Titolo: Le anime bianche
Titolo originale: The White People
Autore: F. H. Burnett
Editore: Panesi Edizioni
Data di pubblicazione: 23 dicembre 2015
Pagine: 79
Prezzo: 1,99 € (ebook)
Trama:
Ysobel è una ragazzina timida e minuta che non ha mai conosciuto i genitori e vive, assieme ai tutori Jean Braidfute e Angus Macayre, in un castello dall'aspetto austero immerso nella desolata brughiera scozzese. Fin dall'infanzia, la bambina mostra di essere dotata di un "dono" che la rende diversa da tutti gli altri: ella ha il "potere di vedere oltre le cose" e di entrare in contatto con le anime dei defunti, ormai libere dalle sofferenze e dalle paure dell'esistenza.
Recensione:
Frances Hodgson Burnett con questo libro ci trasporta nelle misteriose e affascinanti atmosfere dei paesaggi della Scozia.
Tra gli abeti sottili e le ginestre color dell'oro si erge il maestoso castello di Muircarrie, residenza della piccola Ysobel, la quale, dopo aver perduto prematuramente i suoi genitori, trascorre la sua giovane esistenza, dividendosi tra gli scaffali della biblioteca che tanto ama, e le passeggiate nella brughiera coperta dalla nebbia.
Non ha amici, se non i due tutori, Angus e Jean. Non ha parenti, se non i lontani zii che le fanno visita di tanto in tanto.
Nessuno che le faccia compagnia, nessuno con cui trascorrere le giornate.
Dico che forse quest'avventura sarebbe potuta capitare soltanto a me perché, se
mi guardo indietro e osservo la mia vita, mi rendo conto che è sempre stata
alquanto bizzarra.
Quando anche chi si prendeva cura di me non riusciva a capire cosa stessi pensando, cominciai a chiedermi se fossi diversa da tutti gli altri bambini.
Naturalmente questa distanza era dovuta per lo più alla posizione del Castello di Muircarrie, il quale sorgeva in una regione talmente remota e impervia della Scozia che quando i pochi parenti che avevo si sentivano in dovere di venire a rendermi visita, il viaggio da Londra o dai piacevoli luoghi nel sud dell'Inghilterra appariva loro quasi come un pellegrinaggio verso una terra selvaggia; e quando una persona coscienziosa portava un bambino a giocare con me, la piccola creatura civilizzata aveva paura di me quanto io ne avevo di lei. La mia timidezza e il timore della sua stranezza ci rendevano entrambi stupidi.
Senza dubbio davo l'impressione di appartenere a una sorta di nuova specie di piccoli selvaggi inoffensivi, che non conoscevano altra lingua all'infuori della propria.
Quando anche chi si prendeva cura di me non riusciva a capire cosa stessi pensando, cominciai a chiedermi se fossi diversa da tutti gli altri bambini.
Naturalmente questa distanza era dovuta per lo più alla posizione del Castello di Muircarrie, il quale sorgeva in una regione talmente remota e impervia della Scozia che quando i pochi parenti che avevo si sentivano in dovere di venire a rendermi visita, il viaggio da Londra o dai piacevoli luoghi nel sud dell'Inghilterra appariva loro quasi come un pellegrinaggio verso una terra selvaggia; e quando una persona coscienziosa portava un bambino a giocare con me, la piccola creatura civilizzata aveva paura di me quanto io ne avevo di lei. La mia timidezza e il timore della sua stranezza ci rendevano entrambi stupidi.
Senza dubbio davo l'impressione di appartenere a una sorta di nuova specie di piccoli selvaggi inoffensivi, che non conoscevano altra lingua all'infuori della propria.
Eppure Ysobel è felice, nella campagna solitaria ha trovato la sua casa, nel silenzio l'amico fidato, nel fumo grigio, che tutto avvolge, il custode dei suoi segreti.
I giorni si susseguono l'uno dopo l'altro, senza grandi gioie e senza troppi scossoni, fino a quando, tra le colline, Ysobel incontra finalmente una bambina della sua età, Wee Brown Elspeth, la sua prima vera amica.
Il legame che si instaura tra le due ragazzine appare subito speciale. Non hanno bisogno di parole per capirsi, né di appuntamenti per incontrarsi.
Wee Elspeth è, agli occhi di Ysobel, diversa da tutti gli altri, un'anima pura, una creatura eterea e bellissima, unica nel suo genere.
I bambini che si divertono insieme non nutrono curiosità verso i propri compagni di giochi, e così fu per me.
Accolsi Wee Brown Elspeth in maniera semplice, con grande gioia.
In qualche modo sapevo che viveva felice in un luogo non molto lontano da quello in cui abitavo io. Sembrava che potesse andare e venire facilmente, senza fatica.
A volte la trovavo - o lei trovava me - nella brughiera; e spesso appariva nel vivaio del mio castello. Quando eravamo insieme, Jean Braidfute sembrava preferire che restassimo da sole, ed era incline a tenere occupata la bambinaia in altre parti dell'ala del castello in cui vivevo. Non le ho mai chiesto di farlo, ma mi faceva piacere, e anche Wee Elspeth ne era felice.
Dopo il nostro primo incontro si presentò vestita in morbidi abiti blu o bianchi, e la macchia rossa era sparita; tuttavia, si trattava sempre di Wee Brown Elspeth, la bambina con gli occhi da cerbiatta e il bel visino dalla carnagione chiara e un po' pallida.
Allo stesso modo in cui avevo notato l'insolito, chiaro pallore che contraddistingueva quei rozzi soldati, mi resi conto anche della sua curiosa bellezza. E dato che talvolta avevo visto in altre persone lo stesso tipo di candore, pensai che si trattasse di una speciale purezza di carnagione riservata solo ad alcuni, non a tutti. Io non ero così chiara, così come non lo era nessun'altra persona che conoscevo.
Accolsi Wee Brown Elspeth in maniera semplice, con grande gioia.
In qualche modo sapevo che viveva felice in un luogo non molto lontano da quello in cui abitavo io. Sembrava che potesse andare e venire facilmente, senza fatica.
A volte la trovavo - o lei trovava me - nella brughiera; e spesso appariva nel vivaio del mio castello. Quando eravamo insieme, Jean Braidfute sembrava preferire che restassimo da sole, ed era incline a tenere occupata la bambinaia in altre parti dell'ala del castello in cui vivevo. Non le ho mai chiesto di farlo, ma mi faceva piacere, e anche Wee Elspeth ne era felice.
Dopo il nostro primo incontro si presentò vestita in morbidi abiti blu o bianchi, e la macchia rossa era sparita; tuttavia, si trattava sempre di Wee Brown Elspeth, la bambina con gli occhi da cerbiatta e il bel visino dalla carnagione chiara e un po' pallida.
Allo stesso modo in cui avevo notato l'insolito, chiaro pallore che contraddistingueva quei rozzi soldati, mi resi conto anche della sua curiosa bellezza. E dato che talvolta avevo visto in altre persone lo stesso tipo di candore, pensai che si trattasse di una speciale purezza di carnagione riservata solo ad alcuni, non a tutti. Io non ero così chiara, così come non lo era nessun'altra persona che conoscevo.
Ma se Wee Elspeth riveste un ruolo importante nell'infanzia della nostra piccola protagonista, a far breccia nel suo cuore di giovane donna sarà invece uno scrittore dall'animo nobile, Hector MacNairn.
In lui troverà il complice di cui non sapeva neppure di aver bisogno, l'affetto e l'amore che per anni le era stato negato, una vera e propria nuova famiglia.
Solo lui sembra capirla fino in fondo, affascinato da tutti i suoi pensieri stravaganti, e da quelle che Ysobel definisce "le anime bianche"...
«Era uno di quei bei bambini che si vedono di tanto in tanto. I suoi tratti non ricordavano quelli della madre. Lei non gli assomigliava, non era affatto un'anima bianca, come lui.»
«Anima bianca?», ripeté lui molto lentamente, dopo di me. «Credete non fosse
caucasica, è questo che intendete dire, vero? Forse non capisco…»
Quel suo tono mi intimidì di nuovo. Naturalmente non poteva sapere quello che volevo dire. Che cosa sciocca da parte mia dare per scontato che l'avrebbe fatto!
«Vi chiedo perdono, l'ho dimenticato», dissi balbettando un po'. «È solo la mia maniera di riferirmi a quelle belle persone che si incontrano di tanto in tanto, quelle la cui bellezza sembra quasi evanescente. Non ce ne sono molte, naturalmente, ma non si può fare a meno di notarle quando camminano per strada o entrano in una stanza. Anche voi le avrete notate. Io le chiamo sempre, tra me e me, "anime bianche", perché sono diverse da noi. La povera madre non lo era, ma il bambino sì. Forse è per questo che ho guardato lui, all'inizio. Era un esserino così delizioso. Il suo candore lo faceva apparire fragile, e non ho potuto fare a meno di pensare…», esitai, perché mi sembrava quasi sgarbato finire.
«Ha pensato che se lei aveva appena perso un bambino avrebbe dovuto fare più attenzione all'altro», concluse al posto mio. C'era una profonda premura nel suo sguardo, come se mi stesse guardando dentro. Mi chiesi perché.
«Vorrei aver prestato maggiore attenzione alla piccola creatura», affermò, con molta delicatezza. «Ha pianto?»
«No», risposi. «Si è solo stretto a lei, ha accarezzato la manica nera e l'ha baciata, come se volesse confortarla. Mi aspettavo piangesse, ma non lo ha fatto. Ha fatto commuovere me, perché mi sembrava così sicuro di poterla consolare, se solo lei si fosse ricordata che era vivo e l'amava. Vorrei… vorrei che la morte non facesse sentire le persone come se svuotasse di senso tutto il mondo e ciò che resta… come se, quando arriva, non ci fosse più vita altrove. Il bambino che era vivo al suo fianco non sembrava vivo per lei. Non contava.»
Quel suo tono mi intimidì di nuovo. Naturalmente non poteva sapere quello che volevo dire. Che cosa sciocca da parte mia dare per scontato che l'avrebbe fatto!
«Vi chiedo perdono, l'ho dimenticato», dissi balbettando un po'. «È solo la mia maniera di riferirmi a quelle belle persone che si incontrano di tanto in tanto, quelle la cui bellezza sembra quasi evanescente. Non ce ne sono molte, naturalmente, ma non si può fare a meno di notarle quando camminano per strada o entrano in una stanza. Anche voi le avrete notate. Io le chiamo sempre, tra me e me, "anime bianche", perché sono diverse da noi. La povera madre non lo era, ma il bambino sì. Forse è per questo che ho guardato lui, all'inizio. Era un esserino così delizioso. Il suo candore lo faceva apparire fragile, e non ho potuto fare a meno di pensare…», esitai, perché mi sembrava quasi sgarbato finire.
«Ha pensato che se lei aveva appena perso un bambino avrebbe dovuto fare più attenzione all'altro», concluse al posto mio. C'era una profonda premura nel suo sguardo, come se mi stesse guardando dentro. Mi chiesi perché.
«Vorrei aver prestato maggiore attenzione alla piccola creatura», affermò, con molta delicatezza. «Ha pianto?»
«No», risposi. «Si è solo stretto a lei, ha accarezzato la manica nera e l'ha baciata, come se volesse confortarla. Mi aspettavo piangesse, ma non lo ha fatto. Ha fatto commuovere me, perché mi sembrava così sicuro di poterla consolare, se solo lei si fosse ricordata che era vivo e l'amava. Vorrei… vorrei che la morte non facesse sentire le persone come se svuotasse di senso tutto il mondo e ciò che resta… come se, quando arriva, non ci fosse più vita altrove. Il bambino che era vivo al suo fianco non sembrava vivo per lei. Non contava.»
Il rapporto che lega Ysobel ad Hector non ha nulla del tipico rapporto uomo-donna. La loro intesa è dapprima intellettiva, poi affettiva.
Non vi è banalità nei loro discorsi, ma una stessa visione del mondo, della vita e della morte.
In più l'amore per la Scozia, per le lande desolate e i castelli abbandonati, che entrambi condividono, non fanno che rimarcare ulteriormente quella che è senza dubbio un'affinità elettiva.
Il modo con cui la Burnett descrive la loro relazione, è solo uno degli elementi che rende il libro diverso da tanti altri.
Non le solite storie d'amore basate su una forte attrazione fisica, non la solita protagonista, e non la solita trama.
Ysobel è una giovane donna che non ha paura di nulla, neppure dell'ignoto. È forte e decisa, non teme la solitudine né nessun'altra cosa.
È portatrice di un dono, pur non essendone consapevole. Sa leggere l'animo umano e comunicare con chi non può più proferire parola. Lei è il tramite fra due mondi che paiono non aver più nulla in comune.
La concezione dell'aldilà e delle cosiddette "anime bianche" è del tutto nuova e diversa da quello a cui siamo abituati. Non c'è nulla di spaventoso o crudele nella morte ma solo un naturale corso delle cose. I fantasmi non sono crudeli e vendicativi, né spiriti tormentati.
Tutto il racconto è intriso di filosofia, religione e superstizione, ed è proprio questa commistione di argomentazioni apparentemente inconciliabili, a rendere affascinante e appassionante il lavoro della celebre scrittrice inglese.
Un ruolo fondamentale lo giocano senza dubbio anche le suggestive descrizioni della brughiera avvolta nella nebbia, che creano una meravigliosa cornice per una vicenda fuori dal comune.
Un perfetto connubio tra poesia, mistero, erudizione e spiritualità che non potrà che conquistare i lettori.
Considerazioni:
Ho conosciuto questa scrittrice molti anni fa e non ci ho messo molto ad amarla.
Sono cresciuta con alcuni dei suoi più noti capolavori.
Sara Crewe, la protagonista de "La piccola principessa" e Mary Lennox de "Il giardino segreto" sono state le mie prime amiche letterarie.
Per questo, non appena mi è stata offerta la possibilità di leggere questo lavoro ancora inedito in Italia, non ci ho pensato due volte.
In realtà "Le anime bianche" ha molti punti in comune con i precedenti romanzi ma anche alcune caratteristiche che lo discostano molto da essi.
Ciò che rimane immutabile ed ineguagliabile è lo stile della Burnett che ho sempre adorato.
Le descrizioni così dettagliate, l'attenzione prestata ad ogni particolare, sia della scena, che della postura, della mimica e delle espressioni dei personaggi, rendono una qualsiasi sua pagina un vero e proprio capolavoro.
Indipendentemente dalla trama o dai protagonisti, posso dire che, già solo per il modo in cui è scritto, questo libro meriterebbe di essere letto.
Quello che invece fa di questo breve romanzo qualcosa di diametralmente opposto a tutto ciò che la Burnett aveva realizzato in precedenza, è proprio la tematica, che sceglie di puntare l'attenzione sul mondo ultraterreno.
La vicenda poi ha il pregio di essere ben calibrata, in quanto riesce a creare un confine sottile tra scienza e magia, tra razionalità ed inspiegabile.
Altra cosa che ho apprezzato molto è l'idea dell'amore vissuto più come affettività tra due anime affini, che come mera attrazione fisica.
E che dire poi della scelta della Scozia come scenario? Come immaginerete, più mi immergevo nella lettura, e più ero tentata di prenotare un biglietto di sola andata per la patria del whisky.
Unica pecca, devo ammetterlo, è la copertina, così dilettantesca da sembrare il risultato di un pessimo lavoro di photoshop da parte di un autore emergente.
Se l'avessi scorta per caso, non avrei di certo pensato ad un'opera di una celebre scrittrice ma piuttosto ad un romanzo autopubblicato.
Per fortuna questo piccolo particolare (non di scarsa importanza) non inficia affatto il valore di queste meravigliose pagine.
Per concludere non posso che consigliare questo libro a tutti coloro che desiderano viaggiare nel tempo e nello spazio, per inoltrarsi in un luogo sperduto e in un passato custode di memorie e misteri.
Ringrazio la traduttrice Annarita Tranfici per avermi inviato una copia di questo romanzo
il mio voto per questo libro