Salve avventori!
Oggi per il Review Party dedicato a questo splendido volume curato da Otto Penzler, recensirò per voi alcuni dei racconti che sono racchiusi al suo interno.
Per conoscerli tutti, passate oggi, e nei prossimi giorni, sui blog delle mie colleghe, che trovate nel banner qui sotto.
Titolo: Il grande libro dei racconti di Sherlock Holmes
A cura: Otto Penzler
Editore: Oscar Mondadori
Data di pubblicazione: 27 ottobre 2020
Pagine: 1008
Prezzo: 28,00 €
Sherlock Holmes, come scrive Otto Penzler, che firma l’introduzione di questo meraviglioso volume, è considerato una delle tre persone più famose mai vissute, assieme a Gesù Cristo e al più grande escapologo della storia, Harry Houdini.
Ed è davvero difficile negare la veridicità della sua esistenza quando quasi chiunque al mondo conosce il suo aspetto, le sue manie e le sue avventure.
Quella che vi presento in questo post è la più voluminosa selezione di parodie e di pastiche su Sherlock Holmes mai raccolta in un’antologia.
Per facilitare il lettore nel destreggiarsi in questo volume, così corposo, i racconti sono stati suddivisi in varie categorie, in cui si possono trovare storie di tutto rispetto, scritte da grandi firme della letteratura, ma, allo stesso tempo, anche piccole e assurde parodie.
Per questo Review Party, io mi occuperò della recensione dei racconti contenuti nelle seguenti categorie:
Fin dall’inizio
Holmesless
Non di questo mondo
Ognuna di esse contiene in sé racconti che hanno un fattore comune.
"Fin dall'inizio" racchiude le prime parodie e racconti scritti da altri autori, in cui viene ripresa la figura di Holmes, che diventa perciò protagonista di casi assolutamente inediti.
"Holmesless" raccoglie i racconti in cui Holmes è presente solo per la sua fama, ma non appare mai personalmente e attivamente nella storia.
"Non di questo mondo" conta quei racconti in cui non è Londra lo sfondo delle avventure di Sherlock Holmes.
Nel giro di pochi anni dalla sua prima apparizione, Holmes divenne una figura di tale rilevanza sulla scena letteraria che, ben presto, su quotidiani e riviste cominciarono a essere pubblicate, a un ritmo impressionante, sue parodie. In gran parte erano davvero orribili, niente di più che storielle caricaturali basate su un’unica battuta che spesso non faceva neanche ridere.
Qui sono raccolte alcune delle prime e delle migliori, tutte risalenti al diciannovesimo secolo, in ordine cronologico, un modo come un altro per presentarle.
"Una serata con Sherlock Holmes" di James Matthew Barrie
"Gialli finiti male: le avventure di Sherlaw Kombs" di Robert Barr
"Sherlock Holmes contro Conan Doyle" Autore Anonimo
"La piuma del duca" di R.C. Lehmann
"Il segno dei 400" di Roy L. McCardell
“Una serata con Sherlock Holmes” di James Matthew Barrie, è stato il primo racconto parodia di Holmes, e inizialmente fu pubblicato in forma anonima.
Qui l’autore si diverte a creare, per il suo racconto breve, un personaggio che sia all'altezza del grande Sherlock Holmes.
Un protagonista che ha capacità deduttive anche superiori rispetto a quelle dell’investigatore londinese, e che non si risparmia di mostrargliele in un confronto che vedrà proprio Holmes uscire sconfitto e amareggiato.
Nella sua parodia “Gialli finiti male: le avventure di Sherlaw Kombs”, invece, Robert Barr mette su un vero e proprio caso in cui il suo Sherlaw Kombs, con abili deduzioni, risolve sotto gli occhi attoniti di un meravigliato Watson un caso molto misterioso, che ha a che vedere con un omicidio... o forse no?
Qui l’autore mette in evidenza l’acredine tra l’investigatore e Scotland Yard che, pur di aggiudicarsi la soluzione del caso, arriva a scombinare le carte in tavola.
Nel racconto “Sherlock Holmes contro Conan Doyle”, ad opera di uno sconosciuto umorista, una delle prime parodie di Sherlock Holmes di cui si abbia notizia, l’investigatore dice chiaro e tondo cosa ne pensa dell’uomo che, nel riportare le sue avventure, a quanto pare fraintende ogni cosa: Arthur Conan Doyle.
“La piuma del duca” fa parte de “I racconti di Picklock Holes”, ovvero la prima vera e propria serie di parodie con protagonista Sherlock Holmes.
Qui la figura dell’investigatore Picklock Holes e del suo fedele assistente Watson assumono contorni assolutamente surreali con un Holes che imbastisce dal nulla un’accusa di rissa tra cacciatori di frodo e un Watson che guarda alle gesta del suo mito con occhi colmi di ammirazione.
“Il segno dei “400”: il seguito delle avventure di Sherlock Holmes” fu pubblicato per la prima volta sul numero del 24 ottobre 1894 della rivista «Puck» e rappresenta l’unica incursione di McCardell nell'universo letterario di Holmes e Conan Doyle, e costituisce anche la prima parodia holmesiana scritta da un americano.
Qui Holmes viene chiamato per risolvere il caso della scomparsa dei diamanti Coldslaw dal boudoir di lady Coldslaw.
Anche qui Holmes arriverà immediatamente alla soluzione del caso e anche qui, ancora una volta, viene messo in evidenza il forte contrasto tra l’investigatore e Scotland Yard, che fa di tutto pur di prendersi i meriti dell’arresto, finanche inquinare le prove.
Anche quando lui non è fisicamente presente, non si possono ignorare la personalità e l’aura di Holmes, che si impone con lo spirito...
"Codeina (7 per cento)" di Christopher Morley
"Il caso della signora Hudson" di Laurie R. King
"Il problema finale" di Bliss Austin
In “Codeina (7 per cento)”, Christopher Morley ci racconta di Dove Dulcet, ex agente letterario e investigatore dilettante, che mentre si trova ospite alla cena annuale degli Irregolari di Baker Street - il noto club di appassionati di Sherlock Holmes - tiene, su insistenza degli altri invitati, un breve discorso in cui afferma della clamorosa esistenza di una sorella Holmes, a suo avviso, più giovane sia di Mycroft che di Sherlock.
Sia Marley che il suo protagonista sostengono questa teoria avvalendosi dell’osservazione che lo stesso Sherlock, in una delle sue avventure, fa alla signorina Hunter quando, quest’ultima, riceve l’offerta di fare la governante ai Faggi Rossi. «Non è un impiego che mi piacerebbe per mia sorella» afferma il detective.
Dulcet, ovviamente, ritiene che nessuno avrebbe detto una cosa del genere se non avesse avuto davvero una sorella, e quindi si appresta a riferire al suo interlocutore perché, a dir suo, Watson, nei resoconti delle avventure di Sherlock Holmes, non avesse mai fatto riferimento a lei.
Dulcet qui ci racconta non solo di una sorella, ma anche di una nipote intelligente e arguta come suo zio, e abilissima nell'arte di mandare messaggi cifrati che, molto spesso, fanno proprio riferimento ai casi del suo famoso zio detective.
Che si sia ispirata proprio a questo racconto Nancy Springer, per la sua serie di romanzi sulla piccola di casa Holmes?
Gli autori di parodie di Sherlock Holmes si sono presi diverse libertà con il personaggio, ma poche controverse come la decisione di Laurie R. King di farlo addirittura sposare, una condizione in cui pochi lettori si aspettavano di trovarlo.
Ve lo immaginate? L’eccentrico Sherlock Holmes sposato?
Nasce così una vera e propria serie di romanzi con protagonisti i coniugi Mary Russell e Holmes, che ha ottenuto un così grande favore e apprezzamento da figurare regolarmente nelle classifiche nazionali dei libri più venduti.
Come nasce la versione di Laurie R. King e l’incontro tra i due?
Quando Mary Russell aveva quindici anni, incontrò Sherlock Holmes, un gentiluomo ormai anziano, ritiratosi nel Sussex ad allevare api.
Lui le fece da mentore nei primi anni seguendola nella risoluzione di crimini, e tra loro nacque un’amicizia molto stretta che, sette anni dopo il primo incontro, sfociò nel matrimonio.
Mary Russell fa il suo esordio in “L’allieva e l’apicultore” la prima di una serie di avventure.
Ne “Il caso della signora Hudson” la voce narrante è proprio Mary Russell.
Qui ha diciott'anni e sta svolgendo il suo apprendistato presso Sherlock Holmes che vive nel Sussex, assieme alla premurosa signora Hudson che lo ha ben presto raggiunto per prendersi cura di lui.
Ed è proprio la signora Hudson, questa volta, a rivolgersi al detective per risolvere il mistero della nebulosa sparizione di alcuni oggetti, di ben poco conto, all'interno della casa.
Sherlock, ovviamente, ha ben altri problemi e casi per la testa per prestare attenzione a quelle che reputa siano solo delle sciocchezze della sua governante, così la liquida attribuendo quelle sparizioni all'opera di qualche ratto.
Ed è qui che interviene Mary, che promette alla signora Russell di aiutarla nella soluzione dell’enigma.
Non sto qui a raccontarvi i risvolti della vicenda, vi dico solo che anche questa volta il grande Sherlock disattenderà le aspettative della sua fama non intuendo assolutamente nulla di ciò che le due donne escogiteranno alle sue spalle.
Bliss Austin scrisse “Il problema finale” per un concorso di gialli bandito dall’«Ellery Queen’s Mystery Magazine». Arrivarono più di ottocento manoscritti, e i primi quindici furono pubblicati in un volume intitolato The Queens Awards.
Per burla, Austin scrisse una storia che aveva come protagonisti proprio i giudici del concorso: Christopher Morley, Howard Haycraft, e Ellery Queen.
I giudici ne furono così divertiti da premiare Austin con una menzione speciale.
Il racconto ha come protagonista Hugh Ashton, giovane studente e scrittore in erba che sceglie, per l’appunto, di partecipare al concorso promosso da Ellery Queen, con il suo giallo avvincente.
Ma mentre Ellery Queen è intento a decantare ai suoi colleghi la bellezza di quello scritto, muore improvvisamente.
Un nome rimbomba però tra loro, quello di James Moriarty...
In questa indagine non è presente personalmente Sherlock Holmes, ma solo la sua fama, quella che spinge i suoi ammiratori a investigare seguendo le sue orme, e/o a uccidere ispirandosi ai suoi casi...
E porta, invece, i suoi detrattori a non voler assolutamente prendere in considerazione strade, teorie, supposizioni che abbiano qualcosa a che fare con l’investigatore inglese.
Siamo abituati ad associare Holmes a un luogo e un tempo ben definiti, in prevalenza a Londra, “dove è sempre il 1895”, come ha scritto Vincent Starrett in modo così semplice ed eloquente. Ma esiste un’ampia varietà di racconti nei quali Holmes appare in diverse sembianze ed epoche, e persino in diversi livelli spirituali.
Inoltre, mentre l’essenza del genio di Holmes si trova nelle sue osservazioni e deduzioni, basate su una logica molto acuta, ci sono cose che non si possono spiegare razionalmente.
"Lo spirito maligno del lupo" di Anthony Boucher
"I gioielli marziani della corona" di Poul Anderson
"Sherlock fra gli spiriti" Autore Anonimo
"I patriarchi scomparsi" di Logan Clendening
"Il diavolo e Sherlock Holmes" di Loren D. Estleman
“Lo spirito maligno del lupo” di Anthony Boucher è un racconto davvero carino e inaspettatamente tenero, sì tenero, avete letto bene, so che è una parola che non accomunereste mai alle storie di Sherlock Holmes, eppure è così.
La voce narrante è quella del fedele Watson, che accoglie in casa sua un annoiato e impaziente Holmes, smanioso di trovare un nuovo caso a cui dedicarsi.
John è sposato con Mary Morstan, ma per quella sera la donna ha scelto di prendersi una serata libera con l’amica lasciando il di lei pargoletto alle cure di Watson... una serata da baby sitter interrotta sul più bello... XD
Ed è proprio il piccolo Elias Whitney a fornire al burbero Holmes uno svago chiedendo una storia, e mentre Watson intrattiene il bambino con la favola di Cappuccetto Rosso, Holmes giunge a una straordinaria ed epocale rivelazione.
Poul William Anderson fu un autore di fantascienza, mitologia nordica e realismo magico molto popolare e acclamato dalla critica.
Il suo interesse per Sherlock Holmes nacque dall'incontro con Karen Kruse, fondatrice di un’associazione di fan di Sherlock Holmes.
Anderson la conobbe a una convention internazionale di fantascienza a Chicago, nel 1952. Si sposarono e restarono insieme fino alla morte dello scrittore.
Anderson in “I gioielli marziani della corona” sembra chiedersi: cosa succederebbe se il noto investigatore inglese fosse un marziano?
Così Sherlock diventa Syaloch, il caso è ambientato nello spazio, tra astronavi in avaria e pianeti inospitali.
Ambientazione e aspetto fisico a parte, il detective non è molto diverso da quello che conosciamo, se non per il fatto che fumi tabacco miscelato al permanganato di potassio, la sua alterigia e il suo infallibile intuito restano immutati.
“Syaloch era un bipede di oltre due metri dal vago aspetto di una cicogna. Ma la testa magra, crestata, con il becco rosso all'estremità del collo sinuoso era troppo grande, gli occhi gialli troppo profondi: le piume bianche assomigliavano più a quelle di un pinguino che a quelle di un uccello volante, salvo la coda piumata blu. Al posto delle ali c’erano sottili braccia rosse che terminavano con mani a quattro dita. E la postura generale era troppo eretta per un uccello.”
Syaloch, in questa avventura, dovrà indagare sulla misteriosa scomparsa dei famosi gioielli marziani della corona, un furto che assolutamente non può essere reso noto al pubblico, a rischio la pace e il sodalizio tra i pianeti interessati.
È noto che Gilbert Keith Chesterton fosse un grande ammiratore di Sherlock Holmes e di Arthur Conan Doyle ed è proprio a lui che viene attribuito il racconto ”Sherlock fra gli spiriti”.
Anche Chesterton, come Doyle, si occupò dello studio dello spiritismo e si suppone perciò che abbia pubblicato, in forma anonima, questa breve parodia in cui si narra dell’incontro fra Holmes e un medium.
Questo è un racconto brevissimo ma molto divertente.
All'inizio non si capisce chi sia il narratore, se Sherlock o Watson, ma sappiamo che uno dei due sta partecipando alla seduta spiritica del medium, il dottor Magog, e il suo atteggiamento da scettico, che era all'inizio, diventa sempre più incredulo e ammirato.
Strano per uno uomo dalla formazione scientifica e razionale, credere a queste cose... ma ecco il colpo di scena.
No, che non ve lo svelo!
Malgrado sia stato un grande studioso e collezionista di Sherlock Holmes, Logan Clendening oggi viene ricordato quasi soltanto per il suo unico racconto, definito da Ellery Queen “uno dei più brevi e brillanti pastiche di Sherlock Holmes mai concepiti”.
Ne “I patriarchi scomparsi”, un racconto davvero brevissimo, Sherlock Holmes si è appena spento nel suo letto all'età di ottant'anni ed è giunto in Paradiso. Ma anche qui qualcuno ha bisogno dei suoi servigi, Geova in persona ha un caso da proporgli... il ritrovamento di nientepopodimeno che Adamo ed Eva!
Ne “Il diavolo e Sherlock Holmes” di Loren D. Estleman è Watson a rivolgersi per la prima volta all'amico per risolvere un caso a suo dire inspiegabile.
Ed infatti Watson qui ci racconta il primo caso senza soluzione che ha deciso di sottoporre all'attenzione di noi lettori.
Un paziente dell’ospedale St Porphyry’s, istituto dove lo stesso Watson presta servizio, è convinto di essere il diavolo, ma non è il solo ad esserne convinto, perché anche i dottori e gli infermieri sembrano essere sempre più sicuri che i suoi non siano solo i vaneggiamenti di una mente folle, ma che egli dica il vero.
Un racconto misterioso che Estelman preferisce lasciare avvolto nella sua nube di dubbio sovrannaturale, senza fornire alcuna spiegazione.
Considerazioni finali:
Ho trovato questa raccolta molto variegata, e interessate.
Purtroppo la tipologia del racconto non è ottimale per la narrazione dei gialli, perciò spesso risulta che i racconti più carini siano troppo brevi e si concludano troppo in fretta.
È giusto il caso dei racconti che ho preferito “I patriarchi scomparsi”, “Sherlock fra gli spiriti” e “Lo spirito maligno del lupo”.
Di contro non sono riuscita ad appassionarmi più di tanto a “I gioielli marziani della corona”, sarà che la fantascienza non è proprio il genere che mi è più congeniale.
Avete letto qualcuno di questi racconti?
Cosa ne pensate di questa antologia? Vi interessa?
Ringrazio Mondadori per avermi omaggiato di una copia di questo libro
il mio voto per questo libro
Questo corposo volume è sicuramente da leggere. Che so alla sera due tre racconti per volta con accanto una buona tazza di tè
RispondiEliminaPer ora ho letto solo quello scritto da Stephen King :p piano piano li recupero tutti.
RispondiEliminaCon i racconti c'è sempre il rischio che la storia abbia bisogno di più spazio, per questo non li amo tanto ma gli do un'occasione per Sherlock ;)
Buone letture!