lunedì 31 luglio 2017

Recensione: "La furia di Banshee" di Jean-Francois Chabas e David Sala

Titolo: La furia di Banshee
Titolo originale: La Colère De Banshee
Autore: Jean-Francois Chabas
Illustratore: David Sala
Editore: Gallucci
Data di pubblicazione: maggio 2017
Pagine: 28
Prezzo: 18,00 €


Trama:
Banshee vuole vento. Ordina all'uragano di venire al suo cospetto e l'uragano obbedisce. Ecco scatenarsi burrasche, maestrali, una vera tempesta. Ma cosa ha provocato la furia della fata? 

Recensione:
Nella tradizione nordica la Banshee è una fata solitamente arrabbiata o piangente. Essa viene descritta e rappresentata con capelli fluttuanti e occhi quasi sempre arrossati dal pianto.
La fata di cui ci parla Chabas, in queste pagine, non è molto diversa dalla figura tradizionale, anzi, è proprio ad essa che egli si è ispirato per scrivere la sua storia.
Già all'apertura del volume, lo scrittore ci avverte con parole eloquenti:

Cari lettori,
In Irlanda paese di incantesimi, la Banshee 
è la più potente delle fate: la signora delle magie,
dei sortilegi, di tutte le meraviglie. Nessun uomo
neppure un druido, può lottare contro i suoi poteri.

Protagonista del racconto, in questo caso, è una fata ancora bambina, ma non per questo meno potente.
La piccola Banshee si sveglia al mattino e, ancora scalza e contrariata, attraversa la foresta. I suoi passi sono infuocati e la terra prende letteralmente fuoco sotto ai suoi piccoli piedi. Man mano che il racconto procede, la furia della fata diventa sempre più potente e incontrollabile. Pagina dopo pagina assistiamo al manifestarsi sempre più impetuoso della sua ira. La bambina, attraverso i suoi poteri, dà vita ad una furiosa tempesta che, in un attimo, mette in fuga uccelli, pesci e scatena l'orrore nei poveri marinai in balia dei venti.
La rabbia cresce sempre più fino a sfociare in un urlo di disumano dolore. 
Ma perché la fatina è così alterata? Cosa l'ha fatta svegliare con il piede sbagliato?
Lo scopriamo ben presto, quando la mamma giunge in suo soccorso, mostrandoci la causa di tutto quel gran trambusto.
Il risvolto pare quasi comico, non ve lo voglio svelare, ma a me è successo di ritrovarmi a ridere, dicendo tra me e me "tutto quel baccano, solo per questo?".
La prima reazione è stata questa, eppure pensandoci bene, cosa mai avrebbe potuto fare infuriare così tanto una bambina?
Jean-Francois Chabas, con la sua storia, prende una figura mitologica e la porta nel mondo reale fornendole caratteristiche umane, facendocela pertanto sentire più vicina. La sua piccola Banshee, dopotutto, è una bimba, e come tale fa i capricci e non vuole sentire ragioni, solo che, essendo dotata di straordinari poteri, ovviamente le sue bizze hanno ripercussioni un tantino più drastiche rispetto a quelle cui siamo abituati.
I bambini sicuramente saranno divertiti nel leggere di questa coetanea tanto infuriata e ostinata, e ancora di più lo saranno nello scoprire il motivo di tanta animosità.
Ma non sarà solo la storia a catturarli. Essa, seppur narrata in versi graziosi e coinvolgenti, non riuscirà a distogliere l'attenzione dalle splendide illustrazioni, ad opera di David Sala che sono, senza dubbio, il punto forte di questo albo illustrato. Ogni tavola è un'opera d'arte, impreziosita da splendidi ricami in oro a caldo e, ogni qual volta si gira pagina, ad attenderci c'è un esplosione di colori mediante i quali prendono corpo e vita le varie scene. Così, sfogliando, ci troviamo in una foresta, poi ancora sulla riva del mare, in mezzo ad una tempesta, e infine nel caldo e confortevole abbraccio materno, dove ogni bambino può sentirsi al sicuro.
La fata dopo aver dato sfogo alla sua ira, torna ad essere umana, una bambina come tante, o insomma... diciamo poi non così diversa XD

Ringrazio la Gallucci Editore per avermi omaggiato di una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

giovedì 27 luglio 2017

Recensione: "Bambole giapponesi" di Rumer Godden

Titolo: Bambole giapponesi
Titolo originale: Miss Happiness and Miss Flower
Autore: Rumer Godden
Editore: Bompiani
Data di pubblicazione: 29 marzo 2017
Pagine: 112
Prezzo: 12,00 € 

Trama:
Fiore e Felicità sono due bamboline giapponesi che dopo uno scomodo viaggio dentro una scatola finiscono tra le mani di Nona. Anche lei dopo uno scomodo viaggio è finita dall'India all'Inghilterra, e non è per niente contenta. Le mancano i colori e i profumi di quando era piccola; in Inghilterra fa sempre freddo; gli zii sono tanto gentili con lei, ma i cugini sono strani e un po' pungenti, soprattutto Belinda. Fiore e Felicità vorrebbero tanto che una bambina gentile e intelligente si prendesse cura di loro; e conversando in sussurri, come fanno le bambole giapponesi, si confidano la speranza che Nona sia la bambina giusta. È proprio così, e lo scopriranno a poco a poco, quando Nona deciderà di dar loro quello che meritano: una casa di bambole giapponese da costruire e arredare, complice il cugino Tom e via via anche il resto della nuova famiglia. Perché avere una casa è importante per tutti, bambini e bambole; e quando non c'è, o non c'è più, bisogna essere capaci di inventarsela.

Recensione:
Una storia tenera, che ci parla di come possa essere terribile sentirsi soli al mondo, catapultati di punto in bianco in un posto dove non conosci nessuno e dove nessuno conosce te.
Di come possa essere difficile fidarsi di qualcuno, e pensare di poter trovare degli amici anche in un posto che non è la tua casa.
Una storia che ha per protagonista Nona, una bambina di otto anni, costretta a lasciare il papà e l'amata India per trasferirsi dagli zii nella fredda Inghilterra, ma non solo lei. Perché se è dura essere bambini in un mondo sconosciuto e a tratti ostile, non è di certo meno arduo per le bambole, abituate a viaggiare di casa in casa, da una bimba ad un'altra, da un'amica ad un'altra.
Lo sanno bene Fiore e Felicità, alle prese con l'ennesimo viaggio della speranza, perché di questo si tratta. Chiuse in una scatola, non possono fare altro che augurarsi di trovare al di là del cartone una ragazzina buona e gentile, disposta a prendersi cura di loro.
Ogni volta per loro è un terno al lotto: troveranno qualcuno pronto a coprirle di attenzioni e affetto, o una persona che le ferisca come è già successo in passato?
Per loro fortuna, questa volta ad aprire la scatola c'è Nona, quella bambina timida e silenziosa che fatica ad ambientarsi in un Paese così diverso dal suo. Fiore e Felicità capiscono cosa lei stia passando, perché è proprio quello che provano loro.
Insieme le tre amiche riusciranno a superare le difficoltà. Le bambole troveranno nella bimba un'amica sincera, e Nona, del resto, farà di loro un porto sicuro, un appiglio cui aggrapparsi per non crollare.
La loro amicizia è dolce e delicata, ritratta splendidamente, senza troppi giri di parole.
Adorabile il modo in cui, in nome di questa, Nona sia disposta a compiere atti di coraggio e superare le sue paure.
Grazie alle viaggiatrici nipponiche, la piccola indiana imparerà anche a chiedere aiuto, e a fare affidamento sugli altri, in poche parole a fare nuove amicizie.
Senza nemmeno rendersene conto, così presa dal progetto di realizzare per le due bambole la casa giapponese dei loro sogni, la vita della protagonista comincia a cambiare e quelli che per lei erano solo estranei finiscono per diventare la sua nuova famiglia.
Questo per sommi capi la trama del libro, essenziale, ma non per questo priva di sentimenti.
Anzi, ciò che caratterizza la lettura, e che personalmente mi ha colpito, è la straordinaria naturalezza con cui vengono approfondite certe emozioni, che siano la solitudine, il senso di smarrimento, l'imbarazzo, il senso di colpa ma anche la gioia e la piena soddisfazione.
Impossibile per il lettore non identificarsi nelle piccole preoccupazioni della bimba e delle bambole, e impossibile non gioire nel vedere Nona diventare una piccola guerriera coraggiosa, pronta a tutto pur di proteggere Fiore e Felicità.
Perché è questo che fanno i veri amici, tirano fuori la nostra parte migliore, ci spingono a vedere quei pregi che non sappiamo neppure di avere.

Considerazioni:
Questo libro mi è stato consigliato qui sul blog proprio da una di voi che, vedendolo tra le nuove uscite, ha pensato potesse piacere sia a me che a Muriomu. E devo ringraziarla (sto parlando di te Emy), perché ci ha visto proprio giusto.
Già la trama mi aveva incuriosito, anche grazie al connubio Inghilterra-India, che mi ha riportato alla mente due dei libri che hanno caratterizzato la mia infanzia, ovvero "La piccola principessa" e "Il giardino segreto", tra i più famosi romanzi di Frances Hodgson Burnett.
Iniziando poi la lettura, sono rimasta piacevolmente sorpresa dal modo in cui la Godden riesce a penetrare non solo nelle profondità del cuore umano, ma anche di quelli di porcellana.
I dialoghi tra Fiore e Felicità, le differenti personalità delle due (la prima apprensiva e la seconda decisamente più speranzosa), il senso di protezione che hanno l'una verso l'altra, sono le cose che più mi hanno colpito.
Mentre leggevo, non riuscivo a non pensare che solo una persona dall'animo buono e particolarmente sensibile poteva deliberatamente scegliere di dare voce ad essere inanimati, figurandoli alla stregua di normali persone con sentimenti. Tuttavia particolare attenzione viene prestata proprio alla loro condizione di bambole, che, in quanto tali, non possono fare altro che subire le decisioni degli altri (dal vivere con persone che non hanno scelto al non potersi spostare o fare movimenti autonomamente).

Potete immaginare come si sentirono spaventate e smarrite Fiore e Felicità quando si ritrovarono sul grande tavolo liscio, lì stese a guardare Nona e Belinda sopra di loro. Se Nona e Belinda fossero state bambine giapponesi, una delle due, Fiore ne era certa, avrebbe fatto fare un inchino a lei e a Felicità. 
"Non possiamo nemmeno essere educate" disse Fiore disperata, e gridò: "Una di loro può essere la bambina gentile e intelligente?" 
"Spero di sì" disse Felicità "lo desidero tanto." 
Come vi ho già detto spesso, i desideri sono cose molto potenti, persino i desideri delle bambole, e proprio mentre Felicità esprimeva il suo, Nona allungò un dito e accarezzò dolcemente i capelli di Fiore. Il suo dito incontrò la scheggia, e Nona disse: "Povera bambolina."

Per quanto riguarda invece gli altri personaggi, mi ha fatto molto tenerezza Nona. L'ho compresa, e mi sono affezionata a lei come fosse un'amica.
Il resto della famiglia rimane un po' in sordina, risulta però evidente il tentativo di tutti, ed in particolare della mamma e del cugino Tom, di mettere quanto più possibile a suo agio l'ospite venuta da lontano.
Fa eccezione Belinda, la piccola di casa, la quale, vedendosi privata delle attenzioni che tutti fino a poco prima riservavano esclusivamente a lei, inizia a nutrire gelosia e risentimento per la povera Nona.
Devo ammettere che non si è guadagnata la mia simpatia, ma ho comunque capito il suo sentirsi messa da parte e la paura di essere dimenticata.
È proprio questo il bello di questo lettura, l'essere sincera e genuina e il dare sfogo agli stati d'animo così come sono, senza troppi sotterfugi e senza filtri.
C'è un'unica critica che mi sento in dovere di fare. Da un certo punto in poi il libro si incentra sulla missione di Nona, ossia il creare una perfetta casa delle bambole in stile giapponese.
L'avanzamento dei lavori, la descrizione degli interni, e delle tradizioni nipponiche, è senza dubbio interessante, ma ciò non toglie che, così facendo, l'autrice finisce per dedicarsi sempre meno al progressivo ambientamento dell'indiana nel nuovo nucleo familiare, sottraendo, per giunta, spazio alle due bambole, la cui voce diviene man mano sempre meno udibile per noi lettori.
Un vero peccato perché nelle prime fasi il libro era oserei dire perfetto e, se fossi stata al posto della Godden, avrei senza dubbio continuato su questa linea.
Detto ciò, non posso che consigliare questo libriccino, piccolo ma profondo. Una di quelle letture capace di comunicare tanto con poche parole, e condensare in un centinaio di pagine una splendida storia ed un bellissimo messaggio d'amore.

Ringrazio la casa editrice Bompiani per avermi fornito una copia di questo libro

il mio voto per il libro

lunedì 24 luglio 2017

La mia 101 bambina ribelle: Rosalind Franklin, realizzata per il contest della Mondadori "Racconta la tua storia"

Salve avventori!
Non molto tempo fa vi abbiamo parlato del concorso artistico-letterario indetto dalla Mondadori Libri per ragazzi, che prevedeva la realizzazione di una storia e di un'illustrazione con protagonista una "bambina ribelle", non ancora presente nel libro "Storie della buonanotte per bambine ribelli".
Bene, come già rivelato in questo post, il contributo di Muriomu (che illustrava la vita della famosa scrittrice e disegnatrice Beatrix Potter),  è risultato uno dei cinque vincitori!!!
Ancora complimenti alla mia talentuosa sister... come sempre sono fiera di te ^-*
Anch'io ho partecipato a questa simpatica iniziativa, ma ahimè non sono stata selezionata.
Il mio racconto non sarà presente quindi sul sito della nota casa editrice (musica melodrammatica maestro), ma non vedo alcun motivo per non condividere almeno con voi il frutto del mio lavoro.
Spero vi faccia piacere leggerlo ^^
Ho scelto di raccontare della brillante chimica Rosalind Franklin che, stranamente (e vergognosamente aggiungerei), non risulta tra le cento memorabili donne del duo Cavallo-Favilli.
Un vero peccato, perché credo che i suoi meriti siano stati troppo spesso omessi, e che la sua vita meriti di essere raccontata e ricordata.
Anche perché non riesco ad immaginare un esempio migliore, per le generazioni del futuro, di una donna che si è fatta da sola, e che da sola ce l'ha fatta.

Rosalind Franklin 
Chimica 
25 luglio 1920 - 16 aprile 1958 
Londra, Regno Unito 

C'era una volta una bambina di nome Rosalind, che viveva a Londra con la sua famiglia. Amante della natura, trascorreva il tempo tra passeggiate all'aria aperta, visite in campagna dai nonni, e... giochi matematici. 
Ebbene sì, perché Rosalind, a dispetto della giovane età, era già "spaventosamente intelligente", come la definì ben presto sua zia. 
Sin da piccola dimostrò di essere versata in ogni materia, dalle lingue straniere allo sport, ma ciò in cui eccelleva erano la matematica e le dottrine scientifiche. 
Nonostante le perplessità dei genitori, e grazie al suo forte spirito d'indipendenza, riuscì a laurearsi in chimica e a trovare lavoro come ricercatrice in un laboratorio a Parigi. 
Anni dopo, tornata a Londra, fu assunta al King's College, ed ebbe il permesso di dedicarsi alla tecnica chiamata cristallografia a raggi X, che aveva appreso in Francia e di cui poteva considerarsi ormai un'esperta. 
Il laboratorio era a quel tempo diretto dal biofisico Wilkins, il quale sperava di apprendere quanto più possibile di questa tecnica, ancora poco nota nell'università inglese. 
Ciò che non sapeva era che la Franklin era tremendamente gelosa del suo lavoro. Tra i due nacque subito una rivalità, in parte dovuta al comportamento risoluto e rude della ricercatrice, e in parte all'atteggiamento di superiorità del direttore. 
Rosalind, come altri scienziati in quel periodo, iniziò a studiare la struttura del DNA per cercare di capire il funzionamento alla base della replicazione delle cellule. 
Per dirla in parole povere, tentò di spiegare perché ogni persona è diversa da tutte le altre, e il motivo per cui i bambini somigliano un po' alle mamme e un po' ai papà. 
Un giorno, dopo una discussione con Wilkins, che l'accusava di essere arrogante e non voler condividere il risultato delle ricerche, la Franklin subì un furto. 
Wilkins, a sua insaputa, le sottrasse la famosa fotografia 51, che dimostrava la struttura a doppia elica del DNA, e la fece visionare ai colleghi Watson e Crick, che si stavano dedicando allo stesso campo di ricerca. 
Ora, non sappiamo se i due scienziati avessero già elaborato la teoria della doppia elica, ormai accreditata, e se la fotografia funse solo da convalida, o se ne fu invece il punto di partenza. Fatto sta che nel 1962 Watson, Crick e Wilkins vinsero il premio Nobel per la medicina, proprio grazie alla scoperta della struttura del DNA, ed il contributo fondamentale della chimica inglese non fu neppure menzionato. 
Da quel giorno Rosalind divenne uno dei simboli del movimento femminista, l'eroina negata dalla scienza, la vittima dell'ambiente maschilista e della discriminazione delle donne nel mondo del lavoro. Ma se è vero il detto "una donna di successo è colei che ha costruito castelli, con i mattoni che le hanno lanciato per vederla cadere", Rosalind Franklin ne è l'esempio lampante. 
Nonostante il sopruso subito, non si diede per vinta. Continuò i suoi studi, raggiungendo grandi risultati. A lei vennero dedicati molti riconoscimenti, tra cui numerosi istituti di ricerca, e persino un asteroide, il 9241 Rosfranklin. 
Dopo anni di silenzio, finalmente oggi sappiamo che la genetica non sarebbe stata la stessa senza Rosalind Franklin, e che, sebbene dimenticata dalla storia a lei contemporanea, lei è una delle donne che la storia l'ha scritta per davvero.

venerdì 21 luglio 2017

Recensione: "Una voce di piombo e oro" di K.L. Going

Titolo: Una voce di piombo e oro
Titolo originale: Pieces of why
Autore: K.L. Going
Editore: Il Battello a Vapore
Data di pubblicazione: 14 marzo 2017
Pagine: 212
Prezzo: 12,00 € 


Trama:
Più di ogni altra cosa, Tia sogna di diventare una cantante, una la cui voce sia capace di cambiare il mondo. Il che non è affatto semplice, visto che è povera, con una mamma che si spacca la schiena lavorando in un supermercato e un papà in galera.
Però la sua voce è davvero pazzesca e Tia già canta con un coro gospel in cui è una delle poche ragazze bianche. Un giorno, a pochi metri da dove il coro sta provando, viene ucciso un bambino e la verità riguardo al motivo per cui suo padre è in carcere esplode, facendo crollare il muro di silenzio che la mamma e i suoi amici hanno costruito attorno a lei. È una verità talmente scioccante che Tia non riesce più a cantare. Anche il suo sogno è morto per sempre?

Recensione:
Tia ha dodici anni, una famiglia sgangherata (con un padre in galera e una madre che ha deciso di affrontare la vita rintanandosi nella vergogna), poche possibilità economiche e un grande sogno: quello di diventare una grande cantante, una di quelle voci capaci di cambiare il mondo.
Il giovedì, il giorno delle prove con il coro, è per lei il più bello della settimana, quello per cui vale la pena alzarsi dal letto, affrontare l'afoso caldo estivo e attraversare il quartiere più malfamato di New Orleans. 
Ma quel giovedì le cose andranno diversamente, quel giovedì un fatto che apparentemente ha poco o nulla a che fare con Tia e la sua vita, la cambierà per sempre, portando a galla segreti sepolti e verità dimenticate.

"Certi giorni dovrebbero arrivare con un avviso di pericolo, tipo: ATTENZIONE! Questo giorno sarà nocivo per la vostra salute. Invece la maggior parte delle giornate comincia in modo normale. A volte anche meglio del normale. Il che è molto peggio."

Tia è in chiesa, sta facendo la cosa che più ama fare, cantare dando voce alla sua anima, quando, all'esterno, il rumore di uno sparo sconquassa tutto, interrompe il canto, ferma la musica e dà avvio ad una serie di eventi a catena che turberanno il presente della ragazza, di sua madre e di chi sta loro attorno.
Il mondo di Tia sembra essere cambiato dopo quello sparo, non solo il suo animo è turbato, ma tutto ciò che le gravita attorno sembra essere stato condizionato dall'accaduto. Non può fare a meno di chiedersi perché tutti ora la guardino con quel misto di curiosità e imbarazzo, e perché al suo passaggio tutti sembrino ammutolirsi, interrompendo discorsi che probabilmente avevano lei come protagonista.
L'uccisione di quel bambino cosa ha a che fare con lei? Perché la gente del quartiere sembra guardarla con occhi diversi? E perché sua madre, da sempre taciturna, sembra ora essersi rinchiusa ancora più nel suo guscio?
Saranno questi gli interrogativi che spingeranno Tia a porsi delle domande e a esigere quelle risposte su suo padre che sua madre ha sempre eluso con abilità.
Una storia che in poche pagine affronta con grande intelligenza e delicatezza vari temi, difficilmente affrontati nei romanzi per ragazzi.
Parla di pregiudizio, di sospetto e razzismo, ma anche di vergogna, paura e perdono.
L'autrice ci racconta di quelle vite spezzate dalla violenza, ma lo fa invitandoci a metterci nei panni di tutti quelli che subiscono tale dramma, vittime, carnefici, familiari di entrambe le parti e vicini (sia quelli più spregevoli che quelli più comprensivi).
Soprattutto ci invita a metterci nei panni della figlia e della moglie dell'assassino. Innocenti su cui, loro malgrado, ricadono le colpe del carnefice. 
Un romanzo concreto, che racconta la verità senza infiocchettarla o addolcirla, racconta la vita che è dura e piena di cose brutte e ingiuste, ma dove, di tanto in tanto si può inciampare in qualcosa o qualcuno di bello, un sogno anche, per cui valga la pena avere forza e speranza. 

Considerazioni:
Ho trovato questa lettura molto più profonda e intensa di quanto mi sarei potuta aspettare.
Un romanzo per ragazzi che consiglio di leggere e far leggere, perché racconta di una situazione tutt'altro che rosea e di come, nonostante tutto, le sue protagoniste (madre e figlia) riescano, insieme, a farcela. A superare la disgrazia che è loro capitata.
L'autrice, attraverso queste pagine, ci porta tra le strade di New Orleans, nei quartieri più difficili e poveri, dove la tranquillità è solo un miraggio e la delinquenza all'ordine del giorno.
Ci porta a casa di Tia, un'adolescente come tante, che come tante cova i suoi sogni e desideri che condivide con l'amica di sempre.
Ma la vita di Tia non è affatto semplice, e attraverso lei l'autrice coglie l'occasione di narrare la storia di una bambina cresciuta portando inconsapevolmente sulle spalle il terribile peso di una colpa non sua.
Tia e sua madre sono marchiate, additate e giudicate pur non avendo alcuna responsabilità, anzi essendo esse stesse vittime.
È triste e profondamente ingiusto leggere di una ragazzina che viene condannata per le colpe di suo padre. Perché una moglie ignara e una bimba di soli quattro anni sono costrette a sentire su di loro il disprezzo la disapprovazione? 
Qual è la loro colpa? Cosa avrebbero potuto fare per impedire ciò che è accaduto? 
Fa pensare il poter guardare la situazione dal loro punto di vista e rendersi conto come è facile sentenziare, e quali orrori possono provocare i giudizi affrettati.
La madre di Tia, ad esempio, non ha saputo reagire a ciò che l'ha travolta. A quegli sguardi che la condannavano ha risposto condannandosi a sua volta. Rinchiudendosi nel suo mondo fatto solo di casa/lavoro e liberando il quartiere dalla sua vergognosa presenza, evitando di partecipare a feste ed eventi pubblici.
Ovviamente i segreti, le cose non dette, e i troppi rifiuti all'apertura, hanno compromesso ed incrinato il rapporto madre/figlia.
E una delle cose più belle di questa lettura è leggere di loro, degli scontri e degli incontri, così reali, così dolorosi, eppure così teneri.
Toccante è stato anche leggere di Tia e delle sue riflessioni sulla vita, sulla morte, sul tempo strappato via a tutte quelle vittime delle pessime scelte altrui, e su quel padre macchiatosi di un crimine fin troppo mostruoso.
È giusto volere ancora bene a chi compie una cosa tanto orrenda? È giusto cercare di perdonare? Le persone come suo padre sono sempre state persone cattive o hanno solo fatto delle scelte sbagliate?
Tante domande che la piccola protagonista si pone e che di rimando ci invita ad affrontare... interrogativi che troveranno risposta solo nella nostra coscienza, o che molto più probabilmente ci sentiremo semplicemente fortunati da non dovercene davvero preoccupare.


Ringrazio Il Battello a Vapore per avermi omaggiato di una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

mercoledì 19 luglio 2017

Sotto l'ombrellone #14



Salve avventori!
Eccoci tornate con la nostra rubrica "Sotto l'ombrellone", sicuramente la più divertente e impegnativa che abbiamo inventato XD
Quest'anno, a causa di alcune alghe puzzolenti che hanno infestato le spiaggia cui eravamo solite andare (che il comune, nonostante le promesse, non si è ancora impegnato a pulire >.<), abbiamo dovuto cambiare spiaggia. E non so se sia dovuto a questo, ma gli avvistamenti sono notevolmente calati.
Troviamo tantissime persone che si intrattengono con smartphone e riviste, ma pochi, pochissimi libri.
Nella speranza di avvistarne altri, vi lasciamo con i nostri primi, sparuti, avvistamenti...
E voi, avete adocchiato qualche lettura sotto l'ombrellone?

♥ "Cristiano Ronaldo. La biografia" di Guillem Balague

Lo conosco? No

L'ho letto? No

Identikit del lettore: bambino magrolino sui 7-8 anni. È stato il primo avvistamento dell'estate, adocchiato proprio mentre andavamo via, e questo piccolo lettore, con il suo libro in mano, arrivava in spiaggia per godersi una giornata al mare 

Costume da bagno: quando è arrivato, indossava una T-shirt verde chiaro e un pantaloncino grigio.


♥ "Glory e l'amore" di Jan Stuart

Lo conosco? No

L'ho letto? No

Identikit del lettore: signora sui 60 anni con fascia azzurra in testa.
Era seduta su una sdraio. Purtroppo non siamo certe del titolo, la signora era un po' lontana e non siamo riuscite a capire se la prima parola fosse "Glory", "Giordy", "Goldy" o chissà cos'altro!
E l'autore era scritto troppo piccolo, quindi nada anche su quel versante.
La nostra intenzione era quella di controllare poi su internet, ma purtroppo non abbiamo trovato nulla con quel titolo né simili. Possiamo solo dirvi che in copertina c'era la classica scena in stile "romanzo Harmony" con un uomo e una donna che si baciano in modo appassionato -_-"
AGGIORNAMENTO: Era effettivamente "Glory e l'amore" di Jan Stuart. Grazie Patrizia Lasco

Costume da bagno:  bikini, pezzo sopra blu, pezzo sotto decorato con una fantasia a macchie di colore blu e verdi.

♥ "Io, Dio e lo sciamano " di Livio Cossu 

Lo conosco? No

L'ho letto? No

Identikit del lettore: uomo sui 70/75 anni, è un frequentatore abituale della nostra ex spiaggia e anche lui, come noi, ha dovuto trasferirsi in questa. E' la prima volta che lo vediamo intrattenersi con un libro.

Costume da bagno: era disteso sulla sua sdraio e indossava un costume boxer blu e una paglietta bianca con fascia nera sulla testa.

♥ "Mi sa che fuori è primavera " di Concita De Gregorio

Lo conosco? Si

L'ho letto? No

Identikit del lettore: una ragazza sui 30 anni. Mora, slanciata e abbronzata. Era a mare da sola e si intratteneva leggendo qualche pagina del suo libro

Costume da bagno: bikini blu scuro

E per ora gli avvistamenti terminano qui...
Speriamo di essere più fortunate nei prossimi giorni, intanto buon mare a tutti :)

lunedì 17 luglio 2017

Recensione: "Il Gran Consiglio del Real Coniglio" di Santa e Simon Sebag Montefiore

Titolo: Il Gran Consiglio del Real Coniglio
Titolo originale: The Royal Rabbits of London
Autore: Santa Montefiore, Simon Sebag Montefiore
Illustratore: Kate Hindley
Editore: Mondadori 
Data di pubblicazione: 23 maggio 2017
Pagine: 192
Prezzo: 14,00 € 



Trama:
Shylo è il coniglio più piccolo della sua cucciolata e anche il più debole e gracile della famiglia. Per questo i suoi fratelli non fanno altro che prenderlo in giro e giocargli brutti scherzi. 
Un giorno, mentre saltella da solo nella foresta, si imbatte in una banda di ratti che stanno organizzando un complotto ai danni della regina. 
Nonostante si senta il meno coraggioso fra i conigli, toccherà proprio a lui partire per Londra e cercare i membri della società segreta che da anni protegge l’incolumità della regina. 
Ce la farà il più piccolo dei conigli a dimostrare di essere il più grande egli eroi? 

Recensione:
Si dice sempre di non giudicare un libro dalla copertina.
Beh, in questo caso, fatelo.
Perché se non fosse stato per la bellissima copertina, che porta la firma di Kate Hindley (autrice anche delle splendide illustrazioni interne), non avrei mai notato questo grazioso ed istruttivo libriccino. 
La trama è semplice, come avrete di certo intuito. Ha per protagonista un piccolo coniglio che fatica a trovare un suo posto, nel mondo, ma soprattutto all'interno della sua famiglia.
Tutti sembrano più in gamba di lui: più furbi, più veloci, più forti.
Shylo, non può fare altro che rassegnarsi all'evidenza... non sarà mai come i fratelli e le sorelle, e non sarà mai motivo d'orgoglio per la sua mamma.
O almeno questo è ciò che pensa, prima di imbattersi per caso negli orridi e nauseabondi Ratzi, i ratti-paparazzi che progettano l'assalto alle stanze della regina d'Inghilterra.
Shylo, grazie ai racconti del vecchio coniglio Horatio, si rende conto che c'è un'unica cosa da fare in questo caso, ovvero avvertire la famiglia reale del pericolo in agguato.
E chi può portare a termine questa missione meglio di lui?
Beh, a detta del pavido coniglietto, chiunque. Il solo pensiero di inoltrarsi per sentieri sconosciuti, affrontare innumerevoli rischi, e abbandonare la rassicurante vita di campagna, non può difatti che terrorizzarlo.
Tuttavia il saggio Horatio la pensa diversamente. Lui sa che dietro le apparenze, si nasconde un giovane coniglio forte e determinato, che aspetta solo il momento di uscire e mostrarsi al mondo.
E quale occasione migliore se non quella che prevede un improvviso viaggio a Londra e l'incontro con i conigli reali di Buckingham Palace?
È così che, nonostante i timori e la convinzione di non essere all'altezza, Shylo si imbarca per questa grande avventura.
Ovviamente tutto non filerà liscio come l'olio, e molti saranno gli imprevisti da affrontare, che metteranno a dura prova anche la sua incolumità.
Il libro infatti, da un certo punto in poi, comincerà a dare maggior risalto all'avventura e ai tipici elementi cardine delle storie di spionaggio. Tuttavia, anche durante le ronde o i combattimenti, al lettore risulta sempre ben chiaro il messaggio morale che il racconto vuole trasmettere. Protagonisti di tutta la narrazione non sono il piano ai danni della regina, gli agenti segreti, i "paparatzi" o cose di questo genere, ma il ritrovato coraggio di Shylo. Ebbene sì, il ritrovato coraggio, perché la forza e la determinazione sono sempre dentro di noi, dobbiamo solo aspettare l'occasione giusta per tirarle fuori.
Per mezzo di questo essenziale ma indispensabile insegnamento, i due scrittori, il signore e la signora Montefiore, sono riusciti a creare un libriccino perfetto per i bambini, specie per quelli un po' più timidini e timorosi, che non potranno non riconoscersi nei pensieri e nelle preoccupazioni del povero coniglietto. Grazie a questa storia, potranno rendersi conto che non c'è nulla di sbagliato nell'avere paura, l'importante è non farsi vincere da essa. 

Considerazioni:
Mi sono subito innamorata di questo libro. 
Già dalla copertina, che lo fa sembrare qualcosa di prezioso, da custodire con cura. Poi mi sono innamorata di Shylo, della sua costante convinzione di non essere mai abbastanza, di non essere mai all'altezza.
Ho mal sopportato i dispetti e la mancanza di empatia dei fratelli, e ho adorato invece la sensibilità e la dolcezza della mamma.

Gli sedette accanto e gli accarezzò la fronte. 
«Cosa c'è che non va, Shylo» chiese dolcemente. 
«Niente» rispose lui, perché non voleva parlare dello scherzo dei suoi fratelli. Ma non ce n'era bisogno. La mamma lo sapeva già, tutte le mamme lo sanno, ed era dispiaciuta. 
«Un giorno gliela farai vedere tu ai tuoi fratelli» mormorò baciandolo con tenerezza. «Un giorno mi renderai molto orgogliosa.» 
Shylo sgranò gli occhioni scuri e una grossa lacrima gli scivolò sul muso. 
«Io credo in te, Shylo» aggiunse lei. «Devi solo imparare a credere anche tu in te stesso.»

Ho trovato tutta la prima parte, ambientata nella campagne inglese, semplicemente perfetta, e devo ammettere che mi è spiaciuto abbandonarla.
Tutta la seconda parte, che vede come teatro la trafficata Londra, e che ruota attorno ad intrighi, attacchi da sventare e piani d'azione, risulterà sicuramente più attraente per i piccoli lettori, anche se personalmente mi ha meno coinvolta.
Sono però consapevole della necessità di questo cambiamento, di scenario e non solo, ai fini della storia e della lezione da impartire. 
Inoltre, oltre al messaggio sul coraggio e la speranza, di cui vi parlavo prima, un altro tema affrontato è quello inerente ai social, la violazione della privacy e la perdita di contatto con la realtà (anche questi argomenti molto utili, considerando i nostri tempi ed il pubblico giovanissimo cui il libro è rivolto).
In generale ho trovato questa lettura piacevole e poco impegnativa, ma capace di trasmettere emozioni e insegnamenti.

La vita è un'avventura. 
Al mondo tutto è possibile: basta avere un po' di buona volontà e fortuna, una carota fresca, il naso umido e un pizzico di folle coraggio.

Mi ha ricordato in alcuni punti il libro "Luolo", altra lettura che consiglio vivamente, e che parla di un fantasmino incapace di spaventare.
Entrambi i libri hanno come personaggio principale un giovane cadetto che, spronato da figure più vecchie e sagge, riesce finalmente a ritrovare la fiducia in se stesso e nelle proprie capacità.
Ritengo fondamentale per i bimbi confrontarsi con questo genere di letture, e con personaggi più simili a loro, piuttosto che rintanarsi nel magico mondo dei supereroi (che in ogni caso non disprezzo).
Perché puoi essere un cucciolo di coniglio o un cucciolo d'uomo, ma la sostanza non cambia. 
Ciò che conta è il sapere che le difficoltà fanno parte della vita, e che per superarle bisogna non perdersi mai d'animo. Ciò che conta è il saper scorgere ogni volta qualcosa di bello all'orizzonte, perché anche nella notte più scura, si può sempre confidare nelle stelle. 

Ringrazio la casa editrice Mondadori per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

martedì 11 luglio 2017

Recensione: "Io prima di te" di Jojo Moyes

Titolo: Io prima di te
Autore: Jojo Moyes
Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 2 gennaio 2013
Pagine: 391
Prezzo: 13,00 € 

Trama:
A ventisei anni, Louisa Clark sa tante cose. Sa esattamente quanti passi ci sono tra la fermata dell'autobus e casa sua. Sa che le piace fare la cameriera in un locale senza troppe pretese nella piccola località turistica dove è nata e da cui non si è mai mossa, e probabilmente, nel profondo del suo cuore, sa anche di non essere davvero innamorata di Patrick, il ragazzo con cui è fidanzata da quasi sette anni. Quello che invece ignora è che sta per perdere il lavoro e che, per la prima volta, tutte le sue certezze saranno messe in discussione.
A trentacinque anni, Will Traynor sa che il terribile incidente di cui è rimasto vittima gli ha tolto la voglia di vivere. Sa che niente può più essere come prima, e sa esattamente come porre fine a questa sofferenza. Quello che invece ignora è che Lou sta per irrompere prepotentemente nella sua vita, portando con sé un'esplosione di giovinezza, stravaganza e abiti variopinti. E nessuno dei due sa che sta per cambiare l'altro per sempre.

Recensione:
Una famosa canzone di John Lennon dice "la vita è ciò che ti accade, mentre sei impegnato a fare altri progetti".
Credo che nulla possa racchiudere meglio il senso di questo libro se non queste poche e semplici parole.
Semplici, proprio come la vita di Louisa, la protagonista del romanzo, una ragazza come tante che non fa che dividersi tra la famiglia, il fidanzato di una vita e il lavoro al bar. Niente di così trascendentale, nessun grande scossone, ma un'esistenza serena fatta di giornate tranquille e mediamente uguali tra loro.
Almeno fino a quando il Buttered Bun, il locale per cui lavora da ben sei anni, chiude i battenti, lasciando alla povera Lou la necessità di reinventarsi.
E così che, dopo pochi fallimentari tentativi di trovare una nuova collocazione, la vediamo approdare a Granta House, l'elegante dimora dei Traynor.
Lì, pur non avendone alcuna esperienza pratica, sarà assunta in qualità di assistente di Will, il figlio trentacinquenne, divenuto tetraplegico a causa di un tremendo incidente.
Il giovane uomo, al contrario della ragazza, ha sempre vissuto una vita dinamica, fatta di esperienze estreme e fuori dal comune. Il vedersi inchiodato ad una sedia, come potrete immaginare, è per lui un castigo insopportabile, e soprattutto inaccettabile.
L'incontro tra i due ha il sapore dello zucchero sul succo di limone: in un primo momento non puoi non avvertirne l'attrito, la stonatura, fino a quando non ti rendi conto che ciò che hai di fronte non è altro che una dissetante limonata.
Così accade con Will e Louisa, tanto diversi, eppure più simili di quanto si potrebbe immaginare.
Lui, giorno dopo giorno, si fa coinvolgere dall'entusiasmo, lo spirito d'iniziativa, la simpatia contagiosa della nuova aiutante. Lei invece, grazie a Will, trova finalmente la voglia e il coraggio di uscire dalla sua comfort zone, di provare cose nuove, di volere qualcosa di diverso, di sconosciuto, di folle e poco sicuro.
Che sia un tatuaggio, una gita fuori porta, un concerto di musica classica, l'importante è mettersi in gioco, non limitarsi a vivere come Louisa, ma trovare la vera Louisa ed esserlo finalmente.
Will, colui che avrebbe dovuto essere accudito da Miss Clark (come in effetti accade), ne diviene il consigliere e il primo sostenitore. Farla uscire dal suo guscio diventa la sua ultima missione, forse quella più importante.

«Hai vissuto alla grande, vero?» 
«Sì, in effetti.» 
Si accostò un poco e alzò ancora la sedia in modo da essere quasi a livello degli occhi. 
«È per questo che mi fai incavolare, Clark. Perché vedo tutto questo talento, tutta questa...» 
Si strinse nelle spalle. 
«Questa energia e intelligenza, e...» 
«Non dire potenzialità...» 
«...potenzialità. Esatto. Potenzialità. E non riesco proprio a capire come tu possa accontentarti di vivere una vita così scialba. Una vita che si svolgerà quasi interamente nel raggio di dieci chilometri e non includerà nessuno che saprà mai sorprenderti, né stimolarti, né mostrarti cose che ti faranno girare la testa e non ti lasceranno dormire la notte.»

D'altra parte anche la giovane comincia ad architettare un piano: convincere l'uomo, che a poco a poco ha conquistato la sua fiducia, che c'è sempre almeno una ragione per non arrendersi e continuare a vivere.
Ovviamente non vi rivelerò se uno dei due, o entrambi, vinceranno le loro sfide. Altrimenti che gusto c'è a leggere il libro, mi direte!
Ciò che invece voglio evidenziare sono i punti di forza del libro e le debolezze.
Partendo dal primo punto, direi che la carta vincente di tutta la storia sono i due protagonisti, le loro personalità e il modo in cui queste collidono e collimano.
Louisa è la tipica ragazza della porta accanto, è quella che si potrebbe definire "una di noi".
È impacciata, non nasconde l'imbarazzo e il disagio in situazioni fuori dall'ordinario, è spigliata e divertente. Non sa tenere la bocca chiusa, e dice quello che pensa. È un personaggio vero, per quanto possa esserlo, e questa è la sua bellezza.
Per quanto riguarda Will, inizialmente si mostra scontroso, arrogante e distaccato. Non ho apprezzato molto quest'immagine iniziale, proprio perché intuivo che ci sarebbe stato presto un prevedibile (e naturale aggiungerei) cambio di rotta. E proprio così è stato. Dopo poco la scorza di duro dal cuore di ghiaccio si frantuma, per dar luce ad un uomo brillante, spiritoso e sarcastico. Impossibile non amarlo, lui e le sue battute pungenti.
E a proposito di questo, proprio il botta e risposta tra Will e Lou, il loro progressivo avvicinamento, le prese in giro, alternate a discorsi profondi, rendono la lettura piacevole e coinvolgente.
E non era impresa facile a pensarci, considerando che il tema principe di tutto quanto è a tutti gli effetti la disabilità del protagonista, e come questa si ripercuota sulle persone attorno a lui.
Sarebbe stato semplice cadere nel patetico, nel dramma, e rendere le pagine difficili da reggere dal punto di vista emotivo.
Invece ciò non accade, in quanto il mood principale non ha a che vedere con il compatimento.
Ovviamente al lettore appaiono evidenti le difficoltà e la sofferenza cui Will va incontro giorno per giorno.
L'impossibilità ad essere autonomo (anche nelle azioni apparentemente semplici, come mangiare o compiere i naturali bisogni fisiologici), il suo dover costantemente dipendere da altri, il dolore fisico, e la consapevolezza di dover rinunciare per sempre a molte cose, sono tutti aspetti che ci vengono raccontate man mano, essendo ormai parte integrante della vita dello sfortunato trentacinquenne, ma novità da assimilare per la sua inesperta assistente.
Tuttavia il libro, nonostante tutti questi aspetti non proprio facili da digerire, non perde mai quel tono leggero ma piacevolmente profondo.
Più si va avanti con la lettura, più si prende confidenza con la quotidianità di Will, e con il suo modo di vedere le cose.
Ed è questo il bello. Il ragazzo, con i suoi discorsi, ci spinge ad allargare i nostri orizzonti, a cogliere un'opportunità, a non avere paura di rischiare.
Straordinariamente, per quanto convinto che la vita non abbia più nulla da offrire a lui, persevera nel tentare di far capire a Louisa, e indirettamente a noi lettori, che il tempo è un dono, e che va scartato, assaporato, e non gettato via come un fazzoletto usato.
Per quanto colme di dolore, le pagine di "Io prima di te" sono un vero e proprio inno alla vita.
Un invito ad assaporare ogni secondo e a non rimandare, perché non si sa mai cosa può accadere, e non c'è nulla di peggio del rimpianto e del ricordo delle occasioni perdute. Non c'è nulla di peggio della nostalgia di chi sa di non poter tornare indietro.

Considerazioni:
Poco fa vi avevo detto che vi avrei parlato dei punti di forza e delle debolezze di questo libro.
Eh no, mi spiace dirvelo, ma non mi sono dimenticata del secondo punto.
Ho solo preferito affrontarlo qui, perché essendo un mio modestissimo parere, e non un difetto oggettivo, mi sembrava più opportuno inserirlo tra le considerazioni personali.
Ebbene, ero molto curiosa di leggere questo romanzo, perché tutti me ne avevate parlato benissimo (non ricordo infatti un solo giudizio negativo), e più di una volta mi avevate raccomandato di preparare i fazzoletti.
Prima di cominciare ho considerato due ipotesi: la prima prevedeva che io mi uniformassi alla comune opinione, trovandolo un libro straziante e commovente, mentre la seconda che io lo trovassi del tutto deludente (come nel caso di "Colpa delle stelle").
Ciò che invece non avevo considerato era ciò che sto per raccontarvi.
Il romanzo mi è piaciuto, e anche molto, ma non ho trovato quel carico di emozioni che immaginavo di provare. È vero, mi sono sentita vicina a Will e alla sua tragedia, ma non mi è parso di sentire il suo dolore sulla mia pelle. Non mi sono immedesimata, come è successo con altri libri.
Più che altro la lettura ha fatto scaturire alcune riflessioni sulla mia vita e sugli aspetti che voglio cambiare (non mi spiacerebbe in effetti dar vita al "Progetto Will Traynor", per superare sfide e paure), ma non mi ha travolto dal punto di vista emotivo.
Forse anche perché il punto di vista utilizzato è stato più che altro quello di Louisa, il modo con cui lei, da esterna, ha affrontato la difficile situazione.
Non a caso uno dei momenti più intimistici è stato, per quanto mi riguarda, il breve capitolo che dà voce a Camilla, la madre di Will, e alla sua paura di non poter evitare che il figlio si tolga la vita.

La cosa che non puoi capire riguardo all'essere madri finché anche tu non lo diventi è che quello che vedi davanti a te non è un uomo adulto, il cucciolo impacciato, irsuto, puzzolente, ostinato, con le sue multe per divieto di sosta, le scarpe sporche e una complicata vita sentimentale. Vedi tutte le persone che è stato riunite in una sola. 
Guardavo Will e vedevo il bambino che avevo tenuto fra le braccia, ingenua e infatuata, incapace di credere di aver dato alla luce un altro essere umano. Vedevo il bimbo che cercava la mia mano, lo scolaretto che piangeva silenziose lacrime di rabbia, vittima della prepotenza di qualche ragazzino. Vedevo le fragilità, l'amore, la storia. Ecco quello che Will mi chiedeva di cancellare: sia il bambino che l'uomo, tutto quell'amore, tutta quella storia.

Per il resto sì, ogni tanto cogliamo i pensieri e le emozioni del giovane uomo, ma non a tal punto da sentirle nostre.
Perlomeno questa è stata la mia impressione durante la lettura. Sono però consapevole che molti di voi hanno avuto una percezione nettamente diversa. A tal proposito non esitate a lasciare la vostra opinione nei commenti, il confronto è sempre gradito.
Un'ultima considerazione vorrei farla a proposito degli altri personaggi.
In particolare sulla famiglia di Louisa. Anche in questo caso posso dire che il loro ritratto sa di verità, in quanto, come tutti gli esseri umani, hanno tratti apprezzabili e altri decisamente meno.
Ad esempio ho adorato il modo in cui il signor Clark prende in giro la figlia, considerandola sempre una piccola combina guai. Le scene che li riguardano, le simpatiche prese in giro, mi hanno fatto sorridere più di una volta. Tuttavia ho trovato poco appropriato (anche se, ripeto, veritiero, perché in molti casi accade così) il continuo paragone con la sorella di Louisa, Treena, e su quanto quest'ultima riesca in ogni cosa. Lo stesso vale per la madre, quasi sempre dolce e carina, ma con questa indiscussa ed irritante predilezione (leggi servilismo) nei confronti della secondogenita.
E veniamo proprio a Treena, la quale alterna brevi e sporadici episodi di sorellanza, ad un consueto stato di insensibilità ed egoismo. Crede che il mondo giri attorno a lei (anche a causa del comportamento accomodante dei genitori, ammettiamolo), e pretende che gli altri risolvano i suoi problemi. Gli errori da lei stessa commessi vengono da tutti ridimensionati, mentre alla povera Louisa non si fanno sconti, anzi tutto il contrario. Essendo la maggiore, deve da sola mettere le pezze ad ogni squarcio in quella casa, che si tratti del licenziamento del padre o della gravidanza non voluta della sorella minore.
Per ciò che concerne invece Patrick, il fidanzato di Louisa, non ho un granché da dire. Lui tra tutti è quello che incarna di più uno stereotipo, il tipico ragazzo in fissa con la palestra, talmente concentrato su di sé, da non vedere neanche lontanamente le preoccupazioni di chi gli sta accanto. Ha degli atteggiamenti insopportabili, questo sicuramente, ma è così privo di personalità che non si può nemmeno odiarlo. In fondo era condannato ad essere una comparsa sin dalla partenza.
Per tornare invece alla storia in generale, ho apprezzato molto le tematiche affrontate. Prima di tutto la disabilità, raccontataci tenendo conto delle varie sfaccettature, tra cui, non ultima, quella psichica. E poi la scelta dell'eutanasia, un tema sempre più attuale, e del diritto di ognuno di poter decidere cosa fare della propria vita.
Perché, in fin dei conti, quanta sofferenza siamo disposti ad affrontare, pur di sentirci vivi?
Sino a che punto siamo chiamati a spingerci?
C'è davvero un momento in cui dire basta?
Ovviamente "Io prima di te" non darà la risposta a queste domande (e come potrebbe del resto?), ma aiuterà ogni lettore a trovare la sua.

il mio voto per questo libro

venerdì 7 luglio 2017

Recensione: "Racconti di Diavoli e una favola" di Robert Louis Stevenson

Titolo: Racconti di Diavoli e una favola
Autore: Robert Louis Stevenson
Editore: ABEditore
Collana: Piccoli Mondi
Data di pubblicazione: Agosto 2015
Pagine: 90
Prezzo: 6,90 € 


Trama:
Trama:
Non tutto ciò che riguarda il diavolo è necessariamente orrifico e spaventevole. In queste brevi storie ci appare, quanto mai Lucifero, "in forme seducenti e ingannatorie"; ma il vero protagonista di questi racconti non è il malefico figuro, bensì l'uomo, di cui il diavolo, come in una stanza di specchi, riflette parti della sua natura avida, invidiosa, egoista... e contro cui dovrà lottare e vincere; una sorta di super-io di "altro sé" che abbozza il tema dualistico del conflitto tra bene e male.

Recensione:
"Racconti di diavoli e una favola" contiene, come suggerisce lo stesso titolo, due racconti brevi e una piccola favola, tutti ad opera di Robert Louis Stevenson.
I titoli sono i seguenti:
"Markheim"
"Il diavolo della bottiglia"
"Il diavolo e l'albergatore"

Il tema su cui ruotano le tre storie è essenzialmente lo stesso: il male e il modo insidioso in cui esso, sotto spoglie diverse, si insinua nei pensieri e nella vita dell'uomo, inducendolo, in alcuni casi, ad azioni sconsiderate e malvagie, fino a poco prima impensabili anche agli occhi stessi di chi le commette.
Il diavolo è protagonista, ma non è inteso come il malefico figuro "l'uomo nero" che soggioga le vittime, bensì come il sentimento malefico che, per invidia, disperazione e avidità spinge l'uomo ad azioni inconsunte, stravolgendo la stessa idea che ha di sé, portandolo a trasformarsi in chi non avrebbe mai creduto. 
Il primo racconto "Markheim" prende il nome dal suo protagonista. Il giovane venditore entra nella bottega del vecchio mercante a cui è solito vendere gli oggetti da collezione dello zio, ma questa volta, afferma Markheim, non si è recato lì per vendere, bensì per comperare un bel dono per la sua futura sposa.
Mentre il vecchio e ricurvo mercante è intento a trovare qualcosa di adeguato per l'occasione, il cliente lo aggredisce e uccide.
La parte più difficile del suo ignobile piano, per appropriarsi dei tesori e dei denari del mercante, è compiuta, ora Markheim non deve far altro che sottrarre il possibile e fuggire via, rintanarsi nell'oscurità della sua stanza, lontano da occhi indiscreti, dove potrà dimenticare il suo terribile gesto.
Ma il delitto appena compiuto inizia presto a tormentarlo, la paura di essere scoperto, di essere osservato e spiato, portano l'uomo ad una psicosi progressiva.
Così scricchiolii, giochi di luce e voci provenienti dall'esterno, si trasformano in minaccia vivida e palpabile. L'uomo si sente seguito e scrutato, e più passano i minuti più cresce in sé la convinzione di essere stato colto in fallo, e che verrà perciò catturato e condannato.
In preda ai timori e ai deliri, l'assassino vede palesarsi dinnanzi a sé una figura misteriosa - il demonio o semplicemente la proiezione del suo subconscio - e con essa avrà un dialogo, un vero e proprio flusso di coscienza, in cui si vedrà costretto a guardarsi dall'esterno e a fare i conti con le sue azioni.
Questo primo racconto vuole fare proprio questo, costringe l'uomo a guardarsi allo specchio e osservare attentamente il suo riflesso. Giudicarsi, quindi, attraverso occhi  critici ed obiettivi, ammettendo le proprie colpe e debolezze, forzando il protagonista a giustificare i propri peccati o a condannarli.
Un vero viaggio nel subconscio e nella psiche umana.
Meno introspettiva, ma più avvincente, la storia raccontata ne "Il diavolo della bottiglia" che vede protagonista Keawe, un giovane uomo dalle origini modeste, che dall'isola di Hawaii si imbarca per San Francisco. Appena arrivato si ritrova a passeggiare in un quartiere delizioso popolato da case graziose e invidiabili. Una tra tutte lo colpisce per l'eleganza e la bellezza, spingendolo a pensare a quanto sarebbe stato felice a vivere in una casa come quella. Eppure il legittimo proprietario, affacciato alla finestra, non sembra felice e sereno come Keawe si sarebbe immaginato. Sul suo volto i segni dell'angoscia e della tristezza. E poi l'incredibile rivelazione: tutte le sue fortune, la sua ricchezza, compresa la bellissima casa, sono opera di una magica bottiglia e del diavolo che vive all'interno di essa. Bottiglia che, se resterà in suo possesso fino alla fine dei suoi giorni, lo condurrà alla dannazione eterna...
Keawe, ovviamente incredulo e diffidente su quella strana storia, si lascia persuadere, libera l'angustiato uomo dall'oggetto dei suoi affanni e per cinquanta dollari diventa il proprietario della diabolica bottiglia. 
Inizia così un tortuoso cammino lastricato di desideri, disgrazie e travagli, un cammino in cui il giovane protagonista avrà anche la fortuna di incontrare l'amore, ma anche questo verrà messo a repentaglio e minacciato dalla cattiva sorte.
Una romantica e disperata storia d'amore, un racconto drammatico, struggente e, allo stesso tempo, tenero e commovente. Un'avventura, una corsa contro il destino, che sa tenere con il fiato sospeso fino all'ultima pagina.
A chiudere il testo la breve favola in versi "Il diavolo e l'albergatore", dai toni sicuramente più leggeri, ma dal finale ironicamente più aspro.
Riflette e fa riflettere sulla natura delle cose, se il diavolo è tale è abbastanza inutile prendersela con lui per le sue azioni meschine, poiché quella non è altro che la sua natura. Sempre nelle mani dell'uomo sta la scelta. Come comportarsi? Quale strada prendere? 

Considerazioni:
Questo libro mi ha subito conquistato per la bellissima copertina, e il suo interno non è assolutamente da meno, ma i libri della ABEditore mi hanno abituato a questo, sono impeccabili esteticamente e raccontano delle perle che è impossibile lasciarsi scappare.
Il piccolo libriccino dedicato ai tre racconti di Robert Louis Stevenson è una vera delizia per gli occhi, sia per la gran cura che la casa editrice mette nei suoi lavori (vi ho già parlato del libro "L'altra metà delle fiabe") che per i contenuti.
Ho apprezzato moltissimo gli scritti di Stevenson contenuti al suo interno, in specie "Markheim" e "Il diavolo della bottiglia". 
Per ragioni diverse mi hanno colpito entrambi, il primo mette l'uomo di fronte ai suoi errori, spinge il protagonista ad un profondo esame di coscienza. Il delirio e la paura lo portano alla follia, eppure è in quella follia che prende piena consapevolezza di ciò che è, di ciò che è stato, e di ciò che non vuole più perseverare ad essere. Markheim, in quello che io ho interpretato essere un dialogo con la propria coscienza, capisce che se non si assumerà le conseguenze delle sue azioni continuerà a sbagliare, poiché quando c'era da scegliere, pur con pentimento, ha sempre optato per la via più facile e subdola. 
Comprende che difficilmente le sue scelte nel futuro potranno portare in altre direzioni, e che se c'è un modo in cui può mettere in salvo se stesso, dalle sue stesse azioni future, è quello di farsi condannare. 
Un racconto intenso, come lo è, anche se in maniera diversa, "Il diavolo della bottiglia".
Questa è una storia appassionante, dove fino alla fine si teme per il destino dei due protagonisti. Anche loro hanno fatto qualche scelta sbagliata, anche nelle loro vite per qualche istante si è insinuato il dubbio e il sospetto, il pentimento e la disperazione, ma sia Keawe, che la sua amata Kokua, non sono mai stati spinti da intenzioni malevole. È l'amore che li ha guidati e spinti all'incoscienza e, forse proprio per questo, fino alla fine non si smette mai di fare il tifo per loro.
Un libro assolutamente da leggere, vi saprà emozionare in mille modi diversi e sicuramente non vi lascerà delusi.

Ringrazio ABEditore per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro