motivo al padre di ricorrere alla bottiglia, e che anche sua madre tornerà a fidarsi di lui.
L'occasione del lavoro come guardiano presso l'Overlook sembra arrivare al momento giusto.
Qui, isolati per mesi dal resto del mondo, senza tentazioni nelle quali ricadere, Jack potrà dedicarsi completamente alla stesura della sua commedia.
Ma forze oscure, più subdole di una bottiglia, sono pronte a sconvolgere la sua mente.
È qui che la narrazione si fa ancora più interessante, King ci mette di fronte alle contraddizioni emotive dei suoi personaggi.
Le lotte interiori sono forti in ognuno di loro.
Jack ad esempio spesso riconosce di non essere più in sé, di agire in modo insensato.
Si ritrova ripetutamente a desiderare di strangolare moglie e figlio e subito dopo a vergognarsi per pensieri tanto orrendi.
Nonostante questo sa di non poter abbandonare quel lavoro, e cerca di convincersi che tutto vada per il verso giusto.
Rimprovera alla moglie di non comprendere la sua difficoltà, l'incapacità di essere realistica, e questo lo porta nuovamente a quella sensazione di odio nei suoi riguardi.
Wendy appena arrivati all'hotel percepisce nel marito prima un netto miglioramento e poi un brusco cambiamento nel senso opposto.
Lo vede alienarsi, ed in lei il bisogno di allontanarsi al più presto da quel posto si fa sempre più forte.
Anche Danny vorrebbe scappare al più presto ma, percependo le paure del padre circa il loro futuro, si fa forza e sopporta le visioni e i macabri presagi che i suoi incubi notturni gli regalano ogni notte.
Una narrazione ben costruita che spinge ad entrare nella testa dei personaggi, a ragionare come loro, a prevedere le loro mosse e i loro pensieri, proprio perché ci porta a conoscerli alla perfezione.
Di loro conosciamo debolezze, paure, speranze e punti di forza.
Non racconta solo una storia, ma racconta delle persone che la vivono.
Gli orrori celati nelle mura di un vecchio albergo sono il pretesto per raccontare quelli che si celano nell'animo umano, da cui spesso non si riesce a sfuggire.

Considerazioni:
Nonostante conoscessi già l'evoluzione di questa storia sono davvero contenta di essermi dedicata a questa lettura.
In realtà il libro mi ha regalato, oltre alle bellissime ed accurate descrizioni, la conoscenza di aspetti caratteriali dei personaggi che ignoravo totalmente.
Ho scoperto le loro mille sfaccettature, li ho compresi in alcuni casi e detestati in altri.
Jack Torrance è stato senza dubbio il fulcro attorno al quale si è concentrata tutta la mia antipatia.
Sebbene, in alcune rare circostanze, ne abbia compreso i malumori e la paura giustificata di abbandonare l'ennesimo lavoro, non posso dire di essere riuscita a giustificare i suoi comportamenti.
L'Overlook ha sicuramente influito su di lui, ma non più di tanto a mio parere. L'albergo ha solo alimentato una miccia già accesa, i difetti esplosi in lui erano già tutti presenti ancor prima di raggiungere le montagne.
Difatti l'albergo non ha avuto uguale potere su le menti più genuine del figlio e della moglie.
Anche Wendy tuttavia non mi ha fatto impazzire, in certi momenti l'avrei presa a schiaffi io stessa! Svegliati figlia mia, agisci!
Il classico personaggio che non fa mai nulla e quando fa qualcosa la sbaglia.
Soprattutto nella lotta finale, la poverina non ne ha azzeccata una! Come si muoveva faceva più danno che altro XD
Dico io, sei in un albergo pieno di fantasmi psicopatici, con tuo marito (impazzito anche lui), rinchiuso in dispensa, speri che qualcuno venga a salvarvi all'improvviso, ti stai ore ed ore rinchiusa in camera con tuo figlio e che fai? Non ti vesti comoda per affrontare un'eventuale fuga?!
No, la genia resta in vestaglia, scalza! E sempre in queste condizioni sceglie di andare in perlustrazione, temendo (a ragione), che il marito si fosse, nel  frattempo, liberato.
L'abbigliamento adatto per farsi ammazzare.
Stessa cosa vale per il figlioletto Danny, che è vero, ha solo cinque anni anche se, spesso e volentieri, si esprime come un ottantenne, ma a mettersi un paio di scarpe non ci arriva?
Insomma che ci fanno questi scalzi tutto il giorno?
Difatti quando il povero malcapitato cuoco Dick Hallorann (leggi santo) si fa quasi ammazzare per salvarli, è costretto ad ingegnarsi pure un modo per non farli morire assiderati, dato che i due si ritrovano mezzi nudi nel bel mezzo di una tormenta di neve.
Ora, a parte queste cose che mi hanno fatto imbestialire e sorridere durante la lettura (non potete davvero immaginare quanti dolci epiteti si è beccata la povera Wendy da parte mia XD) ho trovato "Shining" una lettura davvero coinvolgente e appassionante, come dicevo nella recensione, non solo per la storia, ma anche e forse soprattutto per l'analisi psicologica dei personaggi.
E dopo questa lettura posso sicuramente dire che questo è stato il primo libro di Stephen King per me, ma di certo non sarà l'ultimo.

il mio voto per questo libro

lunedì 12 gennaio 2015

Chi ben comincia... #20

Poche e semplici le regole:
♥ Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
♥ Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
♥ Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
♥ Aspettate i commenti

"Mary Poppins" di P.L. Travers

"Vento dall'est. La nebbia è là, qualcosa di strano fra poco accadrà. Troppo difficile capire cos'è, ma penso che un ospite arrivi per me".
Così, con queste frasi cantate con una dolce melodia, comincia il film della Disney "Saving Mr.Banks".
Attraverso la pellicola ci viene narrata la storia di come, la scrittrice P.L Travers, da tutti nota come "la mamma" di Mary Poppins ha, con non poche perplessità, collaborato alla creazione della resa cinematografica del suo capolavoro letterario.
Il film è meraviglioso, e non è focalizzato, come si potrebbe pensare, sulla storia del personaggio che più o meno tutti crediamo di conoscere, la donna trasportata dal vento dell'est, con un enorme borsa dalla quale è capace di tirar fuori, per magia, qualsiasi cosa.
"Saving Mr. Banks", oltre a narrare le vicissitudini della signora Travers con Walt Disney, racconta attraverso flashback l'infanzia della scrittrice, che è stata la principale fonte di ispirazione per la creazione della signora Poppins.
Guardandolo ho capito quanto in realtà la "Mary Poppins" del film del 1964 sia diversa da quella descritta nel libro, da qui il desiderio di leggerlo.
Con questo delizioso incipit inizia il racconto... cosa ne pensate?


“Se volete trovare il Viale dei Ciliegi, tutto quello che dovete fare è chiedere al vigile all’incrocio. L’uomo piegherà l’elmetto da una parte, si gratterà la testa pensosamente e infine, puntando l’imponente dito bianco guantato, dirà: «Prima a destra, poi a sinistra, poi ancora a destra, e ci siete. Buon giorno.» Infatti, seguendo esattamente le indicazioni, sarete subito lì, proprio in mezzo al Viale, dove da un lato c’è una fila di case, dall’altro si stende il Parco e in mezzo, allineati come i cavalieri di una quadriglia, stanno gli alberi di ciliegio. 
Se andate in cerca del numero 17 (cosa molto probabile, poiché tutto il libro riguarda proprio questa casa) lo troverete subito. 
Per cominciare è la casa più piccola del Viale. E poi è la sola un po’ malandata, che abbia bisogno di una nuova mano di bianco. Ma il signor Banks, suo proprietario, aveva detto alla signora Banks di scegliere tra una casa graziosa, lucida, confortevole, e quattro bambini: le due cose insieme, infatti, non potevano permettersele. E la signora Banks, dopo averci riflettuto un po’, aveva concluso che preferiva Giovanna, che era la maggiore, e Michele, che era il secondo, e Barbara e Giovannino, che erano gemelli e venivano per ultimi. Così fu deciso, e così fu che la famiglia Banks venne ad abitare al numero 17, con la signora Brill che cucinava, Ellen che apparecchiava la tavola, e Robertson Ay che falciava l’erba delle aiuole, puliva i coltelli, si impegnava a lucidare le scarpe e, come diceva il signor Banks, «a perdere il suo tempo e il mio denaro!»”

venerdì 9 gennaio 2015

Recensione: "Come fu che Babbo Natale sposò la Befana" di Andrea Vitali

Titolo: Come fu che Babbo Natale sposò la Befana
Autore: Andrea Vitali
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: ottobre 2013
Copertina e illustrazioni interne: Gianluca Biscalchin
Pagine: 128
Prezzo: 9,90 €

Trama:
Nel placido paese a bordo lago ci si prepara a festeggiare il Natale, l’aria è carica di una promessa di neve, e gli adulti sono al riparo dal freddo e dai dubbi, confortati dalle loro certezze esistenziali.
“Perché se Babbo Natale esiste nessuno l’ha mai visto?” 
Dalla fatidica domanda di Tom, un ragazzino curioso che non si accontenta delle risposte evasive dei suoi genitori, prende avvio il racconto, che illustra il mondo dei grandi, impacciati e non sempre all'altezza del loro ruolo di educatori. Così Tom e i suoi compagni decidono di cercare la verità per conto proprio, e la vicenda assume risvolti fantasiosi, a tratti comici, fino alla felice soluzione in cui i dubbi infantili trovano le loro risposte, i conflitti si risolvono, e ogni cosa torna al suo posto.

Recensione:
Quella narrata da Vitali in queste pagine ha poco o nulla a che fare con una storia sul Natale.
Dimenticate di leggere l'inizio di una bella e magica storia d'amore tra il più famoso uomo barbuto vestito di rosso e la leggendaria donna con le scarpe rotte, che attraversa il mondo a cavallo di una scopa, perché di loro non c'è traccia in queste pagine.
Probabilmente, i due noti personaggi magici, in qualche modo si saranno pure conosciuti, ma non è questa la storia che Vitali intende raccontarci.
Tutto qui nasce da una domanda che Tom, un ragazzino di dieci anni, pone improvvisamente, durante la cena, ai suoi genitori: "Esiste Babbo Natale? E se esiste perché nessuno l'ha mai visto?".
Una domanda che metterebbe in difficoltà qualsiasi genitore, così come fa con quelli del piccolo protagonista che, non contento della risposta data, si metterà alla ricerca di una propria verità.
In questo percorso di ricerca il lettore ha modo di incontrare vari personaggi, dai comportamenti più o meno stravaganti.
Ogni personaggio, dai più piccoli ai più grandi, mette in luce una diversa caratteristica dell'animo umano: chi la sensibilità, chi la sfiducia, chi la speranza, chi l'insicurezza, chi la bontà e chi l'aggressività.
E, più o meno tutti, evidenziano la frettolosità con la quale, ogni giorno, ci si appresta a dare giudizi a chiunque senza concedersi il lusso di porsi troppe domande.
La facilità con la quale ci apprestiamo a dare etichette, e a imprigionare le persone in gabbie di preconcetti che costruiamo basandoci sul nulla.
E spesso in quelle gabbie imprigioniamo anche noi stessi, rinchiudendoci in una prigione fatta di sfiducia e di sospetto, dalla quale, soli, non riusciamo a venire fuori.
Ed è così che un uomo che ha perso tutto, si ritrova ammanettato in prigione, senza un apparente motivo.
Ed è così che una donna, con la sola forza della sua fede, con la speranza che ha nel prossimo, e con l'amore, riuscirà a ridare a quell'uomo la fiducia che ha perduto.
Questa è l'unica magia descritta in queste pagine.
Un libro che, pur narrando un messaggio importante (almeno questa è la mia personale interpretazione), viene narrato in maniera molto superficiale.
La storia è banalizzata da un racconto che non analizza in personaggi in profondità, ma resta in superficie, facendo trasparire più il lato comico e surreale della storia che l'importanza del messaggio finale.

Considerazioni:
È dallo scorso marzo che possiedo questo libricino, sono stata più volte tentata a leggerlo, perché mi incuriosiva tantissimo e mi aspettavo di trovarci una deliziosa storia sul Natale.
Proprio per questo, ho accantonato il suo pensiero e ho riposto il suddetto libro in uno scaffale altissimo della mia libreria... come si suol dire "lontano dagli occhi, lontano dal cuore".
Sono stata bravissima, devo ammetterlo, ho pazientemente resistito alla tentazione, forte del proposito di leggere il libro nel periodo natalizio.
E appena è scoccato dicembre, terminata la lettura precedente, l'ho subito preso fra le mani.
Ero finalmente pronta ad entrare in una perfetta atmosfera natalizia *-*
Se non che, già dopo poche pagine, ho capito che avrei potuto leggere questo libro anche in piena estate, non sarebbe cambiato poi molto -__-
Quindi si, posso dirlo, è stata una grande delusione, più per le aspettative che io mi ero fatta che per la storia in sé per sé (che comunque non è questo gran capolavoro, anzi).
Scordatevi, se anche voi lo pensate, di leggere la storia di come Babbo Natale sposò la Befana, scordate le renne, il tintinnio dei campanellini, i dolciumi, gli elfi e i balocchi.
Quella che leggerete è una storia, surreale, a tratti buffa e un po' grottesca, che probabilmente mira a mettere in luce la superficialità con cui ci affrettiamo a emettere giudizi ed emanare sentenze.
L'ho trovata nel complesso carina, senz'altro originale, ma non del tutto compiuta.
Molti, forse troppi (per non dire tutti), personaggi semplicemente abbozzati o analizzati solo marginalmente.
Dalla signora Stecchetti con la sua apparente spigolosità, dal direttore Remedio Imperio sensibile e buono, fino alla stessa storia d'amore fra il prigioniero e la cameriera Clotilde, tutto è trattato con trascuratezza, come se nulla di quello che ci viene narrato abbia realmente importanza ai fini della storia, come se la stessa storia non ne avesse.
Ed è così che il lettore rischia effettivamente di relegare nella sua mente questa storia, se non si prende la briga di porsi la domanda: "aveva un senso questo libro?".

il mio voto per questo libro

mercoledì 7 gennaio 2015

Un anno di libri #2014


Un altro anno è passato.
Un anno fatto di gioie, dolori, speranze, delusioni e ovviamente di tanti tanti libri.
"Un anno di libri" è la rubrica attraverso la quale tiro le somme dell'anno letterario appena trascorso, e lo faccio rispondendo a delle domande che rivolgo a me stessa.
Se volete potete partecipare al gioco e rispondere anche voi... incominciamo!

Primo libro letto nel 2014:
♥ "Cuore di ciccia" di Susanna Tamaro

Ultimo libro letto nel 2014:
 "Giorni di zucchero fragole e neve" di Sarah Addison Allen

I libri più belli che ho letto in quest'anno:
 "Chocolat" di Joanne Harris
 "Il grande Gatsby" di Francis Scott Fitzgerald
 "P.S I love you" di Cecelia Ahern
 "Hamburger e miracoli sulle rive di Shell Beach" di Fannie Flagg
 "L'amore in un giorno di pioggia" di Gwen Cooper
 "Quando dal cielo cadevano le stelle" di Sofia Domino
 "Col nostro sangue hanno dipinto il cielo" di  Eleonora C. Caruso 
 "Hollow City" di Ransom Riggs
 "Shining" di Stephen King

I libri che ho bocciato:
 "Cuore di ciccia" di Susanna Tamaro
 "Sai tenere un segreto?" di Sophie Kinsella
 "Colpa delle stelle" di John Green
 "Momenti di trascurabile felicità" di Francesco Piccolo
 "Cuore" di Edmondo De Amicis
 "I pupazzi di neve di Kingston Lodge" di Mike Lanzetta
Questo purtroppo è stato un anno caratterizzato soprattutto da letture negative o più o meno sufficienti. Quelle sopracitate sono solo alcune delle letture a cui, nel corso dell'anno, ho dato un giudizio più o meno negativo. Che dire? Spero vivamente che quest'anno mi indirizzi verso scelte migliori XD

I libri che mi hanno stupito positivamente o che avevo sottovalutato:
 "Il grande Gatsby" di Francis Scott Fitzgerald
 "Shining" di Stephen King
 "Col nostro sangue hanno dipinto il cielo"  Eleonora C. Caruso 
Questi tre libri sono stati in assoluto quelli che hanno rappresentato per me la sorpresa più grande. 
Da "Il grande Gatsby" non sapevo proprio cosa aspettarmi, e mai mi sarei immaginata di leggere di una storia d'amore di tale intensità.
Di "Shining" avevo visto il film, quindi dubitavo che, conoscendo la storia, il libro potesse prendermi più di tanto, ma sbagliavo.
Riguardo al libro della Caruso, una giovane autrice emergente, non avevo nessuna pretesa, e forse è stato meglio così, perché inconsapevolmente mi sono ritrovata a leggere un piccolo capolavoro.

I libri che mi hanno deluso o dai quali mi aspettavo qualcosa di più:
E qui citerò solo alcuni titoli, altrimenti l'elenco sarebbe troppo lungo, dato che dalla maggior parte delle mie letture mi sarei aspettata qualcosa di più.
 "Cuore di ciccia" di Susanna Tamaro
 "Jane Eyre" di  Charlotte Brontë
 "Cuore" di Edmondo De Amicis
 "Un giorno forse" di  Lauren Graham
 "Colpa delle stelle" di John Green 
 "Come fu che Babbo Natale sposò la befana" di Andrea Vitali
Questi libri mi hanno deluso per motivi diversi: o per aspettative troppo alte che mi ero fatta da sola, o per aspettative troppo alte fomentate da pareri esterni.
Quest'ultimo è ad esempio il caso di "Jane Eyre" e di "Colpa delle stelle", libri che mi sono stati straconsigliati, ma che ho trovato decisamente sopravvalutati. 

I libri più noiosi o che ho fatto fatica a portare a termine:
 "Jane Eyre" di Charlotte Brontë
 "Cuore" di  Edmondo De Amicis
 "1984" di George Orwell
Voglio specificare che mentre per gli ultimi due titoli la lettura non mi ha mai coinvolto e l'ho continuata giusto per curiosità e perché non mi piace lasciare un libro a metà, per Jane Eyre è stato diverso.
La lettura per circa metà libro mi aveva preso moltissimo, ma la parte finale, quella che parla della storia d'amore con il signor Rochester non ha incontrato il mio favore.
Mi sarei aspettata altro da un personaggio che da bambina sognava di conoscere il mondo... mah.

I libri che mi hanno fatto piangere: T-T
 "P.S I love you" di Cecelia Ahern
 "L'amore in un giorno di pioggia" di Gwen Cooper 
"Quando dal cielo cadevano le stelle" di Sofia Domino

La saga più bella:
 "Hunger Games" di Suzanne Collins
L'avevo iniziata lo scorso anno e l'ho terminata quest'anno. 
L'ho apprezzata molto sia per le emozioni che mi ha regalato nel corso della lettura, che per quelle che mi ha lasciato con la sua fine. Un senso di vuoto e di "dolore" che solo la fine di un grande libro (in questo caso di una grande saga) può lasciare.

Il/la protagonista più odioso/a:
 Emma Corrigan di "Sai tenere un segreto?"
Sciocca, stupida e indolente. Pretende che la sua vita abbia una svolta, senza fare nulla affinché qualcosa accada. Se non accalappiarsi il milionario di turno, ovviamente.
 Daisy de "Il grande Gatsby"
La tipica donna ricca ed egoista che pur di salvaguardare se stessa passa sopra tutto e tutti.
 Gale di "Hunger Games"
Che a definirlo protagonista gli si fa pure un complimento, in realtà è solo un cafoncello tutto muscoli e senza cervello.
 Hazel Grace di "Colpa delle stelle"
Una ragazzina cocciuta senza il minimo senso della realtà, che attraversa l'altra parte del mondo pur di ricevere le risposte riguardo al finale del suo libro preferito.
La malattia dalla quale è afflitta non riesce nell'impossibile intento di renderla simpatica.

Il/la protagonista che più ho amato:
 Prudence, la dolce gattina protagonista de "L'amore in un giorno di pioggia". Mi ha fatto emozionare, ridere e commuovere come nessun altro protagonista quest'anno.
 Peeta di "Hunger Games"... troppo carino *-*
 Gatsby, altro che Mr. Darcy! Se c'è un uomo dei sogni nella letteratura è proprio lui. Mai letto di un uomo tanto innamorato.
 Daisy Fay Herper di "Hamburger e miracoli sulle rive di Shell Beach" una protagonista davvero buffa e simpatica.

Un personaggio secondario di cui avrei voluto conoscere molto di più:
 Avrei voluto sapere qualcosa in più sulle storie dei bambini uccisi dal fantasma di "The woman in black".

La coppia più bella:
 Katniss/Peeta della saga "Hunger Games"
Il loro non è stato mai un rapporto facile e sereno, ma sempre un po' una battaglia aperta. Però mi è piaciuto molto il finale della loro storia. A differenza di quanto pensano in molti, per me Katniss nelle sue ultime frasi ha fatto una scelta voluta e precisa, semplicemente perché il suo cuore sapeva che non poteva andare in nessun'altra direzione.
 La dolce gattina Prudence e la sua padroncina Sarah di "L'amore in un giorno di pioggia"
Ho adorato il loro rapporto, e il modo in cui Prudence pensava alla sua padroncina o, come direbbe lei, alla sua coinquilina.
 Ancora Prudence e Laura di "L'amore in un giorno di pioggia"
Con loro due ho riso tantissimo e ho pianto tutte le mie lacrime XD
 Gatsby e il suo amico e confidente Nick Carraway
 Arthur Kipps e la dolce cagnolina Spider *-* di "The woman in black"
 Thomas Shell e suo figlio Oskar Shell di "Molto forte incredibilmente vicino"

La coppia più sopravvalutata:
 Jane Eyre e il signor Rochester 
 Hazel Grace e Augustus Waters di "Colpa delle stelle"
Due coppie estremamente diverse, sia per età che per carattere, ma che hanno in comune il fatto di non mi avermi regalato nessuna emozione.

Concludo con i buoni propositi per questo 2015
 Leggere, leggere, leggere tante bellissime storie.
 Recensire il libro appena finito prima di passare a quello successivo >_<
♥ Leggere ancora qualcosa di Jane Austen (anche se non mi fa impazzire ho promesso che almeno i romanzi canonici li avrei letti tutti)
♥ Organizzare un bel gruppo di lettura numeroso *-*

E con questo è tutto!
Auguro a tutti i lettori del Café Littéraire un felice anno nuovo e tante belle letture ^__^