martedì 29 dicembre 2020

Recensione: "Sorella di neve" di Maja Lunde e Lisa Aisato

Titolo: Sorella di neve
Autore: Maja Lunde
Illustrazioni: Lisa Aisato
Editore: Giunti
Data di pubblicazione: 1 novembre 2020
Pagine: 192
Prezzo: 24,00 €

Trama:
La vigilia di Natale è alle porte e Christian sta per compiere undici anni. Di solito è un giorno magico, il più bello dell'anno, accompagnato dal suono del fuoco che scoppietta nel camino, dalle luci dell'albero di Natale e delle candele tremolanti. Ma quest'anno tutto è diverso, Christian e la sua famiglia stanno affrontando un terribile lutto e l'atmosfera del Natale è del tutto scomparsa. 
Poi, un giorno, Christian incontra Hedvig, una ragazza allegra e grande amante del Natale, e comincia a credere che forse non tutto è perduto. 
Ma qualcosa di strano accade nella casa di Hedvig: chi è il vecchio che si aggira per la sua casa? E perché la bambina è sempre così riservata?

Recensione:
Maja Lunde, con questo meraviglioso libro illustrato, ci regala non solo una perfetta favola di Natale, ma anche una storia senza tempo, che parla di dolore e di perdita, di accettazione e rinascita.
Con un percorso in 24 capitoli - che richiamano alla mente le tipiche tappe del calendario dell'avvento - entriamo a far parte della vita di Christian e della sua sconquassata famiglia, ancora in lutto dopo la recente morte della figlia maggiore, l'esuberante Juni. 
Da quel terribile giorno, niente è stato più come prima, niente più canzoni urlate a squarciagola, niente più gite, niente più fotografie, niente più sorrisi. Niente di niente, solo silenzio.
Christian osserva mestamente i suoi genitori che non sono più i suoi, che non lo guardano più in viso, che non si interessano più a lui, e poi vede la piccola Augusta la quale, solo sei mesi prima, era un tornado di energia ed emozioni ma che, dopo la morte della sorella, si è spenta, proprio come il resto della famiglia. 
Natale si avvicina, come anche il compleanno del ragazzino, ormai rassegnato a non festeggiare né l'uno né l'altra cosa. 
Ma poi in una fredda giornata di neve arriva lei, la bambina più stramba e vivace che si possa immaginare. Rossi i capelli, rosso il cappotto, ed un sorriso così aperto e accogliente che il nostro protagonista non può che sorriderle di rimando. 
Hedvig, perché questo è il suo nome, non riesce proprio a stare zitta, è un fiume in piena di parole, domande, proposte ed entusiasmo. Lei, assieme all'abbagliante Villa Vischio, addobbata in grande stile, cercheranno di riportare lo spirito delle feste nel cuore del bambino e della sua sofferente famiglia. Ne saranno capaci, o il dolore avrà ancora la meglio?

Ma quella narrata in queste pagine non è solo la storia di Christian, ma anche quella della stessa Hedvig che, dietro quegli enormi sorrisi, sembra nascondere più di un segreto, e del misterioso Henrik, che si aggira di soppiatto nei dintorni di Villa Vischio, con l'aria cupa di chi non riesce a superare il passato.
Queste tre vite - e non solo queste - si intrecceranno l'una all'altra, dando una svolta al corso degli eventi, e donando una dolce consolazione agli animi feriti dei personaggi principali.
Una favola tenera e nostalgica, che trasporta nell'atmosfera magica delle feste, ed emoziona con un racconto che sa di sentimenti puri e reali.
Ma soprattutto un libro che trasmette un bellissimo messaggio di speranza. Perché ciò che conta non è dimenticare il dolore, ma accettarlo come una parte inevitabile e necessaria della vita. Ciò che conta è ricordare chi abbiamo amato, e onorarne la memoria ogni giorno, non cancellarne le tracce per non soffrire, ma tenerle vicino al cuore, per continuare a sentirli sempre al nostro fianco.

Considerazioni:
Adoro i libri illustrati, ma ciò che amo davvero sono i libri che, non si limitano a dare il giusto lustro a dei bellissimi disegni, ma anche alla storia che sono chiamati ad accompagnare.
Non sempre è così, anzi spesso l'importanza delle illustrazioni è tale da soppiantare la storia, ridotta ad un paio di righe per foglio.
Il connubio delle parole dell'autrice Maja Lunde e della celebre e pluripremiata disegnatrice Lisa Aisato, invece, si dimostra vincente. Un sodalizio perfetto in cui nessun membro prevale sull'altro, per dare vita ad un racconto emozionante ed indimenticabile.
E parlando proprio delle illustrazioni, cosa posso dire se non meraviglia delle meraviglie! Alcune sono così dettagliate da sembrare quasi delle foto, altre così allegre e colorate da essere una gioia per gli occhi.
E poi i personaggi... come si fa a non affezionarsi a quella creaturina buffa che è Hedvig? I suoi sproloqui mi hanno ricordato molto la altrettanto strampalata Anna Shirley!
Naturalmente anche Christian ed Henrik si sono guadagnati il mio affetto nel corso delle pagine, grazie ai loro comportamenti schivi e ai loro significativi silenzi.
Sulla famiglia di Christian non c'è molto da dire, perché per quanto i genitori possano aver peccato di sensibilità nei confronti dei figli superstiti, non si può giudicarli. Ognuno affronta il dolore come meglio crede, o nell'unico modo che ritiene possibile.
Vorrei spendere invece due parole su Juni, la cui assenza è a tutti gli effetti il tema principe del libro. Tramite la sua figura evanescente, vengono toccati, in modo discreto, due tematiche molto importanti, soprattutto al giorno d'oggi: la depressione e i disturbi alimentari.
Juni era la persona più esuberante al mondo, fino a quando qualcosa dentro di lei si è rotto. La risata, che da sempre la contraddistingueva, ha lasciato spazio prima ad un assordante vuoto di parole, e poi a lacrime che non avevano bisogno di spiegazioni.
La ragazza, che fino a poco tempo prima illuminava le stanze in cui metteva piede, ha cominciato a sparire, fisicamente e mentalmente, sino a diventare solo un ingombrante ricordo per i suoi cari, una voragine buia che ha risucchiato tutto il resto. 
Ma da ogni baratro si può risalire, se si ha voglia di farlo, e se c'è una mano amica, tesa e pronta ad afferrarci. Se si vuole ricominciare a vivere, giorno dopo giorno, un passo alla volta, non nascondendo il proprio dolore, ma condividendone il peso con chi ci ama.

Ringrazio la casa editrice Giunti per avermi fornito una copia cartacea del libro

il mio voto per questo libro

giovedì 24 dicembre 2020

Review Party - Recensione: "Canto di Natale" di Charles Dickens

In occasione del Review Party dedicato a questa nuova meravigliosa edizione del grande classico "Canto di Natale" di Charles Dickens, illustrata da Iacopo Bruno, ho avuto modo di rileggere questa storia natalizia e rivalutarla con occhi nuovi.
Per conoscere le opinioni delle altre ragazze che, con me, partecipano all'iniziativa, vi invito a passare dai loro blog. Li trovate citati nel banner qui sotto.
Intanto qui trovate la mia recensione :)



Titolo: Canto di Natale
Autore: Charles Dickens
Illustrazioni: Iacopo Bruno
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 24 novembre 2020
Pagine: 111
Prezzo: 20,00 €


Trama:
Tintinnare di monete e frusciare di banconote: solo a questo pensa il vecchio e avaro Ebenezer Scrooge. Ma tutto cambia nella magica e spaventosa notte di Natale quando Scrooge riceve la visita di tre spiriti che lo costringono ad aprire finalmente gli occhi. E il cuore. La più celebre storia di Natale, toccante parabola fantastica di Charles Dickens, in un volume illustrato da Iacopo Bruno.

Recensione:
Come molti di voi, immagino, ho conosciuto la storia narrata ne il “Canto di Natale” di Dickens dal cartone animato Disney, che vede un avaro e insensibile Ebenezer Scrooge interpretato da Zio Paperone, il suo dipendente Bob Cratchit da Topolino, e l’ex socio in affari Jacob Marley, interpretato da Pippo. 
Adoravo, e ancora oggi adoro, quei venti minuti di animazione che sanno trasportare nell'atmosfera natalizia, emozionare, affascinare, ed esprimere tutto il senso della storia di Dickens.
Quando qualche anno fa mi sono finalmente decisa a leggere il grande classico di Natale, ne sono rimasta delusa. Avevo, in quell'occasione, scelto probabilmente un’edizione obsoleta, scritta con un linguaggio forse troppo antiquato, e l’ho trovata fredda, noiosa e, mi duole dirlo, per nulla emozionante.
Leggerlo, in quell'occasione, era stato come tornare, dopo tanti anni, in un posto che avevo tanto amato da bambina, e scoprirlo inaspettatamente molto diverso da come lo ricordavo... più piccolo, più triste, meno colorato, meno incantevole e grandioso.

Questa nuova, bellissima, edizione illustrata da Iacopo Bruno mi ha fatto capire quanto la scelta del linguaggio e della traduzione sia fondamentale per fare breccia nel cuore del lettore.
Non so dirvi con esattezza in cosa consistessero le differenze, fatto sta che per me è stato come leggere un libro nuovo, coinvolgente e fresco. Far ritorno in quel luogo che avevo amato da piccola e ritrovarlo esattamente come lo ricordavo.
E sono contentissima di aver potuto rivalutare questo classico senza tempo, ma anche molto sorpresa perché non mi aspettavo di cambiare così drasticamente la mia opinione a riguardo.
Questa volta lo spirito del Natale l’ho percepito in tutta la sua serena dolcezza.

Non serve che mi dilunghi nel raccontarvi la storia del vecchio e avaro Ebenezer Scrooge che nella notte di Natale viene visitato da quattro spettri che lo porteranno alla conversione e ad un totale cambiamento di rotta, sono sicura che la conosciate tutti, ma ci tengo a dire quanto in questa rilettura la metamorfosi del personaggio mi sia parsa sincera e sentita, forse esagerata e improvvisa, ma non forzata da secondi fini.

Scrooge muta man mano che riscopre se stesso, ciò che ha perduto, ciò che sta perdendo e ciò che potrebbe perdere ancora.
Ogni no, ogni rifiuto gli è costato caro, gli è costato il cuore, le emozioni e l’anima che, ormai da tempo, non riesce più a trovare calore e conforto in nulla.
Dickens si serve dei tre spiriti, quello del passato, quello del presente, e quello del futuro, per riportare Scrooge alla vita, e non esserne solo un severo osservatore.
E noi assistiamo lentamente alla sua trasformazione: Ebenezer ricorda la sua infanzia, la solitudine delle giornate passate immerso nei libri, immaginando mille emozionanti avventure, la dolcezza della sua sorellina, il calore di un abbraccio, e la gentilezza di un datore di lavoro allegro e gentile. Inizia a rendersi conto di quanto ha sbagliato e perseverato nel corso di gran parte sua esistenza, di essersi comportato in modo molto ingiusto nei confronti del suo dipendente Bob Cratchit; e a poco a poco riscopre le piccole dolci piacevolezze della vita: i profumi e gli odori di una tavola imbandita e la gioia di condividere un pranzo insieme a chi si ama; si confronta infine con la miseria e la povertà che ha sempre disprezzato e ignorato, rendendosi conto di essere egli stesso parte di quella disgrazia.

Ecco! Che vapore! Il pudding era fuori dalla pentola. Un odore come di giorno di bucato! Quello era il telo in cui era stato avvolto. Un odore come di un ristorante e di una pasticceria vicina, con una lavanderia accanto! 
Ecco cos'era il pudding. 
In mezzo minuto Mrs. Cratchit fece ritorno, tutta rossa in volto ma con un sorriso fiero, assieme al pudding: pareva una palla da cannone maculata tanto era duro e sodo, fiammeggiante, intriso di brandy acceso, e decorato con un rametto di agrifoglio di Natale piantato in cima! 
«Oh che pudding meraviglioso!»

“Dalle pieghe della veste sfilò fece due bambini; disperati, brutti, spaventosi, orribili, miserabili. Si inginocchiarono ai suoi piedi e si aggrapparono alla stoffa. 
«Guarda, uomo! Guarda qui. Guarda, guarda quaggiù» esclamò il Fantasma.
Erano un bambino e una bambina. Lividi, scarni, laceri, cupi, feroci ma anche prostrati nella loro umiltà. Dove la grazia dell’infanzia avrebbe dovuto riempire i loro tratti, e dipingerli con i colori più freschi, una mano secca e raggrinzita come quella della vecchiaia li aveva afferrati, distorti, e ridotti a brandelli. 


«Spirito! Sono vostri figli?» Scrooge non riuscì a dire altro. 
«Sono i figli dell’uomo» disse lo Spirito guardandoli. E si aggrappano a me, chiedendo che li salvi dai loro padri. Questo bambino è l’Ignoranza. Questa bambina è il Bisogno. Guardati da entrambi, e da tutti quelli della loro stirpe, ma soprattutto guardati da questa bambina, perché sulla sua fronte vedo scritta la Condanna, a meno che la parola non venga cancellata. Negalo!» gridò lo Spirito tendendo la mano verso la città, «Calunnia coloro che lo dicono! Ammettilo per i tuoi scopi faziosi, e peggiora le cose! E aspetta la fine!» 
«Non hanno un rifugio o qualche possibilità ?» 
«Non ci sono le prigioni?» disse lo Spirito, rivolgendosi a lui per l’ultima con le sue stesse parole. «Non ci sono gli ospizi?»”

Il senso di colpa, la consapevolezza di aver sbagliato tutto, la paura di non avere più tempo per rimediare agli errori e per redimersi, tutto questo è estremamente potente e sentito, così com’è intenso ed entusiastico il ritorno alla vita, la consapevolezza di avere ancora tempo per cambiare rotta e salvare non solo la sua vita, ma anche quella dei Cratchit, di Mini Tim e di tutte le persone che incontrerà e a cui, da quel momento in poi, sarà felice di fare del bene.

Questa non è solo una storia di Natale, in cui un uomo avaro sceglie di cambiare il proprio destino, ma è anche un romanzo di denuncia sociale contro lo sfruttamento minorile, il degrado e l’abbandono dei più poveri.
Una favola commovente e toccate che rivive in questa splendida edizione illustrata, e che assolutamente non può mancare di essere letta in questi giorni di festa.

Curiosità:
È stato il personaggio di Ebenezer Scrooge ad ispirare il Paperon de’ Paperoni disneyano, il cui nome da principio era Uncle Scrooge.

Ringrazio Rizzoli per avermi omaggiato di una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

domenica 20 dicembre 2020

The very first page #5


Salve avventori!
Dopo tanto, tantissimo, fin troppo tempo, rieccoci con un nuovo appuntamento di "The very first page", la rubrica che ha per protagoniste le dediche, ovvero le frasi che ci accolgono all'apertura di un nuovo libro.
La protagonista di oggi è la frase con cui Alan Alexander Milne apre il suo tenerissimo "Winnie Puh".
Poche parole, ma bellissime nella loro semplicità, una dichiarazione di affetto sincero ed un regalo sicuramente gradito. Perché non c'è dono migliore che sentirsi amati.
C'è da dire poi che questo libro mi è stato regalato qualche anno fa proprio per il mio compleanno, e ciò ha reso la dedica ancora più speciale... una parte di me è convinta che sia stata commissionata a Milne appositamente per me ^-^

"A Lei.
Mano nella mano
io e Christopher Robin
veniamo
a portarti questo libro.
Sei sorpresa?
Ti piace?
È quel che volevi?
Perché è tuo...
Perché ti amiamo."



E voi, avete qualche dedica preferita?
Non siate timidi, ditecelo nei commenti!

venerdì 18 dicembre 2020

Review Party - Recensione: "Il giardino segreto. La storia del film" di Linda Chapman

Titolo: Il giardino segreto. La storia del film
Autore: Linda Chapman
Editore: De Agostini
Data di pubblicazione: 1 dicembre 2020
Pagine: 256
Prezzo: 14,90 €
Trama:
Per Mary Lennox le storie hanno un potere straordinario. Le basta raccontarne una ad alta voce per superare i momenti difficili. Ma la sua partenza, per l’Inghilterra e la sua misteriosa e sterminata brughiera, sta per cambiare ogni cosa. 
Mary andrà a vivere insieme a uno strano ricchissimo zio che non ha mai visto, e che, di certo, non ha tempo per le storie. All’improvviso, il mondo di Mary inizia a crollare. I suoi genitori non ci sono più, l’amata India, la terra delle storie, è più lontana che mai. Sembra che non ci sia rimedio a nulla. 
Almeno fino a quando Mary non incontra Colin, il cugino che non ha mai conosciuto. E Dickon, espertissimo di natura, di animali, sempre pronto ad ascoltare. Insieme a loro Mary attraverserà il maniero dello zio fino a scoprire un meraviglioso giardino, un luogo incantato che custodisce un segreto, ma… dove è proibito mettere piede. 
Ed è qui che l’avventura inizia. È qui che la storia prende vita. È qui che Mary Lennox troverà la sua vera casa.

Recensione:
Chi non conosce la storia di Mary Lennox e del suo rigoglioso giardino segreto?
Chi non ha sognato di imbattersi per caso in una chiave dorata che dà accesso ad un mondo incantato e solitario, pieno di sole, natura e magia?
Beh, non so voi, ma io ancora oggi immagino quanto sarebbe bello calarsi nei panni della bimba venuta dall'India, per potersi dedicare anima e corpo ad un pezzo di terra incolto e abbandonato, e portarlo così a nuova vita.
Ma il romanzo di Frances Hodgson Burnett non è solo un elogio della vita all'aria aperta, ma anche il racconto di una crescita personale, oltre che la genesi di uno o più legami affettivi.

Le persone salvarono il giardino, almeno quanto il giardino salvò loro.

Ed anche l'opera di Linda Chapman - l'adattamento editoriale della sceneggiatura del film omonimo uscito quest'anno - non differisce molto da esso, anzi riprende fedelmente questo messaggio, pur avendo, per ovvie ragioni, un andamento molto più veloce e una narrazione più snella.
La trama è bene o male quella che tutti conosciamo, tuttavia alcune modifiche sono state apportate al corso degli eventi, ai personaggi (e non sempre in positivo), e alla personalità stessa della protagonista.
E parlando proprio di Mary Lennox, nella nuova pubblicazione, la ragazzina appare meno pretenziosa e arrogante, al punto che viene facile simpatizzare già dal principio con lei. 
Grande risalto è dato poi alla sua solitudine, oltre che al bisogno di sentirsi amata e considerata. Ecco, al contrario del romanzo originale, l'adattamento è più focalizzato sui sentimenti di Mary, e anche nella seconda parte, con l'arrivo del cugino Colin e dell'amico Dickon, la centralità della scena spetta comunque a lei.
Mary ci appare sin dalle prime pagine come un uccellino ferito, solo al mondo e dilaniato dal dolore e dai sensi di colpa. Spedita, controvoglia, in un luogo sconosciuto, in cui nessuno le è amico, lei non fa che raccontare storie a se stessa - neanche fosse la fantasiosa Sara Crewe de "La piccola principessa" - oltre che rimuginare sul ricordo dell'affetto del padre e della noncuranza della madre, entrambi passati a miglior vita.

Era sua madre che, con il volto rigato di lacrime, aveva chiuso di colpo le imposte della propria finestra, escludendo dal suo mondo Mary e il suono della sua risata. La ragazzina ricordava ancora la confusione che aveva provato. A sua madre non piaceva che fosse felice? 
Tornò al presente. La sua vita in India stava già cominciando a sembrarle un passato molto lontano, ma non l’espressione di sua madre quel giorno (e ogni altro giorno che riusciva a rammentare). Mary pensava che quei ricordi non sarebbero mai sbiaditi.

L'ostilità poi della servitù, e l'indifferenza dello zio, di certo non la aiutano. E a tal proposito mi sembra doveroso spendere due parole su Martha, la cameriera della residenza. 
Ne "Il giardino segreto" lei era una delle figure portanti, colei che spronava la protagonista a crescere e maturare, a lasciare da parte la sua supponenza e ad aprirsi agli altri. Ne "La storia del film" invece, la sorella di Dickon ci appare purtroppo poco premurosa nei confronti della povera orfanella, oltre che abbastanza permalosetta. Così presa dalle sue mansioni, da non riuscire a dedicare un pensiero gentile alla nuova arrivata, così concentrata su se stessa da non capire il dolore di chi ha perso tutto.
In realtà la maggior parte degli attori in scena non spicca per sensibilità e delicatezza, anzi, sembrano quasi avere come obiettivo il farci fraternizzare il più possibile con la nostra beniamina. Dallo zio Archie che dice platealmente a Mary che lì non è la benvenuta e che, per di più, non rappresenta altro se non un peso da subire; alla signora Medlock, la governante, che, più di una volta, cerca di cogliere la ragazzina in fallo e sembra provare gusto nel vederla tribolare; sino alla cuoca, la signora Pitcher, la quale, pur non essendo sgarbata come gli altri, non brilla neanche per simpatia e amorevolezza.
C'è da dire invece che Colin, il cugino malaticcio, a dispetto del libro originale, rinuncia abbastanza presto al suo essere arrogante e viziato, al punto da incarnare uno dei personaggi più comprensivi e coscienziosi. Chi se lo sarebbe mai aspettato?
Difatti il trio Mary-Dickon-Colin, accompagnati dal cane Jemima/Hector, rappresentano la nota positiva del racconto, i bambini che ricordano agli adulti quanto sia importante aprire il proprio cuore agli altri, anche quando si ha paura di essere feriti.

«Mio padre non mi ama…» protestò Colin scuotendo la testa. «Se mi amasse, non mi darebbe delle medicine di cui non ho bisogno e non mi terrebbe rinchiuso in camera senza venire mai a trovarmi!» 
Dickon scrollò le spalle. «Le persone si comportano in modo strano, quando soffrono. Proprio come gli animali.» 
Mary pensò a quando Hector si era ferito e le si era rivoltato contro perché era pazzo di dolore. «I lutti cambiano le persone» continuò Dickon. 
«Anche tua madre, Mary. È chiaro da quelle lettere che ti amava, anche se tu la pensi diversamente.» 
«Tu non conoscevi mia madre» ribatté lei. 
 «No.» Dickon esitò un istante. «Ma so che cosa significa perdere qualcuno.»

Tre ragazzini che hanno sofferto ma che, grazie alla loro amicizia e all'azione salvifica del giardino, si rendono conto che bisogna perdonare chi, a causa delle cicatrici che si porta addosso, manca di comprensione o addirittura arreca involontariamente danno a chi ha vicino.
E poi veniamo al fulcro della storia, ovvero il potere benefico del giardino che, reso inaccessibile dopo anni di incuria, muta grazie alle amorevoli mani di chi se ne prende cura, ma allo stesso guarisce le ferite di chi lì mette piede. 
I personaggi cambiano e maturano trascorrendo lì il loro tempo, relazionandosi tra loro ed imparando l'uno dall'altro. Credono si tratti di magia, quando in realtà non è altro che l'azione che la natura da sempre ha sull'uomo, e che l'uomo da sempre ha sui suoi simili.

Considerazioni:
"Il giardino segreto" è da sempre uno dei miei libri preferiti, uno di quelli che ha avuto il merito di avermi avvicinato alla lettura sin da bambina.
Quando ho saputo dell'uscita del nuovo film, e poi anche dell'adattamento editoriale, sono subito rimasta incuriosita.
Immaginavo di trovare qualche variazione nella trama, ma qui di cambiamenti ce ne sono stati parecchi. Devo ammettere che alcuni di questi li ho anche apprezzati, ad esempio la personalità meno tagliente di Mary, o il rapporto meno freddo e distaccato tra lei e la madre, o lo stesso comportamento più maturo di Colin, tuttavia c'è da chiedersi "ha senso rivisitare un classico della letteratura per ragazzi?".
Non saprei dare una risposta definitiva, in quanto il libro della Chapman in sé è davvero piacevole, scorre veloce e ti fa affezionare ai protagonisti e alle loro emozioni.
Tuttavia, considerando che alcuni dei cambiamenti hanno alterato in modo considerevole la storia (basti pensare all'inserimento di presenze ultraterrene e al rapporto affettuoso tra le due inesistenti sorelle Craven), e soprattutto la personalità dei personaggi, non riesco a non domandarmi se l'autrice non avrebbe fatto meglio ad inventare una trama di sana pianta, piuttosto che dare una nuova veste ad un romanzo di inizio Novecento, già perfetto così com'è.
In conclusione, pur avendo apprezzato questa rivisitazione, ci tengo a ribadire che non può in alcun modo né sostituire né eguagliare l'opera originale, che brilla per la bellezza della natura, il percorso di crescita dei protagonisti, e la forza dell'amicizia e dei veri sentimenti.

Ringrazio la casa editrice De Agostini per avermi fornito una copia cartacea di questo romanzo

il mio voto per questo libro

Vi ricordo che, passando dalle colleghe blogger che partecipano al review party, potrete leggere anche le loro recensioni.




mercoledì 16 dicembre 2020

Cinque romanzi che dovresti leggere, se hai amato "Il giardino segreto"


Salve avventori,
come ben sapete, uno dei libri che abbiamo più amato in assoluto, e che sempre occuperà un posto speciale nel nostro cuore, è "Il giardino segreto".
Lo abbiamo letto da bambine, ed è stato uno dei romanzi che ha fatto nascere in noi l'amore per la lettura.
Oggi, in occasione dell'uscita dell'adattamento editoriale del nuovo film ispirato al romanzo di Frances Hodgson Burnett, di cui vi abbiamo parlato qui, vogliamo consigliarvi cinque libri per ragazzi che dovreste assolutamente leggere se, come noi, avete adorato "Il giardino segreto".
Pronti... partiamo!


"L'evoluzione di Calpurnia" di Jacqueline Kelly

Con questo libro, Jacqueline Kelly ci trasporta nell'atmosfera torrida del Texas di più di un secolo fa, ma anche nello straordinario mondo della ribelle Calpurnia, una dodicenne davvero speciale. Al contrario delle sue coetanee, e con grande disappunto della madre, la ragazzina non sogna un futuro da brava moglie, ma da naturalista. 
Lei vuole scoprire il mondo, studiare ogni suo piccolo aspetto, analizzarlo e sperimentarlo fino a capirne il perché.
Per raggiungere il suo obiettivo, o perlomeno per avere anche solo la possibilità di perseguirlo, la determinata protagonista dovrà affrontare molte sfide, non solo la ritrosia dei familiari, ma anche i pregiudizi dell'epoca che non vedevano di buon occhio l'emancipazione femminile.
Una storia particolare, in cui si respira l'amore per la natura e l'entusiasmo per la vita ed i suoi insondabili misteri, ma che rappresenta anche un percorso di crescita della protagonista, alla ricerca della propria strada e di un entusiasmante futuro.


"La vita segreta delle api" di Sue Monk Kidd

"La vita segreta delle api" è un romanzo delizioso, dolce e drammatico allo stesso tempo.
Lily, che porta sulle spalle una colpa davvero insopportabile, e che per di più è costretta a condividere il tetto con un padre incapace di amare, intraprende un viaggio verso una desolata città di campagna, Tiburon, dove tre tenaci donne si occupano di apicoltura.
La casa rosa diventerà il suo rifugio, e anche per noi lettori, sarà un posto accogliente capace di ristorarci dalle fatiche, e di allietarci con un bicchiere di tè fresco e una chiacchierata al chiaro di luna. 
Una lettura che conquista per la sua atmosfera familiare e calorosa, i personaggi frizzanti e generosi, ed un'ambientazione incantevole e singolare.


"Capriole sotto il temporale" di Katherine Rundell

Wilhelmina ha una vita libera e felice in Zimbabwe. Non va a scuola, mangia con le mani, e trascorre la maggior parte del tempo con il suo cavallo Shumba e il migliore amico Simon, a percorrere l’immensa distesa del bush. 
La sua intera esistenza cambia all’improvviso quando è costretta a trasferirsi nella fredda Inghilterra, dove la ragazzina è vista soltanto come una selvaggia da addomesticare.
Vi ricorda qualcosa?
Ebbene sì, difatti, se la seconda parte, con l'arrivo nell'ostile college londinese, si avvicina molto a "La piccola principessa" della Burnett, la prima parte è invece un'ode alla natura, proprio come ne "Il giardino segreto",
Il ritratto della vita di Wilhelmina nello Zimbabwe è infatti un qualcosa di unico, un dolce ripetersi di giornate spensierate, un eterno stato di pace, fatto di cavalcate selvagge, arrampicate sugli alberi, spuntini accanto al fuoco, e riposini sull'erba.
Un mondo incontaminato in cui la civiltà non ha ancora messo piede, in cui esiste il duro lavoro ma anche la siesta, e si trascorre il tempo immersi nella natura, e tra le braccia delle persone care.
Un vero paradiso per la piccola Will che, improvvisamente, vede tremarle la terra sotto i piedi, quando è costretta a lasciare tutto e trasferirsi lontano.


"Sal" di Mick Kitson

"Sal" è un libro che parla di dolore ma soprattutto di rinascita, del potere che ha la natura di concedere una seconda possibilità alle sue creature sofferenti, di risanare le ferite aperte, di offrire il perdono ai cuori martoriati. 
Mick Kitson ha costruito una storia toccante e commovente, con protagoniste due sorelline costrette a crescere troppo in fretta, a prendersi cura l'una dell'altra, e a fuggire via, lontano dalla loro vecchia vita.
Tutta la permanenza nei boschi è un tripudio di emozioni, un ripercorrere di piccoli ma significativi momenti, come può essere una serata davanti al fuoco, un tramonto sulla montagna, il silenzio della neve, una corsa nel bosco, un incontro inatteso.
Sal ci descrive per filo e per segno le sue giornate: la sveglia all'alba, la ricerca spasmodica del cibo, la costruzione della capanna e del caldo focolare e altro ancora. Ci fa fare un corso intensivo di sopravvivenza, e ci teletrasporta accanto a lei, sulla Magna Bra, in uno degli angoli più remoti e selvaggi della Scozia. 
Ma non solo. La ragazzina ci guida nel suo cuore, rivelandoci le emozioni più profonde, la sofferenza del passato, la paura che qualcuno ponga fine al nuovo presente, la speranza di un futuro finalmente felice.


"Fairy Oak. La storia perduta" di Elisabetta Gnone  

Con questo libro, Elisabetta Gnone ci riporta, a distanza di tanti anni, nel fantastico mondo di Fairy Oak.
Le due streghe Vaniglia e Pervinca, ormai anziane, davanti ad un album di fotografie, ripercorrono i bei tempi andati, i ricordi felici, di quando si era ancora tutti insieme.
Ed è qui che parte il racconto della più straordinaria delle estati che le gemelle Periwinkle, e tutti i bambini di Fairy Oak, possano ricordare.
Le giornate trascorse alla baia o alla casa sull'albero, alla ricerca della leggendaria balena, la spensieratezza tipica di quando si è piccoli e si gioca a investigare su un mistero, quando anche le cose semplici si trasformano facilmente in grandi avventure.
Una storia ricca di amore, dolcezza e tenerezza, a tratti nostalgica e commovente, ma anche piena di brio e allegria.

Cosa ne dite?
Avete letto e apprezzato qualcuno di questi libri?
In caso contrario, quale vi ispira di più?

giovedì 10 dicembre 2020

Presentazione Blogtour: "Il giardino segreto. La storia del film" di Linda Chapman


Salve avventori!
Oggi ha inizio il blogtour dedicato a "Il giardino segreto. La storia del film", l'adattamento editoriale del film omonimo del 2020, diretto da Marc Munden. 
La trama è sostanzialmente quella che conosciamo, la stessa del famosissimo romanzo di Frances Hodgson Burnett, tuttavia, nella nuova pubblicazione DeA, la storia rivela lati inediti della personalità di Mary Lennox, e non solo.


Titolo: Il giardino segreto. La storia del film
Autore: Linda Chapman
Editore: De Agostini
Data di pubblicazione: 1 dicembre 2020
Pagine: 256
Prezzo: 14,90 

Trama:
Per Mary Lennox le storie hanno un potere straordinario. Le basta raccontarne una ad alta voce per superare i momenti difficili. Ma la sua partenza per l’Inghilterra e la sua misteriosa e sterminata brughiera sta per cambiare ogni cosa. 
Mary andrà a vivere insieme a uno strano ricchissimo zio che non ha mai visto, e che, di certo, non ha tempo per le storie. All’improvviso, il mondo di Mary inizia a crollare. I suoi genitori non ci sono più, l’amata India, la terra delle storie, è più lontana che mai. Sembra che non ci sia rimedio a nulla. 
Almeno fino a quando Mary non incontra Colin, il cugino che non ha mai conosciuto. E Dickon, espertissimo di natura, di animali, sempre pronto ad ascoltare. Insieme a loro Mary attraverserà il maniero dello zio fino a scoprire un meraviglioso giardino, un luogo incantato che custodisce un segreto, ma… dove è proibito mettere piede. 
Ed è qui che l’avventura inizia. È qui che la storia prende vita. È qui che Mary Lennox troverà la sua vera casa.

Siete curiosi di scoprire questo libro insieme a noi?
Bene, allora segnatevi queste tappe in agenda, e state attenti a non perderne nessuna ♥

11 dicembre - "Luoghi in cui tornare bambini" da Libri riflessi
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15 dicembre - "Cinque autrici che hanno lasciato il segno" da Il mondo di sopra
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17 dicembre - "Cinque motivi per leggere il romanzo" da Books, Words and Ink
18 dicembre - Recensione sui tutti i blog

Allora, si parte domani, mentre ci ritroviamo qui il 16 dicembre!




lunedì 30 novembre 2020

Review Party "Alice, Dorothy & Wendy" - Recensione: "Peter Pan nei giardini di Kensington" e "Peter e "Wendy" di James M. Barrie


Salve avventori!
Come vi avevo già annunciato con il precedente post dedicato a questo volume (lo trovate QUI) , in cui mi sono divertita ad analizzare la crescita delle tre eroine Alice, Dorothy e Wendy durante i loro magnifici viaggi così pazzeschi e surreali, oggi, per il Review Party recensirò la sezione del libro dedicata a Wendy, la diligente ragazzina londinese che ha ceduto alle promesse di divertimento e avventure del ragazzino che non voleva mai crescere.
La sezione dedicata a Wendy comprende le seguenti storie:
Peter Pan nei giardini di Kensington
Peter e Wendy
Di seguito la mia recensione :)

Titolo: Alice, Dorothy & Wendy
Autore: Lewis Carroll, J.M Barrie, L. Frank Baum 
Editore: Oscar Mondadori
Data di pubblicazione: 17 novembre 2020
Pagine: 540
Prezzo: 25,00€ 

Trama:
Alice e le sue avventure nel favoloso Paese delle Meraviglie, di là e di qua dallo specchio. Wendy, l’amica di Peter Pan che per molti lettori è la vera eroina dei romanzi con il bambino che non vuole crescere. Infine Dorothy, la piccola protagonista portata da un tornado nel fantastico mondo di Oz. 
Tre ragazzine curiose e audaci, al centro di tre grandi classici che, ciascuno a suo modo, hanno saputo celare sotto le spoglie del racconto di fantasia messaggi e metafore della vita. 

"Peter Pan nei giardini di Kensington" e "Peter e "Wendy":
L’indimenticabile figura dell’orfano Peter, il bambino che non vuole crescere e che sa volare, nasce dalla fantasia di James Matthew Barrie che nel 1906 pubblica le storie di Peter Pan nei Giardini di Kensington. 
Ma è nel famosissimo Peter e Wendy del 1911 che fa la sua comparsa il ragazzino che tutti conosciamo: è in questo romanzo che si raccontano le straordinarie avventure di Peter e dei Bimbi Sperduti sull’Isolachenoncè, in un mondo popolato di pirati, sirene, fate, indiani. Eroe di avventure ricche di colpi di scena, tra epici combattimenti e atmosfere sognanti, Peter Pan è diventato il simbolo dell’infanzia come momento di infinita libertà creativa della fantasia e di ribaldo rifiuto degli adulti e delle loro bizzarre convenzioni.

Recensione:
Come già detto, questa meravigliosa raccolta contiene, al suo interno, i grandi classici per ragazzi scritti dalle penne di Lewis Carroll, J.M Barrie e L. Frank Baum.
La sezione dedicata a Wendy racchiude sia il libro "Peter Pan nei Giardini di Kensington", che lo scritto successivo "Peter e Wendy".
Ma andiamo con ordine.
Il personaggio di Peter Pan appare per la prima volta nel 1902, nella raccolta di racconti intitolata "L'uccellino bianco".
Le storie narrate in quel volume sono ambientate nei Giardini di Kensington, e in queste Peter, non è che un personaggio minore tra i vari narrati.
Il libro non ebbe un vasto seguito, ma successivamente andò in scena l'opera teatrale che metteva in scena il Peter Pan che tutti noi conosciamo, l'eterno ragazzino indisponente che non vuole proprio saperne di crescere. Ed è da quest'opera teatrale che, successivamente, Barrie ha tratto il romanzo "Peter e Wendy", il suo più grande successo.
Ed è proprio in seguito a questo gran successo, che l‘autore, raccolse i capitoli che interessavano la storia del neonato Peter Pan, presenti nel già pubblicato "L'uccellino bianco" (dal cap. 13 al 18) e li ripubblicò in un'opera autonoma e indipendente, dal titolo "Peter Pan nei giardini di Kensington".

Il libro in questione è antecedente a quello che narra del più noto Peter Pan, il bambino che viveva nell’Isolachenoncè, e nonostante le somiglianze fra i due personaggi, non si tratta di un prequel.
Pur presentando un personaggio con lo stesso nome e con molte caratteristiche simili (tra cui il desiderio di non voler crescere), e riprendendo parecchi spunti dai quei racconti ambientati nei Giardini, le due storie sono separate e indipendenti.

"Peter Pan nei Giardini di Kensington" è una storia suddivisa in sei capitoli, in cui protagonisti sono soprattutto i Giardini stessi, che non ne costituiscono solo l'ambientazione, ma hanno una parte fondamentale all'interno delle storie.
Parlo di storie perché, effettivamente, ogni capitolo si potrebbe considerare una piccola storia a sé, ognuna focalizzata su un aspetto diverso, ognuna che aggiunge un piccolo pezzo al puzzle, che si ricompone, via via, sotto ai nostro occhi.
Il racconto si apre con una passeggiata nei Giardini che vengono presentati e descritti al lettore in tutta la loro straordinaria bellezza e a cui, capitolo dopo capitolo, vengono aggiunti dettagli e/o personaggi, che abitano il parco o che lo hanno abitato in passato.
Ed ecco che facciamo la conoscenza di Peter, un bimbo che, quando aveva appena una settimana di vita, ha preferito la libertà e l'incertezza di una finestra aperta a mille possibilità, alla confortevole - ma forse troppo noiosa - nursery da poppante.
Così, senza pensare troppo alle conseguenze, e con non poco egoismo (caratteristiche che troveremo anche nel Peter descritto in "Peter e Wendy"), il piccolo vola via dall'abbraccio materno, per fluttuare sui tetti di Londra e trovare rifugio nei tanto agognati Giardini.
Qui Peter farà amicizia con gli uccelli che vivono sull'isola al di là della Serpentina, e con le fate che, solitamente molto dispettose, avranno una particolare e speciale predilezione per lui.
E dopo mesi e mesi passati a girovagare tra le aiuole, a navigare la Serpentina, a giocare con i vari oggetti lasciati in giro dai visitatori diurni, Peter esprimerà il desiderio di tornare dalla sua mamma.
Peter, pur non dicendolo apertamente, si rende conto di non aver dato vera importanza alla sua scelta, e di aver preso una decisione molto importante, troppo alla leggera. 
Ed ecco che il rimpianto inizia a farsi strada in lui e nel suo cuoricino di bambino egoista.
Così, in una sera come un'altra, vola alla finestra della sua cameretta e, trovandola aperta, si siede accanto alla sua mamma che dorme con il viso bagnato dal pianto, perché ancora soffre il suo piccolino sparito nel nulla, e suona un po' il flauto per lei.
Ed ecco che torna il momento di fare una scelta: andare o restare?
Ma, ancora una volta, il richiamo della finestra e la libertà che essa promette è troppo forte.
Peter dice a se stesso che tornerà, il tempo di salutare gli amici, navigare ancora un po’ il fiume, sorvolare ancora i giardini un paio di volte... tornerà, tanto per lui la finestra sarà sempre aperta.
Ma i mesi passano, e Peter, come spesso fanno i bambini, continua a temporeggiare prestando poca importanza alle sofferenze e ai desideri altrui, e quando finalmente si decide a tornare a casa riceverà l'amara sorpresa...
E seppur Peter sia stato egoista e superficiale, in quel momento è impossibile non empatizzare con lui, impossibile non desiderare di stringerlo forte fra le braccia.

Alla fine partì in gran fretta, perché aveva sognato che la mamma stava piangendo. 
Lui conosceva la causa di quelle lacrime e sapeva che un abbraccio del suo meraviglioso Peter avrebbe riportato subito il sorriso sulle labbra della mamma. 
Oh, ne era così certo, e desiderava così tanto rannicchiarsi fra le sue braccia, che questa volta volò subito alla finestra che sarebbe dovuta restare sempre aperta per lui. 
Ma la finestra era chiusa, e avevano montato anche un’inferriata. Guardando all'interno, Peter vide la madre che dormiva tranquillamente con un altro bambino fra le braccia. 
Peter la chiamò: «Mamma! Mamma!» ma lei non lo udì. 
Invano batté le manine sulle sbarre di ferro. 
Dovette tornare ai Giardini, singhiozzando, e non rivide mai più la sua cara mamma. 
Che ragazzo straordinario avrebbe voluto essere per lei! Oh, Peter! 
Noi che abbiamo commesso il grande errore, ci comporteremmo in tutt'altro modo alla seconda occasione. Ma Salomone aveva ragione: non ci sono seconde occasioni, almeno per la maggior parte di noi. Quando arriviamo alla finestra è Ora di Chiusura. Le sbarre di ferro si sono alzate per sempre.

Infine ai giardini conosciamo la piccola Maimie che, con suo fratello maggiore Tony, ne è una frequentatrice abituale.
La sua storia, come quella di Peter, è ormai nota a tutti, ogni bambino sa chi è! Perché Maimie Mannering è stata la prima bambina a restare un'intera notte nei giardini! La prima bimba per cui le fate hanno costruito la loro famosa Casetta.
Maimie in quella notte nei giardini fa la conoscenza di Peter, tra i due nasce subito un’immediata simpatia, e Peter le propone di restare per sempre con lui... ma ecco che Maimie non fa il suo stesso errore, ci pensa solo per qualche istante... e poi il timore... e se anche la sua mamma chiudesse la finestra?
Ed è da lei che sceglie di tornare, lasciano il povero Peter da solo, con il suo sogno di non crescere mai e restare speciale per sempre.

Seppur, come vi dicevo, “Peter e Wendy” non sia il seguito di questa storia, ne riprende moltissimi aspetti, caratteristiche e anche qualche aneddoto.
Qui Peter è un ragazzino con i denti da latte (non un neonato di una settimana), ma anche lui, ad un certo punto, racconta una storia molto simile a quella narrata dal Peter dei Giardini: anche la sua mamma ha chiuso la finestra, anche sua mamma lo ha sostituito con un altro bambino, e da qui nasce il suo odio per le mamme e il desidero di averne una tutta per lui.

Così, una sera, Peter entra nella cameretta dei Darling, dove Wendy, John e Michael dormono sereni, e propone alla ragazzina, e ai suoi fratelli di seguirlo sull’Isolachenoncè, dove li attenderanno fate, sirene, pirati, una tribù di pellerossa e tantissime avventure, e... ci potranno arrivare volando!
Come resistere ad un ritratto così allettante?
I ragazzi non se lo fanno ripetere due volte e, senza volgere nemmeno un pensiero a ciò che lasciano alle loro spalle (due genitori affettuosi e premurosi, Mr e Mrs Darling. e la loro tata Nana, un cagnolone molto materno), volano via, lasciando dietro di sé solo tre lettini vuoti e una finestra spalancata su una notte piena di stelle.

Seconda a destra e poi dritto fino al mattino... ed eccoli sull'Isola dove li attenderanno davvero tutte le avventure che Peter ha loro promesso.
Battaglie all'ultimo sangue, guerre sanguinolente, coccodrilli in cerca di prede succulente, sirene suscettibili, fatine gelose e vendicative e un gruppetto di Bambini Sperduti desiderosi di una mamma che badi a loro.

E Wendy sarà per un po’ la mamma che tutti loro cercano, si occuperà del cibo, del bucato, e intratterrà i bambini raccontando loro mille storie.

E poi c’è Peter, ovviamente, e il suo conflitto, mai sopito, con Capitan Uncino, un capitano gentiluomo, il cui essere pare in eterno conflitto tra crudeltà e osservanza delle buone maniere.

Ma “Peter e Wendy” è molto più che uno storia d’avventura per bambini, come in “Peter nei Giardini di Kensington”, anche qui c’è una forte componente malinconica e nostalgica.
Peter, pur sembrando, ad una prima occhiata superficiale, un bambino felice, che non potrebbe desiderare null'altro in più di ciò che ha (quale bambino non vorrebbe essere lui, anche solo per un istante?), rivela, in realtà, tutta l'infelicità dell’essere umano che sacrifica la vera felicità per seguirne una effimera e di poco valore.

Tutti i personaggi di questa storia, del resto, si rivelano estremamente egoisti.
Dopotutto come dice lo stesso Barrie, i bambini sono “spensierati, innocenti e senza cuore”.
Ed egoisti lo sono Wendy, John e Michael quando vanno via di casa senza farsi troppi scrupoli.
Lo è Campanellino, che più di una volta attenta alla vita di Wendy, per la gelosia che prova nei suoi confronti.
Lo sono i Bambini Sperduti nei confronti di Peter, quando lo abbandonano senza il minimo senso di colpa.
Lo è Peter che fino all'ultimo cerca di ingannare Wendy, pur di tenerla con sé.

Ma è lo stesso Peter - quello che nell'immaginario collettivo è un bambino felice e spensierato - a farne le spese.
Resta solo, destinato ad una vita di solitudine, e di ricordi perduti, perché egli stesso sceglie quella strada, e la sceglie per sfuggire alle responsabilità e ai doveri che la vita da adulto comporterà. 
Sceglie di non crescere, di restare bambino per sempre, rinnega le responsabilità e allo stesso tempo si nega una vita di amore e affetto.

«Mamma!» gridò Wendy.
«È Wendy!» mormorò lei, credendo ancora si trattasse di un sogno.
«Mamma!» 
«E questo è John!» «Mamma!» gridò Michael, che adesso la riconosceva. 
«Questo è Michael!» esclamò lei, e tese ai tre piccoli egoisti le sue braccia che non avrebbero dovuto abbracciarli mai più. Invece li abbracciarono, si strinsero intorno a Wendy, a John, a Michael che erano sgusciati dai lettini ed erano corsi a lei. 
«George! George!» gridò la signora non appena poté parlare.» 
Il signor Darling si svegliò e prese parte alla sua felicità. Quanto a Nana, giunse di corsa. Non poteva esserci più dolce spettacolo, ma non c’era nessuno a vederlo, all'infuori di uno strano ragazzo che spiava da dietro i vetri della finestra. 
Quel ragazzo conosceva estasi meravigliose che gli altri ragazzi non potevano nemmeno immaginare. Ora stava osservando, attraverso i vetri di una finestra, la sola gioia dalla quale sarebbe stato escluso per sempre.»

Non ho provato simpatia per quasi nessun protagonista di questa storia, fatta eccezione solo per Capitan Uncino (e questo la dice lunga XD), in particolare modo non ho provato simpatia per Peter Pan, che rappresenta in sé molti dei maggiori difetti dell’essere umano: è egoista, vanesio, superficiale, egocentrico, anafettivo, antipatico, arrogante, prepotente e presuntuoso.
Quel Peter non mi è piaciuto, ed è lui quello che, immagino, dovrebbe far sognare stuoli di bambini e far loro desiderare di essere come lui...

Invece ho provato molta tenerezza per Peter in quei brevi spiragli in cui si può percepire tutta la sua umanità e debolezza. Quando resta fuori dalla finestra a osservare ciò che ha scelto di perdere, quando dimentica tutto ciò che gli succede, sia le avventure più straordinarie, sia le amiche di una vita... comprese le fatine che sono quasi morte per lui. Quando scoppia in lacrime scoprendo che Wendy è cresciuta, come se, crescendo, lo avesse tradito.
E probabilmente Peter dimentica tutto, compreso chi ha amato e ama per evitare di soffrire, un ennesimo (ma comprensibile) gesto di codardia, per salvaguardare se stesso.
Non mi aspettavo di leggere una storia tanto triste, e non mi aspettavo di leggere una storia tanto profonda... d'altronde Peter Pan è per tutti il simbolo della gaiezza, spensieratezza e felicità, e non avrei mai pensato che la sua storia celasse così tanta solitudine, sofferenza e abbandono.
Una storia che può piacere o no, ma che sicuramente non lascia indifferenti, un libro che si chiude lasciando un piccolo peso nel cuore.

Sicuramente tra le storie presenti in questo volume sono proprio i libri di Barrie quelli che mi hanno toccato e coinvolto maggiormente, come già detto non ho amato i protagonisti, anzi li ho mal sopportati per la maggior parte del tempo XD, ma ho sofferto con loro, ho sofferto per Peter per ciò che ha perso e per cui non ha mai voluto lottare.

Ringrazio Mondadori per avermi omaggiato di una copia di questo libro

il mio voto per questo libro:

domenica 29 novembre 2020

Recensione: "Perché dovresti leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio" di Katherine Rundell

Titolo: Perché dovresti leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio
Autore: Katherine Rundell
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 25 febbraio 2020
Pagine: 63
Prezzo: 8,50 €

Trama:
Katherine Rundell firma un’appassionata difesa della letteratura per ragazzi, contro i pregiudizi e gli snobismi di chi pensa che leggerla dopo una certa età sia bandito. 
Ma chi lo ha detto che c’è un’unica direzione di lettura nella vita? Che non si possa andare avanti e indietro, mischiare i generi, leggere contemporaneamente Joyce e Dahl, i saggi di Derrida e le avventure di Mary Poppins? 
Leggere libri per ragazzi da adulti non è regredire, non è tornare indietro, ci spiega l'autrice con puntuta saggezza, al contrario se li abbandoniamo del tutto «lo facciamo a nostro rischio e pericolo, perché rinunciamo a uno scrigno di meraviglie che, guardate con occhi adulti, possiedono una magia completamente nuova».

Recensione:
La narrativa ha molti pregi, riesce a farci viaggiare verso mondi nuovi, lontani nello spazio e nel tempo, amplia i nostri orizzonti - e a dirla tutta anche il nostro vocabolario - ci fa distrarre, ci permette di stare in compagnia quando ci sentiamo soli o giù, e ci regala un angolo di solitudine, quando abbiamo invece bisogno di sfuggire alla realtà e staccare la spina.
Tuttavia, quando si parla della letteratura per ragazzi, molti, cavalcando ogni sorta di pregiudizio, tendono a storcere il naso, quasi non fosse altro che una sottosezione di serie b, infantile e poco profonda.
Niente di più lontano dalla verità!
I libri destinati ad un pubblico giovane sono capaci, come pochi altri, di toccare le corde del cuore dei loro destinatari, di imprimere un segno indelebile che li accompagnerà anche nell'età adulta, di aiutarli a crescere e a diventare persone responsabili e consapevoli.
E poi chi ha detto che i libri per ragazzi possono essere letti solo da questi ultimi?
La scrittrice Katherine Rundell ha reso pubblico questo breve trattato proprio per sovvertire la, quanto mai errata, opinione generale.  

La letteratura per ragazzi ha una lunga e nobile storia di scarsa considerazione. 
Sul volto di certe persone si disegna un sorrisetto particolare quando racconto loro che cosa faccio, più o meno lo stesso che mi aspetterei di vedere se dicessi che costruisco minuscoli mobili da bagno per elfi. 
Scrivo narrativa per ragazzi da oltre dieci anni ormai, e faccio ancora fatica a darne una definizione. 
Ma so con certezza, una certezza maggiore di quella che ho su quasi tutto il resto, ciò che non è: non è solo per ragazzi.

È facile pensare che il percorso di lettura di ogni individuo debba procedere a tappe, dalle fiabe attraverso i racconti d'avventura, sino ad arrivare ai romanzi di formazione, alla saggistica di un certo spessore, per atterrare infine ai trattati politico-filosofici e via dicendo.
Una sorta di scala con livelli e difficoltà progressive che bisogna salire a passo deciso, e senza voltarsi mai indietro.
Ma come sarebbe noiosa la vita, se tutti noi facessimo davvero così, se ad un certo punto della nostra vita guardassimo esclusivamente programmi culturali, sfogliassimo solo riviste specialistiche, ci dedicassimo unicamente a ciò in cui possiamo ritenerci altamente qualificati. 
Come è rilassante invece, ad un certo punto della giornata, abbandonare il lavoro, le scadenze e le preoccupazioni, e rifugiarci in una bella storia di fantasia, salire su una nave di pirati, su un treno magico, o cavalcare in direzione di verdi colline.
Ritrovare nelle pagine un fresco ristoro o un accogliente pertugio, in cui sostare per un'ora o due.

La letteratura per ragazzi ha l'infanzia al suo cuore, non è scritta dai ragazzi: sta lì, accanto a loro, ma non è la loro. 
Ci aiuta a ritrovare quello che magari non sapevamo neanche di aver perso. La vita adulta è piena di cose dimenticate. E i libri per ragazzi non sono un posto in cui nascondersi, sono un posto in cui cercare.

Ma la letteratura per ragazzi non è solo fantasia smodata e avventure senza limiti e confini, ma anche, e soprattutto, emozione.
Spesso si dimentica che chi scrive, indipendentemente dal target di riferimento, è un adulto che ha alle spalle un certo percorso di vita. Perciò anche gli autori che si dedicano ai bambini o ai ragazzi non fanno certo eccezione: nei loro lavori mettono le loro esperienze, le sfide che hanno dovuto affrontare, che li hanno fatti crescere e maturare, le gioie che li hanno aiutati ad aver fiducia nel mondo e nel prossimo, ma anche i traumi che li hanno piegati e gli hanno spezzato il cuore.
Spesso, nelle loro parole, sono nascoste importanti lezioni di vita, i saggi consigli di chi ci è già passato e, bene o male, sa come venirne fuori. Sono scialuppe di salvataggio i racconti di fantasia, a cui è possibile aggrapparsi quando non si riesce più a stare a galla, ma sono anche selvagge avventure e puro divertimento per quando si vuole solo fuggire e dimenticare. Sono amici fedeli che ti aspettano anche quando diventi grande, quando vuoi ricordare e ritrovare ciò che credevi perduto.

Quando scrivo, scrivo per due persone: la me di quando avevo dodici anni e la me di oggi, e il libro deve soddisfare desideri diversi ma intrecciati. 
La me stessa di dodici anni voleva autonomia, pericolo, giustizia, cibo e soprattutto un’atmosfera dentro la quale immergersi e da cui farsi risucchiare. La me stessa adulta vuole queste cose insieme a paura, amore, fallimento; segnali del verme che vive dentro il cuore dell’uomo.

Sulla base di questa linea principale, la Rundell ci guida in un affascinante percorso alla scoperta della letteratura per ragazzi, a partire dal suo bagaglio personale, sino ad arrivare alla storia del genere: dai primi manuali pedagogici di fine Quattrocento, sino ad approdare alle favole e ai veri romanzi dedicati ai bambini di inizio Novecento, dove finalmente i protagonisti sono pargoli ribelli, pestiferi e curiosi, pronti a tutto pur di esprimere se stessi.
Ovviamente il discorso poi tocca anche altri punti, ad esempio l'importanza del sistema bibliotecario e dell'accesso gratuito ai libri, il valore dell'inclusività, e persino la possibilità di trasmettere, attraverso la scrittura, anche messaggi politicizzati o di portata universale.
Tuttavia, al centro di tutto, rimane sempre il potere che la letteratura per ragazzi è capace di esercitare sui lettori di qualsiasi età e di qualunque luogo. 

Chi scrive per ragazzi cerca di armarli con tutta la verità possibile per la vita che verrà. 
E forse, segretamente, di armare anche gli adulti contro quei necessari compromessi e quelle sofferenze che la vita porta con sé: per ricordare loro che ci sono, e ci saranno sempre, alcune grandi e fondamentali verità alle quali possiamo tornare.

"Il calcio galvanizzante" dell'immaginazione la quale, se stimolata dalla carta stampata, ci permette di viaggiare verso mondi sconosciuti, immedesimarci in nuove vite, diverse dalla nostra eppure stranamente simili, di provare empatia, gioia e forse anche dolore. Di sentire tutte le emozioni del mondo in una volta sola, di aprire la porta alla paura, e nel caso di noi adulti anche al passato, e di richiuderla con fermezza quando pensiamo di non averne più bisogno, consapevoli che potremo sempre tornarci un giorno, forse tra un mese, forse tra un anno, o magari anche domani.

Ringrazio la casa editrice Rizzoli per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro