venerdì 24 febbraio 2017

Recensione: "Il giardino dei musi eterni" di Bruno Tognolini

Titolo: Il giardino dei musi eterni
Autore: Bruno Tognolini
Editore: Salani Editore
Data di pubblicazione: 2 Febbraio 2017
Pagine: 272
Prezzo: 13,90 € (cartaceo) 8,99 € (ebook)


Trama:
Ginger, una splendida gatta Maine coon, si è appena risvegliata nel Giardino dei Musi Eterni, un tranquillo e fiorito cimitero per animali. Anche lei adesso è un Àniman, uno spirito che fa parte dell’anima del mondo, invisibile agli occhi umani. E la vita coi suoi nuovi amici Àniman – il pastore maremmano Orson, il cane poliziotto Ted, la dolce porcellina d’India Trilly, la sacra tartaruga Mama Kurma e decine d’altri – trascorre felice, fra tuffi nella pioggia per diventare immense nuvole animali, corse nel vento in cui si scambiano la pelle, canti notturni con le rane del canale, e visite di un’umana un po’ speciale, la loro amata Nonnina. Ma oscure minacce incombono: le misteriose sparizioni dei fratelli, le lugubri ricerche dell’ambiguo Custode, alcuni strani peluche dei bambini in visita, che hanno sguardi quasi vivi, inquietanti… 

Recensione:
È un giorno come tutti gli altri quello in cui la gattina Ginger apre i suoi occhietti sonnacchiosi verso una nuova giornata fatta di pappa, coccole, fusa, giochi, pisolini, e rimproveri sapientemente ignorati. O almeno così crede, ma qualcosa è diverso, insolito, strano.
Ginger non sente più i dolori e la fiacchezza che la accompagnavano da un po' di tempo a questa parte, ma allo stesso tempo non sente più gli odori familiari della sua casa, o la voce allegra del suo padroncino Davide e di sua sorella Viola, e poi eccolo là, davanti ai suoi occhi un giardino sconosciuto e vasto, popolato da animali di ogni specie e decorato da strane sedie in pietra, conficcate nel terreno.
Ma quelle non sono sedie, quello non è un semplice giardino, e quelli attorno a lei non sono semplici animali, o almeno non più.
Ginger è morta, o meglio il suo corpo fatto di carne ed ossa lo è, ma la sua anima è lì, ancora viva, ma in maniera diversa...
La scoperta è sconvolgente, ma il cane da pastore Orson, assieme alla squadra di primo soccorso, giungeranno in suo aiuto e conforto.
Una volta accettata la sua nuova condizione, Ginger inizia ad apprezzare la libertà di quella nuova vita eterna, vasta e sconfinata, non più prigioniera di regole fisiche e temporali.
Lei adesso è un Àniman e, come le insegna la saggia tartaruga Mama Kurma, la sua esperienza nel mondo può spaziare ovunque, svincolata dai confini. Lei ora è se stessa ma è anche tutti, lei è qui ma è ovunque. Lei è vento, e come il vento si può spostare, in ere e luoghi passati, in vite già vissute.
Ma un mistero giunge a scalfire la placida quiete che caratterizza le eterne ore al giardino dei musi eterni.
Degli Àniman sono scomparsi all'improvviso, senza alcuna spiegazione...
Da qui il racconto si tinge di giallo e Ginger, assieme ai suoi fidati amici, cercherà di svelare il mistero nascosto dietro quelle sparizioni.
Ma definire questo libro "un giallo" sarebbe riduttivo, perché è in realtà molto di più.
Bruno Tognolini costruisce un'avventura misteriosa e divertente dove sono gli animali i protagonisti della storia. Loro sono le vittime, i sospettati e i sagaci detective, ma anche la dolcezza, l'amore e l'infinita saggezza.
Chi ha avuto un animale, e chi ha dovuto dirgli addio non potrà non commuoversi leggendo questa storia così intrisa di speranza, felicità e malinconia.
La vita oltre la morte è il tema principe, e qui viene affrontato con filosofia e saggezza, offrendoci una prospettiva sognante e affascinante, che viene raccontata e descritta con grande poesia.
Saggio, è così che definirei questo libro e la penna che lo ha scritto. Capace di regalare sorrisi e lacrime, di far ripensare ai piccoli amici che ci hanno lasciato con serena e placida malinconia. 

Considerazioni:
È la prima volta che leggo qualcosa di Bruno Tognolini, e di certo non sarà l'ultima.
"Il giardino dei musi eterni" mi ha fatto sorridere e non solo. Mi sono appassionata al mistero narrato, ho cercato, individuato (e indovinato), cause e colpevoli, ma soprattutto... ho pianto come non ci fosse un domani... T_T
Non necessariamente, e non per forza, un pianto triste e disperato... ad esempio, mi sono commossa nel leggere di Ginger, e degli altri animali ancora "vivi" e sereni, correre a perdifiato in un mondo parallelo, e nel sentire l'affetto con cui essi pensano ancora ai loro amici umani, attendendo le loro visite o semplicemente ricordando i momenti vissuti insieme.
Ho pianto, questa volta con un po' più di dolore, quando Davide, sulla tomba di Ginger, riporta alla mente i ricordi... una serie infinita di "ti ricordi quando...".
"Ti ricordi quando salivi sul letto e ti dicevo di scendere e mi ignoravi?", "Ti ricordi quando rincorrevi le lucine come una pazza?"...
Amesh, sappi che quando leggevo quella serie di "e quando..." io pensavo a te, e le mie lacrime erano sempre per te.
Poi ho pianto ancora per la triste storia del povero pit bull Bestio Buck, tra tutti è il mio personaggio preferito. Gli ho davvero voluto un gran bene a quel povero cagnolone maltrattato, la cui unica "colpa" è stata quella di essere affidato a persone sbagliate, cattive.
In quel frangente, devo ammetterlo, ho anche provato un po' d'insofferenza verso quegli Àniman che, in vita, erano stati tanto fortunati da ricevere solo amore e, nonostante questo, non riuscivano a mettersi nei panni del povero Bestio. Lo giudicavano senza provare a comprenderlo.
Ma, sotto la scorza diffidente, che aggredisce per non essere aggredito, Bestio nasconde un cuore avido di amore e coccole, ancora aggrappato a quei brandelli di memorie di affetto, provate quando, ancora cucciolo, con i suoi fratelli era intento a ciucciare latte dalla mamma.
Una storia straziante, un essere infelice e incompreso, quasi fino alla fine.
E in ultimo, senza dilungarmi troppo, vi rivelo il personaggio che proprio non mi è piaciuto...
[Allerta SPOILER!!!]
Se avete letto il libro probabilmente starete pensando che io mi riferisca al custode, ma invece no! Lui non lo ritengo neanche meritevole di considerazione, mi riferisco invece alla nonnina! Sì, proprio a lei!
Durante la lettura ho sospettato di lei e, ancor prima che ci arrivasse Ginger, avevo collegato gli eventi Nonnina-Sparizioni misteriose-Peluche Mezzovivi, azzeccandoci in pieno.
L'unica cosa che mi sfuggiva, e che ero davvero curiosa di scoprire, era la motivazione. Quale giustificazione plausibile avrebbe dato la nonnina per il suo comportamento scellerato?
E, mi spiace dirlo,  le sue argomentazioni, non mi hanno convinta affatto.
Io non l'avrei perdonata manco per niente! E di sicuro non gliel'avrei fatta passare così liscia. 
Proprio lei, in quanto Saltafossi, quindi essere capace di vedere gli Àniman, e di ammirali felici, scorrazzare in piena libertà nel giardino de musi eterni, avrebbe dovuto ritenere insopportabile l'idea di rinchiudere, degli esseri così liberi, all'interno di pupazzi di pezza!!!
Come ha potuto anche solo pensare che, prigionieri in quei corpi privi di vita, sarebbero stati meglio? Ma soprattutto, perché non ha chiesto il loro parere? Perché fare tutto di nascosto come se già sapesse quanto tutto fosse sbagliato, e non accertarsi, poi, nemmeno delle condizioni di quelle povere anime da lei stesa imprigionate?
La vecchina non si è minimamente posta il problema, non si è interessata a scoprire se stessero davvero meglio e se avesse fatto la scelta giusta. Non ci ha mai pensato e trovo assurdo e ignobile che non l'abbia fatto.
Tutto per cosa poi? Per viziare il suo stupido nipote.
L'ho trovata di un'insensibilità unica, e nemmeno tanto vinta dal senso di colpa una volta scoperta la verità. Davvero un brutto personaggio il suo, che io non perdono U_U
Ma il suo deprecabile comportamento non inficia affatto sul mio giudizio sul libro che ho trovato, come ho già detto, divertente, emozionante e incredibilmente poetico.

Ringrazio la Salani per avermi fornito ma copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

giovedì 23 febbraio 2017

In my mailbox #24

Salve avventori!
E' da un po' che non aggiorniamo questa rubrica, che è rimasta ferma alle ultime entrate di Natale, ma il tempo da allora è passato e ha portato con sé nuovi bellissimi libri *-*
Tuttavia, anche l'immagine che vedete qua sotto, non è aggiornata all'ultimo arrivo, ma se desiderate essere informati più tempestivamente vi conviene seguire il mio account Instagram.
Ma ora veniamo a noi, cominciando dal basso:

Omaggi CE:
♥ "Serafina e il bastone stregato" di Robert Beatty. Little Pigo aveva letto e recensito il primo capitolo di questa saga tempo fa (trovate QUI la recensione). La casa editrice, Mondadori Electa, ci ha omaggiato di queste due copie, ma solo una è per noi.. l'altra per chi sarà?
♥ "Il segreto di Black Rabbit Hall" di Eve Chase. 
L'ho letto e recensito a inizio mese, un libro davvero meraviglioso, che rientra già a pieno diritto tra i più belli di questo 2017. Trovate QUI la recensione.
♥ "Parlare a raffica" di Lauren Graham. Questo è stato l'ultimo omaggio ricevuto lo scorso anno, arrivato a casa gli ultimi giorni di Dicembre, dopo le festività. Anche questo lo potete trovare tra i titoli recensiti QUI
♥ "Seta" di Alessandro Baricco, nella bellissima versione illustrata da Rebecca Dautremer. Un graditissimo omaggio della Feltrinelli Editore.
♥ "Lea e l'elefante" di Kim Sena. Un meraviglioso albo illustrato ricevuto dalla Orecchio Acerbo Editore. Ho avuto già modo di parlarvene QUI.
♥ "Il giardino dei musi eterni" di Bruno Tognolini. Un bel libro di cui vi parlerò molto presto... 
♥ "Il prodigio" di Emma Donoghue, che non vedo l'ora di iniziare, perché la storia mi spira tantissimo *-*
Poi... non sono presenti in foto ma li aggiungo ugualmente alla lista:
"Flower" di Elizabeth Craft e Shea Olsen. 
Questo è stato il primo omaggio libroso di quest'anno. Ancora non l'ho letto, ma confesso di aver subito, appena mi è arrivato, letto i primi capitoli, ma che dirvi... mi è parsa la solita, sciocca storia d'amore che, personalmente, detesto leggere. Però non voglio e non posso esprimermi finché non lo avrò letto.
♥ "Qualcosa" di Chiara Gamberale, un'aspra critica alla superficialità che caratterizza le persone del nostro tempo, travestita da favola. Trovate la recensione QUI

E infine l'unico acquisto di questo ultimo periodo:
♥  "Sette minuti dopo la mezzanotte" di Patrick Ness. Un libro di cui sia io, che Little Pigo, abbiamo sempre sentito parlare benissimo e che non vediamo l'ora di leggere.

E voi cosa ci dite? Quali sono le new entry nella vostra libreria?
Avete letto qualcuno di questi libri? Ditecelo nei commenti ^_^

lunedì 20 febbraio 2017

Recensione: "Qualcosa" di Chiara Gamberale

Titolo: Qualcosa
Autore: Chiara Gamberale
Illustrazioni: Tuono Pettinato
Editore: Longanesi
Data di pubblicazione: 9 Febbraio 2017
Pagine: 180
Prezzo: 16,90 € (cartaceo) 9,99 € (ebook)

Trama:
La Principessa Qualcosa di Troppo, fin dalla nascita, rivela di possedere una meravigliosa, ma pericolosa caratteristica: non ha limiti, è esagerata in tutto quello che fa. Si muove troppo, piange troppo, ride troppo e, soprattutto, vuole troppo. Ma, quando sua madre muore, la Principessa si ritrova "un buco al posto del cuore".
Smarrita, prende a vagare per il regno e incontra così il Cavalier Niente che vive da solo in cima a una collina e passa tutto il giorno a "non-fare qualcosa di importante". Grazie a lui, anche la Principessa scopre il valore del "non-fare". E del silenzio, dell'immaginazione, della noia: tutto quello da cui era sempre fuggita. Tanto che, dopo avere fatto amicizia con il Cavalier Niente, Qualcosa di Troppo gli si ribella e, pur di non fermarsi e di non sentire l'insopportabile "nostalgia di Niente" che la perseguita, vive tante, troppe avventure... Fino ad arrivare in un misterioso tempio color pistacchio e capire che "è il puro fatto di stare al mondo la vera avventura". 

Recensione:
Qualcosa di Troppo è una principessa, vive in un castello e, oltre a due amorevoli genitori, ha tate, cuochi e domestiche a sua completa disposizione. Queste sono le uniche cose che la rendono diversa da noi, o da come ognuno di noi si è qualche volta (diciamo anche spesso), sentito.
Qualcosa di Troppo non si accontenta di quello che è poco, o anche solo abbastanza, lei vuole tutto, lei vuole troppo.
Provare mille cose, sentire emozioni forti, vivere ogni giorno un'avventura diversa. 
Nulla la soddisfa o appaga pienamente, c'è sempre spazio, troppo spazio, per qualcosa di nuovo.
Quando un triste giorno, sua madre, la regina Una di Noi, viene a mancare, Qualcosa di Troppo prova improvvisamente una sensazione nuova e sconosciuta. Per la prima volta non sente niente, fatta eccezione di un grosso buco nel cuore.
Buco che cercherà di riempire facendo mille e mille cose, tenendosi sempre in mille faccende affaccendata: cantando, cavalcando, imparando lingue diverse... tutto pur di non stare ferma, qualsiasi cosa possa impedirle di fermarsi a pensare, e sentire ancora quel terribile vuoto che ha nel cuore, lei la fa.
L'incontro con il Cavalier Niente sarà provvidenziale. Con lui la principessina impara a non fuggire ai pensieri e alla solitudine, comincia ad apprezzare quel vuoto, accettarlo e volergli anche un po' bene.
Tuttavia torna ben presto a bramare la vita frenetica e le mille cose che la tenevano occupata un tempo, perciò abbandona il fidato amico e riprende il suo trantran.
Questo, però, non porta sollievo nel suo cuore, tutt'altro. Il vuoto, che pareva non farle più tanto male quando era in compagnia di Niente, torna a tormentarla chiedendole di essere riempito.
Qualcosa di Troppo tenterà invano di dare risposta ai suoi problemi andando alla ricerca dell'amore, ma quando si è incompleti e insoddisfatti di sé è impossibile cercare in altri quello che vorremmo trovare in noi stessi.
Amare un altro non è sempre la risposta, ed è impensabile cercare di completarsi con qualcuno, se prima non si è consci del proprio essere e di ciò che davvero si vuole.
Chiara Gamberale, in queste pagine, traveste da favola quella che difatti è una severa critica alla società odierna, troppo superficiale e fatua. 
Il bisogno spasmodico di riempire le nostre vite, infittire ogni singola ora di attività: uscire, muoversi, fare, guardare, spiare attraverso i social le vite degli altri, mostrare, apparire, collezionare mi piace sotto ad un post... tutto pur di non restare fermi un attimo, tutto per non rimanere soli con se stessi, tutto pur di non annoiarsi.
Eppure anche questo serve, è questa la morale della favola: il vuoto serve a conoscersi a capire chi siamo e cosa cerchiamo. 
Chiara Gamberale dà vita ad una storia solo apparentemente leggera, ma pregna, in realtà, di amaro umorismo e riflessioni, ricca di metafore e paragoni, di spunti e appigli su cui riflettere.
Questi sono i pregi di questo ultimo suo lavoro. Dopotutto non ci dice nulla a cui non arriveremmo da soli, pensandoci. Però è questo il bello, ci invita a farlo, riflettere sulle sue parole, e sulle nostre vite,  perché, purtroppo, in molti non si ritagliano più nemmeno il tempo di pensare.

Considerazioni:
Confesso che quando ho iniziato a leggere questa storia, dopo le prime pagine mi sono detta "Oddio ma che è? Chiara ti sei ridotta a scrivere di principesse capricciose?", però  poi, andando avanti ho iniziato ad apprezzare sempre più la storia di questa principessina insoddisfatta, perché un po' mi sono riconosciuta in lei.
Su, diciamocelo, chi può dire in cuor suo di non avere in sé Qualcosa di Troppo? 
L'essere umano è insoddisfatto per natura, siamo tutti sempre alla ricerca di qualcosa che ci tenga vivi, di un sogno da desiderare, di un desiderio da realizzare, e quando finalmente lo scopo è raggiunto la soddisfazione non dura che un istante, e già siamo alla ricerca di qualcosa di nuovo.
È sbagliato? No, è semplicemente umano, e l'essere umano cerca un modo per tenere la mente sempre impegnata, altrimenti finiremmo tutti depressi al pensiero costante dell'ineluttabilità della vita.
Come diceva Schopenhauer: "la vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e di gioia."
Ma Schopenhauer era un filosofo, ed era ovvio che pensasse, mentre, come giustamente dice la Gamberale, la noia è qualcosa a cui, al giorno d'oggi, in molti rifuggono, come fosse il più grande dei mali.
Invece la solitudine ci è necessaria, molto più di quanto pensiamo, per migliorarci, crescere, vedere le cose da diversi punti di vista, ampliare le vedute ed evitare di diventare freddi e superficiali.
In questo atteggiamento di critica mi sono ritrovata anche a riconoscermi tantissimo in Cavalier Niente perché, come lui, spesso mi ritrovo a pensare a quanto tutto sia inutile, provo a vedermi e vedere il mondo con gli occhi di un ipotetico osservatore esterno. Sicuramente quel qualcuno penserebbe a quanto tutto il nostro affannarci in conflitti, alla ricerca del potere o della ricchezza, sia sciocco e insensato.
Penso a quanto, in realtà, siamo insignificanti: piccoli puntini nell'universo che si credono importanti, come se il mondo iniziasse e finisse con noi.
In me convivono le due parti. Sono Troppo e sono Niente. In definitiva sono anch'io Qualcosa.
Infine mi ha divertito, e fatto molta tenerezza, leggere le peripezie della principessa alla ricerca di Qualcuno che la completasse. Quando in ogni pretendente crede di aver trovato l'amore, ma solo perché, tramite quei Qualcosa, ella si ritrova, ogni volta, a conoscere diverse parti di se stessa, che ama e apprezza e che scopre possono esistere indipendentemente da chi ha accanto.
Mi è piaciuto quello che la Gamberale dice, ma soprattutto il modo in cui lo fa.
Attraverso questi buffi e repentini fidanzamenti e innamoramenti lampo, ci fa capire dove vuole andare a parare. L'autrice come Cavalier Niente non dà la soluzione, ma lascia a noi il compito di arrivare alle nostre deduzioni.

Ringrazio la casa editrice Longanesi per avermi fornito una copia di questo libro

il mio voto per questo libro 

lunedì 13 febbraio 2017

Recensione: "Lea e l'elefante" di Kim Sena

Autore: Kim Sena
Editore: Orecchio acerbo editore
Data di pubblicazione: Gennaio 2017
Pagine: 44
Prezzo: 15,00 € (cartaceo)

Trama:
Lea aveva riempito la sua casa con tutto quello che le piaceva. Ma, nonostante tutte le cose che aveva, la sua testa continuava a essere vuota. E così, Lea, voleva sempre di più. Un giorno invita un elefante per un tè. Per conquistarlo gli promette qualcosa di eccezionale. Lo farà volare...

Recensione:
Lea vive sola nella sua grande casa piena di ogni genere di cose: bambole, giochi, tutto quello che una bambina può desiderare - e molto di più - lei lo ha lì con sé, eppure non è felice. Nulla pare accontentarla.
Un giorno, Lea, incontra un elefante e lo invita a casa sua per un tè. Subito cerca di stupirlo mostrandogli tutte le cose che possiede e le numerose stanze della sua immensa dimora, ma il pachiderma non sembra granché entusiasta dei tesori della bambina.
Lea, però, è intenzionata a stupirlo, a catturare in qualche modo la sua attenzione ed avere la sua stima, così gli promette di insegnargli a volare.
Una promessa difficile da mantenere che, anziché allontanare i due protagonisti, li renderà più uniti e complici. 
Lea che voleva solo apparire speciale agli occhi del suo amico, impara che non serve avere doti particolari per essere apprezzati da qualcuno. 
Kim Sena con i suoi eleganti disegni a matita, ci porta all'interno di un mondo onirico dall'atmosfera surreale, e attraverso le sue immagini, ricche di simboli e richiami metaforici, racconta con poesia la scoperta dell'amicizia, la nascita di un sentimento in grado di colmare anche la più grande desolazione.

Considerazioni:
Kim Sena con le sue meravigliose e dettagliate illustrazioni, e con poche ma efficaci parole, racconta non solo una storia, ma insegna qualcosa. 
Il suo racconto, con grande semplicità e limpidezza, parla di solitudine e di amicizia, di insicurezze e di chi riesce a farcele mettere da parte.
La testa di Lea non è mai stata vuota, la sua vita lo era, vuota come quegli oggetti di cui si circondava e dai quali cercava di trarre felicità.
Quando incontra l'elefante, però, Lea capisce subito di cosa ha davvero bisogno: un amico.
Ma perché un elefante dovrebbe interessarsi a lei, una normalissima bambina?
Così, astutamente, trova il modo di sembrare più interessante ai suoi occhi.
La logica, che spinge Lea a proporre all'elefante la sua promessa impossibile, è comprensibile se considerata dal suo punto di vista.
Presupponendo che tutti siano incontentabili come lei, quale sogno potrebbe avere, un essere immenso e massiccio come un elefante, se non quello di volare libero e leggero nell'aria, come un palloncino?
Così gliene legherà uno attorno alla proboscide e tingerà l'elefante di un bel bianco candido, come fosse una soffice e impalpabile nuvola. 
In questo modo Lea crede di tenere l'elefante legato a sé, come lei lo ha legato a quel palloncino: finché non avrà volato (cosa che sa non potrà mai accadere), lui non la lascerà mai sola.
Dopo svariati e vani tentativi, fatti perlopiù per accontentare la bambina, l'elefante costringe la piccola a guardare in faccia la realtà, né lui né lei potranno mai volare.
Lea, di fronte all'evidenza, vede il suo mondo fatto di tantissime cose, oggetti bellissimi ma vuoti, andare in frantumi.
Tutto quello a cui aveva dato valore svanisce nel nulla e resta sola, senza niente.
Almeno questo è quello che pensa... perché all'elefante non è mai interessato volare. Lui è felice così com'è e, anche se né lui né lei sono tanto speciali da potersi librare in aria, non importa, perché possono comunque essere amici.
È così che Lea scopre il valore dell'amicizia, e quanto avere un amico sincero sia più importante di avere una casa piena di cose.
Strano come un libro che si esprime in pochi e semplici versi possa, invece, dire così tanto. 

Ringrazio la casa editrice Orecchio Acerbo per averci omaggiato di una copia cartacea di questo libro 

il mio voto per questo libro

venerdì 10 febbraio 2017

Recensione: “La Funesta Finestra - Una Serie di Sfortunati Eventi n°3” di Lemony Snicket

Titolo: La Funesta Finestra - Una Serie di Sfortunati Eventi
Titolo originale: The Wide Window
Autore: Lemony Snicket
Illustrazioni: Brett Helquist
Editore: Salani
Data di pubblicazione: agosto 2010
Pagine: 190
Prezzo: 11,00 € (cartaceo) 2,99 € (ebook)

Trama:
Se non avete mai letto niente riguardo gli orfani Baudelaire, allora è meglio che prima di affrontare anche solo una riga, sappiate questo: Violet, Klaus e Sunny sono graziosi e intelligenti, ma la loro vita, mi rincresce dirlo, è piena di sfortuna e di miseria. 
Le vicende dei tre bambini sono sempre tristi e disgraziate, ma questa è probabilmente la peggiore di tutte.
Se non sopportate storie contenenti uragani, dispositivi di segnalazione, mignatte voraci, zuppe di cetriolo fredde, orribili furfanti e bambole di nome Pretty Penny, allora questo libro vi getterà nella più totale disperazione.
Da parte mia continuerò a raccontare questi tragici episodi, è il mio compito; ma voi siete assolutamente liberi di scegliere se conoscere o meno questa storia di sciagure.

IN QUESTO TERZO ORRIBILE EPISODIO: fin dall'inizio capiamo come andrà a finire. Immaginate di abitare presso una vecchia zia fissata con la grammatica, che vi propina cene disgustose e vive in casetta diroccata a picco su un lago infestato da mignatte feroci... bello vero?

Recensione:
Alla conclusione dello scorso episodio avevamo lasciato i tre orfani Baudelaire a dover fare i conti con una nuova straziante perdita. Lo zio Monty, che aveva dato loro una casa e una ritrovata armonia familiare, non c'è più, e ancora una volta la colpa di tutti i loro dolori è da attribuire al perfido Conte Olaf.
I tre Baudelaire si ritrovano nuovamente soli al mondo, in attesa di un destino ignoto che, dati i precedenti, non possono fare a meno di temere.
Cosa riserverà loro il futuro? Nelle mani di chi saranno affidate le loro vite?
Lo scopriamo molto presto. 
Questo terzo libro ha inizio con i tre ragazzi intimoriti e infreddoliti sull'imbarcadero del Lago Lacrimoso, in attesa del tassì che li condurrà alla loro nuova casa, dalla prossima persona a cui è stato affidato il compito di prendersi cura di loro. 
Questa volta trattasi della stravagante zia Josephine Anwhistle, una vecchia signora dalle manie piuttosto particolari,animata, tanto dall'amore per il lessico e la grammatica, quanto dalle fobie più improbabili... ebbene sì, perché la cara zia Josephine ha davvero paura di tutto: dei telefoni, dei fornelli, delle maniglie, persino degli agenti immobiliari!
Il tutto, agli occhi dei giovani Baudelaire appare abbastanza surreale considerato il luogo in cui la donna vive rintanata da anni: una vecchia e dismessa casetta diroccata, posizionata su un picco roccioso e per buona metà sospesa nel vuoto... un agglomerato che definire instabile è un eufemismo.
Le prime impressioni molto spesso possono essere sbagliate, ma non è questo il caso, già da una prima occhiata i tre orfani hanno la triste impressione che in questa nuova casa, e con questo nuovo parente, non potranno essere felici. Si sentono fragili e vulnerabili come la triste costruzione che li ospita.
Zia Josephine si rivela una persona gentile, ma troppo preda delle sue sciocche paure per garantire ai tre fratelli una vita, se non felice, almeno normale.
Li obbliga, suo malgrado, a vivere in una casa pericolante, perché ha troppa paura degli agenti immobiliari per metterla in vendita e acquistarne un'altra; gelida e piena di spifferi, perché ha troppa paura del radiatore per riscaldarla; a consumare pasti freddi, anche in pieno inverno, perché ha troppa paura che i fornelli esplodano per cucinare.
Ma questi problemi non sono nulla rispetto a ciò che attende i tre orfani, perché il Conte Olaf è ancora intenzionato a mettere le mani sul patrimonio dei Baudelaire per demordere, e ha architettato un nuovo, malvagio stratagemma per giungere al suo terribile scopo...
Ancora una volta Daniel Handler, alias Lemony Snicket, ci regala una storia triste, ma allo stesso tempo divertente, drammatica, ma allo stesso tempo comica, con protagonisti degli adulti, con cui ci si augurerebbe di non avere mai a che fare, e tre ragazzini che solo con le loro forze, contando esclusivamente su se stessi, e gli uni sugli altri, riescono a superare le situazioni più orribili e raccapriccianti.
Una storia che, pur ripetendosi, non smette di appassionare, e non riesce ad annoiare, un po' per la capacità straordinaria dello scrittore di mantenere viva l'attenzione - con la sua ironia, il sarcasmo e le numerose curiosità e spiegazioni, sempre interessanti ed istruttive, inserite nei discorsi - e un po' per i personaggi, che, siano essi vecchie conoscenze, come è il caso del signor Poe, o new entry come la zia Josephine, non smettono di provocare nel lettore un senso di profonda rabbia e ingiustizia.
E finché in questa storia ci saranno personaggi tanto bislacchi e così ostinatamente ottusi, dubito che potrà mai venire a noia.

Considerazioni:
Più leggo questa saga più mi rendo conto di quanto essa sia, non solo divertente e appassionante, ma una vera e propria lode ai ragazzi, al coraggio che ci vuole ad essere bambini in un mondo di adulti.
I grandi sono spesso troppo presi da se stessi, dalle proprie convinzioni, dai propri problemi per prestare attenzione a quello che i bambini dicono.
Lo sanno bene i tre giovani Baudelaire che, per la terza volta, si ritrovano increduli a dover lottare, non solo, contro il loro perfido nemico, ma anche con il pregiudizio che li porta a non essere ascoltati e creduti.
I tre fratelli, qui, sono gli unici che dimostrano di avere un po' di senno e raziocinio. 
D'altronde non possono fare altrimenti, poiché costretti a contare solo sulle proprie forze per difendersi dal mostro che continua a tormentarli, e da tutti gli adulti che, nonostante le esperienze passate, continuano a non dar loro la minima fiducia, il minimo beneficio del dubbio.
Sunny, la più piccolina, colei che ancora non sa dire una parola di senso compiuto, risulta in realtà la più arguta, astuta e furba dei tre. Inutile dire quanto l'abbia adorata. 
Di contro ho trovato pessimo il comportamento del signor Poe che, nonostante sia stato già smentito in passato, prosegue a non dare nessuna credibilità alle parole dei fratelli.
Ancor più pessima la zia Josephine, talmente codarda ed egoista da essere pronta a cedere la tutela dei ragazzi al perfido Olaf, pur di aver in cambio salva la vita. 
Al contrario di quanto fanno gli orfani (sicuramente più comprensivi di me), non posso dire di aver provato pena per lei e per la sua miserabile fine.
Nessun adulto è giustificabile, e il Conte Olaf non è l'unico mostro da condannare, anzi!
Alla sua meschinità ci si abitua e questa smette presto di stupire e inorridire, ma all'idiozia di tutti gli altri personaggi, che gravitano attorno ai tre fratelli, no! Quella non smette mai di lasciare sgomenti.
È proprio questo aspetto grottesco e tragicomico della storia, smorzato da momenti di tenera dolcezza e commozione,  che la rende irresistibile.
Ed è in un momento di triste malinconia che, per la terza volta, salutiamo i tre fratelli i quali si ritrovano ad aver perso tutto ma, sempre più consci che, finché saranno insieme non saranno mai soli.

“I tre Baudelaire si abbracciarono stretti, con faccine umide e preoccupate e timidi sorrisi. Erano in tre. Ognuno dei tre poteva contare sugli altri due. 
Non posso giurare, lungi da me, che questa sia la morale della storia, ma per i Baudelaire al momento bastava. Poter contare l'uno sull'altro era come trovarsi a disposizione una barca a vela nel pieno di un ciclone, e ai tre orfani questo sembrava un fior di fortuna.”


il mio voto per questo libro

mercoledì 8 febbraio 2017

Waiting for #14

Salve avventori!
Rieccoci con questa rubrica in cui vi riveliamo i libri ancora inediti qui da noi, e che desideriamo vengano pubblicati anche in Italia.
Spesso vi parliamo di libri di prossima pubblicazione, o di cui la programmazione è comunque prevista prima o poi...
Questa volta, purtroppo, vi parliamo di libri che non sappiamo se verranno mai tradotti anche in italiano, ma non noi smettiamo di sperarci...


E dopo avervi fatto incuriosire possiamo finalmente confessarvi a cosa ci stiamo riferendo: ovvero alla trilogia dei villains di Serena Valentino, scrittrice americana dalle origini italiane che, per la Disney, sta pubblicando una serie di libri in cui, a differenza del solito, troviamo come protagonisti i cattivi. Questi finalmente prendono voce, raccontando la loro versione della favola.
I suoi libri sono stati pubblicati anche in Spagna, in Francia e in Germania, quindi non ci resta che attendere che arrivino qui.
Io intanto ne ho fatto esplicita richiesta alla scrittrice, con cui ho avuto una breve conversazione su facebook, la quale, ci tengo a precisarlo, non mi ha promesso nulla, ma ha chiaramente detto che l'idea le piacerebbe moltissimo.
E allora, mentre aspettiamo che qualcuno ascolti le nostre preghiere, vi mostro le bellissime cover della trilogia. Ve lo dico subito, sono meravigliose, così tanto che io e Little Pigo eravamo indecise se metterle qui o nella rubrica I love this cover.
Alla fine l'ha spuntata il "Waiting for" ma sappiate che adoriamo queste cover e, se mai questi libri  verranno pubblicati in Italia, noi PRETENDIAMO che restino invariate!!! A buon intenditor...


Che ne dite? Belle vero?
Come potete chiaramente evincere, le storie narrano di Grimilde, della Bestia e di Ursula.

I titoli:
Fairest of All: A Tale of the Wicked Queen
The Beast Within: A Tale of Beauty's Prince
Poor Unfortunate Soul: A Tale of the Sea Witch 

La particolarità dei volumi, che è anche il loro punto forte. esteticamente parlando - e ciò che mi fa desiderare fortissimamente di averli nella mia libreria - sta nel fatto che sul retro copertina ogni cattivo è rappresentato con il suo alter ego.
Vi consiglio vivamente di cercare qualche foto qua e là perché, come vedete, le illustrazioni che fanno da copertina sono meravigliose.


E voi? Avevate già visto questi volumi in giro per il web? Li bramate come noi?
Tra l'altro, vi lasciamo con questa piccola notizia in anteprima... la Valentino sta lavorando ad una nuova trilogia con protagonisti altri tre cattivi. 
Non è ancora nota l'identità di tutti, ma posso anticiparvi che il primo nuovo volume sarà dedicato alla più malefica tra i malefici... intesi? XD

lunedì 6 febbraio 2017

Recensione: "Parlare a raffica" di Lauren Graham

Titolo: Parlare a raffica
Titolo originale: Talking as Fast as I Can
Autore: Lauren Graham
Editore: Sperling & Kupfer
Data di pubblicazione: novembre 2016
Pagine: 225
Prezzo: 18,00 € (cartaceo) 9,99 € (ebook)


Trama:
Attrice, produttrice, scrittrice di romanzi, Lauren Graham ha deciso di raccontarsi al pubblico a modo suo: lasciandosi andare, parlando alla velocità della luce proprio come farebbe Lorelai Gilmore di "Una mamma per amica", il suo personaggio preferito che tanto le somiglia.
In questo libro l'attrice preme il pulsante «pausa» per riguardare la sua vita con quello stile frizzante che conosciamo e raccontarci storie divertenti sulla sua adolescenza, dall'infanzia in Giappone al legame con il padre, e sulle dure sfide che ha affrontato a Hollywood. E, naturalmente, ci svela i dietro le quinte della serie televisiva che più ha amato e che l'ha resa celebre.
Lauren rivela tutto ciò che c'è da sapere sul suo personaggio, sullo show e sulle nuovissime puntate, racconta dei rapporti con i membri del cast e riporta estratti del diario che ha tenuto durante le riprese dei quattro episodi dell'ottava stagione di "Una mamma per amica: di nuovo insieme". 

Recensione:
Lauren Graham si racconta in queste pagine facendosi conoscere al pubblico per quella che è nella realtà, perché, anche se ci sembra di conoscerla da anni, in verità di lei abbiamo sempre visto solo i ruoli che ha interpretato nelle serie a cui ha prestato volto, o l'abbiamo letta raccontarci di Franny Banks, la protagonista del suo primo romanzo "Un giorno, forse". Ma di lei, di Lauren Graham, della persona che si cela dietro ai suoi lavori, sapevamo poco o nulla.
In "Parlare a raffica" Lauren ci apre le porte ai ricordi della sua infanzia, dell'adolescenza e a quelli legati al sogno di diventare un'attrice e calcare, un giorno, il tanto ambito palco di Broadway. Ripercorre con noi i passi che hanno portato alla scalata, verso il raggiungimento di quel sogno: delle decine di lavori e particine a cui si è prestata prima della sua grande occasione.
La serie "Una mamma per amica" è il punto di svolta della sua carriera e, il ritorno sugli schermi con il tanto atteso revival, l'occasione giusta per scrivere quest'autobiografia e analizzare i suoi sentimenti a riguardo.
Lorelai è il personaggio della vita che, lo scopriamo pagina dopo pagina, le somiglia più di quanto potessimo aspettarci.
Nello stesso modo ironico e logorroico a cui la maggiore delle ragazze Gilmore ci ha abituato, la Graham parla e straparla, raccontando manie, delusioni, i momenti di crisi, e le gioie trascorse sui vari set.
Il racconto è suddiviso in capitoli che passano da un argomento all'altro, probabilmente l'idea più sensata per mettere un freno ai pensieri irrefrenabili dell'autrice.
Un libro spiritoso e leggero, in cui l'attrice si diletta anche a dispensare consigli, o a fare ramanzine mediante la voce dell'immaginaria e anziana signora Jackson.
Cosa manca dunque? Probabilmente un po' di sentimento, anzi di sentimenti.
Forse anche un po' di verità. 

Considerazioni:
Lo so, lo so, non posso concludere una recensione così, senza argomentare il perché della precedente affermazione.
Diciamo che ho trovato il pretesto per spingervi a leggere anche la parte delle considerazioni che, fidatevi, è sempre la più divertente :D
Tornando al libro, quando dico che manca di sentimento e di verità non faccio che riportare una sensazione che mi ha tenuto compagnia per gran parte della lettura.
Tendenzialmente la Graham si sofferma più a raccontarci i successi che gli insuccessi che l'hanno vista protagonista, più le gioie che le sofferenze.
Quando invece parla del ritorno, dopo dieci lunghi anni, sul set della serie che l'ha vista brillare (il capitolo che immagino tutti stessero aspettando con più ansia di leggere), non si sbilancia troppo nel raccontare le emozioni dell'incontro con il cast! 
Insomma avete lavorato insieme per sette anni, siete stati lontani per dieci, vuoi raccontarci come è stato rincontrarli?
Vi dico solo che si sofferma a parlare più del set, del gazebo, delle case, che delle persone.
Le giornate di registrazione sono raccontate in modo affrettato e analitico, i resoconti sono lasciati alle fredde e smilze pagine di un diario scritto, in tutta fretta, tra una ripresa e l'altra.
Io (e penso anche voi), volevo sapere come era stato riabbracciare Alexis Bledel e tutti gli altri, come si è svolto il primo incontro, i discorsi e i pensieri che i diretti interessati si sono scambiati durante il periodo di incertezza (si farà o non si farà questo revival?), e chi più ne ha, più ne metta.
La Graham ci racconta le cose per sommi capi, riferisce di attimi di commozione, ma lo fa con distacco, e gli aneddoti non hanno quasi mai a che fare con momenti vissuti con gli altri attori, ma sono quasi sempre situazioni solitarie, che vedono protagonista solo lei stessa, o vissute con il suo staff.
Non so, ma la sensazione che ne ho ricevuto di rimando è che la Graham non fosse poi così affezionata a quel cast o a quella produzione che, difatti, non ha lodato come invece ha fatto con cast, produzione, regia, trucco e parrucco del suo lavoro successivo: Parenthood!
Be' cara Lauren, mi spiace ma ho un triste messaggio per te, di "Parenthood" a noi non ce ne può fregare di meno! Non solo perché era una serie tremendamente brutta e noiosa, ma anche perché lo era tutto il cast.
Dico sul serio, non ho mai visto un insieme di personaggi così antipatici, fastidiosi ed odiosi. La serie tanto amata dalla Graham non ha mai avuto un briciolo della verve e della vivacità di "Una mamma per amica", anzi, era piuttosto una brutta copia - del già brutto di suo - "Settimo cielo".
Ma per tornare sul binario della discussione precedente, arriviamo ora alla questione "mancanza di verità".
L'altra fastidiosa sensazione che ho avuto durante la lettura è che l'intento dell'autrice con questo libro fosse, non tanto quello di scrivere una "confessione" a cuore aperto ma, quello di vendersi bene.
Mi riferisco specialmente a come ci informa delle varie vicissitudini che hanno visto la pubblicazione del suo primo romanzo: "Un giorno forse".
Non so voi, ma io ho letto quel libro (trovate la recensione QUI), e quando la Graham ci confessa di come l'agente letteraria, Esther Newberg, abbia visto in quelle pagine un'opera di spessore, non adatta a case editrici che l'avrebbero pubblicato solo a scopo di lucro, dato che, parole sue - anche un blocchetto di appunti pubblicato da Lauren Graham avrebbe venduto, invece il suo romanzo era valido, valido davvero e meritava un trattamento di gran lunga migliore - mi sono fatta una sonora risata!
Perché dai, andiamo! "Un giorno, forse" è un romanzetto frivolo e sciocco come tanti altri che, se non avesse avuto la firma della Graham, non avrebbe di certo riscosso il successo che lo ha visto protagonista, e il primo posto nei Bestseller lo avrebbe visto solo nei sogni.
Ovviamente la Graham da brava attrice qual è - quindi ottima venditrice di se stessa - ci tiene ad informarci che il suo libro era degno di essere letto, che è stato al primo posto nelle classifiche più importanti, che è tutta opera di suo pugno e quindi, se ancora non l'avete letto, non sapete ciò che vi siete persi.
Inoltre, quale occasione migliore per scrivere e pubblicare questo libro se non ora, che è tornata sulla cresta dell'onda con il revival? 
Libro che, guarda un po', parla del revival e, non dimentichiamocelo, ci toglierà tante curiosità sulla serie e sui suoi retroscena!
Be' non sperateci troppo perché non lo farà. È solo una furba strategia di marketing.
Tutto negativo penserete voi, no non del tutto, in realtà anche in questo libro, come avevo fatto per il suo primo romanzo, ho apprezzato il modo di scrivere della Graham, le parole infinite che sgorgano dalla sua penna, lo humor, il sarcasmo, i discorsi che sembrano sempre non aver dove andare a parare fino a che non arrivano alla fine. Il suo stile, come lo chiamo io "alla Lorelai".
Pur lamentando la mancanza, almeno dal mio punto di vista, di una totale sincerità e limpidezza nel narrarsi, ho trovato molto carini i suoi aneddoti, e mentirei se dicessi che non mi ha strappato nessun sorriso.
Ah! Quasi dimenticavo! Una delle cose più preziose che ho trovato in queste pagine è il metodo del timer da cucina di Don Ross. Un metodo per mantenere la concentrazione e portare a termine i propri obbiettivi. Credo che lo utilizzerò. (Grazie Lauren per averlo reso noto).
Da questo libro, infine, veniamo a conoscenza che l'attrice, tra gli altri progetti che la vedono coinvolta, sta lavorando al suo secondo romanzo...
Bene! Continua a provarci Lauren, magari il prossimo sarà quello giusto! ^__<

Ringrazio la Sperling & Kupfer per avermi fornito una copia cartacea di questo libro.

il mio voto per questo libro 

venerdì 3 febbraio 2017

Recensione: "Il segreto di Black Rabbit Hall" di Eve Chase

Titolo: Il segreto di Black Rabbit Hall
Autore: Eve Chase
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 12 gennaio 2017
Pagine: 406
Prezzo: 19,00 € (cartaceo) 9,99 € (ebook) 


Trama:
Estate 1968, Cornovaglia. A Black Rabbit Hall, residenza di campagna della famiglia Alton, il tempo scorre lento e nessuno fa caso agli orologi. Amber e i suoi fratelli spendono la loro lunga estate tra gite nei boschi e passeggiate sulla spiaggia. Poi, all'improvviso, un temporale e un evento tragico, e niente è più come prima. 
Tre decenni più tardi Lorna arriva quasi per caso a Black Rabbit Hall. Nonostante l'aspetto decadente e sinistro della villa, desidera celebrare a tutti i costi le sue nozze in questo luogo magico, sentendosi in qualche modo legata al passato misterioso e tragico che ancora aleggia tra quelle mura e i boschi circostanti, e forse non sbaglia...

Recensione:
Black Rabbit Hall, una grande dimora signorile tramandata da secoli nella famiglia Alton, è il perno attorno al quale si sviluppa questo libro e la vita dei suoi protagonisti, in particolare Amber Alton e Lorna.
Trent'anni separano queste due esistenze, epoche diverse, diversi modi di fare, diverso il mondo che le accoglie, ma tante cose in comune, fra tutte Black Rabbit Hall.
Il racconto ha inizio nell'Aprile del 1968 quando, come ogni anno, la famiglia Alton abbandona la piovosa e tetra Londra per trascorrere le vacanze di Pasqua nella residenza di campagna di famiglia. In Cornovaglia.
È in occasione di questa prima visita a Black Rabbit che abbiamo modo di conoscere il nucleo familiare con tutti i suoi membri.
Mr. Alton e sua moglie Nancy, e i loro quattro figli i gemelli tredicenni Amber e Toby, il piccolo Barney di cinque anni, e la piccola di casa, Kitty.
Eve Chase ci presenta il perfetto ritratto di una famiglia unita, allegra e felice: due genitori innamorati, un marito devoto, una moglie gentile e allegra, e i loro quattro meravigliosi bambini.
Le giornate a Black Rabbit Hall scorrono lente, rilassate, sonnacchiose. I gesti si ripetono uguali a sempre ogni giorno: i giochi sulla spiaggia, le corse sull'erba alla ricerca dei conigli, le merende vicino al camino tutti insieme, le ore interminabili, bellissime. E come sempre quando si è in vacanza, il tempo si dilata in strani modi e induce a pensare che tutto possa restare così, perfetto per sempre. Ed è questo che pensano i bambini Alton: nulla potrà cambiare finché resteranno a Black Rabbit Hall, come se la casa fosse circondata da uno straordinario incantesimo a protezione di tutto ciò che la circonda.
Ma Black Rabbit Hall non è immune allo scorrere del tempo, e dovranno rendersene conto anche gli Alton quando, durante una notte di tempesta, una tragedia giungerà inattesa a spezzare l'incanto, mandando il loro mondo perfetto in mille frantumi.
A trent'anni di distanza Lorna è alla ricerca di un posto speciale per il suo matrimonio con Jon, e insieme, su una piccola Fiat rossa, i due percorrono le stradine della campagna della Cornovaglia sperando di arrivare alla casa perfetta, quella che Lorna, ricorda, visitava da bambina con sua madre.
Quando finalmente lei e Jon giungono sul posto, la donna sentirà subito uno strano e forte legame con la casa, di cui cercherà di trovare ragione indagando sul passato della dimora, su chi vi ha abitato precedentemente, interessandosi in particolar modo alle esistenze, così lontane nel tempo, di quei quattro bambini.
Il racconto procede così, in un continuo slalom tra passato e presente, tra ciò che era e ciò che è rimasto.
Eve Chase, in questo suo primo romanzo, unisce mirabilmente emozione e mistero, ci racconta di una famiglia e ci fa affezionare ad ogni suo componente, ci narra di una casa e ci fa desiderare di tornaci ogni  qual volta ci allontaniamo da essa. 
Ci fa entrare nella sua storia, la condisce di segreti che svela a poco a poco, ma soprattutto ci fa percepire quanto la felicità sia qualcosa di fragile e fuggevole e, perciò, prezioso. Black Rabbit Hall, nonostante tutto ciò che ha visto succedere all'interno dei suoi confini resterà questo: il simbolo di una felicità infantile e perfetta. 
Un libro carico di sentimenti che non mira tanto a stupire, ma ad emozionare.

Considerazioni:
Ci sono letture che ti appassionano, altre che ti fanno sognare, o evadere, altre ancora ci lasciano abbastanza indifferenti, e poi ci sono quelle che ti entrano dentro. "Black Rabbit Hall" ha fatto questo, ha preso il mio cuore e lo ha fatto a pezzetti e poi lo ha ricomposto con cura, facendolo tornare intero, apparentemente intatto, ma con visibili cicatrici.
Questo è anche quello che, purtroppo, succede alla famiglia Alton che, con grande tristezza, vediamo scomporsi sotto i nostri occhi.
È stato tristissimo leggere l'improvviso disfarsi di qualcosa di così perfetto e armonioso. Svegliarsi dal sogno ed essere catapultati, non nella semplice realtà, ma in un incubo. È stato scioccante e, da lettrice, mi sono immedesimata pienamente nello sconvolgimento emotivo che ha travolto il perfetto nucleo familiare.
Perché sì, la famiglia Alton, prima di quella maledetta tempesta, era perfetta, e non quella perfezione che si guarda con invidia, ma quella a cui si aspira, quella che ti ritrovi ad osservare sperando che tutto resti così, per sempre.
I due genitori Mr e Mrs Alton si amano moltissimo, e nonostante gli anni passati insieme - almeno quattordici data l'età dei due gemelli - continuano a guardarsi con amore, passione e profonda devozione.
Ho adorato il modo in cui Mr Alton contempla sua moglie seguendola sempre con lo sguardo, cercandola continuamente quasi sentisse il bisogno di averla sempre nel suo campo visivo.
Lei, Nancy Alton, è una presenza che evoca gioia e candore. Uno spirito vivace e moderno. Nancy è molto diversa dalle altre mamme, è avventurosa, caparbia, testarda, piena di gioia di vivere. Un personaggio di cui ci si innamora subito, una donna felice e gioiosa che regala e infonde allegria. È lei il perno della famiglia, la luce della casa.
Non ci si può stupire, quindi, pensando a quanto questa figura materna concentri su di sé le attenzioni e l'amore dei quattro figli. 
E loro, i piccoli di casa Alton, sono adorabili. Amber e Toby, i gemelli, sembrano appartenersi e completarsi. Sono uno il proseguo dell'altro. Legati da un legame speciale che solo loro possono capire. Barney è un birbante dolcissimo, uno spirito libero e selvaggio come sua madre. Ha un grande amore protettivo per tutti gli animali, in specie i conigli. Lui e la piccola Kitty sono i miei preferiti. Ho provato una gran tenerezza nel leggere di loro, così innocenti e puri, ancora troppo piccoli per comprendere l'asprezza della vita.
Avrei voluto leggere di tutti loro insieme, ancora e ancora, non credo mi sarei mai stancata.
Ma il per sempre non esiste e, anche se a Black Rabbit Hall il tempo sembra rallentare, dando l'illusione che, in quei giorni di profonda quiete e semplice felicità, non sarebbe mai potuto succedere niente di brutto o irrimediabile, invece accade.
E da lì, così come i protagonisti, anch'io ho capito che nulla sarebbe stato più come prima.
Black Rabbit Hall non sarebbe più stato un porto sicuro, non mi avrebbe più portato a leggere di quei pomeriggi estivi infiniti e spensierati, o dei divertenti siparietti familiari. 
Non avrei più letto di quella famiglia che in poche pagine ho subito amato, e soprattutto non avrei più letto di loro nel modo in cui ho amato leggerli: così semplicemente felici da rendere felici.
Quelle emozioni, che caratterizzano i primi capitoli, mutano improvvisamente e poi per i protagonisti diventa tutta una lotta per restare a galla senza affondare.
[ALLERTA SPOILER!!! Se non hai letto questo libro e hai intenzione di farlo fermati qui!]
La tragedia porta all'inevitabile cambiamento.
La vita degli Alton è costretta a fare i conti con il dolore di un lutto.
Con la morte di Mrs Alton gli equilibri familiari si sfaldano e i protagonisti si ritrovano ad affrontare la perdita ognuno a proprio modo.
Mr Alton si chiude nel suo dolore, diventa distante e non sarà più lo stesso. Lui è stato il personaggio che mi ha dato meno e dal quale sono rimasta più delusa. Lascia i figli a se stessi condannandoli alla perdita non solo di un genitore, ma di entrambi.
Amber è costretta a crescere in fretta, è la donna di casa e come tale fa del suo meglio per non far sentire troppo ai fratelli, soprattutto ai più piccoli, la mancanza della madre.
Toby è quello che reagisce peggio. Il suo dolere è incontenibile, quasi violento. 
Comincia a cambiare sin da subito, ma con l'arrivo a Black Rabbit di Caroline e di suo figlio Lucian, il dolore si trasforma in una rabbia sempre più intensa.
È qui che il divario tra lui ed Amber diventa sempre più grande e insormontabile.
Dove Toby è esageratamente aggressivo (anche se devo ammettere che la sua è stata la reazione che più ho compreso), Amber è eccessivamente accondiscendente e mansueta nei confronti della donna che sta, con tutta evidenza, cercando di sottrargli tutto, ricordi compresi.
Sono due eccessi: la quiete e la tempesta. Due modi di reagire agli antipodi che, se fusi, avrebbero probabilmente dato vita alla reazione più giusta.
Tuttavia, tra i due (anzi, fra tutti e quattro i fratelli), è Amber quella a cui mi sono affezionata meno. A Toby ho voluto bene, perché ho compreso il suo essere completamente impazzito dal dolore, l'ho sentito vero, sincero. Tra tutti è certamente quello che più mi ha fatto sentire lo strazio della perdita. 
È indubbiamente uno dei personaggi più belli e complessi del romanzo, con i suoi vaneggiamenti (o forse dovrei dire con le sue premonizioni), gli attacchi d'ira e quelli di panico, dovuti alla paura di restare solo.
Nonostante questo, però, non lo perdonerò mai per quello che ha fatto al povero coniglietto Old Harry.
Con quel gesto tremendo Toby, oltre ad aver fatto un atto orrendo verso un povero esserino innocente, ha preso ciò che restava del legame con i suoi fratelli e lo ha distrutto.
Ha spezzato il cuore al suo fratellino, ha frantumato la fiducia che il piccolo riponeva in lui, gli ha ucciso, non solo un amico, ma l'essere in cui Barney stava riversando il suo amore, guarendo piano piano dal lutto.
Il gesto di Toby è imperdonabile per tanti motivi, ma soprattutto perché ha dato più importanza alla vendetta, piuttosto che all'amore.
Per quanto riguarda la parte della storia rivolta al presente, l'ho trovata necessaria ai fini narrativi ma, a dire il vero, a me sarebbe anche bastato leggere solo del passato di Black Rabbit. Sarebbe già stato perfetto così.
Tuttavia, della parte del racconto che ha Lorna come protagonista, mi sono innamorata del momento in cui lei ritrova l'album fotografico della famiglia degli Alton.
In quel momento è stato come ritrovarli, ancora felici, ancora tutti insieme. La loro gioia immortalata per sempre in quegli scatti. Eterna come avrebbe dovuto essere. Eterna come ci si aspetta che sia la felicità.
È stato triste e bellissimo al tempo stesso.
Leggere questo libro, in fondo, è stato proprio come immergersi in un album di famiglia, entrare a passo leggero tra i ricordi, le gioie, i segreti e i dolori di qualcun altro.
Come ho già affermato nella recensione, credo che Eve Chase con questo suo romanzo non abbia mirato a stupire, ma ad emozionare.
Non sembra mai voler sbalordire con inaspettati colpi di scena: già da principio, ad esempio, ci fa intuire che l'armonia di cui leggiamo avrà vita breve, lasciando alcuni indizi che fanno fortemente sospettare che il dramma riguarderà la morte della madre.
In seguito ci prepara alla morte del piccolo Barney facendoci scoprire, su un tronco, l'incisione della sua data di vita e morte. Annuncia così, prima di raccontarlo, quello che è uno degli eventi più drammatici del libro, rinunciando al colpo di scena, preferendo invece destare curiosità.
Anche il mistero sulla vera identità delle origini di Lorna, arrivati ad un cero punto, era abbastanza palese, penso per chiunque. Quindi, anche in quel caso, dubito che la scrittrice abbia puntato al colpo di scena, però senza dubbio ha regalato sempre, e in modo meraviglioso, delle grandi emozioni.

Ringrazio la casa editrice Rizzoli per avermi fornito una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro

giovedì 2 febbraio 2017

Recensione: "Panna nel grande giardino" di Carlotta De Melas

Titolo: Panna nel grande giardino
Autore: Carlotta De Melas
Illustratore: Miss Cecip Art
Editore: Rapsodia Edizioni
Data di pubblicazione: 01 Dicembre 2016
Pagine: 40
Prezzo: 14,00 €(cartaceo)


Trama:
Chi è Panna?
È una bambina piccola, non solo di età: a occhio nudo nessuno la vedrebbe nel Grande Giardino, dove c’è la sua casa, un Tulipano Rosa.
Panna decide di andare alla ricerca di un regalo speciale per il compleanno della mamma. Ha tante idee…
Nella ricerca Panna si perde fra piante e fiori che non ha mai visto prima. Aiutati dalla squadra di colibrì e lucciole, i genitori ritrovano Panna.
Fra le braccia di Mamma e Papà, Panna parla della sua avventura e scopre qual è veramente il regalo speciale…

Recensione:
Quella di Panna è una storia graziosa rivolta ai più piccini.
Parla sostanzialmente di amore e di famiglia... e quella dei Romuà, pur essendo una famiglia di personcine minuscole che abitano un tulipano rosa, è molo simile a tutte le altre, così come Panna è una bimba molto simile ai ragazzini della sua età, che tutti conosciamo: odia la matematica, vuole molto bene alla mamma e al papà, è molto dolce, ma anche molto disobbediente!
Proprio a causa di questo suo piccolo difetto ha inizio l'avventura narrata in queste pagine.
Per trovare il regalo perfetto per il compleanno della sua mamma, Panna si avventurerà al di fuori del tulipano rosa e si ritroverà a girovagare tra i sentieri del grande giardino.
Qui incontrerà i suoi amici insetti, qualche consiglio e anche qualche brutto spavento.
A corredare la storia le illustrazioni di Miss Cecip Art (alcune molto carine), che rendono questo libriccino ancora più attraente per i giovani lettori. 
Inoltre, penso, troveranno carinissima la scoperta del trovare qua e là, disseminati tra le pagine, gli usi e le applicazioni delle piante utilizzate dalla piccola gente che, come i Romuà, abita un mondo microscopico, invisibile ai nostri occhi.
Questa trovata è importante per rendere il tutto più "reale" agli occhi dei più piccoli, che saranno così portati e guidati ad immaginare un mondo a misura di creature invisibili ad occhio nudo, e stimolerà di conseguenza la loro fantasia.
Per quanto riguarda la storia in sé per sé, questa non insegna niente di nuovo, però ricorda alcune cose che fa sempre bene tenere a mente, prima fra tutte che non importa quanto diverse siano le famiglie, le loro abitudini, le amicizie e il luogo in cui vivono, quello che le tiene unite è uguale per tutte: l'affetto reciproco e i caldi abbracci.
Inoltre, cosa non meno importante, rammenta di non chiedere mai consigli per i regali a grilli, coleotteri e libellule... sono tanto bravi a mettere idee in testa, ma non altrettanto abili a cercare soluzioni.

"Si abbracciano forte, con quegli abbracci in cui il cuore saltella su e giù e i respiri danzano dalla gioia. In cui si diventa una persona sola. Una grande persona, più grande di una quercia. Gli abbracci che profumano di casa, di latte caldo, di coperte, di libri di favole aperti sul comodino, di candele accese per illuminare un sorriso, di mani intrecciate come nodi perfetti, di baci sussurrati di mattina, di giorno e di sera."

Considerazioni:
Non ho molto altro da aggiungere a quanto detto sopra, devo solo fare un piccolo appunto alla casa editrice e a chiunque si sia occupato del retro copertina o della revisione dei testi: la parola "qual è", sul retro copertina, è stata scritta per ben due volte con l'apostrofo.
So che certe sviste possono capitare però, specialmente nei libri rivolti ai bambini, quindi a chi si trova in quella speciale fase della vita in cui sta imparando a scrivere e leggere correttamente, sarebbero da evitare.
Perché è proprio in quest'età che si sedimentano le certezze e si apprendono con più velocità le cose: sia quelle giuste, che quelle sbagliate.
Il ricordo di una parola scritta in maniera errata in un libro può diventare una certezza agli occhi di un bambino che potrebbe, poi, imparare a scriverla nel modo scorretto, perché: "è così che era scritta in quel libro".
Quindi raccomando maggiore attenzione e cura da questo punto di vista.
Un consiglio alle mamme e ai papà, alle zie e alle nonne: se avete intenzione di acquistare questo libro, o se lo avete già fatto, volgete la situazione in maniera costruttiva.
Fate notare al bambino l'errore, spiegategli perché è sbagliato e il modo corretto in cui la parola andrebbe scritta. 

Ringrazio l'autrice per avermi fornito una copia di questo libro

il mio voto per questo libro: