martedì 6 settembre 2016

Recensione: "Dentro soffia il vento" di Francesca Diotallevi

Titolo: Dentro soffia il vento
Autore: Francesca Diotallevi
Editore: Neri Pozza
Data di pubblicazione: 5 Maggio 2016
Pagine: 222
Prezzo:  16,00 € (ebook)  9,99 € (ebook) 


Trama:
In un avvallamento tra due montagne della Val d’Aosta, al tempo della Grande Guerra, sorge il borgo di Saint Rhémy: un piccolo gruppo di case affastellate le une sulle altre, in mezzo alle quali spunta uno sparuto campanile.
Al calare della sera, da una di quelle case, con il volto opportunamente protetto dall’oscurità, qualche «anima pia» esce a volte per avventurarsi nel bosco e andare a bussare alla porta di un capanno dove vive Fiamma, una ragazza dai capelli così rossi che sembrano guizzare come lingue di fuoco in un camino.
Come faceva sua madre quand’era ancora in vita, Fiamma prepara decotti per curare ogni malanno: asma, reumatismi, cattiva digestione, insonnia, infezioni… Infusi d’erbe che, in bocca alla gente del borgo diventano «pozioni » approntate da una «strega» che ha venduto l’anima al diavolo. 
Così, mentre al calare delle ombre gli abitanti di Saint Rhémy compaiono furtivi alla sua porta, alla luce del sole si segnano al passaggio della ragazza ed evitano persino di guardarla negli occhi.
Il piccolo e inospitale capanno e il bosco sono perciò l’unica realtà che Fiamma conosce, l’unico luogo in cui si sente al sicuro. La solitudine, però, a volte le pesa addosso come un macigno, soprattutto da quando Raphaël Rosset se n’è andato.
Era inaspettatamente comparso un giorno al suo cospetto, Raphaël, quando era ancora un bambino sparuto, con una folta matassa di capelli biondi come il grano e una spruzzata di lentiggini sul naso a patata. Le aveva parlato normalmente, come si fa tra ragazzi ed era diventato col tempo il suo migliore e unico amico. Poi, a ventuno anni, in un giorno di sole era partito per la guerra con il sorriso stampato sul volto e la penna di corvo ben lucida sul cappello, e non era più tornato. Ora, ogni sera alla stessa ora, Fiamma si spinge al limitare del bosco, fino alla fattoria dei Rosset. Prima di scomparire inghiottita dal buio della notte, se ne sta a guardare a lungo la casa dove, in preda ai sensi di colpa per non essere andato lui in guerra, si aggira sconsolato Yann, il fratello zoppo di Raphaël… il fratello che la odia.

Recensione:
"Dentro soffia il vento" è costruito come un romanzo corale a tre voci dove i protagonisti raccontano frammenti della storia, ciascuno dal proprio punto di vista.
Il timido e insicuro reverendo Agape, il testardo e cocciuto Yann Rosset e la selvaggia e sfuggente Fiamma sono le tre voci narranti del romanzo.
Tramite i loro resoconti, i loro sentimenti e, a volte, pregiudizi veniamo invitati ad entrare nella sperduta realtà di Saint Rhémy, un piccolo villaggio della Val d'Aosta custodito come un tesoro tra le vette delle montagne. 
Sin dal primo capitolo, tramite il racconto del reverendo Agape, siamo trasportati in un tempo lontano, in un paesino chiuso e ostile dove l'animo dei suoi abitanti pare essersi formato e temprato per poter sopravvivere a quelle montagne e ai loro rigidi inverni.
Gli abitanti di Saint Rhémy, lo comprendiamo presto, non sono cambiati negli anni (già avevamo un po' imparato a conoscerli nel prequel "Le Grand Diable"), i loro caratteri sono solidi e irremovibili, i punti di vista fermi e chiusi, le condanne improrogabili. Non c'è beneficio del dubbio, non c'è possibilità di redenzione.
Fiamma lo sa bene, la ragazza, pur non conoscendone il motivo, ha sempre vissuto da emarginata, additata e insultata solo perché diversa, solitaria e sconosciuta.
Saint Rhémy dimostra, con la cattiveria, tutta la paura verso l'ignoto, il diverso e ciò che non si desidera conoscere. 
L'ignoranza, espressa nel rifiuto, è fomentata da colui che dovrebbe rappresentare la guida spirituale del paesino, il vecchio e arcigno Don Jacques, che non invita all'abbraccio come ci si aspetterebbe da un uomo di chiesa, bensì incita all'allontanamento di chiunque si discosti dalla retta via.
Il romanzo evidenzia pregiudizi che possono apparirci così ridicoli e così lontani, eppure, soprattutto al giorno d'oggi, ci appartengono più che mai.
La piccola realtà che racconta la Diotallevi, in queste pagine, è un riflesso che rimanda all'un tempo a ciò che eravamo e a ciò che purtroppo ancora siamo.
La storia di Fiamma, seppur incantevole, magica, struggente e affascinante non è che il pretesto per spingerci a deridere e disapprovare i nostri stessi comportamenti, modi di fare che, nonostante lo scorrere del tempo, il genere umano non cessa di ripetere.
Il romanzo però non racconta solo di rancore e di animi bigotti e severi, parla soprattutto delle varie sfaccettature dell'amore.
Il tenero e inossidabile legame che esiste tra una madre e una figlia, cresciute essendo l'una il mondo dell'altra.
La premurosa e sincera amicizia nata tra due bambini che non conoscono odio e malizia. Animi innocenti che non vedono nelle differenze, degli ostacoli, ma delle qualità.
La dolce perseveranza che porta un animale selvaggio a farsi addomesticare da chi merita la sua fiducia.
La contraddittoria e inaspettata passione nata tra chi si è sempre dichiarato guerra...
Probabilmente non comprenderò mai la natura dell'amore tra Fiamma e Yann, come non comprenderò mai tante cose in questa storia.
Ma non è necessario comprendere totalmente qualcosa per riuscire ad apprezzarlo.

"La sua pelle non la potevo dimenticare. Mi si era impressa addosso, e non riuscivo a scrollarla via. Ci avevo provato a odiarlo. Lui, in fondo, mi odiava con facilità. Ma ogni tentativo era vano. L'odio tornava da me trasformato in amore, come quei cani che, anche se li si scaccia a calci, non smettono di scodinzolare, le orecchie basse e lo sguardo fiducioso."

Considerazioni:
Se non hai letto questo romanzo e hai intenzione di farlo fermati qui!
Ci sono moltissime cose che ho amato in questo romanzo, la trama, l'ambientazione, le meravigliose immagini e sensazioni evocate durante la lettura, la poesia delle descrizioni, e tanto altro ancora... ma come dicevo poc'anzi ci sono alcune cose che in questa storia non mi sono totalmente andate giù, e qui posso finalmente sviscerare tutte le mie perplessità... 
Fiamma è un personaggio complesso, non posso dire di averla apprezzata totalmente e nemmeno di aver condiviso e compreso tutti i suoi comportamenti. 
Lo stesso discorso vale per quasi tutti i protagonisti di queste pagine. Sono personalità contraddittorie e incoerenti, si comportano in un determinato modo senza essere consapevoli del perché delle loro azioni.
Gli abitanti di Saint Rhémy, ad esempio, non mancano mai, in ogni occasione, di manifestare l'odio, la paura e l'ostilità che nutrono dei confronti della ragazza dalla chioma ramata, eppure, non smettono di ricorrere a lei nel momento del bisogno, per cure e medicamenti. 
Dimostrano quindi, in questo modo, di non aver di fatto, nessun reale timore riguardo le intenzioni della ragazza che, se avesse voluto, avrebbe potuto facilmente nuocere alla loro salute consegnando un intruglio nocivo, anziché curativo.
La loro, dunque, resta solo una ritrosia messa in atto per partito preso.
Anche quando, più volte, affermano di temerla definendola "la figlia del demonio" non lo fanno perché realmente condizionati da stupide superstizioni, infatti, lo scopriamo solo alla fine, tutti in paese conoscono la vera identità del padre di Fiamma. 
Non ho perciò concepito il loro comportamento, che avrei in qualche modo giustificato se si fosse trattato di un popolo bigotto, chiuso e ignorante, soggiogato dal timore e dalla suggestione di antiche credenze ma, in questo caso, la loro cattiveria non ha nessun senso.
Come non ha senso l'odio che Yann Rosset rivolge alla reietta dei boschi.
È vero che gli uomini sono esseri contraddittori e incoerenti, ma l'odio, la paura, e la reticenza, pure se razionalmente ingiustificati, hanno sempre una ragione, per quanto assurda.
Qui non ve ne è nessuna. 
Yann, per anni, si convince di odiare Fiamma perché attribuisce a lei la causa della sua disabilità. Avrebbe dovuto odiare se stesso, odiare la neve, le montagne tanto amate, o al massimo riservare il suo rancore a Vivienne, la madre di Fiamma, che lo ha curato salvandogli la vita, ma rendendolo zoppo. Tutto questo sarebbe stato plausibile. 
Ma perché odiare Fiamma? Una bambina che non ha fatto altro che stringergli la mano mentre era moribondo e febbricitante? 
L'odio che nutre e cresce in lui fino ad avvelenarlo e condizionarlo è dato dalla combinazione di risentimento e gelosia.
Entrambi sentimenti a cui personalmente non riesco a trovare giustificazione, nemmeno volendo.
Al risentimento perché, ripeto, non è stata la mano di Fiamma che lo ha salvato dalla morte riservandogli una vita da menomato, bensì quella di Vivienne...
Alla gelosia perché non riesco francamente a concepire l'amore nato (e represso) fra i due.
Non capisco quando Yann possa essersi innamorato di Fiamma, non avendole mai parlato, non avendola mai conosciuta e non avendo nutrito nessuna curiosità nel farlo prima dell'incidente e, meno che mai, dopo.
Ma ancor più non riesco a comprendere come Fiamma abbia potuto innamorarsi di Yann Rosset!
Ed è proprio per questo che il personaggio della giovane ragazza, che ho tanto apprezzato nell'idea che ci veniva abbozzata di lei nel prequel "Le Grand Diable", e che viene poi raccontato qui, mi è alla fine scaduta.
Non solo perché non ho più potuto riconoscermi in lei, ma anche perché non comprendendone i comportamenti ho smesso di stimarla. Non del tutto, ma sicuramente in buona parte.
La ragazza caparbia, forte e dolce, tanto bisognosa di affetto, ma altrettanto fiera e orgogliosa da impedirsi di chiederlo a chi non glielo offre spontaneamente, si rivela, poi, la solita sciocca protagonista che siamo soliti vedere nei romanzetti rosa più scadenti.
Quella che si innamora del bell'imbusto che la maltratta senza ragione.
Come può Fiamma essersi innamorata di Yann? Io non lo comprendo, probabilmente perché è una cosa che non potrebbe mai appartenermi, ma anche perché, pensando al vissuto del personaggio, mi risulta davvero difficile pensare a questa come ad una eventualità possibile e credibile.
Fiamma, una ragazza emarginata, denigrata da chiunque, e insultata senza motivo da più o meno tutti gli abitanti del paese, si va ad innamorare proprio di uno di loro.
Uno dei tanti che non le ha mai rivolto una parola o un gesto gentile, se non un'accusa, una minaccia o un improperio.
Allora perché proprio lui? A questo punto avrebbe potuto amarli tutti!
Sarebbe stato sicuramente più verosimile se la ragazza si fosse innamorata dell'unica persona che le è stata accanto: Raphaël.
Come un animale maltrattato, seppur con diffidenza, si "innamora" di colui che per primo se ne prende cura.
Ma non ho mai sperato in questa coppia, già dal prequel avevo intuito che l'intenzione della scrittrice era quella di far avvicinare Fiamma al Rosset più ostile a lei.
Però mi aspettavo un avvicinamento più credibile. Questo sì.
E scoprire il contrario mi ha un po' deluso.
Immaginavo che tra i due sarebbe scoccato l'amore, ma mi sarebbe piaciuto assistervi, mi sarebbe piaciuto vederlo nascere piano piano, vedere i protagonisti stupirsi essi stessi dell'improvviso cambio di direzione dei loro sentimenti.
Mi sarebbe piaciuto comprenderlo, mi sarebbe piaciuto credergli.
E purtroppo no, non ci ho creduto minimamente.
Così - come dicevo - Fiamma mi ha deluso, mi sono ritrovata a non stimarla più come prima, e a non riuscire più ad immedesimarmi in lei.
Però questo capita, capita di essere delusi dalle persone, nessuno al mondo può comportarsi esattamente come noi vorremmo o faremmo, spesso anche noi stessi veniamo meno alle nostre parole.
Attenzione però, non ritengo questo un punto a sfavore del romanzo, anche perché se dovessi basare il mio giudizio, riguardo ai libri che ho letto, sul carattere dei protagonisti, non potrei mai ritenere "Cime tempestose" un capolavoro. E invece lo faccio.
E anche questo romanzo, come quello di Emily Brontë, è costellato da personaggi che agiscono fuori da ogni logica e buonsenso.
Sono cattivi, ottusi, ignoranti e bigotti, ma il bello è che lo sono senza alcuna ragione. Il loro astio non ha motivo di esistere, e nemmeno loro saprebbero spiegarlo.
Anche Raphaël, tanto puro e generoso, ha la sua caduta di stile, il suo momento di mancanza di lucidità in cui anch'egli come tutti gli altri, si ritrova a scacciare e maltrattare l'anima selvaggia che con tanta pazienza aveva addomesticato.
L'unico personaggio che invece ha uno sviluppo positivo e che mi sono ritrovata ad apprezzare sempre di più è il reverendo Agape. Da timoroso, insicuro e indeciso qual era, troppo educato e soggiogato dall'autorità per prendere posizione, subisce la trasformazione e la crescita più evidente. Si fa rispettare, combatte per ciò che ritiene giusto. Prende coraggio e lotta. 

il mio voto per questo libro

1 commento:

  1. Ciao Muriomu è tanto che non riuscivo a passare da te .......
    Eccomi qui - Sembra carinissimo questo libro !
    VIsto che sono passata a trovarti ho anche votato il tuo blog in Net Parade. Spero che, quando puoi, tu voglia darmi un voto in Net Parade per il Rifugio.
    Buona serata e migliore fine settimana in arrivo.

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