venerdì 22 settembre 2017

Recensione: "La casa senza specchi" di Marten Sandén

Titolo: La casa senza specchi
Titolo originale: Ett hus utan speglar
Autore: Marten Sandén
Illustrazioni: Moa Schulman
Editore: Rizzoli
Data di pubblicazione: 14 settembre 2017
Pagine: 205
Prezzo: 16,00 € (cartaceo) 7,99 € (ebook)

Trama:
Thomasine vive da mesi nella grande casa di Henrietta, dove ci sono tante camere e lunghi corridoi, ma nemmeno uno specchio. Suo padre passa le giornate al capezzale dell'anziana prozia malata, mentre lei gira per la casa con i cugini: la piccola Signe, l'odioso Erland, e Wilma, più grande, che fa la prima superiore e ha due anni più di Thomasine.
Un giorno Signe scopre che gli specchi di casa sono tutti ammucchiati nell'armadio di una stanza ottagonale. Thomasine e Signe ci entrano insieme, chiudono l'anta alle loro spalle e... quando ne escono, si ritrovano in una casa che è uguale e diversa al tempo stesso. Di cosa si tratta? E chi è quella ragazzina, Hetty, vestita alla marinara?
Ciò che i cugini scoprono non è affatto un altro mondo. Può far paura, a tratti, ma li aiuterà in un modo che non avrebbero mai creduto possibile. 

Recensione:
Una casa enorme, infinitamente grande per le poche persone che vivono al suo interno, è il teatro in cui si muovono Thomasine e i componenti della sua sgangherata famiglia. 
Una famiglia un tempo unita, allegra e felice che, con lo scorrere del tempo, si è allontanata.
I legami, quei fili invisibili e apparentemente invincibili che uniscono le persone, si sono, come capita in numerose storie di altrettante famiglie, logorati e spezzati. I rapporti si sono raffreddati, la vita con i suoi contrattempi e le sue disgrazie è intervenuta e ha, via via, allentato i fili di quell'intreccio bellissimo, che pareva essere creato per durare per sempre, per resistere al tempo.
Come l'enorme dimora che li ha accolti di generazione in generazione, mostrando crepe sempre più profonde, perdendo lo smalto, sbiadendo nei colori, mostrando ruggini e ragnatele sempre nuove, i legami si spezzano e tutto resta sospeso, nel ricordo di ciò che era, di ciò che sarebbe potuto essere, e di ciò che invece è.
Ora quei pezzi frammentati sono tutti lì, riuniti sotto lo stesso tetto, per assistere e vegliare su Henrietta, la prozia malata che, piano piano, si sta spegnendo nel suo letto, accomiatandosi da una vita ricca e lunga.
E mentre una vita si spegne le altre continuano a scorrere, o almeno tentano di trovare un modo per andare avanti, anche se non sempre è quello giusto.
Thomas, ad esempio, il padre di Thomasine, trascorre le sue giornate al capezzale di Henrietta, non se ne distacca mai, se non per brevi momenti, quasi come volesse espiare una colpa.
Thomasine non si capacita di come suo padre sia diventato un uomo così triste e malinconico, ma sa bene come tutto è iniziato, una tragedia, la disgrazia che anni prima ha colpito la sua famiglia, lo ha distrutto, facendolo entrare in un buco nero dal quale non è più riuscito ad uscire.
Suo zio Daniel, un tempo allegro e sorridente, come del resto lo era suo padre, è divenuto il riflesso sbiadito e contorto di ciò che era. Distaccato, freddo, saccente, distante dai suoi stessi figli, che hanno reagito a tanta indifferenza diventando, chi crudele e prepotente come nel caso di Erland, chi chiudendosi in un timoroso mutismo come nel caso della piccola Signe.
Anche zia Kajsa e la cugina Wilma hanno un rapporto burrascoso. La madre completamente assorbita dai problemi economici, e sua figlia che non riesce a far pace con il suo aspetto fisico, considerandosi brutta a grassa.
Tutti troppo presi da se stessi, o dai propri crucci, si isolano, si discostano così tanto da diventare quasi estranei gli uni per gli altri.
Ma la casa della prozia Henrietta svela un segreto, un segreto che metterà tutti, uno per uno, faccia a faccia con la realtà. Li costringerà a guardarsi allo specchio, scrutarsi dentro e scoprirsi, forse per la prima volta, con i propri pregi e difetti.
Osservarsi da vicino e capire chi si è, cosa si è diventati, e cosa li ha portati a quel punto: gli errori, gli sbagli, e poi migliorare in qualche caso, o semplicemente perdonarsi.
Marten Sandén scrive quella che solo apparentemente può sembrare una favola alla "Alice attraverso lo specchio", ma in realtà non c'è niente di strano, assurdo o grottesco in queste pagine. Tutt'altro, ne "La casa senza specchi" la fantasia è solo un pretesto, una metafora, per un romanzo che parla essenzialmente di nascita, di vita, e di morte, perché, come dice la stessa Thomasine, sono queste le storie che vale davvero la pena leggere.
E vale davvero la pena leggere questo libro, in cui troverete emozioni familiari perché sono e saranno anche le vostre. Pensieri che accomunano tutti, ma che fa sempre un certo effetto vedere stampati nero su bianco.
Leggendolo penserete ai tempi andati, a ciò che il tempo vi ha dato e poi portato via, a quello che è stato e non tornerà più, ai rimpianti, alle occasioni perse, a quell'abbraccio non dato quando ancora si era in tempo.
Probabilmente vi farà piangere, sicuramente vi farà emozionare.

Considerazioni:
Leggendo la trama di questo libro potrete essere ingannati e portati a pensare che si tratti di una storiella per bambini, probabilmente carina, ma nulla di più.
Be' sbagliereste. Io stessa sbagliavo nel pensarlo.
"La casa senza specchi" mi ha attirato per la deliziosa copertina, l'interno curatissimo (lo avevo adocchiato sulla pagina Instagram della casa editrice), e la trama che, a una veloce lettura, mi era parsa curiosa e particolare.
Pensavo di ritrovarmi a leggere una storia leggera, una favola con un bel risvolto morale magari, ma mai mi sarei aspettata che queste pagine mi avrebbero colpito ed emozionato così come hanno fatto.
Il libro, che parte come una storia di fantasia, si rivela poi come un vero e proprio specchio dei nostri più intimi pensieri.
Almeno così è stato per me. Leggerlo è stato un po' come guardarmi dentro e vedere i miei pensieri messi lì, nero su bianco.
Soffermarsi a riflettere sul tempo che passa, sulle cose che mutano spesso irrimediabilmente, credo sia qualcosa che angosci un po' tutti.
Chi non ha mai pensato che, in alcuni momenti tanto perfetti, avrebbe voluto fermare il tempo? Bloccare un'istante felice affinché durasse più a lungo e non fuggisse via, scansato e portato via dalla successione dei secondi, dei minuti, delle ore, dei giorni, dei mesi e degli anni.
Chi non sente il magone nel rivedersi in foto piccolo, spensierato e sorridente nell'abbraccio dei suoi genitori? Chi non ha mai desiderato tornare indietro nel tempo, magari solo per rivivere un momento o cambiare qualcosa?
Chiunque. Ecco perché questo libro tocca le corde del cuore.
Con me lo ha fatto in un modo del tutto inaspettato, e feroce.
Mi ha messo davanti a tutti quei pensieri che di tanto in tanto mi tengono sveglia di notte. Eccoli lì, tutti insieme, pronti a farmi sentire una briciola nell'immensità dell'esistenza. Una piccola insignificante vita, in un mare di vite che si accendono e spengono ogni minuto, senza che poi cambi davvero qualcosa.
Il tuo mondo viene distrutto eppure continua a girare ignorando qualsiasi umano dolore.
Le persone vanno e vengono e ne restano solo i ricordi, album di fotografie che in poche pagine racchiudono riassunti di vite.
E io sono una di quelle persone che pensa sempre che dovrebbe scattare più foto, immortalare più momenti, ma che, inevitabilmente, non mantiene mai la parola.
E il pensiero che mi tormenta è sempre quello: cosa mi resterà un giorno? Cosa resterà di me in questo mondo quando io non ci sarò più? 
Probabilmente è per questo che leggere di Henrietta e dei suoi album di ricordi mi ha colpita così nel profondo.

Ho continuato a mettere in ordine ancora un po', poi però mi sono stancata e ho aperto un album che Hetty aveva appena finito di riempire. All'inizio l'ho sfogliato meccanicamente, ma dopo un po' qualcosa mi ha fatto smettere. Sono tornata indietro e ho guardato con più attenzione, e allora ho visto che erano gli stessi volti che si ripetevano pagina dopo pagina, sempre in versioni nuove. Soprattutto i più giovani cambiavano così tanto in un paio d'anni che dovevo controllare il nome scritto sotto per essere certa che fosse la stessa persona. Andavano in campagna ad accarezzare le mucche o al luna park di Gröna Lund. Passavano gli esami e si diplomavano. 
Si sposavano oppure partivano al militare, diventavano genitori, si trasferivano, viaggiavano.
Vivevano. 
Ho avuto la sensazione di cadere realizzando che quelle che sfogliavo erano vite umane. Solo minuscoli frammenti di ognuna, certo, ma comunque reali. 
Reali quanto la mia.

La fotografia, l'unica di noi tutti insieme: mamma e papà una accanto all'altro, più giovani, e io con Martin in braccio. I nostri sorrisi così ampi da farmi male. 
Allora, nel centesimo di secondo in cui la fotografia era stata scattata, avevamo creduto che saremmo stati felici per sempre.

Era già successo con "Il segreto di Black Rabbit Hall" un altro romanzo che ho adorato, e che leggendo queste pagine mi è tornato in mente.
Mi sono dilungata, dicendovi tante cose, ma parlandovi poco del libro in realtà, ma è bene così. 
Questo è un romanzo che comunica attraverso le emozioni che regala, quindi lascio a voi il compito di riflettervi nei suoi specchi e scoprire le vostre.

Ringrazio la Rizzoli per avermi omaggiato di una copia cartacea di questo libro

il mio voto per questo libro 

6 commenti:

  1. Ciao! In effetti sembra un libro proprio carino *_*

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  2. Sembra un libro molto carino! e la cover è uno spettacolo! :)

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  3. Ho già adocchiato questo libro grazie alla cover, ma no ero molto convinta sulla trama, però dopo aver letto la tua recensione mi sono decisa a leggerlo. Lo aggiungo subito alla TbR.

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  4. Non lo stavo attenzionando ma dopo la tua recensione lo farò certamente! ^^

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  5. Che strana la trama di questo libro, mi sembra interessante

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