sabato 31 marzo 2018

Se fosse un film... #9


Salve avventori!
Un po' di tempo fa ho avuto occasione di vedere il film di "Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop" (che ha avuto il merito di portare in tv la meravigliosa storia immaginata da Fannie Flagg) e devo ammettere che sono rimasta molto delusa.
Mi duole dirlo ma la trasposizione cinematografica non è per nulla all'altezza del romanzo, il messaggio ne risulta sminuito (tant'è che la storia d'amore tra Idgie e Ruth è ridotta ad una semplice amicizia), molti aspetti della trama sono stati alterati e, dal mio punto di vista, anche il cast non si è rivelato dei più brillanti.
Ultimamente stiamo assistendo a molti remake e reboot, per cui mi sono detta, non sarebbe ora di dare una nuova possibilità anche a questo emozionante romanzo?
Io direi di sì, ragion per cui ho cominciato ad immaginare un ipotetico cast.
Fatemi sapere cosa ne pensate ^-*

Betty White nel ruolo di Ninny Threadgoode

Ninny è l'anziana signora che accoglie senza remore la sconsolata e sconosciuta Evelyn Couch, che sta attraversando un momento di crisi.
Le parla del suo passato, e tramite quelle storie, aiuta la nuova amica a riprendere in mano la sua vita e a credere in se stessa.
Con la sua dolcezza e ingenuità non può che conquistare qualsiasi lettore, ragion per cui vedrei bene per lei l'attrice Betty White. 


Melissa McCarthy nel ruolo di Evelyn Couch

Evelyn vive con sfiducia il tempo che passa. 
Sente di non avere più nessuno su cui contare, né il marito, sempre più distante, né i figli, ormai grandi, né tantomeno gli amici.
Eppure sotto quella scorza di donna fragile, triste e appassita, si nasconde una persona vivace, forte ed energica, capace di rivoluzionare la sua vita.
Penso che Melissa McCarty sarebbe perfetta per questo ruolo. 


Jennifer Lawrence nel ruolo di Idgie Threadgoode

Che dire di Idgie?
Lei è senza dubbio l'anima di questo libro: forte, ribelle, impavida e con un'ironia fuori dal comune.
Come ho scritto nella recensione, il suo personaggio è uno strano connubio fra Pippi Calzelunghe, Jo di "Piccole donne" e Lorelai Gilmore di "Una mamma per amica". 
Il ritratto di Jennifer Lawrence, non credete? 


Rachel McAdams nel ruolo di Ruth Jamison

Per quanto riguarda Ruth, vedrei bene sia Alexis Bledel che Rachel McAdams, in quanto penso che entrambe potrebbero incarnare perfettamente la dolcezza e la maturità del personaggio.
Però pensando alla coppia Idgie-Ruth, credo che la seconda attrice vestirebbe meglio i panni della proprietaria del caffè. Per cui Rachel, il posto è tuo! 


Angus Stone nel ruolo di Smokey Lonesome

Mentre leggevo di Smokey, il vagabondo dall'animo nobile, ho subito immaginato il cantante Angus Stone, che personalmente adoro.
Credo che lui possa incarnare al meglio l'indole selvaggia e solitaria del personaggio, ma anche il lato dolce nascosto sotto la superficie. 




Quinton Aaron nel ruolo di Big George

Big George è uno dei pilastri della comunità, l'omone alto e grosso sui cui tutti possono contare. Pensando a chi potrebbe interpretarlo, mi è venuto in mente l'attore Quinton Aaron, che tutti voi ricorderete sicuramente nel film "The Blind Side". 

E con questo è tutto.
Naturalmente nel libro sono presenti molti più personaggi, ma sarebbe stato impossibile includere ognuno di loro.
Cosa ne dite delle mie scelte?

lunedì 26 marzo 2018

Recensione: "La ragazza dei lupi" di Katherine Rundell

Titolo: La ragazza dei lupi
Titolo originale: The Wolf Wilder
Autore: Katherine Rundell
Illustratore: Gelrev Ongbico
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 17 novembre 2017 
Pagine: 288
Prezzo: 15,00 €

Trama:
I soffialupi sono quasi impossibili da scoprire. Visti da fuori sembrano più o meno persone normali. Certo, ci sono degli indizi: è assai facile che manchi loro un pezzo di dito, il lobo di un orecchio, una o due dita dei piedi. Perché un soffialupi è il contrario di un domatore: accoglie un lupo cresciuto in cattività e gli insegna a vivere di nuovo tra i boschi, a ululare, ad ascoltare il richiamo della foresta.
Feo è una di loro, proprio come la sua mamma, e da sempre vive tra boschi perennemente bianchi di neve, avvolta nel profumo di legna e di pelliccia. Non tutti però amano i lupi, e ancor meno chi li aiuta a tornare selvaggi. E così, quando la mamma viene incarcerata ingiustamente, Feo non ci sta, e corre a salvarla.

Recensione:
Katherine Rundell, dopo lo straordinario romanzo "Sophie sui tetti di Parigi", torna a coinvolgerci in un'altra mirabolante avventura, stavolta ambientata in Russia.
Anche questo secondo libro ha come protagonista una ragazzina coraggiosa e fuori dal comune, da sempre abituata a vivere in una piccola casetta dispersa tra i boschi, con la sola compagnia della mamma e dei suoi lupi.
Ebbene sì, perché al contrario dei suoi coetanei, Feo ha come unici amici Nero, Grigia e Bianca, i tre animali che ha salvato e rieducato alla vita selvaggia.
E in un quel piccolo angolo di mondo la sua vita scorre tranquilla, ricca di difficoltà ma anche di emozioni, quelle vere, che solo la natura incontaminata può dare.
Fino all'orribile giorno in cui la civiltà, con le sue regole crudeli, irrompe improvvisamente e manda in mille pezzi il fragile universo della ragazzina.
La nobile arte dei soffialupi viene considerata illegale e pericolosa, quasi una stregoneria, e la madre di Feo, Marina, è tratta in arresto in quanto colpevole di aver compiuto un reato.
Non serve dirvi che da quel momento in poi l'unica missione della nostra protagonista sarà riportare indietro la sua mamma e ripristinare così la sua strampalata ma amorevole famiglia.
Fortunatamente in questo viaggio insidioso, alla volta della prigione di San Pietroburgo, non sarà sola. Più di un alleato si unirà a lei, a partire dal giovane soldato, nonché disertore, Ilya, al rivoluzionario Alexei, fino ad arrivare ad un intero stuolo di bambini scalmanati.
Tutti loro, uniti dalla voglia di mettere fine una volta per tutte alle angherie dello zar e del generale Rakov, che seminano il terrore nei villaggi del posto, formeranno un esercito, tanto stravagante quanto combattivo.
Ma, indipendentemente dall'esito finale della battaglia, ciò che ha più importanza in questo libro è l'essenziale messaggio che vuole trasmettere.
All'inizio della storia Feo viene descritta come una creatura "buia e tempestosa", imperscrutabile, estremamente a suo agio con i lupi, ma poco incline ai rapporti sociali con gli esseri umani. Nel corso della narrazione il suo personaggio cambia, si apre al mondo, mostra le sue fragilità e non ha paura di chiedere aiuto.
Ed anche il resto del mondo muta l'atteggiamento nei suoi confronti: ad un tratto Feo non è più la misteriosa reietta che vive nei boschi ma un'eroina coraggiosa, pronta a tutto pur di salvare chi ama.

«Siamo qui per riprenderci tua madre! Ho raccontato loro tutta...» 
Ilya si interruppe. La fissò. 
Feo - la strega dei lupi di cui tutti i soldati parlavano con soggezione, che non aveva pianto quando sua madre era stata portata via di forza e che aveva reagito semplicemente aggrottando la fronte davanti a tempeste di neve, fucili e notti ghiacciate - stava tremando. 
«Feo?» 
Feo scosse il capo; non riusciva a parlare. Quando il mondo all'improvviso diventa gentile, a volte ci si sente come se si fosse bucato un polmone. In piedi nella sala di marmo, pianse finché le lacrime non le scesero sul naso e sul mento e infine caddero sulla testa dei due lupi macchiati di sangue che stavano ai suoi piedi.

La giovane soffialupi scopre quindi l'amicizia e l'importanza del lavoro di squadra, mentre gli altri imparano a non temere chi è diverso, umano o animale che sia.
E se il rapporto tra Feo e i suoi nuovi amici ha una certa rilevanza, quello tra lei e i lupi non è certo da meno. Le creature nobili e fiere, in passato bistrattate e considerate dalla nobiltà russa come mere mercanzie da sfoggiare, sono infatti parte essenziale della storia, se non proprio il motivo scatenante di tutto.
Non si può incatenare uno spirito libero, questo Feo lo sa bene, e pur di difendere questo principio, e i suoi effettivi rappresentanti, è disposta a mettere a rischio la sua vita.
Ma il suo amore non è a senso unico, come potreste pensare. Più di una volta anche Nero, Bianca e Grigia corrono in aiuto della loro salvatrice: la proteggono come si fa con un cucciolo, dal freddo, dalle minacce, dai nemici, dimostrando così non solo di saper riconoscere gli alleati, ma anche di provare veri sentimenti.
Altra grande protagonista è la Russia, con i suoi paesaggi gelidi ed ostili. Un'ambientazione, estremamente affascinante, che nasconde pericoli, ma anche meraviglie.
Le descrizioni della Rundell anche questa volta, come nel suo precedente romanzo, sono mirabili ed emozionanti, decisamente più forti ed intense rispetto alla Parigi di Sophie, anche se un po' meno magiche. In generale questo libro è più forte dal punto di vista emotivo, e soprattutto più crudo e crudele. Ritrae la malignità di alcuni uomini, e la difficoltà in cui molti si imbattono quando tentano di contrastare le ingiustizie.
Ma "La ragazza dei lupi", al di là di queste cose, è soprattutto una storia di coraggio, avventura e amicizia. Una di quelle che insegna che non serve essere uno zar, un baronetto o un generale dell'esercito per essere qualcuno e far sentire la propria voce.
Tutti hanno il diritto di combattere per quello che amano, tutti nascondono un animo da lupi. Devono solo trovare la forza di cercarlo. 

Considerazioni:
Credo che per ogni libro ci sia un momento giusto. E quale periodo migliore per leggere "La ragazza dei lupi" se non le giornate fredde e gelide che abbiamo avuto a fine febbraio, e che inaspettatamente ci hanno regalato tanti centimetri di neve?
Ero al calduccio tra le coperte, a riprendermi dai malanni di stagione (ebbene sì, perché il gelo di febbraio mi ha regalato anche questo), quando mi sono sentita chiamare dal romanzo della Rundell che, dalla mensola della mia libreria, sussurrava "leggimi".
E sono ben lieta di averlo ascoltato, perché, oltre a distrarmi tra uno starnuto e un colpo di tosse, il libro è riuscito anche a ricreare una comunione perfetta tra ciò che succedeva fuori dalla mia finestra e ciò che veniva descritto nelle pagine.
Ma non solo. "La ragazza dei lupi" mi ha trasportato in un mondo fatto interamente di alberi, rovi taglienti, bufere e sentieri innevati, un universo parallelo tanto meraviglioso quanto ricco di insidie.
Inoltre, con il suo lavoro, l'autrice ha elaborato una storia estremamente originale, una di quelle che si fa fatica a dimenticare.
E devo riconoscere che questo è uno dei pregi della Rundell: sia questa volta che con le avventure di Sophie, è riuscita a raccontare un qualcosa di nuovo, difficilmente replicabile ed estremamente originale.
Tutta la vicenda di Feo, il mestiere dei soffialupi, l'ammaestramento degli animali selvatici ad opera della nobiltà russa, sono aspetti così peculiari che mi hanno spinto a domandarmi se ci fosse un po' di verità alla base di questa storia, o se fosse invece tutto frutto della fantasia della scrittrice.
Indipendentemente da ciò, la lettura si è rivelata estremamente appassionante e avvincente, in quanto caratterizzata da un ritmo incalzante, fatto principalmente di fughe, battaglie e inseguimenti. Non mancano poi le scene emotive ed emozionanti, incentrate sui rapporti interpersonali.
Tuttavia, mi duole ammetterlo, questo libro presenta anche qualche difetto.
Se infatti la prima parte, quella incentrata sulla vita di Feo con la mamma ed i lupi e sull'amicizia tra la ragazzina ed il soldato Ilya, mi ha convinto pienamente (oltre che colpito per l'originalità), non posso dire lo stesso per il prosieguo della narrazione.
Il punto di svolta è l'incendio alla casa di Feo che porta la protagonista a separarsi da sua madre. Qui la storia rivela la prima pecca, in quanto, in base al rapporto simbiotico tra le due soffialupi, descritto in precedenza, pare poco credibile (e anche crudele da leggere) lo scenario descritto che vede Feo abbandonare la madre in mano ai nemici, pur di mettere in salvo se stessa e i lupi.
Tutto ciò che accade successivamente, per quanto avventuroso, manca un po' di verità, con la protagonista che si improvvisa rivoluzionaria, a capo di un inverosimile esercito di bambini.
Capisco la necessità di far risaltare il personaggio principale, e perciò farlo agire da solo, ma questo cambio di rotta mi è parso un po' eccessivo.
Da un certo punto in poi la situazione di Marina passa in secondo piano per puntare invece i riflettori sulla rivolta popolare contro il generale Rakov.

«Rakov pensava di potersi prendere tutto quello che voleva. Pensava che la paura fosse il sentimento più potente che esiste al mondo. Pensava che la paura fosse più forte, e che desiderassimo la sicurezza molto più dell'audacia. Ma poi... Poi si è preso la mia Grigia.» 
Feo guardò la grande piazza, le cupole dorate attorno a sé, e tutti quei nasi rivolti all'insù. 
«Adesso preferisco essere audace. Dobbiamo gridargli: Non ti prenderai nient'altro. Una persona non può farlo, non da sola, ma tutti insieme, noi bambini, possiamo riprenderci noi stessi. 
Possiamo riprenderci la paura. E non so se vinceremo, ma abbiamo il diritto di provare. Gli adulti ci vogliono cauti e tranquilli, ma noi abbiamo il diritto di combattere per il mondo in cui vogliamo vivere, e nessuno può dirci di essere prudenti e ragionevoli. Dico che oggi dobbiamo combattere!»

Forse il pubblico giovane apprezzerà questa scelta, che denota una maggiore azione e un ritmo più frenetico, ma personalmente avrei preferito il rispetto della trama originaria.
In generale questo libro, soprattutto nella seconda parte, non riesce a brillare, poiché ciò che viene raccontato pare poco verosimile, quasi fosse una fiaba, in contrasto con i toni crudi e spietati dei capitoli iniziali.
C'è da dire però che il racconto, nella sua interezza, si fa portavoce di un messaggio profondo che non si può tralasciare e che va al di là dei toni più o meno surreali della narrazione.
Per di più le pagine sono corredate da bellissime illustrazioni, ad opera di Gelrev Ongbico (autore anche della meravigliosa copertina): alcune a tutta pagina, ed estremamente dettagliate, e altre caratterizzate da piccoli graziosi disegnini (cristalli di neve, alberelli o orme di lupo, per fare degli esempi).
In definitiva il romanzo, pur con qualche imprecisione, riesce nel suo intento, dando voce ad una storia originale che parla di sete di giustizia e rispetto per la natura, ma anche di audacia, amicizia e fedeltà. Dei valori veri che ognuno di noi dovrebbe conservare nel proprio cuore ed insegnare alle generazioni future. 

Ringrazio la casa editrice Rizzoli per avermi inviato una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

giovedì 22 marzo 2018

Speciale #UnoDiNoiStaMentendo... ma chi? (terza tappa)

Salve avventori!
Eccoci giunti all’ultima tappa delle nostre indagini verso il mistero dell’omicidio che avvolge le pagine di “Uno di noi sta mentendo” di Karen M. McManus.
Siamo giunti al traguardo prefissato, pagina 179.
Da ora in poi non ci saranno più tappe e procederemo in volata verso il finale, scoprendo finalmente il colpevole della morte di Simon.
Questo significa che per tutte noi questa è l’ultima opportunità di formulare ipotesi e congetture.
E io e Little Pigo siamo pronte ad illustrarvele.
Queste pagine non hanno aggiunto molto alla storia, però qualche cosa in più vogliamo dirvela... 






*** Le indagini di Muriomu ***

Come dicevo poc’anzi, queste ultime pagine non hanno aggiunto molto a ciò che già sapevamo. Fatta ovviamente eccezione per l’avvenimento più sconvolgente del romanzo: Addy, come hai potuto tagliare i tuoi bellissimi capelli? Cosa ti è saltato in testa???
Scherzi a parte, voglio iniziare la mia analisi dei fatti lodando me stessa e la mia giusta intuizione! U_U
Non so ancora se ho o meno indovinato l’identità dell’assassino, ma almeno su una cosa posso dire di averci preso in pieno sin dalla prima tappa, anzi, proprio sin dalle prime pagine.
Il segreto che Cooper tanto gelosamente nascondeva non aveva nulla a che fare con le sue prestazioni sportive, bensì (come avevo predetto U_U) con una relazione amorosa omosessuale.
Questo fa di lui il probabile assassino?
No, non credo e non l’ho mai creduto.

Continuo a ribadire l’innocenza dei quattro protagonisti e a confermare Simon come colpevole. Con l’aiuto di qualcuno probabilmente, ma non sono sicura che questo qualcuno possa essere la sua amica Janae.
Ci teneva troppo a lui per essere sua complice, ma può anche essere che tutte quelle lacrime siano dovute al senso di colpa, causato proprio dal rimorso di esserlo stata.
Ma se invece fosse stata Maeve, la sorella minore di Bronwyn, la complice di Simon?
Un’ipotesi che può sembrare assurda - “perché avrebbe dovuto essere complice di qualcuno che l’ha umiliata?” - non lo so, forse lo scopriremo, ma sicuramente sarebbe un bel colpo di scena!
Dopotutto la ragazzina aveva capacità informatiche tali da fare gola ad uno come Simon, magari l’app “Senti questa” è proprio stata messa a punto dalle sopracitate doti. L’input che l’avrebbe indotta a prendere di punta i compagni potrebbe essere stato la voglia di rivalsa su tutti, in specie su quella vita che - a causa della malattia - l’ha tenuta fuori, ed esclusa, da qualsiasi dinamica sociale.

Riflettore puntato, in queste pagine, anche su Jake, l’ex ragazzo di Addy.
A sorpresa ha voluto chiederle un incontro, senza però domandarle molto.
Quindi ha messo da parte l’orgoglio senza un’apparente motivazione...
Ma una motivazione ce l’aveva ed era quella di indagare, sapere a che punto fossero le indagini e se gli investigatori avessero scoperto qualcosa.
Le ipotesi possono essere due:
- quella più semplice: teme che si scopra la verità. Non è Cooper quello che ricorreva ai dopanti, ma lui, e voleva solo accertarsi che la nessuno lo sospettasse.
- Quella più contorta: lui c’entra qualcosa con l’omicidio. Magari questa profonda avversione per le menzogne e per i bugiardi lo ha portato a detestare anche chi quelle bugie le portava alla luce. Perché, dopotutto è la verità quella che fa male, ed è il portarla alla luce che spesso rovina tutto. Come è successo alla sua famiglia. Come lui stesso dice “dopo, nulla è più stato come prima”. 


*** Le indagini di Little Pigo ***

La situazione non è cambiata molto dall'ultima tappa, in quanto queste quaranta pagine, all'incirca, sono riuscite solo a confermare il mio pensiero.
Oggi più che mai escludo i quattro indagati, persino Cooper, che all'inizio non mi convinceva.
Rimane quindi il mio indiziato iniziale, ovvero lo stesso Simon, che potrebbe aver architettato il suicidio con la complicità di Janae (come si potrebbe dedurre dai forum che frequentava), e soprattutto Jake che, con il proseguimento della lettura, mi ispira sempre meno fiducia (per non dire che lo detesto ogni giorno di più).
Basti pensare all'incontro con la sua ex, Addy, che più che una conversazione civile tra due persone che si sono amate, pareva un'interrogatorio, volto a sapere a che punto fossero le indagini.
E chi potrebbe essere interessato ad una cosa del genere, se non il colpevole, visibilmente preoccupato di non essere scoperto?
Inoltre stavo pensando che forse Jake poteva avere qualche motivo, di vendetta o di rivalsa, contro i quattro in punizione. Magari era già a conoscenza del tradimento di Addy e voleva fargliela pagare, e molto più probabilmente era intenzionato a mettere fuori gioco Cooper, soffiandogli il posto in Major League. Per gli altri due non saprei cosa dirvi, ma ciò non toglie che Jake potrebbe aver avuto più di un movente.
Inoltre ritengo possibile che il ragazzo tutto muscoli facesse uso di steroidi (al contrario del compagno di squadra), ragion per cui avere a due passi una mina vagante come Simon, sempre alla ricerca di scoop, sarebbe stata una grave minaccia per la sua carriera. Un pericolo da eliminare al più presto.
Per il resto posso dirvi di essere più che soddisfatta di aver indovinato il segreto di Cooper. Inoltre la complicità che si sta instaurando tra i quattro sospettati non mi dispiace, a testimonianza che anche dalle tragedie, può sorgere qualcosa di buono.
Ora sto cominciando a temere che la polizia incastri la povera (e simpaticissima) Maeve, rea di aver hackerato il blog di Simon. Spero di no, perché adoro lei ed il suo rapporto con Bronwyn.
Detto ciò non credo di avere altro da aggiungere, almeno per quanto riguarda le indagini.
Sono curiosa di sapere se sono arrivata vicina alla verità o se è stato tutto un buco nell'acqua.
Staremo a vedere. 

***
Quali sono le vostre opinioni su quest’ultima parte?
Chi è il vostro assassino?
Non dovremo aspettare ancora molto per scoprirlo, la terza ed ultima parte del libro, intitolata “Il gioco della verità” è li che ci attende!
Vamos XD

lunedì 19 marzo 2018

Recensione: "Ti chiamerò papà" di Can Ran e Ma Daishu

Titolo: Ti chiamerò papà
Autore: Can Ran
Illustratore: Ma Daishu
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: Marzo 2018 
Pagine: 40
Prezzo: 15,00 €
Trama:
Tanto tempo fa, quando il mondo era ancora giovane, un uomo e un bambino si incontrarono e decisero di viaggiare insieme. 
Mentre l'uomo cercava l'oro da mettere nella sua valigia, il bambino riempiva il suo zaino di cose segrete. 
Le cose che l'uomo, quasi senza accorgersi, gli stava insegnando. 

Recensione:
Poche frasi e tanti colori per una storia che vuol dare risalto all'importanza delle parole e dei sentimenti. Una favola che ha come protagonisti un uomo e un bambino che, pur non conoscendosi, scelgono di proseguire insieme il loro cammino.
Non essere più soli, e poter condividere l'esperienza del mondo con qualcuno, è importante per entrambi. Così i due dicono addio alla solitudine e affrontano insieme un viaggio fatto di piccole, grandi scoperte quotidiane.
E mentre l'uomo va alla ricerca dei suoi tesori, il bambino ne trova anche di più preziosi. Scopre parole sconosciute, e il loro bellissimo significato. E poi prova a dare un nome anche a quell'uomo con cui sta affrontando la vita, che lo aiuta nelle difficoltà, gli è accanto ogni giorno e gli insegna tante cose nuove. E alla fine un nome lo trova, decide che lo chiamerà Papà. 
Un racconto dolce e immediato - reso accattivante dalle espressive e vivaci illustrazioni dell'illustratore Ma Daishu - che con semplicità racconta la grandezza dell'amore paterno, perché un padre non è solo chi ci mette al mondo, ma chi, con responsabilità e premura, ci guida nel difficile percorso che è la vita.

Ringrazio la Rizzoli per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

giovedì 15 marzo 2018

Speciale #UnoDiNoiStaMentendo... ma chi? (seconda tappa)

Salve avventori!
Eccoci giunti alla seconda tappa di questa lettura condivisa in cui, assieme, ci dilettiamo nell'analizzare i comportamenti dei protagonisti del romanzo "Uno di noi sta mentendo" di Karen M. McManus.



Avete le idee più chiare rispetto alla volta scorsa?
Come si sono mossi mossi i vostri sospetti?
Di seguito le nostre indagini...







*** Le indagini di Muriomu ***

Tra un segreto e l'altro, tra omissioni e mezze verità, siamo arrivati a circa metà libro.
Le idee dovrebbero dunque essere chiare e consolidate; le indagini fitte di indizi e prove a sfavore di alcuni e a favore di altri; i sospetti e i sospettati più o meno certi; invece, vi dirò, non ci siamo mossi così tanto da ciò che era successo nella prima parte.
Le mie idee non si sono spostate da quelle che vi ho raccontato nella prima tappa, nessun fatto ha contributo a farmi cambiare idea sui quattro sospettati e, a dire la verità, in queste 50 pagine non è stato aggiunto molto alla storia.
Per cui mi ritrovo a confermare ciò che già pensavo.
Non credo che nessuno tra Addy, Bronwyn, Cooper e Nate abbia ucciso Simon, per me sono quattro innocenti vittime di un brutto "scherzo", orchestrato da qualcun altro,  forse, perché no, dallo stesso Simon.

Perché li ritengo tutti innocenti? 
Perché, fatta eccezione per Nate (che comunque non mi sembra uno che si sforzi più di tanto a nascondere i propri intrallazzi, anzi!), gli altri li ho trovati sinceramente stupiti dal fatto di essere stati scoperti. O comunque di essere entrati a far parte di un post di Simon.

Addy è sicuramente innocente. 
Che senso avrebbe avuto uccidere Simon se poi è stata lei stessa a confessare a Jake il suo tradimento? Nessuno, appunto!
Inoltre la biondina si è dimostrata una ragazza fin troppo fragile e insicura (non certo una spietata assassina), molto soggetta alle manipolazioni del suo autoritario, ormai ex ragazzo, Jake.
Ma sono sicura che Addy ci nasconde ancora qualcosa, e questo qualcosa ha sicuramente a che fare con il suo ex!
Un ragazzo che, ve lo dico subito, non mi piace per niente e non mi stupirei se venisse fuori un suo lato aggressivo.
Come sappiamo (per sua stessa ammissione), Addy era solita recarsi spesso in infermeria. Anche il giorno del presunto omicidio di Simon ci era stata, ma per fare cosa?
Di certo non per prendere le EpiPen. Quindi perché?
Le mie ipotesi a riguardo sono due:
1. Addy era ripetutamente maltrattata/picchiata da Jake, per questo era solita recarsi spesso in infermeria
2. Addy (e questa è l'ipotesi di cui sono maggiormente convinta), aiutava Jake rubando per lui, dall'infermeria, sostanze dopanti. Sono infatti certa che sia lui il ragazzo che truccava le sue prestazioni agonistiche e non Cooper (caro Simon questa volta hai toppato!!!).

Dal canto suo, Cooper non avrebbe avuto nessun motivo per uccidere Simon, non perché non abbia segreti nell'armadio, ma semplicemente perché il suo segreto non è stato mai scoperto. 
Di cosa avrebbe dovuto vendicarsi, allora?
Come già detto, non credo che Simon faccia uso di doping, penso invece che ciò che il ragazzo nasconda tanto gelosamente sia una relazione omosessuale.

Per quanto concerne Bronwyn e Nate, fatta eccezione per la crescente complicità tra i due, non siamo venuti a conoscenza di molto altro. Quindi continuo a ribadire la loro innocenza per i motivi già detti nel post precedente, ovvero:
Bronwyn non aveva idea di essere stata scoperta, quindi non aveva  ragione di tramare vendetta.
Nate non sembra affatto vergognarsi dei suoi crimini.

Chi sono dunque i miei sospettati?

Uno di loro sarebbe potuto essere il professor Avery.
Un uomo di vecchio stampo, contrario alla tecnologia e a chiunque ne faccia un uso smodato e improprio 
Chi più di Simon avrebbe potuto dargli fastidio?  Un ragazzo che attraverso la tecnologia e la sua app incuteva il timore di tutti i suoi studenti?
Magari questo pensiero lo ha reso folle, e spinto a tramare tutta la trappola dei cellulari, con conseguente punizione, per arrivare al suo sordido scopo.
Sarebbe stata un'ottima pista, eppure, dato che gli stessi protagonisti l'hanno, seppur fugacemente, presa in considerazione, sono portata ad escluderla.

Jake potrebbe essere uno dei miei sospettati.
Non so dirvi perché, non ho molte prove contro di lui.
Il suo segreto è stato accostato a Cooper, dunque, di regola Jake non avrebbe avuto di che preoccuparsi, a meno che non fosse consapevole del fraintendimento dell'infallibile Simon.
Poi se Addy era sconoscenza di quale olio utilizzare per far avere a Simon uno shock anafilattico è probabile che anche lui lo sapesse. Probabilmente quel famoso documentario lo hanno visto insieme, ma solo uno di loro si è fatto tentare da cattivi propositi...

Poi c'è Maeve, la sorella minore di Bronwyn che, come questa parte ci fa intuire, ha con la vittima qualche trascorso. Qualcosa di non ancora precisato avvenuto in prima...
Non posso dire di sospettare davvero di lei, ma la tengo d'occhio.
Il fatto che potesse entrare nel blog di Simon in qualsiasi momento e, nonostante questo, non abbia fatto nulla per cancellare i post del ragazzo - impedendogli di rovinare la vita a qualcuno - mi sembra, come minimo, un po' strano.

Ma il mio vero sospettato resta Simon!
L'unico che non si è mai fatto scrupoli.
Si è divertito molto a rovinare la vita ai suoi compagni senza una reale ragione che giustificasse il suo comportamento. 
Premeditare la propria morte come ultimo gesto di vendetta, non sarebbe un comportamento troppo assurdo per una personalità sociopatica come la sua.
Quindi resto sulla mia idea: probabilmente con la collaborazione di qualcuno, è lui l'artefice di tutto.


*** Le indagini di Little Pigo ***

Trovandoci alla seconda tappa, le nostre indagini dovrebbero essere un bel po' avanti rispetto al primo incontro della settimana scorsa.
Dovrebbero perché in realtà, almeno per quanto mi riguarda, non è proprio così.
Dopo la lettura di queste ultime pagine, le mie certezze cominciano a vacillare (fortunatamente non tutte) e non si sono aggiunti nuovi indiziati.

È vero, l'autrice ha tentato di farci dubitare di Nate (con la questione dei cellulari usa e getta), del professor Avery (dopo la sua conversazione con Cooper) e di Maeve (a causa della sua intrusione non autorizzata nell'app "Senti questa").
Eppure io non ritengo colpevole nessuno di loro.
Continuo a pensare ad un piano orchestrato dallo stesso Simon con la complicità di Janae, la ragazza punk. 

Ma, se proprio dovessi pensare ad altri sospettati, direi sempre Cooper o Jake.
E proprio riguardo a questi due personaggi ho cambiato opinione. 
Ritengo ancora plausibile che Cooper nasconda una relazione omosessuale con qualcuno, ma non credo sia Jake l'oggetto del suo amore (come vi avevo riferito in precedenza), considerando il duro comportamento che quest'ultimo ha tenuto nei confronti della fidanzata Addy, e anche la sua ferma posizione riguardo alla questione tradimenti.
Tuttavia nel corso della narrazione è venuta fuori anche l'indole violenta di Jake e il suo fare da padre padrone, che mi spingono a dubitare di lui.
Inoltre sappiamo con certezza che Addy stava coprendo il suo ex ragazzo in infermeria, quindi anche lui ha un segreto da nascondere. 
Forse Simon lo aveva scoperto? Ed è stato allora che Jake ha deciso di farlo fuori? Magari proprio dopo aver visto il documentario sull'olio d'arachidi con Addy? Chissà...

Vorrei fare adesso una considerazione generale che non ha a che fare con le indagini.
Sia che uno dei quattro indiziati sia il colpevole dell'omicidio, o che Simon abbia pianificato un suicidio, fatto sta che la morte del diciassettenne ha portato a galla le verità inconfessabili di ognuno di loro.
E se l'obiettivo dell'autore di "Senti questa" era nient'altro che una macabra vendetta nei confronti dei compagni, per me il piano, almeno al momento, può dirsi fallito.
Infatti, per quanto i sospettati stiano senza dubbio soffrendo, a causa dei pettegolezzi e delle conseguenze legali e no, c'è da dire che questa caduta nel baratro sta permettendo a tutti di ricominciare da zero e liberarsi dei fantasmi del passato.

Così Bronwyn può finalmente smettere di fingere di essere perfetta, e dire addio a quest'immagine che le sta stretta. Ha inoltre avuto modo di riavvicinarsi all'amico di un tempo, Nate.
Anche quest'ultimo, a causa della polizia, ha smesso di spacciare e ha per giunta trovato qualcuno con cui confidarsi.

E che dire di Addy? Finalmente sta prendendo coscienza di sé, lontano da Jake e le sue manie di controllo. Forse dopo lo scandalo sarà meno popolare, ma sicuramente più serena.

Al contrario Cooper è, ad oggi, ancora abbottonato. Ho però ragione di credere che, grazie a tutto questo, troverà il coraggio di confessare la sua omosessualità. Perché sì, avrò anche abbandonato la coppia Cooper-Jake, ma non rinuncio affatto a questa teoria!

In ogni caso tutta questa divagazione è solo per dire che, se inizialmente il romanzo mi sembrava basato sulla vendetta, adesso penso che tutta questa vicenda possa avere anche un risvolto positivo, un messaggio da trasmettere e forse anche un lieto fine.
Staremo a vedere!

***
Cosa pensate delle nostre teorie e quali sono le vostre?
Ditecelo nei commenti!
Vi ricordiamo anche di condividere le vostre indagini sui social utilizzando l'hashtag #UnoDiNoiStaMentendo.
Con la terza ed ultima  tappa ci vediamo invece il 22 marzo! Si arriva fino a pagina 179

mercoledì 14 marzo 2018

Recensione: “The Sinner. La peccatrice” di Petra Hammesfahr

Titolo: The Sinner. La peccatrice
Titolo originale: Die Sünderin
Autore: Petra Hammesfahr 
Editore: Giunti
Data di pubblicazione: Febbraio 2018 
Pagine: 447
Prezzo: 19,00 €(cartaceo) 9,99 €(ebook)


Trama:
È un afoso pomeriggio di luglio quando Cora Bender, insieme al marito Gereon e al figlio di due anni, arriva sulla spiaggia affollata di un grande lago fuori città. Un sabato qualunque, una famiglia qualunque: una coperta, un cestino da picnic, qualche giocattolo; lui seduto su una sdraio a prendere il sole, lei che sbuccia una mela al bambino. Finché Cora non sente quella musica vibrare nelle orecchie. Si volta, e alle sue spalle vede un gruppo di ragazzi con lo stereo acceso.
Il ritmo dei bassi martella nelle sue tempie, sempre più assordante, mentre un giovane dai capelli neri si sdraia sulla sua ragazza baciandola con passione. È solo un attimo, Cora si alza all'improvviso, il coltello in mano, e si getta su di lui: una pugnalata alla nuca, e quando lui si gira tentando di fermarla, lei lo colpisce ancora. E ancora. Finché Gereon, ripresosi dallo shock che lo ha quasi paralizzato, riesce a strappare via il coltello alla moglie e a bloccarla a terra, tra le grida di orrore dei bagnanti. 
Quando il commissario Rudolf Grovian la mette sotto interrogatorio, Cora ha una sola risposta: «Non lo so».
Ma perché una giovane madre dovrebbe uccidere un perfetto sconosciuto con cinque pugnalate, davanti agli occhi atterriti di decine di persone? Si tratta davvero di un inspiegabile raptus di follia, o c’è dell’altro? 
Perché una moglie e madre si trasforma improvvisamente in un’assassina? 

Recensione:
È una calda giornata di luglio quando la vita di Cora Bender prende una piega inaspettata, decisamente inattesa rispetto ai piani che la donna aveva riguardo a quel giorno. 
Non si può, tuttavia, dire che sia stato “l’incidente” al lago a sconvolgere totalmente il corso della sua vita, quella, in realtà, era stata travolta e stravolta molto tempo prima. Prima ancora che imparasse a parlare, a comprendere il mondo che, vorticoso, le girava attorno, prima di imparare a voler bene ai suoi genitori e distinguerli dai vicini di casa.
I turbamenti di Cora hanno radici lontane, e lo scopriamo poco a poco, attraverso le piccole e stentate confessioni, farcite di omissioni, bugie e ricordi confusi, a cui si lascerà andare, aprendosi o - fingendo di farlo - con il commissario Rudolf Grovian.
Attraverso i suoi sproloqui, spesso dovuti ad grave sconvolgimento emotivo, conosciamo la sua famiglia, o meglio quella che avrebbe potuto essere tale, quella che avrebbe dovuto essere una famiglia normale, ma che è stata distrutta sul nascere da una tragedia che i genitori non sono stati capaci di affrontare.
Elsbeth e Wilhelm erano innamorati e felici quando, già in età matura, avevano scoperto di aspettare Cora, ma la gravidanza e il parto avevano debilitato la donna alla quale era stato fortemente sconsigliato di avere, a breve, una nuova gravidanza.
Eppure, a distanza di solo un anno, una nuova vita si apprestava ad entrare a far parte della famiglia.
Ma quella della piccola Magdalena è stata una vita infausta sin dal principio. Affetta da numerose e gravi patologie cardiache, la sua è stata sempre un’esistenza in bilico continuo tra la vita e la morte.
Ed è così che, la famiglia che avrebbe potuto essere, si sgretola in mille pezzi.
La malattia della figlia minore fa perdere la ragione a Elsbeth che diviene preda di un distruttivo fanatismo religioso che la distacca completamente dalla realtà.
Secondo il suo pensiero, quella figlia malata è la punizione per i suoi peccati, pertanto va protetta e, da ogni loro comportamento, dipenderà la salute e il futuro della piccola.
Vietato trasgredire, vietato lasciarsi andare ai vizi e ai piaceri. Dio osserva ed è sempre pronto a punire, a togliere ciò che ha concesso.
Così una madre folle e un padre troppo debole per farsi valere distruggono, pezzo per pezzo, la vita di entrambe le loro figlie.
Cora, perciò, sin da bambina vive nella segregazione, pregando e chiedendo assoluzione anche per peccati non commessi, con la tremenda responsabilità di essere lei la causa della malattia della sorella perché, come sua madre non smette di ricordarle “è stata lei a prosciugare tutta l’energia dal suo ventre non lasciando più nulla per la sorella”.
Un peso troppo grande da portare per una bambina, e non il solo, uno dei tanti che la porteranno, diversi anni dopo, a quel folle gesto, in quell’afoso giorno di luglio, sul lago.
Petra Hammesfahr mette in scena un’infinita confessione in cui il dubbio è il vero protagonista. 
Cora racconta molteplici versioni della sua storia, scopre le carte e poi rimescola tutto, lasciando il lettore a chiedersi dove stia la verità, cosa ci sia di falso in ciò che afferma e quale sia l’evento traumatico che ha scatenato il tutto.
E tra le molteplici verità ci svela una storia torbida, nefasta e sconvolgente in cui tutto ha l’amaro sapore dell’ingiustizia, e in cui è reso evidente quanto l’ignoranza sia spesso più distruttiva della cattiveria.
L’autrice indaga profondamente la psiche dei suoi protagonisti, ce li mette a nudo con tutti i loro difetti più ripugnanti, gli errori, i pensieri malevoli e i continui sensi di colpa. Evidenzia l’estrema fragilità dell’uomo e il suo stesso essere autodistruttivo, sottolinea le manipolazioni mentali, quelle che subiamo dagli altri e quelle che, per un personale senso di “coscienza”, ci imponiamo da soli.
Un mirabile quadro psicologico che mostra come Cora, un essere infelice e sfortunato, da carnefice si scopra vittima, vittima di un destino che non si è scelta.

Considerazioni:
The Sinner può essere definito un thriller psicologico avvincente, e in un certo senso avvincente lo è davvero poiché lega il lettore alle sue pagine in attesa della verità, ma nonostante questo quella raccontata in queste pagine è una storia drammatica ed estremante triste.
È triste leggere di una famiglia distrutta sul nascere, di una felicità che muore a causa di una malattia, di una madre che fa sentire una figlia colpevole di tutte le sue disgrazie e che pertanto priva le figlie di ciò di cui hanno davvero bisogno: l’amore.
Tutto ciò che succede dopo non è altro che la diretta conseguenza di tutto ciò che è stato.
E se c’è un vero colpevole in questa storia non riesco a non identificarlo in mamma Elsbeth, nella sua ignoranza, nel suo fanatismo, nel suo proibizionismo.
Anche papà Wilhelm ha ovviamente la sua parte di colpe, il suo tacito assenso, o il dissenso a cui non è mai seguita alcuna azione, sono stati anch'essi causa degli scompensi di entrambe le figlie.
Cora e Magdalena sono entrambe vittime di due genitori negligenti e stupidi.
Leggere di questo terribile siparietto familiare mi ha fatto tornare alla mente un’altra storia e un’altra famiglia che, seppur molto diversa da quella qui raccontata, presenta diversi aspetti in comune.
Mi riferisco al romanzo “Il Prodigio” di Emma Donoghue, dove troviamo la stessa ignoranza e lo stesso fanatismo religioso, e una famiglia distrutta proprio da questo atteggiamento. Una madre folle e meschina, un padre inutile e smidollato e, anche qui, due figli, una dei quali si immola per redimere i peccati altrui.
I temi del peccato, del vizio, della privazione, e la decisione con cui entrambe le protagoniste si ostinano a non raccontare tutta la verità, mi hanno ovviamente portato a fare questa associazione.
Ma tornando a “The Sinner” Cora è sicuramente stata enigmatica con tutte le sue diverse versioni, eppure quella effettiva era la più vicina a quella che mi sono sempre aspettata durante la lettura.
E, a proposito di confessioni, ho apprezzato molto il personaggio del commissario Rudolf Grovian, la sua pazienza, la sua comprensione, il voler a tutti i costi trovare la motivazione al gesto dell'indagata e anteporre la verità al bisogno di doverla dichiarare semplicemente colpevole. È stato uno spiraglio di umanità in un marasma di figure indegne.
Tra queste il marito di Cora e tutto il di lui parentado. Credo che il voler lasciare l’uomo al di fuori delle vicende sia stata una scelta voluta (probabilmente perché in caso contrario ne sarebbe venuta fuori una storia infinita), ciononostante ho trovato il comportamento di Gereon troppo insulso, inverosimilmente distaccato e freddo.
E mi fermo qui! Non voglio andare oltre ad analizzare fatti e personaggi, sarebbe troppo complesso e complicato.
Quello che si prova attraverso questa storia va provato leggendola. La rabbia, il senso d’impotenza, il dispiacere, non si possono spiegare... non con delle semplici parole.


Ringrazio la Giunti per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro 

lunedì 12 marzo 2018

Recensione: "Adamantino e i segreti di Natale" di Milko Miti

Titolo: Adamantino e i segreti di Natale
Autore: Milko Miti
Editore: Youcanprint
Data di pubblicazione: 12 ottobre 2016
Pagine: 220
Prezzo: 10,96 €(cartaceo) 2,99 €(ebook)

Trama:
Adamantino Adami ha tredici anni e non si è mai allontanato da Villargento. 
E' la notte di Natale, quando riceve un libro dallo sconosciuto che vive nel bosco alle porte del paese. Quel regalo inaspettato lo spingerà a partire per un viaggio straordinario, fino all'origine della sua famiglia. 
Ad aiutarlo ci sarà Stella, la compagna di classe di cui è innamorato.
Cresciuto senza il padre, Adamantino deciderà di mettersi sulle sue tracce, riuscendo a scovare una fantastica macchina del tempo e a svelare la verità sull'esistenza di Santa Claus. 
Entrerà a Lumen, “l’altra” città nel sottosuolo di Firenze, conoscerà la vera amicizia e affronterà un nemico implacabile, che ha percorso i secoli per venirlo a prendere. 

Recensione:
Probabilmente ora vi starete chiedendo "cosa fa questa? Recensisce un libro natalizio quando siamo ormai a Marzo inoltrato?" 
Ma il titolo potrebbe ingannarvi, come ha ingannato anche me, perché questo libro ha davvero poco a che fare con il Natale e con le classiche storie ambientate in quel magico periodo dell'anno.
Milko Milti racconta invece un'avventura fantasy, ricca di misteri, creature magiche, segreti, che ha inizio la notte di Natale, ma che prende strade decisamente inaspettate.
L'avventura, che vede protagonista Adamantino, comincia con un libro misterioso che promette la vita eterna a chiunque scriva il proprio nome fra le sue antiche pagine... almeno questa è la versione che  il signor Natale, il vecchio solitario che vive in mezzo ai boschi, racconta ad Adamantino e ai suoi amici...
Ma sarà vero? O saranno solo i vaneggiamenti di un vecchio eremita un po' strambo? 
Villargento, del resto, non è nuova ai misteri. La cittadina è da tempo famosa per alcune oscure e irrisolte sparizioni dei suoi cittadini. Tra queste anche quella del padre di Adamantino.
Tutto pare assurdo e insensato alle orecchie dei quattro ragazzini, eppure, in quella notte, di cose strane e inspiegabili ne sono successe a valanghe: uccelli e pupazzi di neve parlanti, slitte trainate da renne volanti, perché stupirsi adesso?
L'ennesima sparizione nella notte, quella di Stella, spingerà Adamantino e i suoi compagni di questa sventurata avventura a mettersi sulle sue tracce e, di conseguenza, su quelle del misterioso nemico fautore di così tante sofferenze.
La storia ha una buona partenza e un'idea iniziale che poteva davvero essere valida, purtroppo, però, il racconto perde colpi nel suo sviluppo.
Lo scrittore ha voluto strafare mettendo troppa carne al fuoco. In poche parole: c'è troppo. Troppe idee, troppi personaggi, troppe scelte narrative a cui non viene dato il giusto respiro.
E se da una parte c'è troppo, dall'altra c'è poco, poca chiarezza nella storia, che appare perciò confusa; poco senso in alcuni accadimenti che non trovano nessuno scopo; e pochi sentimenti, emozioni e credibilità.
È il caso di dire che il troppo, ma anche il troppo poco, stroppia, o che si è voluto fare il passo più lungo della gamba.

Considerazioni:
Mi spiace sempre bocciare dei libri, soprattutto quando si tratta di giovani autori che si sono evidentemente impegnati per scrivere qualcosa di complesso e originale. Ed è questo il caso, perché se c'è una cosa che non si può togliere a Milko Miti è che ha voluto scrivere qualcosa di diverso e particolare. E di questo libro apprezzo davvero tanto la fantasia e l'intenzione, ma non lo svolgimento.
Ho iniziato a leggere "Adamantino e i segreti di Natale", un mese prima di Natale, convinta del fatto che lo avrei terminato in un paio di giorni e che la recensione sarebbe già stata lì, bella e pronta, prima delle feste. 
Ma mi sbagliavo, il libro purtroppo non mi ha presa come speravo e l'ho messo da parte per un po' (cosa che, credetemi, non faccio quasi mai!), per dedicarmi ad altre  letture.
Poi l'ho ripreso, ma ahimè le vicende di Adamantino non mi hanno mai appassionato.
Credo non sia chiaro, o forse sono stata io a non aver capito, il perché di troppe cose, di troppi comportamenti.
Molti fatti avvengono senza che abbiano uno scopo a livello narrativo, e questo non fa che creare confusione dando la sensazione (almeno a me l'ha data), che l'autore volesse solo allungare il brodo, infarcendo la storia di situazioni e personaggi superflui.
Mi riferisco ad esempio (perché non mi piace lanciare critiche a vuoto), a quando Adamantino e gli altri si recano da Luchino per farsi accompagnare da lui, in macchina, a Firenze.
I ragazzi arrivano da lui, lo trovano addormentato e non ci provano nemmeno più di tanto a svegliarlo. Poi gli rubano la macchina ma, la loro corsa forsennata, si conclude con un nulla di fatto.
In seguito arrivano all'Ovis Grill, uno sporco pub poco raccomandabile, e lo fanno per chiedere un passaggio, ma anche questa avventura si rivela inutile.
Quando finalmente arrivano a Firenze c'è il grandioso incontro, in un vecchio palazzo diroccato, con Santa Claus in persona! Ma perché Santa Claus dovrebbe trovarsi a Firenze? Perché in quel palazzo? Non ci è dato saperlo.
Per quanto riguarda la poca credibilità dei personaggi mi riferisco, in particolar modo, ad Adamantino che all'inizio non non vuole saperne nulla del libro, e poi, ad un tratto, si rifiuta di tornare a Villargento con gli altri perché sente che deve trovare suo padre... così, di punto in bianco, dopo anni di muta rassegnazione, ha questo improvviso e immotivato impulso.
Ovviamente, la sua sensazione è giusta. Ma quando lo ritrova, invecchiato, smagrito, con la schiena deformata per gli anni di prigionia in uno spazio buio e angusto - vi immaginerete, giustamente, una scena emozionante e strappalacrime - non succede NIENTE.
Nessun sentimento, in quella che avrebbe dovuto essere la scena più toccante del racconto.
L'autore si è tanto impegnato ad aggiungere particolari e situazioni superflue e ha, invece, dato per scontato ciò che più conta in un libro: le emozioni!
Avrebbe dovuto immergersi e immedesimarsi in quello che raccontava e permettere ai suoi lettori di immergersi e immedesimarsi attraverso le sue parole.
Immedesimarsi in un padre e in un figlio che si rincontrano dopo una lunga separazione.
Immedesimarsi in un padre che vede per la prima volta suo figlio. 
Immedesimarsi in un uomo che, dopo anni di carcerazione, assapora per la prima volta la libertà, torna a vedere il cielo e a sentire il vento sulla pelle.
Immedesimarsi in una moglie e in un marito che si riabbracciano dopo tredici anni di disperazione. 
Ma in queste pagine non c'è la minima intenzione del voler trasmettere qualcosa di più, oltre alle semplici parole scritte su carta.
Per quanto riguarda la conclusione, la fine "alla tarallucci e vino" del terribile Larvala che in quanto immortale non poteva essere ucciso - ma la cui morte viene giustificata con uno sbrigativo "Nessuno è immortale" - lascia presagire la volontà di un seguito.
Io però voglio consigliare allo scrittore di rivedere questa prima parte della storia prima di cimentarsi in un ipotetico seguito, perché sarebbe un gran peccato lasciarla così, soprattutto in virtù di tutto il lavoro e del tempo che, sono sicura, c'è stato dietro.
E infine, un consiglio generale a tutti i self-publisher che, non avendo degli editori alle spalle a indirizzarli, consigliarli e metterli sulla retta via, pubblicano libri che vedono buone idee svilupparsi in modo incerto: fate leggere le vostre storie a più persone possibili e fatevi consigliare, chiedete pareri, pretendeteli! E chiedete a voi stessi se le scelte intraprese sono credibili, se i vostri protagonisti lo sono, se voi nei loro panni vi comportereste in quel modo. 
Perché la credibilità, e la veridicità sono fondamentali anche nei libri di fantasia, anzi, in quelli ancora di più.

Ringrazio l'autore per avermi fornito una copia di questo libro

il mio voto per questo libro

giovedì 8 marzo 2018

Speciale #UnoDiNoiStaMentendo... ma chi? (prima tappa)

Eccoci qui, pronte a tirare le somme delle prime 90 pagine del libro #UnoDiNoiStaMentendo di Karen M. McManus



Quali sono i vostri sospettati?
Io e Little Pigo non vediamo l'ora di sviscerarvi tutte le nostre ipotesi, ma siamo anche incredibilmente curiose di conoscere le vostre, quindi fateci sapere a che punto sono le vostre indagini!

*** Le indagini di Muriomu ***

Premettendo che ognuno dei quattro protagonisti nasconde qualcosa, ma davvero uno di loro si è reso colpevole della morte di Simon?

Io inizio a pensare di no.
O meglio, dopo aver sospettato un po’ di Addy (mi era parso strano il modo in cui aveva reagito al malore di Simon), continuando la lettura (premettendo che siamo ancora lontani dalla sua conclusione), mi sono convinta che i quattro siano innocenti. Sospetto, invece, che siano stati incastrati o da una persona estranea al gruppo (ho pensato anche al professor Avery) o - e questa è l’ipotesi alla quale sono più propensa a credere - dallo stesso Simon.
Morire compiendo un’ultima vendetta, un modo folle e disperato per lasciare il segno... 

Per quanto concerne i ragazzi che la storia ci indica come sospettati, tra tutti il più innocuo mi sembra Nate.
Ho l’impressione che il suo passato, per quanto “sordido” sia il più limpido.
Non si finge chi non è, e forse viene dipinto anche peggio di com’è in realtà.

Per quanto riguarda Cooper, credo proprio che, il buon vecchio Simon, con il suo segreto abbia fatto cilecca. Il mio pensiero è che il ragazzo non abbia truccato le sue prestazioni con dopanti, e che quello che nasconde sia altro... e io sospetto una relazione omosessuale... magari con il suo amico Luis!

Il segreto di Addy è un banale tradimento. 
Ma ciò che più ho notato in lei è il modo in cui si è sempre fatta manipolare dal suo fidanzato. Una ragazza davvero troppo insicura e fragile per essere un’assassina.

Bronwyn, sottoposta alla grande pressione di dover mantenere voti alti in ogni disciplina, ha barato agli esami di chimica ma questo, a quanto pare, non è l’unico segreto che nasconde.

E immagino che tutti abbiano ancora segreti da svelarci. Bugie attraverso le quali hanno nascosto le proprie debolezze.
Eppure ognuno mi è parso sinceramente ignaro sull’essere stato scoperto. Nessuno sembrava immaginare che Simon, prima di morire, avesse scritto quell’ultimo post.
Quindi perché vendicarsi uccidendolo?

E voi cosa pensate?
Come me credete che questo gioco allo “scova il colpevole” si basi su un inganno di fondo (ai nostri danni) o credete che davvero uno tra Nate, Addy, Cooper e Bronwyn sia il colpevole?

*** Le indagini di Little Pigo ***


Anche se lo scopo di questa tappa sarebbe quello di individuare, tra i quattro testimoni della morte di Simon, quello più sospetto, i miei dubbi gravitano principalmente attorno alla vittima.
Ebbene sì, al momento per me l'assassino e l'assassinato coincidono nella stessa persona.
Credo che il gossip boy abbia architettato in modo machiavellico la sua uscita di scena, al fine di incastrare, per qualche strana ragione, i quattro coetanei.
Più ragioni mi hanno spinto a questa conclusione:
- è altamente improbabile che qualcuno possa aver avuto il tempo materiale di correggere l'acqua con l'olio d'arachidi (soprattutto perché era impossibile sapere in partenza che il ragazzo avrebbe lasciato incustodito il bicchiere).
- Simon ha messo troppa enfasi nel gesto naturale del bere: fermandosi per osservare l'incidente nel parcheggio, offrendo il bicchiere ad Addy e poi proponendo un brindisi. Credo infatti che lo scontro delle auto fosse un diversivo per poter lasciare il bicchiere sul banco alla mercé degli altri, e rendere più verosimile l'omicidio.
- i post continuano ad essere pubblicati anche dopo la sua morte (sebbene su Tumblr). 
A tal proposito ritengo plausibile o una pubblicazione programmata in anticipo dallo stesso Simon, o l'aiuto e la compartecipazione al piano della sua migliore amica, la cosiddetta punk.
- sempre l'amica punk legge al funerale di Simon una poesia abbastanza ambigua, indubbiamente insolita per una celebrazione del genere.
In particolare mi ha colpito la prima parte, qui riportata, ed incentrata stranamente sui segreti da confessare:

«Il passato e il presente appassiscono – io li ho colmati e svuotati, 
 E procedo a riempire la mia prossima piega del futuro. 
 Ascoltatore, lassù, che hai mai da confidarmi? 
 Guardami in faccia, mentre aspiro il furtivo avanzar della sera, 
 Parla sinceramente, nessun altro ti udirà, 
io non m’attardo che un minuto ancora... 
 Parlerai prima che io sia partito? 
O ti deciderai quando è ormai troppo tardi?...»

Se invece dovessi proprio puntare il dito su uno dei quattro, escluderei a priori Bronwyn, perché era al davanzale della finestra già prima di Simon, quindi non avrebbe potuto sfruttare il diversivo dell'incidente per correggere l'acqua contenuta nel bicchiere.
Inoltre fare della secchiona (ossessionata dalla media alta e da Yale) l'omicida, sarebbe troppo banale. In ogni caso credo che il suo segreto, ovvero quello inerente agli esami di chimica, sia un tantino diverso rispetto a quanto ci è stato raccontato.
Ho infatti il sospetto che la diciassettenne non abbia trovato l'account drive del professore casualmente aperto, come ha confessato ai genitori, ma che abbia appositamente chiesto a Simon, mago della tecnologia, di hackerarlo per lei. 
Questo rappresenterebbe quindi un movente per Bronwyn: la complicità di Simon era una spada di Damocle sulla sua testa e solo liberandosi di lui sarebbe stata al sicuro. Tuttavia ripeto non penso sia stata lei.

Lo stesso vale per Addy. La sua unica paura consiste nel perdere l'amore di Jake, eppure non si è fatta troppi problemi a confessare al fidanzato le sue colpe (pur non essendo necessario), ergo non penso arriverebbe ad uccidere per proteggere se stessa.

Nate è un altro che escluderei. Sarebbe il sospettato numero uno per la polizia, a causa dei precedenti con la giustizia, ma non credo che per lui la reputazione o la privacy violata rappresentino una priorità.

Rimane un unico indiziato, ovvero Cooper
È chiaro che ha da nascondere molto più di quanto sembri. Il ragazzo perfetto, il campione supermuscoloso fidanzato con la più bella del liceo, teme che qualcuno possa rovinare la sua immagine per sempre, pregiudicando l'ingresso in una società sportiva importante.
Abbiamo già intuito l'esistenza di un tradimento di Cooper ai danni della fidanzata Keely, ma non ci è ancora nota l'identità dell'amante che per me potrebbe essere... rullo di tamburi... Jake!
Si sa che l'essere gay non è proprio un particolare trascurabile per gli atleti, in quanto mal visto nel mondo sportivo, ciò rappresenterebbe quindi un problema per entrambi i giocatori. 
Ed essendo stato Jake uno dei migliori amici di Simon, perlomeno fino alla prima superiore, si spiegherebbe facilmente anche la necessità di far sparire l'autore di "Senti questa". 
Forse la vittima è sempre stata al corrente della bisessualità (o omosessualità repressa) dell'ex amico Jake, e da lì era giunto anche alla conclusione della relazione clandestina fra i due compagni di squadra.
Ed in tal caso l'incidente al parcheggio potrebbe essere stato orchestrato da Jake e Cooper per tenere al sicuro il loro segreto.
Forse sto volando troppo con la fantasia, ma non voglio scendere XD

Un'ultima teoria complottista vedrebbe come colpevole addirittura il professor Avery, in quanto strenuo avversario della tecnologia e quindi in maniera indiretta di Simon e della sua app.
Potrebbe essere stato un modo barbaro e diabolico per allontanare tutti dagli smartphone e dai social e riavvicinarli alla carta stampata? Non credo, ma butto qui anche questa tesi, tanto tentar non nuoce.

***

Come avrete letto, le versioni mie e di Little Pigo, pur differendo in qualche particolare, sono assai simili.
Ancora una volta siamo sulla stessa lunghezza d'onda... quali sono invece le vostre?

Vi ricordiamo inoltre di condividere le vostre indagini sui social utilizzando l'hashtag #UnoDiNoiStaMentendo.
Con la seconda tappa ci vediamo invece il 15 marzo! Si arriva fino a pagina 137