venerdì 30 giugno 2017

The very first page #4


Salve avventori!
Eccoci con un altro appuntamento con "The very first page", la rubrica che ha per protagoniste le dediche, ovvero le frasi che ci accolgono all'apertura di un nuovo libro.
La protagonista di oggi è la frase d'apertura con cui Alexandra Bracken ci invita tra le pagine del suo "Passenger".
Una frase tenera e commovente, dolcissima nella sua semplicità. Una vera e sincera dichiarazione d'amore alla propria madre. Parole meravigliose che a mia volta sento e faccio mie, dedicandole a mia madre ♥
Posso inoltre dire, senza offesa alla Bracken e al suo romanzo, che questa prima pagina è, senza alcun dubbio, la migliore di tutto il libro XD

"Per Mamma.
In tutta la Storia, non è mai esistito nessuno
con un cuore bello e forte come il tuo."


mercoledì 28 giugno 2017

Recensione: "Le clessidre di Tabula" di Chiara Andreazza e Valentina Furnò

Titolo: Le clessidre di Tabula
Autore: Chiara Andreazza e Valentina Furnò
Editore: Leone Editore
Data di Pubblicazione: 23 febbraio 2017
Pagine: 496
Prezzo: 14.90 €


Trama:
Alyssa è una keleythos di Academia, una ragazza giunta su Tabula per apprendere l’arte della guerra e della magia, e contrastare così il destino di morte e distruzione che, in quanto Prima nata nel regno di Ego delle Ombre, si porta dietro sin dalla nascita.
Dopo mesi di studio, sta per misurarsi con il suo primo, vero esame. 
Nel corso della prova, la ragazza torna di nuovo nel videogioco The Dreaming World, e si accorge di quanto quel mondo virtuale sia cambiato dopo la sua partenza. Con la caccia allo sfuggente unicorno di fuoco e il viaggio verso i draghi di Punta di Capo bianco, continuano le avventure della giovane Alyssa per scoprire chi sta tramando contro la sua vita e il futuro di Tabula.

Recensione:
Sono passati alcuni mesi da quando Alyssa e i suoi amici hanno sconfitto il terribile sortilegio che aveva colpito la pergamena delle Ere, soggiogando tutta Academia.
Quella, però, non era stata la vittoria definitiva della guerra contro Ego delle Ombre e il suo regno, ma solo la vittoria di una piccola battaglia.
La verità è che i motivi di apprensione per Alyssa sono appena iniziati, ma quelli che al momento hanno la priorità riguardano gli esami imminenti che tutti gli studenti di Academia - siano essi keleythos o campioni - si preparano a sostenere.
E la prova d'esame (anche se solo del primo anno) non può essere presa sottogamba perché non superarla significherà dire addio per sempre ad Academia e a Tabula.
Intanto Alyssa non vive un momento particolarmente facile, perché, anche se tutta la scuola sa che solo grazie al suo intervento e a quello di Noah possono dirsi salvi, nonostante questo, nessuno può fare a meno di guardarla con sospetto, ricordandosi che lei è la Prima Nata del regno di Ego e, in quanto tale, colei che secondo l'antica profezia è destinata a sconfiggere l'Albero della Vita.
Una mattina, quando tutti gli studenti sono radunati nella sala comune per la colazione, si trovano al cospetto di un antico manufatto teknomagico "Il Dhrímnir".
Sarà questo oggetto a scegliere i terzetti magici che dovranno affrontare la prova d'esame. Alyssa è accoppiata con Ethon e Adamantine, i suoi amici di sempre, e con loro dovrà catturare una creatura magica di Tabula.
Però, le cose non vanno lisce, e i tre, durante la prova - mentre sono sulle tracce di un fuggevole unicorno di fuoco che gli dà parecchio filo da torcere - si trovano inspiegabilmente catapultati in un mondo sconosciuto, che non somiglia affatto alla foresta che circonda Academia.
Alyssa non ci mette molto a capire dove si trovano: quello è "The Dreaming World" il gioco di ruolo in cui era immersa quando, un anno prima, aveva fatto il suo primo incontro con Kether e Tabula.
Come hanno fatto a trovarsi lì? È solo un caso o il destino cerca in tutti i modi di dare ad Alyssa quelle risposte che tanto cerca?
Questo e tanti altri misteri vengono svelati e sciolti all'interno di questo secondo appassionante capitolo della storia, ma, mentre molte cose vengono a galla, altri dubbi si insediano nella fitta e complessa trama di Tabula.
Chiara Andreazza e Valentina Furnò, che già nel primo capitolo "I cieli di Tabula" avevano dato prova di saper dare vita non solo ad un mondo, ma ad un intero universo fantasy fatto di vari pianeti, ciascuno con le sue caratteristiche e razze, magie e creature differenti, ora tornano ad arricchirlo con l'aggiunta di personaggi, segreti e misteri. Infittendo una trama che diventa sempre più articolata e credibile.
I protagonisti del primo libro, in specie la cerchia degli amici di Alyssa, vengono maggiormente caratterizzati, e questo libro si concentra specialmente su di loro e sui loro rapporti interpersonali.
Anche il passato terreno di Alyssa, che sembrava ufficialmente accantonato, torna protagonista, rivelando avvenimenti ignoti sia alla protagonista che al lettore.
Una danza tra passato e presente che porta alla luce verità inaspettate e numerosi colpi di scena che stravolgono l'intera storia e sembrano, perciò, promettere ancora tanto altro!
Tabula e le sue autrici paiono avere ancora molto da raccontarci, e questo secondo capitolo pare essere solo il preludio di ciò che ci attende.

Considerazioni:
Dopo quasi due anni è stata dura immergermi nuovamente nel complesso, articolato e vasto, mondo di Tabula. 
Prima di affrontare la lettura, di questo secondo capitolo della saga, ho dovuto prendere in mano i miei appunti relativi a "I cieli di Tabula" (sì, questa è la prima lettura che - per fare ordine mentale tra personaggi e avvenimenti - ho affrontato prendendo nota di nomi, luoghi e fatti salienti) e, dato i ricordi ancora offuscati su alcuni particolari, ho dovuto anche rileggere qualche stralcio dei capitoli più improntanti di quel primo libro.
Nonostante questo, non è stato semplice fare ordine con ciò che era stato e ciò che accadeva sotto i miei occhi.
Dopo i primi capitoli però, ho smesso di farmi domande su ciò che non ricordavo e ho cominciato a vivere ciò che succedeva in questa seconda parte dell'avventura, nata dalla sconfinata fantasia di Chiara e Valentina.
Tabula non smette di stupire, e tutto quello che accade in questo secondo capitolo ha l'eccitante sapore dell'imprevedibilità.
Se "I cieli di Tabula" erano molto (forse anche troppo) improntati sul modello Potteriano (avevamo conosciuto la scuola, i suoi studenti, la magia e ciò che la minacciava e, ovviamente, la sua protagonista, Alyssa Kuthcer, fin troppo somigliante al bambino sopravvissuto della Rowling), in questo secondo capitolo, la storia si discosta completamente da quella di J.K e diventa imperscrutabile e assolutamente originale.
I personaggi che già conoscevamo vengono approfonditi, disegnati a tutto tondo, compresa la protagonista: di lei conosciamo le origini, le abitudini, e quello che era prima di entrare a far parte di Tabula, prima di venire a conoscenza dell'esistenza della magia.
Anche il ritorno del videogioco, che nella trama mi aveva lasciata interdetta, ha il suo preciso perché.
Come lo hanno l'inserimento di personaggi (nuovi per il lettore) che hanno a che fare con il passato di Tabula, come gli Araldi dell'Albero della Vita, Esperia e Evan (entrambi provenienti da Gaia), l'unicorno Erebo e il drago di ombra e fuoco Temperance, le creature di Tabula a cui i suddetti Araldi si sono legati.
È questa la cosa che ne "Le clessidre di Tabula" mi ha fatto ancora una volta pensare alla Rowling e al suo speciale modo di scrivere. In Harry Potter, la scrittrice, ha dato vita ad una storia estremamente complessa e articolata, spargendo piccoli, e apparentemente innocui, indizi nei vari capitoli della saga, facendo sì che comunque alla fine tutto potesse quadrare. Un talento che le due autrici di Tabula sembrano aver ereditato, poiché ciò che non trovava risposta nel primo libro, l'ha trovata in questo e immagino che ulteriori risposte, e altrettante domande, ci verranno fornite nei capitoli successivi.
Come, immagino, si svilupperà nei prossimi volumi il terzetto amoroso composto da Noah/Alyssa/Ethon che già sembra promettere scintille.
In questo capitolo, ciò che ho maggiormente apprezzato sono stati i colpi di scena (soprattutto la rivelazione finale) e la bellissima leggenda della clessidre di Tabula e del micione Karma che le custodisce. Devo ammettere che Valentina e Chiara ci sanno proprio fare con le leggende, ne pensano sempre di bellissime.
Mi è spiaciuto invece leggere così poco di Kether, che è, a tutti gli effetti, il grande assente di questo secondo capitolo... ma immagino che anche questa assenza avrà un perché che scopriremo solo in seguito.
Eh già, ancora tanto altro sembra dover accadere sotto gli sconfinati cieli di Tabula...

Ringrazio la casa editrice Leone Editore per avermi gentilmente fornito una copia cartacea del romanzo.

il mio voto per questo libro 

lunedì 26 giugno 2017

Estratto: "La galleria degli enigmi" di Laura Marx Fitzgerald

Salve avventori!
Il passo che vi propongo oggi è tratto dal libro "La galleria degli enigmi", che ho divorato non molto tempo fa.
Il romanzo mi è piaciuto tanto, infatti scegliere solo un estratto non è stato facile.
Nella scena che ha avuto infine la meglio, troviamo Martha, la giovane protagonista, alle prese con il suo nuovo lavoro, ovvero fare da assistente allo chef, nella cucina al piano inferiore della casa.
La ragazzina non può fare a meno di esprimere il disagio nel sentirsi solo una comparsa relegata nelle retrovie, destinata a scorgere la bellezza della vita sociale, senza farne mai parte...

Dalla finestra della cucina, posta al livello della strada, vedevo sfilare un via vai di piedi che portavano i loro proprietari a destinazione, tra risate, chiacchiere e raggi di sole.
Continuavo a ripensare a quella volta che eravamo andati a Rockaway, dove ero rimasta tutto il tempo seduta sul pontile. 
Non sapevo nuotare e non avevo nessuna voglia di imparare. 
Mentre il sole calava, Papo aveva detto di aver avvistato un cucciolo in mare e, quando mi ero sporta per guardare meglio, mi ero sentita spingere con una pedata. Un attimo dopo mi ero ritrovata sul fondale, inerte come un sacco di pietre. 
Avevo urlato, ma dato che ero circondata d'acqua anziché d'aria, non era uscito alcun suono. Avevo alzato lo sguardo e avevo visto la luce del sole, la spuma bianca, gambe che sguazzavano felici, però non sentivo altro che un rumore sordo, ovattato. In preda al panico avevo agitato le braccia e scalciato finché non ero riemersa in superficie ma con l'unico desiderio di lasciarmi alle spalle quell'universo liquido. 
Ecco a cosa somigliava il mio lavoro, mi resi conto troppo tardi: era come vivere sott'acqua. C'era un mondo lassù, in superficie, più luminoso e animato del mio, di cui riuscivo a cogliere soltanto sprazzi ed eco smorzati. 

sabato 24 giugno 2017

Recensione: "L'altra metà delle fiabe" di Antonella Castello

Titolo: L'altra metà delle fiabe
Autore: Antonella Castello
Illustrazioni: Arthur Rackham
Editore: ABEditore
Data di pubblicazione: 1 agosto 2016
Pagine: 120
Prezzo: 6,90 €


Trama: 
Quali sono le origini delle fiabe che abbiamo ascoltato da bambini mentre, sognando ad occhi aperti, fantasticavamo di principi, scarpette di cristallo e gatti parlanti dai poteri magici?
In quest'opera si mettono confronto tre fiabe di Charles Perrault (La bella addormentata nel bosco, Il gatto con gli stivali e Cenerentola) con le loro controparti italiane, quelle di Giambattista Basile, tratte da Lo cunto del li cunti. Per scoprire che anche le fiabe, in realtà, hanno il loro "lato oscuro".

Recensione:
Antonella Castello nella sua piccola raccolta "L'altra metà delle fiabe" si propone di mettere a confronto tre tra le più celebri fiabe della nostra tradizione: La bella addormentata nel bosco; Il gatto con gli stivali e Cenerentola,  affiancando alle versioni più note al grande pubblico - ovvero quelle trascritte da Charles Perrault - quelle dalle quali sono state tratte o da cui hanno trovato ispirazione - ovvero quelle del napoletano Giambattista Basile
In realtà leggendolo, lo scoprirete da voi, la versione che conoscete di queste storie (e probabilmente quella che più vi è cara), non è attribuibile a nessuno dei due autori, bensì ai film della Disney!
Quale occasione migliore, quindi, per conoscere le versioni originali di quelle storie con cui siamo cresciuti, se non quella di prendere tra le mani questo libriccino e scoprirle?
Queste versioni sono sicuramente meno disincantate e sognanti, più dure e pungenti e, soprattutto negli scritti di Basile, caratterizzate da personaggi più crudeli e spietati.
Anche le interpretazioni e le morali con cui Antonella Castello trae le conclusioni delle fiabe di Perrault hanno un senso indiscutibilmente diverso negli epiloghi che Basile dà alle sue novelle. Ne è evidente esempio la fiaba de "Il gatto con gli stivali" - "Cagliuso" nella versione del napoletano.
Se nella versione dello scrittore francese, il gatto viene giustamente ricompensato per tutti i favori elargiti al suo padrone, nella versione di Basile l'insegnamento finale è decisamente più aspro e disilluso.
Il ragazzo, che tanto ha ricevuto dal suo amico a quattro zampe, una volta salito al trono e ottenutone i benefici, rinnega l'amico trattandolo come se non gli fosse mai stato nemmeno un po' caro.

"Dio ti guardi dal ricco impoverito e dal pezzente quando è arricchito."

Con questa affermazione, un po' cinica, Basile tira le fila della sua storia, mettendo evidentemente in dubbio la fiducia e l'onestà dei rapporti umani.
Probabilmente una visione un po' severa  da servire ad uno stuolo di giovani lettori, ma le fiabe scritte da Basile non erano destinate ai fanciulli, come ad oggi ci si aspetterebbe. Esse erano scritte e pensate per intrattenere e compiacere le corti e i loro ospiti durante cerimonie e banchetti, va da sé, quindi, immaginare come i toni e i temi siano più liberi da remore, più coloriti, perfino più spinti.
Ne è un esempio esplicito la versione de "La bella addormenta" che, seppur nella versione di Perrault risulta ben diversa da quella che tutti conosciamo - con orchesse pronte a mangiare i loro stessi nipotini pur di rispondere al loro bieco istinto - in "Sole, Luna e Talia", la versione di Basile, il racconto si fa ancora più macabro e raccapricciante... il perché ve lo racconterò più tardi, nelle considerazioni.
"L'altra metà delle fiabe" ci mostra che, anche le fiabe hanno un lato oscuro, peccaminoso e crudele, e che non sempre la storia è quella che pensiamo di conoscere.
La verità è che, le storie di Basile, raccontano di circostanze e personaggi molto più reali rispetto a quelli narrati nelle rivisitazioni che tanto ci hanno fatto sognare da bambine. Lo scrittore napoletano nelle sue storie ritrae i vizi, i peccati e le incoerenze che albergano nell'animo umano. Una visione sicuramente meno rosea del mondo, ma innegabilmente più reale.
Perché leggerlo? Innanzitutto perché, per quanto piccino, questo libro è un vero gioiellino. Come tutti i lavori sfornati dalla ABEeditore è curato nei minimi particolari, dalla bellissima copertina, all'attenzione riservata al testo, fino alle bellissime ed eleganti illustrazioni interne. 
Ma soprattutto ne consiglio la lettura per cultura personale, perché è sempre bello conoscere l'origine delle cose... del resto ogni storia, prima del suo lieto fine, ha un inizio che vale la pena conoscere.

Considerazioni:
Avevo già letto delle versioni originali delle favole più note, alcune anche più raccapriccianti di queste. Ricordo, ad esempio, la versione di Cenerentola dei fratelli Grimm, in cui le sorellastre, alla famosa prova della scarpetta, giungono addirittura a mozzarsi i piedi pur di superarla.
Avevo, poi, erroneamente pensato che, dopo aver letto Barbablù, nessuna fiaba mi avrebbe sconvolto di più... ebbene mi sbagliavo! Non avevo ancora letto "Sole, Luna e Talia" di Basile.
Già, perché quando sono i cattivi, gli antagonisti, i personaggi privi di senno e scrupoli, a compiere azioni malvagie e abiette, te lo aspetti. Fa parte del gioco.
Se c'è un buono o un eroe è perché dall'altra parte c'è il suo contrapposto.
Ma qui l'azione più viscida, disgustosa e ignobile la compie il Re, quello che nella versione più nota sarebbe "il principe azzurro".
Be' il Re - che è già sposato, ma queste sono quisquilie - trova per caso Talia (alias la bella addormentata) assopita nel suo sonno profondo e senza risveglio e, non potendo resistere alle sue grazie, abusa di lei. Sì, avete capito bene. La violenta!!! O come direbbe l'autore "prende possesso del suo paesino" -.-
Poi, come se nulla fosse, l'uomo abbandona la bella al suo giaciglio, e torna al suo regno dimenticandosi dell'accaduto.
Il "bello" è che tutto passa in sordina, anche dopo, quando al risveglio della ragazza, il Re le racconta l'accaduto, e la principessa non ne resta affatto turbata. Anzi! Reagisce come se essere abusate nel sonno fosse la prassi, come se, anziché lo stupro, il Re le avesse confessato una sciocchezza tipo:
"Cara, forse dovrei dirvi che mentre dormivate mi sono permesso di farvi le treccine."
E lei "Oh avete fatto bene! Erano cent'anni che che non cambiavo acconciatura."

Ma il colmo non è questo! Quello arriva alla fine della storia, quando l'autore conclude la narrazione con la sua massima che dice esattamente:

"Chi ha fortuna anche quando dorme gli piove in testa il bene."

╯°□°)╯︵ ┻━┻

Cioè, capito? Proprio a voler dire: che immensa fortuna quella di essere stuprate nel sonno da un Re! 

Posso anche concepire che Basile abbia pensato che un uomo, trovandosi una donna inerme si potesse comportare come ha fatto il suo Re. Del resto, con tutte le cose che si sentono in giro al giorno d'oggi (e suppongo anche peggiori ai tempi dell'autore, dato che sembra trovare normale il tutto), purtroppo non appare impensabile immaginare che, nella sua immensa sfortuna, alla poverina sia capitato il Re pervertito.
Però non concepisco il fatto che, alla fine, ce la descriva come "una fortuna". E ancor più non mi capacito di come la ragazza non mostri il minimo spavento/orrore/disgusto nell'apprendere ciò che le veniva fatto mentre giaceva indifesa.

Ma questa, ci tengo a specificarlo, è una critica alla fiaba, al suo autore, ai tempi andati (in cui la donna era evidentemente considerata non più che un oggetto), ma non al libro, che con grande eleganza e raffinatezza raggiunge perfettamente il suo scopo, quello di far conoscere l'altra metà delle favole, l'altra versione della storia, e anche far sorridere, riflettere e indignare.

Ringrazio ABEditore per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

giovedì 22 giugno 2017

Recensione: "Fiabe islandesi" selezionate e tradotte da Silvia Cosimini

Titolo: Fiabe Islandesi
Autore: Silvia Cosimini
Editore: Iperborea
Data di pubblicazione: 2016
Pagine: 224
Prezzo: 16,00 €


Trama:
Terra di miti e leggende che sembrano riecheggiare ancora nei suoi paesaggi lunari, l'Islanda ha dato voce alla sua creatività anche in un originale patrimonio di fiabe, qui raccolte in un'antologia inedita. Un mondo di castelli stregati, lotte in sella ai draghi e viaggi per mare con le barche di pietra dei troll, popolato da bellissime regine che si rivelano orchesse, elfi dispettosi che è bene farsi amici, giganti a tre teste che escono dalle grotte di lava, e una natura "vivente" piena di misteri, dove ogni roccia, animale o corso d'acqua può nascondere un'insidia o una presenza fatata. Storie che raccontano l'eterna lotta tra il bene e il male a colpi di magie, metamorfosi e prove di astuzia e di coraggio. 
Storie in cui i motivi di Biancaneve o della Bella addormentata hanno risvolti per noi inaspettati, e se la giustizia trionfa sempre come vuole la tradizione, punendo i malvagi e dando felicità e ricchezza ai probi, ogni fiaba ci sorprende con uno humour irriverente, un'inedita sensualità o una crudezza che ricorda le saghe. Pagina dopo pagina ci avviciniamo all'anima di un popolo che nelle solitudini boreali ha sempre viaggiato con la parola, l'immaginazione, la poesia.

Recensione:
Fiabe Islandesi fa parte della serie delle fiabe nordiche curata da Bruno Berni, che, come lo stesso libro ci tiene a precisare, racchiude quelle storie, fiabe e leggende, che un tempo venivano tramandate solo oralmente.
Facile, dunque, immaginare come passando di bocca in bocca, di paese in paese, esse mutassero in particolari, alcune volte trascurabili, altre volte più importanti, fino a generare addirittura nuovi finali, nuove morali e quindi versioni del tutto diverse. 
A Silvia Cosimini, che le ha tradotte dall'islandese, è andato anche il difficile compito selezionare quelle da inserire in questo libriccino, poiché, per quanto detto poc'anzi, dato il loro grande numero, inserirle tutte sarebbe stato impossibile.
La selezione ha richiesto un importante lavoro di cernita, per la quale la Cosimini ha scelto di prediligere, tra tutte le varianti, quelle in cui l'origine islandese fosse più forte e marcata. 
Per quanto riguarda i temi, sono presenti tutti quelli più ricorrenti nelle storie, che il popolo islandese, si tramandava a voce: fiabe che narrano degli abitanti del popolo nascosto; altre con protagoniste matrigne, orchi ed orchesse; fiabe che vedono narrate le avventure o le sventure di figli prediletti o ripudiati da Re e contadini; fiabe che raccontano di ricompense o di punizioni; e fiabe comiche. Prediligendo, per numero, quelle dai risvolti umoristici e buffi.
Tra le varie storie narrate spiccano alcune, inserite proprio per la loro originalità tematica: racconti in cui, sorprendentemente, sono le fanciulle a salvare gli uomini dalle avversità, o come avviene in "Fiaba del Re Oddur", in cui il protagonista è, per la prima volta, un personaggio dalla sessualità ambigua.
Le fiabe, oltre che per i temi, si differenziano per quello che vogliono raccontare, e spesso, e qui sta la loro bellezza e importanza dal punto di vista storico e culturale, spiegano l'origine di credenze popolari, detti e tradizioni. O, come nel caso de "La vecchia vuole qualcosa in cambio della sua fusarola", danno, attraverso la storia dei due contadini protagonisti, una spiegazione originale, seppur macabra, della presenza, così diffusa, di un fiore (i licheni) sul suolo islandese.
La scena mi ha fatto figurare in mente un'immagine graziosa e tenera, ovvero quella di un nonno che, mediante la narrazione di quella storia, spiega al suo nipotino perché quel determinato fiore sia presente, in un così gran numero, sui loro prati.
Eppure, come capita anche con le fiabe a cui noi siamo abituati, e con le quali siamo cresciuti, non tutte sembrano avere un senso logico, un insegnamento, o celare una morale. Molto spesso sono assurde e spietate, abitate da personaggi inutilmente crudeli, fastidiosamente ingenui, terribilmente sciocchi o tremendamente furbi.
La cosa che salta più all'occhio leggendole, è che non necessariamente si vede trionfare il bene inteso come la rivalsa dell'animo più buono, ingenuo e gentile. 
Molto spesso ad avere la meglio sono la furbizia e l'astuzia.
E se alcune sembrano dare un insegnamento o almeno far intendere ciò che vogliono raccontare e il perché della loro esistenza, altre lasciano semplicemente ammutoliti.
In generale quasi tutte strappano un sorriso, rivelando finali talmente strambi e buffi da lasciare attoniti e divertiti al tempo stesso.

Considerazioni:
Ciò che mi ha maggiormente colpito di questa raccolta è la stravaganza delle storie narrate. Le fiabe sono assurde e bislacche per natura, ma in questo libriccino ho letto storie dai risvolti grotteschi e strampalati e di personaggi davvero bizzarri.
Dalle fiabe in generale, soprattutto da quelle così antiche, non bisogna necessariamente aspettarsi di apprendere qualcosa. Ciò che dicono e il modo in cui lo fanno, appaiono, difatti, troppo distanti dal nostro mondo e dai nostri tempi, per cercare davvero di trarne qualche insegnamento o morale.
Lo stesso modo in cui la donna viene vista e trattata, nella maggior parte dei racconti, fa ribrezzo. In molti dei titoli presentati, colei che non fa figli o che per sventura o inganno li mette al mondo malati, viene, non solo ripudiata dal suo sposo, ma anche condannata a morte o costretta a perire rinchiusa in una prigione.
Tuttavia quando alla fine, lo sposo si rende conto che quella che dava per certa non era la realtà, ma il frutto di un inganno tramato da terzi, egli immancabilmente torna dalla moglie che, puntualmente, lo riaccoglie tra le sue braccia senza esitazione.
Evidente manifestazione di quanto, un tempo, la donna fosse vista più come oggetto di sollazzo per lo sposo che come un essere umano degno di rispetto.
Al giorno d'oggi ci aspetteremmo di leggere ben altro epilogo al posto della serena riconciliazione.
Ma, come dicevo, non bisogna cercare a tutti i costi di apprendere qualcosa dalle favole del passato. Esse servono a conoscere. Miti, tradizioni, credenze e folklore. Il fascino di ciò che è stato, il passato di un popolo, perché non c'è futuro senza radici.

Ringrazio la casa editrice Iperborea per averci fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro


martedì 13 giugno 2017

La mia storia: La 101 bambina ribelle: Beatrix Potter. Vincitrice del contest della Mondadori "Racconta la tua storia"

Salve avventori,
è da un po' che volevo comunicarvi questa notizia, ma ho atteso affinché la cosa fosse ufficializzata e pubblicata dai canali che avevano organizzato l'iniziativa.
Mi spiego meglio, altrimenti il tutto vi sembrerà stranamente criptico.
Ricordate il libro "Storie della buonanotte per bambine ribelli"? Immagino di sì, dato che lo avrete visto ovunque e ne hanno parlato tutti, comprese noi del Café Littéraire (trovate la recensione QUI).
Probabilmente ricorderete anche che la Mondadori Libri per Ragazzi aveva indetto un contest che incitava i lettori a raccontare la loro Bambina ribelle, e io e Little Pigo vi abbiamo partecipato.
Il 30 maggio mi è arrivata una mail che, con mia grande sorpresa, mi annunciava che il mio contributo era tra i cinque selezionati!
Ne sono stata davvero contenta! Perché oltre all'onore, ho raccontato la storia di Beatrix Potter, un personaggio che mi era dispiaciuto di non trovare tra le pagine del libro.
Volevo darne subito notizia, ma per correttezza ho deciso di aspettare che (come era stato detto nel comunicato del concorso) la notizia e i nomi dei vincitori fossero annunciati tramite i social della Mondadori.
Ebbene la mia scrupolosità è stata vana.
Ieri, controllando sul sito, ho notato che le storie selezionate erano state già pubblicate sul sito (le trovate QUI) e che da nessuna parte ne fosse stata data notizia!
Ci sono rimasta ancora più male quanto ho scoperto che i nomi dei vincitori (tra cui il mio), non vengono nemmeno menzionati! 
Ora, capisco che si voleva dare risalto ai personaggi raccontati, piuttosto che a chi ne ha scritto le storie, però un minimo di riconoscimento nel citare gli autori mi pare il minimo! D'altronde tra la ricerca delle informazioni, l'elaborazione del testo e quella dell'illustrazione, del tempo lo abbiamo perso!
Mah, mi rincresce molto la poca correttezza e il ancor minore risalto dato all'iniziativa.

Comunque ci tenevo a condividere con voi la mia storia. La mia bambina ribelle. 
La potete trovare anche sul sito Mondadori... certo, il mio nome, come quello delle altre vincitrici, non viene fatto, però sappiate che la storia di Beatrix Potter, con relativo ritratto, è opera mia XD
Ah, se conoscete le autrici delle altre storie vincitrici, o se siete voi una di esse, palesatevi. Facciamoci un po' di pubblicità almeno fra noi XD


Beatrix Potter 
Illustratrice e scrittrice 
28 Luglio 1866 - 22 dicembre 1943 
Londra - Regno Unito

C'era una volta una bambina di nome Beatrix che viveva con la sua famiglia nel South Kensington, in Inghilterra. I Potter erano soliti trascorrere i mesi estivi in Scozia, al Lake District, per sfuggire alla calura e alla noia della città. 
Qui Beatrix passava le sue giornate a scorrazzare per i sentieri di campagna e a giocare con le varie bestioline che la popolavano. Il maggiore passatempo con cui si dilettava, assieme al suo fratellino Bertram, era quello di ritrarre quegli animaletti e l'ambiente in cui vivevano. 
Ma quelli di Beatrix non erano i semplici e infantili disegni di una bambina, ma delicate e raffinate illustrazioni ad acquerello, la tecnica che prediligeva. 
Coniglietti, topolini, anatre, ricci animavano i suoi acquerelli, ma non solo... anche le piante e i funghi divennero oggetto della sua attenzione. 
Beatrix aveva un animo curioso ed era amante dello studio e della ricerca, e le sue illustrazioni diventarono, con il tempo, sempre più precise e dettagliate. 
Quando fu abbastanza grande, crebbe in lei il desiderio di andare all'università, ma all'epoca lo studio non era ancora considerato una faccenda per signorine, e i genitori si mostrarono fortemente contrariati all'idea. 
Nel mentre la sua governante e grande amica, Annie Moore, si era sposata e aveva avuto dei bambini. A loro, e per il loro diletto, Beatrix indirizzò moltissime storielle illustrate. In quelle lettere ci sono le prime testimonianze delle storie che l'hanno resa poi celebre in tutto il mondo. 
Fu proprio la cara Annie a convincerla a pubblicare le sue storie. Lei, prima di chiunque altro, intuì che tutti i bimbi avrebbero adorato i suoi animaletti, così come avevano fatto i suoi figli. 
Anche la strada per realizzare il sogno di vedere le sue storie stampate su carta fu tortuosa e in salita, non fu facile trovare un editore interessato a pubblicare una donna. 
Quando finalmente vennero pubblicate, divennero subito un grande successo! 
Le sue rappresentazioni di funghi e piante, così accurate, ebbero grande rilevanza per le riviste scientifiche e di botanica, ma fu con le sue bestioline di carta e acquerello che fu nota al grande pubblico. Tutti si innamorano di Peter il coniglio, degli altri animaletti disegnati da Beatrix Potter e delle loro mirabolanti avventure, che fanno sognare ancora oggi i lettori di tutte le età.

venerdì 9 giugno 2017

Presentazione: "Walden. Un anno nei boschi" di Henry David Thoreau

Gallucci Editore presenta "Walden. Un anno nei boschi" di Henry David Thoreau, con le illustrazioni di Giovanni Manna.
Chi di voi ha, nella lista delle letture da leggere "prima o poi", quella in cui Thoreau narra la sua vita in solitudine in quella casetta di legno, costruitasi sulle rive del lago Walden?
Io ho letto il romanzo "Walden, ovvero Vita nei boschi" di Henry David Thoreau un paio d'anni fa, e mi sono ritrovata ad apprezzarne alcuni aspetti (quelli in cui narra la vita a contatto con la natura) e a criticarne profondamente altri (come ad esempio la presunzione e la supponenza con cui lo scrittore, ponendosi su un piedistallo, elargisce critiche e giudizi).
Tuttavia lo considero un libro interessante e da leggere.
Gallucci ha preso questa lettura corposa e "difficile" e l'ha resa fruibile ai più piccini con questo albo illustrato, che racchiude in sé alcuni dei passi più belli dell'avventura solitaria di Thoreau, impreziosendola con deliziose illustrazioni.


Autore: Henry David Thoreau
Illustrazioni: Giovanni Manna
Editore: Gallucci Editore
Data di pubblicazione: Maggio 2017
Pagine: 32
Prezzo: 16,00 € (cartaceo)


Trama: 

Dal 1845 al 1847 Thoreau visse in una capanna (che aveva costruito lui stesso) a Waldenm Pond, all'intereno della proprietà del suo amico Ralph Waldo emerson.
Decise di farlo perchè, come lui stesso scrisse, voleva "vivere con saggezza, per non scoprire morendo, di non aver vissuto".
Quest'edizione illustrata trae ispirazione del libro "Walden, ovvero Vina nei boschi". 
Sono stati estratti dall'opera alcuni brani che descrivono il volgere delle stagioni nel corso di un anno, riassumendo in pratica l'esperimento di Thoreau, che durò invece due anni, due mesi e due giorni.
“Volevo vivere fino in fondo e succhiare tutto il midollo della vita, mettere la vita in un angolo e ridurla ai minimi termini e poi, se si fosse rivelata misera, godere a pieno della sua miseria genuina e mostrarla al mondo; oppure, se fosse apparsa sublime, farne esperienza per poi essere in grado di darne una vera descrizione nel resoconto di questo viaggio”.

mercoledì 7 giugno 2017

Waiting for #15

Rieccoci con la rubrica "Waiting for", con la quale vi segnaliamo le prossime uscite, o quei titoli che non vediamo l'ora di avere nella nostra libreria!


Quello di cui vi parlo oggi è l'ultimo romanzo della nota scrittrice Fannie Flagg, uscito negli Stati Uniti lo scorso 29 novembre, per la casa editrice Random House Books.
Il libro è ambientato di nuovo ad Elmwood Springs, anche se pare non sia il quarto capitolo della saga iniziata con "Pane, cose e cappuccino", o almeno questo è ciò che mi è sembrato di capire.
La trama mi incuriosisce molto, è bizzarra e surreale, e sicuramente non mancherà di avere risvolti buffi. Per di più ho la netta sensazione che Fannie Flagg sia una garanzia di qualità, ragion per cui ho già stabilito che prima o poi i suoi lavori li comprerò tutti!


Titolo:
 The Whole Town's Talking
Autore: Fannie Flagg
Editore: Random House Books
Data di pubblicazione: 29 novembre 2016
Uscita italiana: non pervenuta
Pagine: 432
Prezzo: 8,27 €


Trama: 

Elmwood Springs, Missouri, è una piccola città come tante altre, ma qualcosa di strano sta accadendo al cimitero che, a dispetto del nome che porta, ovvero "Prati tranquilli", è tutto tranne che un posto tranquillo. 
Qui vive Lordor Nordstrom che, con la sua saggezza, è riuscito a creare non solo una città vivace, ma anche un bellissimo "luogo di riposo" per la sua famiglia, gli amici e i vicini. 
Ma "luogo di riposo" è un epiteto poco adeguato, poiché cose strane cominciano ad accadere proprio al cimitero, e tutta la città non fa che parlarne.
Originale e profondo, il romanzo racconta la storia di Lordor, della moglie svedese di questi, sposata per corrispondenza, dei loro vicini e parenti, di come vivono, amano, muoiono e vanno avanti in modi misteriosi e sorprendenti.

Non serve dirvi che aspetto con trepidazione una newsletter da parte della Rizzoli che riveli la prossima pubblicazione del romanzo in questione.
Ancor meglio sarebbe vederne direttamente la versione targata Bur Rizzoli, naturalmente con la splendida copertina vintage, in linea con i precedenti libri della Flagg.
Adoro quelle cover, perciò non sopporterei un cambio di direzione per ciò che riguarda la veste grafica... casa editrice avvisata, mezza salvata, almeno spero!
E per il momento è tutto, ma se qualcuno di voi dovesse sapere di più sull'uscita di questo titolo, non esitate a contattarmi ^-*
E voi, quali libri attendete?

lunedì 5 giugno 2017

Recensione: "La galleria degli enigmi" di Laura Marx Fitzgerald

Titolo: La galleria degli enigmi
Titolo originale: The gallery
Autore: Laura Marx Fitgerald
Editore: Fabbri Editore
Data di pubblicazione: 16 marzo 2017
Pagine: 269
Prezzo: 15,90 € 

Trama:
Siamo a New York, nel 1928, e agli occhi di una dodicenne, l’abitazione di Mr. Sewell sembra quasi un castello delle fiabe, con tanto di principessa prigioniera nella torre. Sì, perché la moglie di Mr. Sewell, Rose, da anni vive reclusa in soffitta, dove nessuno può salire nemmeno per portarle i pasti, spediti nella sua camera con un montavivande. 
Gli altri domestici sostengono che sia pazza, ma Martha, a cui la fantasia non manca, comincia a pensare che dietro i quadri che la donna chiede continuamente di portare su e giù dalla sua galleria privata si celi un codice: e se la scelta dei dipinti non fosse casuale, bensì un ingegnoso metodo per trasmettere un messaggio di aiuto? 
Come presto scoprirà, in quella casa piena di segreti niente è come sembra, e nessuno è chi sostiene di essere. 
Riuscirà Martha a risolvere il mistero che lega tra loro i dipinti e a portare alla luce la verità seppellita in soffitta insieme a Rose?

Recensione:
Una ragazzina tutto pepe, una donna reclusa in soffitta, un uomo misterioso, una dimora ricca di stanze quanto di segreti. 
Sembrano gli ingredienti di una storia coi fiocchi, una di quelle da divorare parola dopo parola, ed in effetti è proprio così, perché la vicenda narrata in queste pagine ha tutto ciò che serve per rendere l'intreccio iniziale, che è di per sé già un buon punto di partenza, sempre più coinvolgente.
La carta vincente di tutto il libro è senza dubbio la protagonista, così curiosa e piena di vita e di domande. Con Martha non ci si annoia mai, grazie alle sue battute di spirito, il suo modo di fare istintivo, e la naturale franchezza che le impedisce di rispettare le gerarchie.
Non sa tenere a freno la lingua, e perciò dice tutto ciò che pensa senza pensarci due volte (scusate la ripetizione). 
Capisco che, detto così, sarebbe facile per voi immaginare Martha come la solita adolescente tutta divertimento, ma in realtà le cose non stanno proprio in questo modo. Man mano che si va avanti, verranno fuori nuovi lati di lei: il suo essere tenera e premurosa con i fratellini, l'istinto di protezione verso il papà, il senso di responsabilità verso la mamma, la forza nell'affrontare nuove e difficili situazioni.
E cosa c'è di più arduo che stabilire se la padrona di casa è una donna malata e bisognosa di cure, oppure una vittima reclusa contro la sua volontà? E che dire poi di Mr. Sewell? Un uomo innamorato o un aguzzino senza scrupoli?
Ovviamente non vi dirò da che parte stia la verità, posso però affermare senza mezzi termini che il percorso per arrivare ad essa è stato appassionante e avvincente. Non c'è stato momento in cui la curiosità sia venuta meno, anzi, dopo aver finito un capitolo, non vedevo l'ora di fiondarmi sul successivo.
Altra cosa che ho davvero apprezzato è l'inserimento di opere d'arte nella trama, al fine di trasmettere determinati messaggi o rivelazioni. 
Ora, io potrei anche essere di parte (considerando i miei studi umanistici), ma trovo lo stratagemma dei dipinti davvero geniale. Per mezzo di esso, abbiamo modo di intrecciare gli stati d'animo e le vicende dei nostri protagonisti con gli accadimenti di altri personaggi letterari del passato, e in particolare di eroine coraggiose.
Ogni quadro ha una sua storia, e ogni quadro contribuisce a raccontare anche la storia di casa Sewell, in modo originale e accattivante.
Un particolare poi che non può essere sottovalutato è il contesto storico, che ci rende partecipi del proibizionismo, delle battaglie politiche, degli atti terroristici, e soprattutto della condizione della donna a quei tempi.
Ne è l'esempio lampante Rose Sewell, l'altra grande protagonista di questo romanzo (quasi tutto al femminile), ritenuta fin troppo libertina e indipendente per la società a lei contemporanea.
Una donna che si è fatta da sola, che non ha bisogno di un uomo che la mantenga, che vive alla giornata, assaporando un'emozione dopo l'altra.
Inutile dire che ho trovato Rose, meglio nota come la Rosa Selvaggia, un personaggio davvero affascinante, tutto da scoprire.
Altre figure si avvicendano nel racconto, rivelandoci di loro poco a poco, e instillando nuovi dubbi e sospetti nella mente di noi lettori.
Credo che questo sia uno dei punti di forza del romanzo, riuscire a tenere sempre alta la tensione, e ad alternare momenti di pathos, ad altri più divertenti, sino ad arrivare a quelli (numericamente minori) più nostalgici e profondi.
Ultima cosa di cui vorrei parlarvi sono le annotazioni finali della scrittrice, che ci rivelano quanto di vero c'è nella storia narrata, e in particolare a quali fatti di cronaca ha attinto. Ci dà inoltre alcuni preziosi consigli, qualora volessimo cimentarci nella scrittura.
E per ultimo, ma non meno importante, la Fitzgerald ci parla di una collezione segreta, quasi quanto quella della signora Sewell. Esiste quindi davvero una galleria degli enigmi? Non vi resta che scoprirlo.

Considerazioni:
Non conoscevo quest'autrice e, dopo questo libro, posso dire di essermi perdutamente innamorata del suo modo di scrivere. 
Laura Marx Fitzgerald è riuscita a creare un intreccio accattivante, ricco di pathos ed emozioni.
Più si va avanti, più si ha fretta di arrivare alla fine.
D'altra parte, più si conosce Martha, più dispiace abbandonarla. Lei è indubbiamente la protagonista del romanzo, non solo perché ha il ruolo centrale e più attivo, ma anche perché ha una personalità così preponderante da oscurare qualunque altra nei paraggi.
E la cosa più bella della dodicenne sta nel fatto che lei è una di noi: agisce come farebbe chiunque altro al suo posto, non ha sovrastrutture, è spontanea, vera, umana.
Non una di quelle figure letterarie poco convincenti, che sembrano solo ricoprire un ruolo predestinato.

«Volevo dire la Bibbia. Chiunque l'abbia scritta, ha scaricato tutta la colpa su Eva. Chi può darle torto se voleva conoscere un segreto di quella portata? E perché Dio l'ha tanto decantato per poi proibirlo? Io so che se mia madre dicesse ai miei fratelli "Non mangiate la torta che ho appena fatto", loro ci ficcherebbero le dita dentro non appena lei volta le spalle. Meglio nasconderla sotto il letto e lasciare che si domandino come mai la casa profumi di ciliegie».
«Martha O'Doyle, ti ordino di tacere immediatamente.» 
È questo il guaio, una volta che comincio a farmi domande, la mia mente si lancia dritta per la sua strada. Come i miei fratellini nel traffico. 
«E non capisco come mai Adamo sia diventato l'eroe di questa storia. Non è che si è fatto pregare molto per fare la stessa cosa che Eva aveva avuto il coraggio di fare per prima. Perché è stata Eva a beccarsi la maledizione? Perché i maschi non sono costretti a passare una settimana al mese con un panno tra le gambe come noialtre?»

Lo stesso si può dire per Rose Sewell. Ho amato gli aneddoti sul suo passato, a tal punto che vorrei uno spin off sui suoi giorni da giovane ribelle.
Più enigmatici rimangono gli altri attori non protagonisti, come Alphonse o i genitori di Martha.
Di Mr. Sewell non vi parlerò, perché non vorrei in nessun modo influenzarvi con le mie opinioni.
Chi mi ha invece colpito è il papà di Martha (detto Papo), che pur restando sempre un po' in disparte, è tra quelli che regala più emozioni, anche se non sempre positive. È una persona fragile, troppo incline a cadere in fallo, e a ferire il prossimo, prima fra tutti la sua bambina.
Mi ha fatto impressione leggere di Martha così matura, pronta a rimettere in sesto chi dovrebbe prendersi cura di lei. Mi ha fatto impressione soprattutto riconoscere in una situazione su carta una realtà purtroppo molto comune, quella dei ragazzi, costretti dalle circostanze, a crescere molto più in fretta.
Ritengo che le scene incentrate sul rapporto padre e figlia, come anche quelle che alludono alla vecchiaia, hanno contribuito a dare a questo libro uno spessore che sinceramente non credevo di trovare.
Non vi nego che proprio il finale mi ha lasciato delle sensazioni strane, una sorta di nostalgia e di tristezza, che non avrei mai pensato di rinvenire in queste pagine.
Ma è questo il bello della lettura, non riuscire ad immaginare cosa ci attende alla fine. Perché non c'è niente di meglio di una bella sorpresa, non trovate?

Ringrazio la casa editrice Fabbri Editore per avermi fornito una copia di questo romanzo

il mio voto per questo libro

venerdì 2 giugno 2017

Chi ben comincia... #34

Poche e semplici le regole:
♥ Prendete un libro qualsiasi contenuto nella vostra libreria
♥ Copiate le prime righe del libro (possono essere 10, 15, 20 righe)
♥ Scrivete titolo e autore per chi fosse interessato
♥ Aspettate i commenti

L'ombra del Golem di Éliette Abécassis


Salve avventori!
Rieccoci con un nuovo appuntamento della rubrica "Chi ben comincia".
Quello che vi propongo oggi è l'incipit di quella che, molto probabilmente, sarà la mia prossima lettura.
Il libro in questione è stata una vera e propria sorpresa per noi del Café Littéraire.
Ha bussato alla nostra porta in un pacco dal contenuto ignoto, ed eccolo là, in tutto il suo splendore, il titolo dorato che a grandi lettere dice "L'ombra del Golem".
Dopo il titolo, non ho potuto fare a meno di notare la bellissima e inquietante illustrazione in copertina. Poi i miei occhi sono andati alla ricerca dell'autore, ma sono subito stati catturati da un nome che io e Little Pigo conosciamo molto bene... "Benjamin Lacombe".
Ora, potete anche immaginare i nostri gridolini di felicità/stupore e gli occhi a cuoricino.
Il libro è di Éliette Abécassis, un'autrice che ammetto di non aver sentito mai nominare fino a quando non l'ho letto affiancato al nome del suddetto Lacombe.
Piena di gioia per il nuovo arrivato, l'ho subito sfogliato, annusato, e ammiratone le bellissime illustrazioni.
Poi,spinta dalla curiosità, ho letto l'incipit, quello che vi riporto qui sotto.

Miei cari nipotini, è per voi che stasera ho deciso di prendere carta e penna. Fuori fa freddo, ho ravvivato il fuoco per avere un po' di calore perché le mie dita intorpidite hanno bisogno di scaldarsi. Scrivo a penna, non ho computer né telefono cellulare. E non ho uso nemmeno Google: nonostante l'età e il tempo trascorso, mi servo soltanto della mia ottima memoria. La mia mente è vivida e non ho dimenticato nulla di quanto ho imparato. 
Ormai ho una certa età, ma non ho mai raccontato a nessuno questa storia; sono stata costretta a mantenerla segreta per ragioni che capirete più in là. Ora vorrei condividerla con voi, cercando di narrarvela nel miglior modo possibile, anche se a volte vi sembrerà folle e priva di senso. È giunta l'ora di testimoniare ciò che ho visto, e di rivelarvi lo strano segreto che ha sconvolto per sempre la mia vita - e quella dell'intera umanità.

Non so voi, ma io sono rimasta molto affascinata da queste parole e dalla situazione descritta. Mi ha fatto venire voglia di leggerlo, mi ha subito catapultato nell'atmosfera. Sono lì, in quella stanza riscaldata dal camino, ne percepisco il tepore. Sento il freddo dell'inverno (anche se qui sembra estate) e sento la trepidazione, l'impazienza di conoscere la storia che la vecchina ha da narrarci.
Voi cosa ne pesate? Siete intrigati da questo inizio? Vi ha trasmesso le stesse sensazioni?

giovedì 1 giugno 2017

Recensione: "Lo zio del barbiere e la tigre che gli mangiò la testa" di William Saroyan

Titolo: Lo zio del barbiere e la tigre che gli mangiò la testa
Autore: William Saroyan
Illustrazioni: Fabian Negrin
Editore: Orecchio acerbo editore
Collana: Pulci nell'orecchio
Data di pubblicazione: 16 Marzo 2017
Pagine: 40
Prezzo: 8,50 € (cartaceo)

Trama:
La bottega di un barbiere armeno e un ragazzino che ha i capelli così lunghi che gli uccellini ci hanno fatto il nido dentro. Giunto nella bottega di quello strano personaggio - che forse come barbiere non vale nulla ma come narratore nessuno lo batte - quel ragazzino sognatore ascolta la triste storia di un uomo che lavorava in un circo. Ogni giorno metteva la testa nella bocca di una tigre. Ogni giorno lo stesso numero. Ogni giorno l’applauso finale che accresceva la sua fiducia nel destino. Finché una sera la tigre chiuse la bocca e non la riaprì. Così va il mondo degli adulti.

Recensione:
Protagonista di questo terzo ed ultimo (almeno per ora) racconto della collana "Pulci nell'orecchio" è un ragazzino dalla chioma folta e indisciplinata. Tutti lo prendono in giro per quella massa informe che ha sulla testa, tutti lo deridono e invitano a darci letteralmente un taglio, ma al nostro protagonista importa davvero poco di quello che la gente ha da ridire su lui e sui suoi capelli.
Infatti, mentre il mondo è intento a guardare la sua capigliatura lui è, invece, occupato a guardare il mondo. 
Quel grande mondo così vasto, tutto ancora da scoprire, tutto ancora da vedere, ma ricco anche di cose che sa non potrà vedere e conoscere mai.

"Era strano e miracoloso esser vivo in un qualche punto del mondo. Vivo, capace di muoversi attraverso il tempo e lo spazio, mattina, meriggio e notte; e respirare, mangiare e ridere; parlare, dormire e crescere. E vedere, udire, toccare. Camminare per i luoghi del mondo, sotto il sole. Essere al mondo. Nel mondo. 
Ero contento che il mondo esistesse, e che potessi, così, esistere anch'io. 
Ero solo, ed ero triste per ogni cosa, ma ero contento pure. Ossia, ero tanto contento per ogni cosa che mi sentivo triste. E tanto triste e contento insieme che volevo sognare, pensare ai luoghi che non avevo mai visto. Le magiche città del mondo: New York, Londra, Parigi, Berlino, Vienna, Costantinopoli, Roma, Cairo. Le strade, le case, e la gente viva ovunque. Le porte e le finestre ovunque. E i treni, nella notte, e nella notte i piroscafi per il mare. Il malinconico mare oscuro. E i momenti luminosi di tutti gli anni morti, le città sepolte sotto gli anni, i luoghi che non esistevano più: tutto quello ch'era stato vivo e ch'era morto e che per sempre era vivo perché il vivo viveva in eterno sulla terra."

Ma, mentre è disteso sull'erba a filosofeggiare sulla vita e sull'esistenza, un uccello manifesta la viva intenzione di costruirsi una casa nel confortante cespuglio che ha sulla testa.
Da qui la decisione di tagliarli davvero quei capelli.
Ma dal barbiere, più che un ottimo taglio, ricaverà una storia. La storia di un uomo che ha vagato per il mondo, in lungo e largo non sentendosi mai a casa, non sentendosi mai accolto, se non dal circo che diventerà la sua casa, ma dove troverà anche la sua fine.
William Saroyan racconta una storia sulla solitudine, sull'indifferenza e sulla disperazione che ne derivano.
Per quanto il mondo sia vasto, pieno di persone, case e porte, raramente queste si aprono. Molto più spesso quelle restano chiuse o in casi ancora peggiori vengono socchiuse con diffidenza per poi richiudersi ancora più in fretta.
Così, quando finalmente si trova qualcuno che ci invita ad entrare, facciamo di tutto per non uscire più, di tutto per non tornare fuori a vivere l'indifferenza.
Allo stesso modo lo zio del barbiere è disposto ad affrontare le fauci della tigre anche dieci volte al giorno pur di non tornare fuori a bussare a mille altre porte che, lo sa bene, resteranno chiuse.
Un racconto pieno di malinconica poesia che ci regala un'altra lezione per un altro piccolo protagonista: ci si può sentire immensamente soli anche in un posto così infinitamente grande.

Ringrazio la Orecchio Acerbo Editore per avermi fornito una copia di questo libro

il mio voto per questo libro